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Antonio Bica
autori della Bibbia ebraica, è stata “perché esistono nel mondo il male, il dolore e la
sofferenza? Perché mai il Dio del Vecchio Testamento, dopo secoli di schiavitù del
popolo d’Israele, fughe, persecuzioni, distruzioni, crisi politiche, problemi economici
e sociali a non finire, non è intervenuto per aiutare i figli d’Israele?” Secondo la spie-
gazione tramandataci dalla tradizione profetica, il popolo e la nazione soffrono perché
gli uomini hanno peccato contro Dio e non hanno accolto pienamente i dettami della
legge mosaica. Però, se il popolo d’Israele si fosse redento, prestando ascolto al suo
Dio, Dio stesso avrebbe concesso il suo aiuto conducendo Israele alla salvezza.
Ma quando, nonostante la contrizione del popolo ed il suo impegno a vivere nel
rispetto della legge, non cessavano i lutti, la sofferenza e la schiavitù, allora si pensò
che la spiegazione doveva essere un’altra. Fu così che un gruppo di pensatori ebrei
appartenenti alla cosiddetta “apocalittica” ebraica, (dal greco
apokalypsis che signi-
fica “rivelazione”, infatti erano convinti che Dio avesse rivelato loro i segreti della
creazione e il motivo dell’esistenza del male cosmico), tentò di spiegare il problema
con la presenza di un personale avversario e nemico di Dio, il Diavolo, responsabi-
le dell’imperversare nel mondo di forze malvagie e distruttici. Alla fine, però, Dio
sarebbe intervenuto a salvare i figli d’Israele, sconfiggendo le forze del male e colui
che era colpevole, responsabile della loro esistenza. Pertanto, secondo la tradizione
profetica, sarebbe Dio stesso a provocare la sofferenza, secondo la tradizione ebraica
apocalittica, è
invece il Diavolo,
nemico di Dio, ad esserne responsabile.
La stessa interpretazione apocalittica, comunque, prevede in tempi brevi un
intervento salvifico da parte del Dio buono. Ma che succede se il tanto atteso inter-
vento non giunge, e anzi, i lutti e la schiavitù continuano come prima se non peggio?
Vuol dire che la spiegazione del perché c’è il male nel mondo deve stare da un’altra
parte ancora. Ma dove? Ecco, allora, che partendo da una reinterpretazione del pen-
siero filosofico platonico, comincia a svilupparsi quella che sarà l’intricata visione del
mondo da parte dello Gnosticismo protocristiano, secondo cui è Dio stesso a causare
sofferenza e dolore, perché è un Dio malvagio e inferiore; insomma, al di sopra del
Dio terribile del Vecchio Testamento, creatore di un mondo imperfetto dove gli uomi-
ni sono prigionieri della loro stessa esistenza, esiste un Dio buono e perfetto, un Dio
non nominabile, non qualificabile, totalmente esistente in sé e bastante a se stesso.
È da questo Dio, secondo un complesso sistema di cosmologia mitologica, che
originano altre entità divine inferiori ed imperfette, che creano un mondo imperfetto,
popolato da altrettanti esseri imperfetti. È la cosmogonia gnostica che utilizza il mito
per spiegare la misteriosa origine dell’uomo sulla terra, in un mondo generato da un
errore cosmico.
Ma può l’uomo tornare al Dio ineffabile dal quale proviene? E cosa deve fare,
ammesso che ciò sia possibile? Gli Gnostici pensavano che gli esseri umani, anche
se non tutti, potevano fare ritorno alla dimora celeste e ricongiungersi col Padre,
semplicemente rifuggendo dal mondo e allontanandosi dal regno dell’imperfezione.
Solamente in alcuni uomini appartenenti ad una ristretta cerchia, un’élite spirituale,
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I vangeli gnostici e il cristianesimo delle origini
sopravvive una specie di scintilla divina; è proprio attraverso la
gnosis,
la cono-
scenza segreta che conduce alla salvezza, che questi uomini possono liberarsi dalla
prigionia della materia in cui sono caduti.
La
gnosis giunge attraverso colui che la rivela, cioè Gesù. Nella concezione
gnostica, pertanto, Gesù è portatore di conoscenza, anzi ne è il rivelatore, è l’emissa-
rio divino che viene dal regno del Padre.
La
gnosis si acquisisce solo per rivelazione e non è quel tipo di conoscenza
che deriva dall’esperienza empirica, non la conoscenza di Epicuro o di Lucrezio del
tipo
species ratioque naturae, cioè l’osservazione immediata e l’intuizione razionale
della natura, ma è esperienza, conoscenza e consapevolezza di se stessi. Secondo
la concezione gnostica, Gesù è spirito puro delimitato da un involucro, da un corpo
materiale; Gesù rappresenta di fatto l’uomo che riceve dall’alto lo spirito con l’atto
del battesimo, e la sua morte costituisce la scena finale, quella con cui fugge dalla
materia, liberandosene, e ritornando ad essere lo spirito puro originario.
Giuda, consegnando Gesù alle autorità, diventa l’artefice di questo miracolo.
Il Cristo gnostico, nulla ha a che vedere con la contrizione o la redenzione dal pec-
cato, non ci salva offrendo se stesso alla croce, il Cristo gnostico è il Cristo dell’il-
luminazione, della conoscenza profonda, è il Cristo della comprensione del mistero
primordiale dell’animo umano, è il Cristo della consapevolezza e della maturità spi-
rituale dell’uomo. Il proprio corpo costituiva per gli Gnostici un elemento corrotto
da cui rifuggire, qualcosa insomma di cui liberarsi. Essi contemplavano un’etica
volta all’ascetismo al fine di punire il corpo malvagio; negare al corpo ogni piacere
significava distaccarsi, allontanarsi da esso.
Lo Gnostico partecipa ad un’esperienza soggettiva illuminante, imparando a
guardare dentro se stesso, cogliendo la vera luce nell’ascetismo e nel silenzio della
meditazione. La salvezza vera, dunque, non è legata in alcun modo al corpo fisico,
piuttosto essa si ottiene con la fuga dal corpo. Così, il corpo di Gesù, essendo solo
un involucro, non può essere intaccato dal dolore fisico. Il significato del Cristo va
ben oltre la croce e la morte, il suo spirito non può né soffrire né morire, e lo stesso
accade agli spiriti che, attraverso la conoscenza profonda di se stessi, giungono alla
comprensione del Cristo e partecipano della conoscenza di Dio.
Alla fine, conoscere se stessi è lo stesso che conoscere Dio, perché con l’ac-
quisizione dei segreti della gnosi, il sé individuale diventa identico a Dio; è una rivo-
luzione, si può conoscere Dio senza l’intervento di preti, vescovi e diaconi. Questa
identità fra l’uomo e Dio, oltre che nel Vangelo di Giuda, la si può riscontrare in un
altro testo gnostico ritrovato a Nag Hammadi, il Vangelo
di Tommaso, laddove Gesù
dice a Tommaso: «chi beve dalla mia bocca diventerà come me; io stesso diventerò
come lui e i misteri gli saranno svelati» (Vangelo di Tommaso, 108).
Per gli Gnostici, appartenenti ad una ristretta cerchia di privilegiati, la forza
della loro idea e del loro messaggio, non poteva avere un effetto dirompente nel suo
incontro con le masse.