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IL PUNTO

Le notizie di LiberaUscita


Dicembre 2012 - n° 102


SOMMARIO
LE LETTERE DI AUGIAS

2575 - La demagogia in un paese analfabeta

2576 - Quando i principi offuscano le persone
CHIESA E LAICITA’

2577 - Scola, lo Stato laico e la libertà religiosa - di Vito Mancuso

2578 - Il Sindaco difende la tutela dei diritti civili - di Alessia Gallione

2579 - Laicità dello Stato non è nichilismo - di Gian Enrico Rusconi

2580 - I “cattolicisti”: quando la fede serve al potere - di Furio Colombo

2581 - La laicità del cardinale tra diritto e morale-di Nicola Colaianni

2582 - Cè Dio e dio, signor cardinale – di Paolo Bonetti

2583 - Se la Chiesa critica la neutralità dello Stato - di Stefano Rodotà

2584 - Il Papa contro unioni gay, aborto, eutanasia - di Giacomo Galeazzi

2585 - La Chiesa omofoba di Ratzinger - di Pierfranco Pellizzetti

2586 - Benedetto fa il razzista? di Walter Peruzzi

2587 - La pace del Papa comincia dall’omofobia - di Paolo Bonetti


ARTICOLI, COMUNICATI, INTERVISTE

2588 - L’eutanasia che c’è già - di Alessandro Capriccioli

2589 - IMU e Chiesa: la resa dello Stato - di Maria Mantello

2590 - Rodotà: libertà e diritti non sono negoziabili - di Rossella Guadagnini

2591 - Cattolici e Berlusconi: cambia il vento - di Marco Politi

2592 - Chi difende la legge 40? - di Furio Colombo

2593 - La spiritualità di chi non crede - di Enzo Bianchi

2594 - Il cuore o la vita: il dilemma di Hack - di Ferdinando Camoon

2595 - Nozze civili e nord - di Chiara Saraceno

2596 - E’ l’ateismo la terza “religione” del mondo - di Angelo Aquaro

2597 - Gli italiani e gli immigrati - di Furio Colombo

2598 - Una coppia su tre convive prima delle nozze - di Giovanni Valentini

2599 - Che cosa c’è dietro la crisi dei matrimoni - di Luigi Cancrini

2600 - Quale eguaglianza per quale libertà – di Graziella Sturaro


DAL TERRITORIO

2601 - Regione Toscana: approvata mozione su omofobia e transfobia

2602 - Prato: biotestamento, ci siamo quasi!

2603 - Imola: cittadinanza ai bambini nati in Italia - di Rachele Gonnelli

2604 - Reggio Emilia: verso il registro delle unioni civili

2605 - Firenze: il tribunale ritiene anticostituzionale la legge 40


DALL’ESTERO

2606 - Irlanda: contestata la legge sul suicidio

2607 - Massachusetts: la chiesa contro il suicidio assistito

2608 - G.B.: Tory favorevoli ai matrimoni gay - di Dino Messina

2609 - Israele: suicida il padre che ha aiutato la figlia a morire

2610 - OMS: linee guida sulle prostituzione, ma non per l'Italia…

2611 - Francia: verso il diritto di morire con dignità- di Harvey Morris

2612 - ONU: contro le mutilazioni genitali femminili (e commenti)

2613 - Belgio verso l’estensione dell’eutanasia anche ai minori
PER SORRIDERE…

2614 - Le vignette del Times – le acrobazie di Berlusconi

2615 - Le vignette di ElleKappa – Monti e Berlusconi

LiberaUscita associazione nazionale laica e apartitica per il diritto di morire con dignità

Tel: 366.4539907 – Fax: 06.5127174 – email: info@liberauscita.it – web: www.liberauscita.it


2575 - la demagogia in un paese analfabeta - di corrado augias

da: la Repubblica di giovedì 13 dicembre 2012

Caro Augias, sono un impiegato, 52 anni,Torino.

