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problematiche legate alle perdite di alcani leggeri [9]. Naturale prosecuzione di questa ricerca è stato
lo studio dell’interferenza di acqua ed etanolo. In test preliminari si è dimostrato come un filtro ai
carboni attivi sia già sufficiente per ostacolare considerevolmente l’effetto dell’etanolo, soluzione
comunque non definitiva a causa del deterioramento del filtro con il tempo. Si è dimostrato come
una soluzione applicabile sia invece il rilevamento della concentrazione di etanolo attraverso un altro
sensore basato su biossido di stagno, che a temperature non superiori ai 400°C è insensibile agli
alcani. La conoscenza della concentrazione dell’interferente etanolo può essere utilizzata per
compensarne l’effetto in maniera del tutto analoga all’umidità atmosferica [13].
Un array di sensori studiato per la rilevazione delle principali componenti dei gas da
decomposizione nelle discariche è stato sviluppato e testato, anche per quanto riguarda le proprietà
odorimetriche attraverso la somministrazione di n-butanolo, gas di riferimento per quanto riguarda
questo tipo di applicazioni. La rilevazione selettiva di etil-mercaptano, acido solfidrico e ammoniaca,
si è dimostrata possibile sia in condizioni dry che wet [21,24].
Un’applicazione di possibile interesse industriale della quale mi sono occupato è la rilevazione di
acetaldeide [22] e di aldeidi in generale, per le quali si è studiato un possibile array adatto allo scopo.
L’ossido di Zinco (ZnO) è un semiconduttore ad ampio gap (3.37 eV) di grande utilità in una
varietà di applicazioni, come ad esempio celle solari ibride, fotocatalisi, applicazioni piezoelettriche
ecc. Inoltre, trattasi di un materiale dalle proprietà di gas sensing ben note, che può essere utilizzato
per la rilevazione di gas come idrogeno, biossido di azoto, vapori di ammoniaca e acido solfidrico.
Una indagine su questo materiale è stata condotta in collaborazione con l’istituto IMEM del CNR di
Parma, che ha fornito polveri di ossido di zinco ottenute tramite una combinazione di processi di
trasporto di vapore e metodi di ossidazione controllata. Polveri di ZnO nanostrutturate sono state
sintetizzate dal Laboratorio Sensori e Semiconduttori attraverso un procedimento di tipo sol-gel e
stampate su substrato per la realizzazione di sensori. L’ossido di Zinco ottenuto dall’IMEM di Parma e
quello ottenuto dal Laboratorio Sensori di Ferrara sono stati sottoposti ad analisi SEM e TEM,
dimostrando una enorme differenza morfologica causata dai due diversi processi di sintesi.
Ciononostante, i due materiali si sono comportati in maniera analoga rispetto ai gas utilizzati (O
3
,
NO
2
, CO e H
2
S ) dimostrandosi buoni materiali per la rilevazione di gas ossidanti, ozono in particolar
modo. Il confronto ha permesso quindi di stabilire differenze e analogie nel sensing di gas ossidanti
da parte di ossido di zinco prodotto attraverso procedimenti di sintesi estremamente differenti [11].
La fotocatalisi nell’ossido di Zinco è stata studiata in laboratorio su campioni sintetizzati
appositamente, allo scopo di applicare le proprietà di fotoattivazione alla rilevazione dell’ozono. E’
stato quindi predisposto un apparato sperimentale comprendente un LED che emette alla lunghezza
d’onda di 400 nm, corrispondente a fotoni con energia pari a 3.1 eV. Sono state indagate le proprietà
elettriche in presenza e assenza di luce e confrontate con quelle degli stessi sensori, ma attivati
tramite funzionamento in temperatura. Si sono evidenziate interessanti caratteristiche, come elevate
intensità e velocità di risposta in condizioni di illuminazione, che vengono migliorate in presenza di
umidità atmosferica. Le performances sono state confrontate con quelle di un sensore basato su una
soluzione solida di ossido di tungsteno e di stagno (denominata WS, in proporzioni W:Sn = 90:10).
