Personaggi e luoghi dello Hamamatsu chūnagon monogatari
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romanzo instaurano con il Consigliere. Donna Taishō, la Consorte di Heyang e la
figlia della monaca di Yoshino sono senza dubbio innamorate del nobile. In nome
della passione che le unisce al giovane Minamoto – un ragazzo bello, brillante e
sensibile oltre la media, come impone la tradizione letteraria – si espongono senza
remore al rischio di compromettere i loro privilegi e di incorrere in una pesante
condanna sociale. Tuttavia, col procedere della narrazione, l’autrice modifica a
fondo il ritratto con cui inizialmente ce le ha presentate, trasformandole da eroine
disposte a tutto per amore a donne più inclini a dedicarsi alla famiglia d’origine e
alla preghiera che non a un uomo. La coppia non cessa di amarsi, ma l’elemento
che mantiene vivo il rapporto non è più la passione amorosa ma l’affetto fraterno.
La graduale scomparsa, o rimozione, della libido dal rapporto di coppia all’interno
dei monogatari dell’XI e del XII secolo viene in genere interpretata dai critici come
una testimonianza della preoccupazione avvertita dalle donne per i cambiamenti
che stavano portando il sistema matrimoniale da un modello di tipo matrilocale a
uno patrilocale, come anche una prova dell’insicurezza derivante dalla pratica
maschile della poligamia.
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In realtà, anche se sconcertante, un rapporto di coppia privo di eros non doveva
sorprendere più di tanto i contemporanei dell’autrice dello
Hamamatsu. Il
dizionario di lingua classica così definisce la parola “amore” (koi): “Sentimento che
spinge a incontrare una persona assente”.
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Sancire, anche se indirettamente,
l’impossibilità di amare una persona vicina corrisponde a negare l’importanza del
rapporto sessuale nella vita di una coppia. L’amore tra due persone è possibile solo
se queste sono separate e non possono, di conseguenza, condividere momenti di
intimità. A ben guardare, nel romanzo sono pochissime le occasioni concesse agli
innamorati di incontrarsi: il Consigliere rimane in Cina tre anni, ma le opportunità
che ha di condividere in privato del tempo con la Consorte di Heyang sono
oltremodo limitate. Dopo il suo rientro in patria, il nobile si ricongiunge a Donna
Taishō, ma ormai lei ha preso i voti, e i due iniziano una convivenza fraterna.
Infine c’è la figlia della monaca di Yoshino, con la quale però il Consigliere non si
unisce sessualmente per timore che la fanciulla possa morirne, come preannunciato
da un eremita che viveva nei pressi dell’abitazione della ragazza.
Gran parte del fascino che i monogatari tuttora sono in grado di evocare deriva
dalla loro capacità di condurre il lettore in un mondo animato da personaggi la cui
esistenza sembra essere governata da leggi ben lontane dal vissuto quotidiano.
Una realtà fittizia in cui uomini e donne organizzano le loro giornate in base a un
estetismo che controlla e determina ogni loro azione. Aristocratica eleganza, codice
estetico curtense, raffinato splendore. Varie le espressioni coniate in Occidente per
cercare di tradurre il termine fūryū (cinese: fengliu), il concetto estetico che infonde
le esistenze dei protagonisti dei monogatari e che spesso trasforma il loro vissuto
quotidiano in un’esperienza artistica. È grazie alla loro spiccata sensibilità se molti
eroi dei monogatari riescono a cimentarsi con successo in tutte le maggiori
10
Su questo tema si veda Millay, 2000, pp. 91-116.
11
Cfr. Nakada – Wada – Kitahara, 1983, p. 643.
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NDREA
M
AURIZI
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espressioni artistiche del tempo – dalla poesia alla calligrafia, dalla musica alla
danza, dalla pittura all’arte dell’incenso – e a essere degli amanti ideali. In Cina,
come indicato da Konishi,
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la capacità di trarre piacere dalla musica, dai banchetti,
dalla poesia e dalla compagnia delle donne avvicinava il burocrate-letterato alla
sfera idilliaca degli immortali taoisti. Il concetto, già noto in Giappone nel corso
dell’VIII secolo,
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assunse un valore normativo nel momento in cui la nobiltà
adottò, sulla scia dell’esempio offerto da Bai Juyi (772-846), uno stile di vita in cui
gli oneri delle mansioni pubbliche regolate dai dettami del confucianesimo si
alternavano a pause di svago e rilassamento improntate ai princîpi ludici e
individualistici del fengliu.
Il processo di selezione delle informazioni da inserire in un’opera letteraria cui
necessariamente un autore deve sottostare per limiti di spazio, portò le autrici dei
monogatari a presentare uno spaccato della società in cui la rappresentazione delle
esperienze private dei protagonisti comportò necessariamente l’esclusione delle
loro attività e funzioni pubbliche. Col tempo molte connotazioni originarie del
termine vennero quindi poste in secondo piano, e il termine fūryū (o miyabi,
seguendo la lettura giapponese dei caratteri cinesi usati per scrivere la parola)
passò a indicare un mondo avulso dai giochi di potere della vita reale,
trasformandosi in un’allegoria dell’autorità imperiale tramite cui veicolare le
qualità ideali che i nobili dovevano possedere per essere degni esponenti
del
microcosmo in cui erano inseriti. Il prestigio e il fascino personali del Secondo
Consigliere dello Hamamatsu – rappresentante della folta schiera dei protagonisti
delle opere in prosa di quegli anni – si originano proprio dalla sua capacità di
ergersi al di sopra delle macchinazioni politiche e di controllare le “arti del
corteggiamento”, come le definisce Shirane in una sua analisi del Genji monogatari.
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Il desiderio di ridare un volto alla società che aveva registrato un tale impulso delle
arti, ha indotto in passato alcuni studiosi a ipotizzare che nella narrativa di corte si
rispecchiasse la vita quotidiana del periodo Heian,
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proponendo un’immagine
alquanto bizzarra degli uomini e delle donne di quei secoli, le cui uniche
preoccupazioni sembravano essere confinate alla sfera sentimentale e la cui
emotività li spingeva di continuo verso la disperazione e il pianto.
Il carattere romanzesco dell’universo dei monogatari, dove tutti, ma in
particolare gli uomini, si emozionano (mono no aware o shiri), provano pietà (nasake
arite) e comprendono i sentimenti altrui (yo no naka no hito no kokoro ni kanaeru),
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traspare con chiarezza dal confronto con il contenuto dei diari in
kanbun e in
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Cfr. Konishi, 1986, p. 129.
13
Nello Yuxianku (giapponese: Yūsenkutsu, Visita alla grotte degli immortali, metà VIII sec.), il testo di
Zhang Wencheng (657?-730) noto in Giappone fin dal periodo Nara (710-794), il termine viene usato
nell’accezione di “passione amorosa”.
14
Cfr. Shirane, 1987, p. 30.
15
Cfr. Ikeda, 1954 e Morris, 1964 (trad. it., 1984).
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Queste le principali caratteristiche che connotano il mono no aware, la teoria estetica esposta nel XVIII
secolo da Motoori Norinaga (1730-1801) al fine di individuare un principio in base al quale affermare
l’autonomia della produzione letteraria giapponese dall’influenza culturale della Cina. Citate in
Shirane, 1987, p. 32.