Molti italiani considerano i beni comuni proprietà di nessuno, piccoli o grandi gesti d'inciviltà, rifiuti ovunque, spaccare o insozzare strade e palazzi. Tutto ciò ha un costo, nessuno se ne cura. La Costituzione viene vista come un insieme di diritti. Sbagliato. La Carta regola la convivenza tra cittadini che hanno anche dei doveri. Il lavoro di cui parla l'articolo 1, su cui si fonda la Repubblica italiana, è il «dovere di ogni cittadino di contribuire al benessere della società in cui vive». Abbiamo dimenticato che ognuno di noi ha prima di tutto doveri verso la società, poi vengono i diritti. Tutti, dal cittadino comune a chi ha l'incarico di governare.

Tutto ciò va insegnato ai bambini, queste cose s'imparano al di sotto dei dieci anni. Insegnate più tardi s'imparano sì, ma sono spesso dimenticate. Scuola, istruzione e soprattutto civismo dovrebbe essere la priorità di qualsiasi governo. C'è uno spaventoso analfabetismo di ritorno.

Il primo candidato che accennerà all'abolizione dell'Imu o di qualche altra tassa otterrà una valanga di voti.



Marco Gambella - tarowean@libero.it

Risponde Corrado Augias

Anima la lettera del signor Gambella un sincero spirito pedagogico. Un messaggio di questo tipo forse poteva venire solo da Torino. Vi ritrovo lo stesso spirito che si legge nelle pagine di 'Cuore' e non dimentico che quel grande romanzo (tradotto in tutto il mondo) voleva, sotto le lacrimucce e i perbenismi tardo-sabaudi, costruire sulla minuscola epopea di quei ragazzi il sentimento d'identità nazionale di cui l'Italia appena fatta (siamo nel 1886) aveva estremo bisogno. Sono passati centocinquant'anni e siamo ancora lì, più o meno.

De Amicis era laico, aveva puntato tutto sull'educazione civica che anche il signor Gambella richiama, sulla fedeltà alla patria e al re. Da questa sua visione era escluso ogni riferimento di tipo religioso che è sempre stato l'altro strumento di pedagogia popolare, soprattutto in Italia. Anzi, il fatto che nell'anno scolastico di quei ragazzetti non sia mai citata una festività o un adempimento di tipo religioso suscitò !'irritazione delle gerarchie che non misero 'Cuore' tra i libri proibiti, ma ci andarono vicine. La scommessa tutta civile di De Amicis era insomma ad alto rischio e in quel momento venne persa. Forse un barlume d'identità condivisa lo suscitò la carneficina della Grande Guerra se si può giudicare dall'immensa ondata di commozione che accompagnò il trasporto a Roma del Milite Ignoto.

Il signor Gambella ha ragione a reclamarne ora l'insegnamento. Non è facile però trasmettere il senso dei doveri che significa in primis il rispetto degli altri. Adottare questo tipo di pedagogia senza trasformarlo in un giulebbe è difficilissimo.

Bisogna saperlo fare, bisognerebbe crederci.
2576 - QUANDO I PRINCIPI OFFUSCANO LE PERSONE - DI CORRADO AUGIAS

da: la Repubblica di domenica 16 dicembre 2012

Caro Augias, quest'anno nonostante io sia cattolico praticante non mi recherò in chiesa per la funzione di Natale. Nella giornata mondiale della pace il Santo Padre ha creduto bene di identificare le persone omosessuali come uno dei mali che affligge e mina la pace nel mondo. Mi chiedo sempre se Dio abbia deciso di creare le persone omosessuali per perseguitarle da 2mila anni e vederle soffrire; soprattutto mi chiedo come mai il leader di una confessione religiosa così importante predichi da anni odio e intolleranza verso una parte dell'umanità colpevole del proprio modo di volersi bene senza far male a nessuno. Ma possibile che Cristo sia morto invano? Non era morto per tutti? I gay sono stati esclusi? O prima di spirare ha specificato muoio per l'umanità ma non per i gay che minano la pace del mondo?

Mi chiedo anche come mai un Pontefice debba sempre e solo concentrarsi sui problemi inerenti l'affettività e sessualità delle anime. Possibile che non esista altro argomento penoso per la nostra umanità? Il Papa come vorrebbe risolvere il problema universale delle persone omosessuali? Negandone la presenza? Eliminandole?



