1-4 ottobre Gogol’ nel cinema 6-14 ottobre Enzo G. Castellari, l’architetto dell’azione



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1-4 ottobre Gogol’ nel cinema

6-14 ottobre Enzo G. Castellari, l’architetto dell’azione

6-10 ottobre Il cinema dell’ex Germania dell’Est - Un mondo parallelo tra regime e regia: bambini e giovani

14 ottobre Eurovisioni 2009

15 ottobre Ricordando Luciano Emmer...

16-23 ottobre Gli anni ruggenti. Il cinema di Luigi Zampa

24 ottobre La figura del padre tra Cinema e Psicoanalisi

25 ottobre Storie d’attori: Janusz Gajos

Corso Polonia 2009 - Festival della cultura polacca

27-29 ottobre Cesare Zavattini sottotraccia

30 ottobre (In)visibile italiano: Nino Zanchin, il fascino dell’esotico

31 ottobre Eccentrico italiano: il cinema secondo Adriano Celentano
1-4 ottobre

Gogol’ nel cinema

La ricorrenza del bicentenario della nascita del grande scrittore russo Nikolaj Gogol’ ci offre l’occasione per proporre alcuni film tratti dalle sue opere. Fin dall’avvento del cinema in Russia, Gogol’ offrì ai registi lo spunto per i primi esperimenti, dei quali presentiamo in questa rassegna due esempi, Taras Bulba del 1909 e Portret del 1915, recuperati di recente nelle cineteche russe. Successivamente alcuni tra i migliori attori e registi si sono confrontati con l’opera di Gogol’. In questa breve rassegna lo spettatore avrà la possibilità di confrontare le versioni russa e italiana de Il cappotto. Quella italiana, diretta da Alberto Lattuada nel 1952, con Renato Rascel in una delle sue migliori interpretazioni, considerata ormai un classico, precede di otto anni quella russa, diretta da Batalov, a sua volta considerata giustamente un classico in Russia (l’interpretazione di Rolan Bykov è altrettanto memorabile). Anni ruggenti, il film di Zampa del 1962, si ispira liberamente all’Ispettore generale, trasferendo la vicenda della commedia gogoliana in una cittadina pugliese nel ventennio fascista; la memorabile versione russa diretta da Vladimir Petrov è molto più fedele all’originale (quella di Petrov rimane a tutt’oggi il migliore adattamento della commedia mai realizzato). Stesso discorso per il film di Bava La maschera del demonio, esordio fortunato del regista, maestro dell’horror italiano, che si ispira al racconto di Gogol’ Il Vij, mentre l’omonimo film di Ptuško, Eršov e Kropačev, che fu visto in Unione Sovietica da più di 40 milioni di spettatori, è molto più vicino all’originale. La piccola selezione di film che presentiamo dimostra che l’opera di Gogol’, a due secoli dalla nascita dell’autore, rappresenta una continua fonte di ispirazione per cineasti di tutto il mondo (proprio quest’anno è uscito in Russia Vij, tratto dall’omonimo racconto di Gogol’).

Rassegna realizzata dal Centro Sperimentale di Cinematografia – Cineteca Nazionale in collaborazione con la Fondazione Internazionale Accademia Arco.

Programma a cura di Lorenzo Pompeo - Rassegna a ingresso gratuito
giovedì 1

ore 18.00

Presentazione della rassegna e saluto dell’ambasciatore della Federazione Russa Aleksiej Meškov


ore 18.45

Taras Bulba (1909)

Regia: Aleksander Drankov; interpreti: Anisim Suslov, L. Man’ko, Černovskaja; origine: Russia; produzione: Atelier A. Drankov; durata: 7’



Prima e primitiva versione dell’omonimo racconto di Gogol’ diretta da un pioniere del cinema russo, di recente riscoperta e restaurata, rappresenta oggi più che altro una divertente curiosità e un interessante esperimento.

Accompagnamento musicale dal vivo del Maestro Antonio Coppola
ore 19.00

Portret (1915)

Regia: Wladyslaw Starewicz; interpreti: Andrej Gromov, Ivan Lazarev, V. Vasil’ev; origine: Russia; produzione: Atelier W. Starewicz; durata: 22’



Versione dell’omonimo racconto di Gogol’ diretta da un pioniere come Starewicz, considerato il padre della tecnica “stop-motion”. Riscoperto e restaurato di recente, il film è basato sul “trucco” del ritratto che si anima e prende vita, nello spirito vagamente circense che animava i pionieri del cinema.