Nonostante entrambi i materiali, durante il funzionamento in temperatura, siano sensibili all’ozono, a
temperatura ambiente e in condizioni di illuminazione solo il sensore basato su ZnO ha mostrato una
risposta al gas. Il meccanismo di aumento della conduttanza sotto illuminazione è stato attribuito alla
creazione di coppie elettrone-buca assistito da radiazione, con aumento della concentrazione di
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elettroni in banda di conduzione. Se questo processo avviene nella regione di svuotamento, o la
coppia viene trasferita in superficie, può promuovere il desorbimento di ossigeno grazie alla
ricombinazione della buca creata con un elettrone appartenente alla carica di superficie. Il motivo
per cui il WS illuminato non mostra sensibilità all’ozono, al contrario dello ZnO, è stato attribuito al
fatto che il meccanismo di sensing dell’ozono può avvenire solo se la radiazione UV rimuove gli
ossigeni adsorbiti in superficie, per cui si deduce come nello ZnO il meccanismo di trasferimento delle
coppie in superficie è molto più veloce [17].
Nei sensori microlavorati (nei quali il film è depositato su una membrana in silicio microlavorato),
che per una maggiore semplicità di processo produttivo non possiedono un layer di passivazione fra
riscaldatore e contatti per la lettura del film, l’heater lavora in maniera impulsata (onda quadra) in
modo tale che durante la fase off del duty cycle venga letta la resistenza del film senza interferenze
elettriche. Questo implica che la frequenza di lavoro deve essere impostata in maniera tale che la
temperatura non sia soggetta ad instabilità inaccettabili. A questo proposito ho studiato e risolto
l’equazione del calore applicata a questo particolare sistema; prima la soluzione stazionaria
(indipendente dal tempo) per trovare il profilo di temperatura nella zona non riscaldata, al fine di
trovare un’area efficace per lo scambio convettivo, poi la soluzione dipendente dal tempo per
trovare il tempo caratteristico di decadimento della temperatura nella fase di spegnimento
dell’heater. Questo studio ha permesso di impostare la frequenza di lavoro ideale, riscontrabile nelle
misure eseguite, che non risentono di instabilità termiche del substrato [15].
Gli studi sull’equazione del calore mi hanno permesso anche di applicarla al di fuori del contesto
sensoristico. Infatti è stato condotto una studio sulla stabilità termica di un cristallo usato per il
channeling di particelle nell’acceleratore LHC, risolvendo l’equazione del calore bidimensionale con il
metodo delle linee, con un termine di sorgente di tipo gasussiano [19].
3. 3 Design e applicazione di nuovi materiali per gas sensing dalle caratteristiche avanzate
Lo studio e il design di nuovi materiali sensibili è una parte fondamentale della ricerca. In questo
ambito, la mia iniziativa di discostarsi dai convenzionali materiali usati per il gas sensing (gli ossidi
metallici), per valutare le proprietà di sensing di materiali privi di ossigeno, rappresenta un nuova
direzione di indagine con molteplici possibilità. Gli obiettivi di quest’idea sono: a) valutare come un
materiale privo di ossigeno si comporti sul lungo termine a confronto con un ossido, visto che in
questo caso non si avrebbe la migrazione delle vacanze di ossigeno; b) realizzare sensori più stabili; c)
esplorare più possibilità per la chimica di superficie.
La prima idea è stata la sintesi di un materiale ben noto per altre proprietà, come la
fotoconducibilità e la piezoelettricità, e mai utilizzato come sensore conduttometrico, il solfuro di
cadmio (CdS). Il materiale è stato sintetizzato in forma nanometrica e caratterizzato con XRD, SEM e
TG/DTA, dimostrandosi monofasico e stabile fino ai 500°C. I sensori realizzati con questo materiale si
sono dimostrati altamente selettivi agli alcoli lavorando in temperatura, mentre, per quanto riguarda
la fotoattivazione a temperatura ambiente, siamo riusciti a dimostrare che la chimica di superficie è
risonante con l’energia del bandgap del materiale [25].
Altri materiali sono stati sintetizzati e sono attualmente in corso d’indagine.