Francesco Gardillo - francescocardillo@hotmail.it

Risponde Corrado Augias

Le critiche alle parole del pontefice romano sono state numerose e analoghe a quelle di altre numerose precedenti occasioni. Legare la giornata della pace a una ripetuta condanna dell'omosessualità è parso a molti fuori luogo.

Riprendo in questo commento alcune considerazioni contenute nel saggio, appena uscito, di Umberto Galimberti Cristianesimo (Feltrinelli). Smarrite le ultime tracce del sacro, argomenta il filosofo, il cristianesimo ha ridotto la questione religiosa a questione morale. Ma che bisogno ci sarebbe di Dio, chiede, se il suo giudizio fosse leggibile nelle norme della morale che ogni comunità può elaborare da sé? Quando la fede si fa forte invocando la ragione vuol dire che non ha più sufficiente fiducia in se stessa. E inoltre: se io invoco una serie di principi per regolare la vita degli uomini perdo di vista il vangelo. Gesù non ha mai parlato per principi, invece ha sempre guardato alle persone. Non la prostituzione ma la prostituta. Per perdonarla. Quando il cristianesimo lascia stare i principi e torna al messaggio di Gesù, di fa cioè attento alle persone, ecco spuntare uomini come papa Giovanni XXIII o il cardinale Martini o i tanti preti che vivono ogni giorno la misericordia a contatto con gli ultimi della terra.

La tesi di Galimberti secondo la quale il cristianesimo non è più in grado di concepire la "sacralità" può ovviamente essere negata; resta comunque degna di attenzione e andrebbe discussa. L'incapacità di rispondere elaborando una teologia finalmente adeguata ai tempi conferma implicitamente la sua validità.



Commento: forse non è il cristianesimo a non essere più in grado di concepire la “sacralità”, ma l’uomo che lo rappresenta in terra (gs).
2577 - SCOLA, LO STATO LAICO E LA LIBERTÀ RELIGIOSA - DI VITO MANCUSO

da: la Repubblica di venerdì 7 dicembre 2012

È tradizione che i discorsi tenuti il giorno di Sant’Ambrogio dagli arcivescovi di Milano siano caratterizzati da una profonda attenzione all’attualità sociale e politica. È il caso anche del discorso tenuto ieri a Milano da Angelo Scola, nel quale il cardinale è giunto a pronunciare parole molto pesanti. Parole a mio avviso poco fondate, su un tema di straordinaria delicatezza quale quello della laicità e della aconfessionalità dello Stato.

Scola è partito da molto lontano, dall’anno 313, visto che l’anno prossimo saranno 1700 anni da quell’Editto di Milano con cui Costantino e Licinio posero fine alle persecuzioni contro i cristiani. Scola non esita a celebrare tale editto come “l’atto di nascita della libertà religiosa”. È doveroso chiedersi per chi tale libertà nacque, e la risposta corretta è per i cristiani, i quali, da perseguitati sotto alcuni imperatori romani (in particolare Decio, Valeriano e Diocleziano) iniziarono a godere libertà di culto e poterono professare pubblicamente la loro religione. Ma alla loro libertà non seguì la libertà di altri. Io penso quindi che non sia corretto da parte di Scola elogiare così tanto l’Editto di Milano senza neppure ricordare l’Editto di Tessalonica dell’imperatore Teodosio del 380 con cui si toglieva la libertà di religione ai pagani, cui seguirono tra il 391 e il 392 i Decreti teodosiani che mettevano al bando ogni forma di sacrificio pagano, anche in forma privata, compresi i culti dei lari e dei penati che da secoli gli abitanti della penisola italica praticavano nelle loro case.

È vero che Scola scrive che l’Editto di Milano fu un “inizio mancato”, ma non si può sorvolare in questo modo così leggero su secoli e secoli di sanguinosa intolleranza cattolica, generata da tale editto e dal matrimonio con il potere imperiale che esso comportava. La cosa era del tutto chiara già a Dante Alighieri: “Ahi, Costantin, di quanto mal fu matre, non la tua conversion, ma quella dote che da te prese il primo ricco patre!” (Inferno XIX, 115-117), laddove tra i mali procurati dall’alleanza con il potere politico oltre alla corruzione della Chiesa vi sono le sanguinose persecuzioni contro ogni forma diversa di religione, in particolare contro i catari, i valdesi, gli ebrei.