Accompagnamento musicale dal vivo del Maestro Antonio Coppola
ore 19.30

Šinel’ (Il cappotto, 1959)

Regia: Aleksiej Batalov; sceneggiatura: Leonid Solov’ev; fotografia: G. Maranžjan; musica: N. Sidel’nikov; montaggio: I. Tarsanov; Interpreti: Rolan Bykov, Ju. Tolubeev, A. Ežkina, E. Ponsova, T. Tejch; origine: Unione Sovietica; produzione: Lenfil’m; durata: 70’



Il regista, al suo primo lungometraggio, era già un noto attore (sarà questa la sua attività prevalente, mentre come regista ha firmato solo tre film). I migliori talenti collaborarono a questo film: Rolan Bykov, uno dei più noti e amati attori del cinema sovietico, dotato di una straordinaria versatilità, che interpreta Akakij Akakievič, lo scrittore Leonid Solov’ev, che firmò la sceneggiatura, mentre il noto critico B. Ejchenbaum vi collaborò in veste di consulente. Lo spettatore avverte quell’atmosfera di oppressione che grava sul protagonista, sottolineata da un bianco e nero scuro, perfettamente calibrato sul clima severo e rigido di San Pietroburgo. Per questo è giustamente considerato un vero e proprio classico.

Versione originale con sottotitoli italiani
ore 20.45

Il cappotto (1952)

Regia: Alberto Lattuada; soggetto: dal racconto omonimo di Nikolaj Gogol’; sceneggiatura: A. Lattuada, Giorgio Prosperi, Giordano Corsi, Enzo Curreli, Luigi Malerba, Leonardo Sinisgalli, Cesare Zavattini; fotografia: Mario Montuori; scenografia: Gianni Polidori; costumi: Dario Cecchi; interpreti: Renato Rascel, Yvonne Sanson, Giulio Stival, Ettore G. Mattia, Giulio Calì, Olinto Cristina; origine: Italia; produzione: Faro Film, Messina, Titanus; durata: 107’



«Nel Cappotto […] vediamo, da un lato, feroci, inumani, corrotti, vanitosi, ipocriti volgari, i funzionari di uno spietato potere egemonico (e vestono i panni della borghesia, arrecano tutti i segni emblematici di questa classe); e dall’altro, oppressi e umiliati, popolani la cui miseria contrasta con la ricchezza e il fasto dei potenti borghesi, popolani la cui sete di giustizia è soffocata e i cui più elementari diritti di cittadino sono negati e vilipesi.  […] Il cappotto di Carmine è ridotto a tal partito da non poter più sopportare nemmeno un rammendo. L’impiegato cercherà di ottenere un poco di tepore, e un poco di rispetto umano, e magari anche l’amore di un’affascinante e statuaria donna con un cappotto nuovo. Cercherà di ottenere felicità con una finzione: il “decoro”, rappresentato dal cappotto nuovo, dovrebbe servire a risparmiarlo dai sarcasmi e dagli insulti, far di lui un vero uomo. Questa finzione è per Carmine una realtà profondamente sentita, alla quale egli crede: per dirla con termine esatto, la sua alienazione» (Viazzi).
venerdì 2

ore 19.00

Šinel’ (replica)
ore 20.45

Anni ruggenti (1962)

Regia: Luigi Zampa; soggetto: Sergio Amidei, L. Zampa, Vincenzo Talarico; sceneggiatura: Ettore Scola, Ruggero Maccari, L. Zampa; fotografia: Carlo Carlini; scenografia: Piero Poletto; costumi: Lucia Mirisola; musica: Piero Piccioni; montaggio: Eraldo Da Roma; interpreti: Nino Manfredi, Gino Cervi, Salvo Randone, Michèle Mercier, Gastone Moschin, Rosalia Maggio; origine: Italia; produzione: Spa Cinematografica, Incei Film; durata: 110’



Film conclusivo della quadrilogia satirica sul fascismo di Zampa, Anni ruggenti racconta di Omero, un assicuratore sostenitore del fascismo che arriva in un paese di provincia della Puglia, Ostuni, e viene scambiato per un gerarca fascista in incognito… «Il lontano modello è L’ispettore generale (Revizor, 1836) di N.V. Gogol. Mette in valore Manfredi e il suo duttile gioco di rimessa e una compagnia di bravi attori tra cui spicca S. Randone» (Morandini). Vincitore della Vela d’Argento al Festival di Locarno nel 1962.
sabato 3

ore 19.00

Vij (Il Vij, 1969)