La storia insegna che si dà libertà religiosa solo nella misura in cui lo Stato non si lega a nessuna religione particolare, solo se si pone di fronte ai suoi cittadini con l’intenzione di rispettare tutti, minoranze comprese, solo se pratica quella forma di neutralità così esplicitamente criticata dal cardinal Scola nel suo discorso di ieri. Per Scola infatti occorre “ripensare il tema della aconfessionalità dello Stato”, facendo in modo che lo Stato passi da una visione pluralista a una visione culturalmente in grado di sostenere le “dimensioni costitutive dell’esperienza religiosa: la nascita, il matrimonio, la generazione, l’educazione, la morte”: insomma i cosiddetti valori non negoziabili tanto cari a Benedetto XVI, cioè vita, scuola, famiglia, da intendersi alla maniera del Magistero cattolico attuale (che non è detto coincida con il vero senso del cristianesimo).

Prova ne sia proprio il tema della libertà religiosa, la quale, se è giunta a essere un patrimonio della dottrina sociale della Chiesa, è solo grazie alla lotta in favore dei diritti umani da parte della laicità illuminista. La libertà religiosa è stato il dono della laicità al cristianesimo.

Senza lo Stato laico, senza la sua volontà di rispettare le minoranze come quelle dei valdesi e degli ebrei dando loro gli stessi diritti della maggioranza cattolica, la Chiesa non sarebbe mai giunta al documento Dignitatis humanae del Vaticano II che apre finalmente la gerarchia cattolica alla libertà religiosa, dopo ben 1573 anni (distanza temporale tra la Dignitatis humanae del 1965 e l’ultimo decreto di Teodosio del 392)!

Per rendersene conto è sufficiente leggere i documenti pontifici che durante la modernità condannavano aspramente la lotta dei laici e di alcuni teologi a favore della libertà religiosa, come per esempio le parole di Gregorio XVI che nel 1832 bollava la libertà religiosa come deliramentum o le parole di Pio IX nel 1870 o quelle di Leone XIII nel 1888.

Scola ha ragione nel dire che “il nostro è un tempo che domanda una nuova, larga cultura del sociale e del politico”.

Ma questa larghezza della mente e dell’anima dovrebbe riguardare davvero tutti, anche la Chiesa cattolica, la quale non può limitarsi a rimpiangere Costantino e Teodosio e magari a cercare candidati politici che ne ricalchino le orme.
2578 - IL SINDACO DIFENDE LA TUTELA DEI DIRITTI CIVILI- DI ALESSIA GALLIONE

da: la Repubblica di venerdì 7 dicembre 2012

Milano — Accogliendo il Papa in città la scorsa estate, Giuliano Pisapia rivendicò l’autonomia delle decisioni della politica. «Ed è quello che continuerò a fare», dice il sindaco. Che aggiunge: «È giusto confrontarsi e riflettere, ma io non penso di possedere la verità e chiedo che, anche chi è profondamente credente, non ritenga di avere la verità assoluta. Lo dico soprattutto per quelle scelte individuali che riguardano la propria vita, anche se questo non deve limitare i diritti altrui».

Crede, come sostiene Scola, che la laicità dello Stato sia una minaccia per la libertà religiosa?

«Il suo discorso sarà per me motivo di riflessione, ma non mi convince la sua posizione negativa sulla “neutralità” dello Stato. Forse bisogna intendersi sul concetto di neutralità: lo Stato non deve essere confessionale, ma deve fare di tutto per rendere effettivo il principio costituzionale della libertà di professare liberamente la propria fede, serve una equidistanza tra tutte le religioni. Il diritto di professare il proprio credo non deve portare a discriminazioni né privilegiare una religione anche se maggioritaria. In Italia, dobbiamo fare ancora molti passi in avanti ed è per questo che, a Milano, stiamo lavorando per dare vita a un albo delle associazioni e organizzazioni religiose che permetta a tutti di avere gli spazi adeguati per potersi riunire».



La laicità alla francese sarebbe davvero un male?

«Credo che la laicità dello Stato sia un dovere, ma uno Stato profondamente laico deve dare a ognuno la possibilità di esprimere i propri valori e la propria fede».