Regia: A. Ptuško, K. Eršov, G. Kropačev; sceneggiatura: A. Ptuško, K. Eršov, G. Kropačev; fotografia: V. Piščalnikov, F. Provorov; scenografia: N. Markin; costumi: Roza Satunovskaja; Musica: K. Chačaturjan; montaggio: R. Peseckaja, T. Zubova; interpreti: Leonid Kuravlev, N. Varlej, A. Glazyrin, N. Kutuzov, V. Zacharčenko, P. Veskljarov, S. Škurat; origine: Unione Sovietica; produzione: Mosfil’m; durata: 72’



Diretto da tre registi, Konstantin Eršov, Georgij Kropačev e Aleksandr Ptuško (i tre firmarono anche la sceneggiatura), il film, considerato il capostipite del genere horror nel cinema sovietico, si caratterizza per una cura meticolosa e colorita delle scenografie e nella descrizione dei pittoreschi usi e costumi del villaggio ucraino, dove è ambientata la storia. Nel finale la cosa più interessante sono senza dubbio gli effetti speciali, per l’epoca assolutamente straordinari, che resero Vij un vero e proprio film cult (in Unione Sovietica fu visto da oltre 40 milioni di spettatori).

Versione originale con sottotitoli italiani
ore 20.45

La maschera del demonio (1960)

Regia: Mario Bava; soggetto: da Il Vij di Nikolaj Gogol’; sceneggiatura: Ennio de Concini, Mario Serandrei; fotografia: M. Bava; scenografia: Giorgio Giovannini; musica: Roberto Nicolosi; montaggio: Mario Serandrei; interpreti: Barbara Steele, John Richardson, Andrea Checchi, Ivo Garrani, Arturo Dominici, Enrico Olivieri; origine: Italia; produzione: Galatea, Jolly Film; durata: 88’



Due viaggiatori nelle steppe russe fanno resuscitare la strega Asa, che ha il volto identico alla sua discendente Katia. La strega vampirizzerà quasi tutti i componenti della famiglia, cercando d’impadronirsi del corpo del pronipote. «Gli spettatori e i critici italiani dell’epoca furono ingannati dal genere, ma La maschera del demonio è un film di ambizioni alte, quanto poteva esserlo Il bacio della pantera di Tourneur. Bava rende significativamente omaggio a Nosferatu di Murnau nella sequenza della carrozza di Iavutich che attraversa il bosco. Ma girando in ralenti (al contrario di Murnau, che accelerava), Bava sottolinea anche la propria originalità nel momento in cui cita un’iconografia preesistente. Più che I vampiri, dove l’elemento orrorifico era ancora timido e necessitava per di più di una spiegazione naturalista, La maschera del demonio è il film che fa nascere l’horror italiano: un genere che durò fino al 1966 circa, mai destinato a grandi incassi, ma seguito (con maggiore entusiasmo) anche fuori dal nostro paese» (Pezzotta). «Il regista non lo volevo fare, perché secondo me il regista deve essere veramente un genio e poi stavo bene a fare il direttore della fotografia, guadagnavo un sacco di soldi. Anni prima avevo letto Il Vij di Gogol. Lo lessi ai miei figli a Silvi Marina, erano ancora piccoli e non c’era ancora la televisione. I due, poveretti, dalla paura dormirono in mezzo al letto. Siccome in quel periodo era uscito Dracula, pensai di fare un film del terrore. Venne fuori La maschera del demonio, de Il Vij era rimasto solo il nome del protagonista, era tutta un’altra storia. Cinque miliardi incassi in America e ho fatto il regista» (Bava).
domenica 4

ore 18.00

Revizor (L’ispettore generale, 1952)

Regia: Vladimir Petrov; sceneggiatura: Vladimir Petrov, dall’omonima commedia di Nikolaj Gogol’); Fotografia: Jurij Ekel’čik, Musica: Nikolaj Timofeev; montaggio: K. Moskvina; interpreti: Ju. Tolubeev, A. Georgievskaja, T. Nosova, P. Pavlenko, S. Blinnikov, M. Janšii, E. Garin, A. Polinskij; origine: Unione Sovietica; produzione: Mosfil’m, durata: 124’



La scelta di suggestive atmosfere drammatiche, la cura dei particolari storici al limite dell’ossessione e la propensione per la rievocazione monumentale ricca di elementi romantici fanno di Petrov uno dei più importanti registi del cinema sovietico. Questa versione del Revizor è una perfetta sintesi dell’arte di Petrov: Una trasposizione fedele all’originale, ma nello stesso tempo estremamente curata sia nella scenografia che nella recitazione degli attori, nella quale il passaggio dal teatro al cinema è risolto senza alcuna forzatura.