Milano ha istituito il registro delle coppie di fatto e potrebbe avviare quello di fine vita. Si è sentito chiamato in causa da Scola?

«No, assolutamente. Proprio l’equivicinanza alle religioni comporta che bisogna garantire a tutti, anche ai non credenti, la possibilità di esercitare i propri diritti senza essere discriminati. Il cardinale dice che la libertà religiosa “è ai primi posti nella scala dei diritti”. Io dico che tutti i diritti sono al primo posto nella scala dei valori. Milano continuerà sulla strada dei diritti civili, con la profonda convinzione che non solo non contrasta con la libertà religiosa, ma la rafforza».



Non teme un rapporto conflittuale con la Curia?

«In realtà, no. Quando il Comune ha preso decisioni non condivise dalla Curia, ci sono state comprensibili e legittime prese di posizioni, ma nessun tentativo di bloccare scelte democratiche. Sono molto fiducioso che il confronto e il dialogo continueranno, pur nelle reciproche diversità. Forse, chi crede in una religione — qualunque essa sia — è convinto che quella sia la verità. La differenza, per quanto mi riguarda, è che su certi temi mi pongo sempre il dubbio sulla base della realtà e non di un’indicazione che viene dall’alto. C’è però un passaggio del discorso che condivido pienamente ».



Quale?

«È quello che mette in relazione la libertà religiosa e la pace sociale. Il dialogo e la comprensione tra diverse confessione favoriscono la pace dentro una comunità e tra le diverse comunità. Questa coesione sociale, anche tra fedi e culture diverse, è un obiettivo a cui tutti dovrebbero puntare, ma che alcune forze politiche purtroppo non auspicano».


2579 - LAICITÀ DELLO STATO NON È NICHILISMO - DI GIAN ENRICO RUSCONI

da: la Stampa – di venerdì 7 dicembre 2012

Il discorso alla città di Milano pronunciato ieri sera dal cardinal Scola in occasione di Sant’Ambrogio contiene alcuni passaggi cruciali sul tema dello Stato laico che sono sorprendenti per l’atteggiamento che li sottende, per il tono, prima ancora che per alcuni loro contenuti. C’è diffidenza, sfiducia, allarme di fronte a una presunta involuzione della laicità nello Stato, che si configurerebbe addirittura come minaccia alla libertà della coscienza religiosa. L’ assunto da cui parte il discorso del cardinale è la centralità della «società civile», «la cui precedenza lo Stato deve sempre rispettare, limitandosi a governarla e non pretendendo di gestirla».

Questa affermazione sarebbe anche condivisibile (nessuno infatti vuole uno Stato etico) se non contenesse un fraintendimento. Non è chiaro, infatti, che cosa significa che lo Stato deve «limitarsi a governare la società civile» senza «pretendere di gestirla». Definire le leggi, le norme di comportamento vincolanti per tutti i cittadini - tramite un dibattito pubblico e costituzionale che tiene presente l’intera «società civile» in tutta la sua complessità - è una «gestione» intrusiva della società?

Proprio su questo punto invece il card. Scola usa parole pesanti: «Sotto una parvenza di neutralità e oggettività delle leggi, si cela e si diffonde una cultura fortemente connotata da una visione secolarizzata dell’uomo e del mondo, priva di apertura al trascendente. In una società plurale essa è in se stessa legittima ma solo come una tra le altre. Se però lo Stato la fa propria finisce inevitabilmente per limitare la libertà religiosa».

Innanzitutto non si capisce come una legislazione neutrale rispetto ai valori religiosi impedisca, a coloro che lo desiderano, di condurre la propria vita e operare le proprie scelte sulla base di quei valori. Salvo garantire che si tratti di scelte effettivamente libere e non di imposizioni familiari o comunitarie.

Inoltre a quale Stato in concreto si riferisce il cardinale? Certo non al nostro Paese con la sua legislazione sull’insegnamento della religione nelle scuole, con la normativa sui simboli religiosi negli spazi pubblici, sul sostegno indiretto alle scuole confessionali, sulla forte (e formalmente legittima) influenza della Chiesa sulla problematica bioetica - per non parlare della deferenza pubblica e dei partiti politici verso la Chiesa.