Versione originale con sottotitoli italiani
ore 20.30

Il naso (2003)

Regia: Francesco Lagi; sceneggiatura: Marianna Cappi, F. Lagi; fotografia: Christian Burgos Hurtubia; scenografia: Tommaso Ferraresi; montaggio: Danilo Torre; interpreti: Valeria Benedetti Michelangeli, Leonardo Maddalena, Alessandro Roja, Maurizio Tesei, Carolina Levi; origine: Italia; produzione: Centro Sperimentale di Cinematografia; durata: 14’



Un barbiere spazzando per terra trova un naso. Un attore si sveglia e si accorge che gli manca il naso. Un poliziotto indaga sulla misteriosa sparizione. Di chi è la colpa?
ore 21.00

La passeggiata (1953)

Regia: Renato Rascel; consulenza tecnica alla regia: Franco Rossi; soggetto: dal racconto La prospettiva di Nikolaj  Gogol; sceneggiatura: Turi Vasile, Diego Fabbri, Ugo Guerra, Giorgio Prosperi, F. Rossi, Cesare Zavattini, Enzo Curreli, R. Rascel; fotografia: Vàclav Vích; scenografia: Gianni Polidori; costumi: Maria Rosaria Crimi; musica: Giovanni Militello; montaggio: Otello Colangeli; interpreti: Renato Rascel, Valentina Cortese, Paolo Stoppa, Giuseppe De Martino, Suzanne Levesy, Anna Maria Bottini; origine: Italia; produzione: Film Costellazione, Zebra Film; durata: 100’

«Giunto dalla provincia per fare l’istitutore in un collegio, timidone s’innamora di una prostituta e con grande scandalo generale la invita per una cerimonia. Tratta dal racconto La prospettiva (1835) di Nikolaj Gogol, diretta e interpretata da Rascel, è una commedia che riflette in pieno il tipo di comicità e di ambientazione piccoloborghese nelle quali eccelleva» (Morandini).

Il film sarà preceduto dal trailer in cui Rascel mostra alcune scene de La passeggiata estraendo fotogrammi dalle tasche, con la consueta simpatia.
lunedì 5

chiuso
6-14 ottobre



Enzo G. Castellari, l’architetto dell’azione

Enzo G. Castellari. O meglio la rappresentazione emblematica e coreografica dell’estetica del movimento e dell’azione nel cinema italiano degli anni Settanta. All’anagrafe Enzo Girolami, figlio del regista Marino Girolami e nipote del regista Romolo Guerrieri, ha utilizzato il cinema di genere, come lo scultore alle prese con la materia bruta, per creare un percorso cinefilo partendo da uno stile riconoscibilissimo e autoriale: l’attenzione meticolosa per le città portuali, autentiche zone franche, veri e propri set per girare spericolati e acrobatici inseguimenti, così come i luoghi chiusi e circoscritti (garage, magazzini abbandonati, ascensori), capaci nella loro ristrettezza di far esplodere meglio l’azione, il dinamismo; l’uso del ralenti, mutuato dal grande cinema americano dei Peckinpah, dei Penn, utilizzato per enfatizzare e contemporaneamente stilizzare il movimento degli attori e degli stuntmen; il consueto incipit secco seguito da sequenze che non permettono distrazioni di sorta grazie a un montaggio veloce e frenetico; il tutto accompagnato da una musica in perfetta in sintonia con le scene spettacolari. Diplomato in scenografia all’Accademia delle Belle Arti di Roma, laureato in architettura e pugile, Enzo G. Castellari è riuscito a realizzare delle opere ben presto diventate di culto come La polizia incrimina, la legge assolve, Il grande racket, Il cittadino si ribella, Keoma (uno dei western più belli, innovativi ed elegiaci di tutti i tempi) e soprattutto Quel maledetto treno blindato, film di guerra molto amato da Quentin Tarantino, che ha infatti citato il titolo estero della pellicola, Inglorious Bastards, storpiandolo in Inglourious Basterds, nel quale Castellari appare in un cameo. Pignolo e attento in ogni aspetto del film (dal coordinamento degli stuntmen al montaggio e alla scelta delle musiche) Enzo G. Castellari è tornato attualmente a dirigere un film, Carribean Basterds, anche grazie alla passione con cui Quentin Tarantino ha omaggiato Quel maledetto treno blindato, con la sua ultima fatica, presentata con successo a Cannes e ora in tutte le sale cinematografiche d’Italia.

Le frasi di Castellari sono tratte dal libro Il cittadino si ribella: il cinema di Enzo G. Castellari, a cura di Gordiano Lupi e Fabio Zanello, Profondo rosso, Roma, 2006.

Retrospettiva a cura di Luigi Toto
martedì 6

ore 17.00

Gli occhi freddi della paura (1971)

Regia: Enzo G. Castellari [Enzo Girolami]; soggetto: Tito Carpi, E. G. Castellari; sceneggiatori: T. Carpi, Leo Anchoriz, E. G. Castellari; fotografia: Antonio Lopez Ballesteros; musica: Gruppo d’Improvvisazione Nuova Consonanza; scenografia: Roman Calatayud; costumi: Enrico Sabbatini; montaggio: Vincenzo Tomassi; interpreti: Giovanna Ralli, Frank Wolff, Fernando Rey, Gianni Garko, Julian Mateos, Karin Schubert; origine: Italia/Spagna; produzione: Cinemar, Atlantica Film; durata: 95’



Un delinquente decide di vendicarsi della condanna subita da un giudice, inoltrandosi nella sua villa. Unica, sfortunata, incursione di Castellari nel thriller, da riscoprire per l’atmosfera claustrofobica e la tensione crescente. «Ho scritto la storia con Tito, ho disegnato la villa, che è stata costruita a Cinecittà, e tutti i disegni sono fatti secondo le inquadrature che avevo in mente. Poi siamo andati a Londra a girare alcuni esterni ed è l’unico film che ho girato in sequenza, dalla prima inquadratura all’ultima, perché avevo tutta la villa a disposizione e avevo un fantastico direttore della fotografia, Ennio Guarnieri, che mi ha dato una grande libertà. Gli dicevo: “Qui voglio buio buio buio”. “Sarà buio”. Poi, però, non siamo riusciti a finirlo per mancanza di soldi, allora sono entrato in partecipazione, la distribuzione è fallita proprio quando doveva uscire il film, è rimasto lì e l’ho visto solo in televisione. C’era un ottimo cast: Giovanna Ralli, Frank Wolff e lo straordinario Fernando Rey» (Castellari).
ore 19.00

Quel maledetto treno blindato (1978)

Regia: Enzo G. Castellari [Enzo Girolami]; soggetto e sceneggiatura: Sandro Continenza, Sergio Grieco, Romano Migliorini, Laura Toscano, Franco Marotta; fotografia: Giovanni Bergamini; musica: Francesco De Masi; montaggio: Gianfranco Amicucci; interpreti: Bo Svenson, Ian Bannen, Peter Hooten, Fred Williamson, Michel Pergolani, Jackie Basehart; origine: Italia; produzione: Films Concorde; durata: 100’



Francia, 1944. Cinque soldati americani, in attesa di giudizio, riescono a fuggire durante un bombardamento. Tentano di mettersi in salvo scappando in Svizzera, ma durante il viaggio si renderanno protagonisti di un’azione eroica. «Gli echi più evidenti sono quelli di Quella sporca dozzina di Aldrich, ma il film trasuda un po’ più di latina, anzi romanesca, simpatia» (Spiga). Oggetto di culto per Quentin Tarantino, fonte di ispirazione per il suo ultimo film Inglourious Basterds, è uno dei rari (e sfortunati) film di guerra del cinema italiano anni Settanta. Castellari mischia con ironia le carte, sovvertendo il concetto di eroe, caro al cinema americano, per una visione più disincantata della Storia e dei suoi, spesso inconsapevoli, protagonisti. La stessa filosofia di Tarantino: «I miei personaggi non [sono] i soliti eroi stereotipati, ma uomini comuni catapultati in uno sporco affare durante la seconda guerra mondiale». «L’abbiamo visto insieme a Venezia e Quentin mi sussurrava: “Questo come l’hai girato?”. Per Pergolani rideva sempre, soprattutto quando ruba la motocicletta» (Castellari).
6-10 ottobre

Il cinema dell’ex Germania dell’Est - Un mondo parallelo tra regime e regia: bambini e giovani

Il Goethe-Institut Rom, in collaborazione con la Fondazione DEFA, il Centro Sperimentale di Cinematografia - Cineteca Nazionale e l’associazione culturale La Farfalla sul Mirino, presenta una selezione di film della ex Germania Est, suddivisi tematicamente in diverse sezioni e capaci di tracciare un ritratto composito e stimolante di un mondo cinematografico quanto mai ricco di contraddizioni, ma anche di autori di talento e pellicole straordinarie. Il ciclo proposto al Cinema Trevi ha per protagonisti “Bambini e giovani”, quelli che all’epoca della RDT erano destinatari privilegiati di una grande attenzione educativa e al tempo stesso di un vero e proprio indottrinamento politico. Muovendosi in una prospettiva ampia, che spazia dai film commissionati dal regime (Wer die Erde liebt) a opere considerate all’epoca quasi eversive per i loro contenuti (Coming Out), la rassegna mette a fuoco il mondo giovanile nella sua ansia di emancipazione, nei suoi problemi quotidiani, nei rapporti con la cultura occidentale, negli attriti con una società politicamente chiusa. Seguendo sempre, com’è ovvio, il filo rosso del grande cinema e di cineasti da riscoprire che hanno lasciato un’impronta indelebile nella storia del cinema tedesco.

Per conoscere il programma dell’intera manifestazione: www.goethe.de/roma

Rassegna a ingresso gratuito
ore 21.00

Ich war neunzehn (1968)

Regia: Konrad Wolf; soggetto e sceneggiatura: K. Wolf, Wolfgang Kohlhaase; fotografia: Werner Bergmann; scenografia: Alfred Hirschmeier; costumi: Werner Bergemann; montaggio: Evelyn Carow; interpreti: Jaecki Schwarz, Vasili Livanov, Aleksei Ejbozhenko, Galina Polskikh, Rolf Hoppe, Wolfgang Greese; origine: Repubblica Democratica Tedesca; produzione: DEFA; durata: 115’



Berlino, 1945. Il tedesco Gregor Hecker, appartenente a un’unità di ricognizione sovietica, torna in Germania negli ultimi giorni della guerra e vive un doloroso processo di riavvicinamento a un popolo a lui ormai estraneo. Per la prima volta i tedeschi del ’45 non vengono suddivisi a priori in combattenti della resistenza e nazisti, ma sono rappresentati attraverso le forti differenze del loro vissuto e delle loro motivazioni personali. Basato sulle esperienze autobiografiche del regista, il film è uno dei capolavori assoluti della storia del cinema tedesco, capace di porsi al tempo stesso come cronaca struggente della guerra e appassionante romanzo di formazione del giovane protagonista. Memorabile la fotografia in bianco e nero di Werner Bergmann.

Versione originale con sottotitoli italiani
mercoledì 7

ore 17.00

Cipolla colt (1975)

Regia: Enzo G. Castellari [Enzo Girolami]; soggetto e sceneggiatura: Luciano Vincenzoni, Sergio Donati; fotografia: Alejandro Ulloa; scenografia: Alberto Boccianti; costumi: Enrico Job; musica: Guido e Maurizio De Angelis; montaggio: Gianfranco Amicucci; interpreti: Franco Nero, Martin Balsam, Sterling Hayden, Emma Cohen, Leo Anchoriz, Nazzareno Zamperla; origine: Italia/Spagna/Germania; produzione: Compagnia Cinematografica Champion, Cipi, TIT Filmproduktion; durata: 100’



«[Cipolla colt o Onion Jack] capello biondo ricciolo alla Terence Hill, mano veloce e una assurda passione per le cipolle che coltiva in un terreno che fa gola a molti perché c’è il petrolio. Si difende dagli attacchi del cattivo Martin Balsam, Mr Petrus Lamb, capo della compagnia petrolifera Oil Company, e vanta una mano di ferro come il celebre Petrus Boonekamp (infatti si chiama Petrus…), con l’aiuto del giornalista Sterling Hayden, Mr Pulitzer. Nero-Onion, che ha ereditato dal defunto Foster (non l’ha fatto fuori la vecchiaia…) il suo terreno pieno di petrolio, non vuole vendere a Mr Lamb, ma intende proprio coltivare le sue amate cipolle. Le usa anche come armi» (Giusti). Bizzarro western comico.
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