Non mi è chiaro quali altri spazi possa aprire uno Stato laico «in cui ciascun soggetto personale e sociale possa portare il proprio contributo all’edificazione del bene comune». Non a caso sono i laici spesso a non vedere riconosciuti i propri come «valori» (ma sempre come apertura al peggio) e la legittimità delle proprie opzioni.

E’ deplorevole che la laicità dello Stato sia identificata tout court con una idea di secolarizzazione che sconfina di fatto con il nichilismo. Se c’è uno spazio che dovrebbe essere aperto è il confronto pubblico competente e leale sui valori positivi della laicità, che sono l’unica garanzia della libertà di coscienza.
2580 - I “CATTOLICISTI”: QUANDO LA FEDE SERVE AL POTERE - DI F. COLOMBO

da: il Fatto di domenica 9 dicembre 2012

Discorso storico del cardinale di Milano su un evento che sconvolge il mondo. Il Prelato annuncia che lo Stato minaccia Dio. Quale Stato? Ma qualunque Stato laico, inclusi gli Stati Uniti di Obama. Non una parola sugli Stati in cui vige la Sharia, ovvero una religione, quella islamica, come legge civile e penale. Non una parola sulla bambina Malala, che è stata quasi uccisa in Pakistan (Paese che ha molti problemi ma che trabocca di Dio, nel senso di Scola) per avere sostenuto il diritto delle bambine ad andare a scuola, diritto negato – secondo gli Scola locali – dal Dio di quel Paese.

Noto che il cardinale di Milano dichiara subito che “la laicità dello Stato minaccia la libertà religiosa”. Usa la stessa parola (inspiegabile, dal punto di vista logico) che i cattolici estremisti usano per condannare le coppie di fatto, come se fossero un pericolo per le altre famiglie. Mi riferisco a un “discorso alla città di Milano” nella ricorrenza dell'Editto di Costantino (312 d. C.) interpretato come l'inizio della libertà del culto cristiano (che invece apre il percorso ad altri editti che porteranno al più violento e rigido divieto di ogni altra pratica religiosa che non sia il cristianesimo.

Userò, come interprete delle parole di Scola, il teologo Vito Mancuso: “Per Scola occorre ripensare una visione culturalmente in grado di sostenere i cosiddetti valori non negoziabili cari a Benedetto XVI, cioè vita, scuola, famiglia, da intendersi alla maniera del magistero cattolico attuale, che non è detto che coincida con il vero senso del cristianesimo” (Repubblica, 7 dicembre 2012).

L'ultima frase di questa citazione di Mancuso è confermata e illustrata da un libro di Carlo Casini (Movimento per la vita) dal curioso titolo “Non li dimentichiamo. Viaggio fra i bambini non nati”. Non è un libro di fantascienza o un thriller alla Stephen King. ma un testo di presunta ortodossia cattolica. Interessante, infatti, notare che l'autore del libro cerca prove e sostegni per l’“identità giuridica” di embrioni e feti non dalla teologia cristiana (non ne troverebbe) ma in una personale interpretazione della Convenzione Onu sui diritti dell'Infanzia.

Ecco il marchingegno: la Carta, ovviamente protegge non solo i bambini nati ma anche le mamme incinte. Carlo Casini pensa che ciò significhi che l'Onu funziona e agisce nel vasto territorio non solo dei non ancora nati, ma dei mai nati e dell'universo non identificabile degli embrioni. Ed esclude del tutto dalla sua interpretazione della Carta dell'Onu ogni protezione del diritto delle donne alla tutela del proprio corpo e delle possibilità di sopravvivenza.

Come si vede, il cardinale Scola, nella solenne occasione del discorso di Milano, si muove con le stesse parole e allo stesso livello del libro inventato alla svelta per l'occasione dal Movimento per la vita, ovvero fuori dalla storia, fuori dalle leggi dei Paesi democratici e fuori dalla Costituzione Italiana.

Vito Mancuso ci dice che tutto ciò avviene anche fuori “dal vero senso del cristianesimo”. Credere o non credere è la grande scelta privata e individuale. Ma resta lo stupore e l'imbarazzo per ciò che Scola ha detto come capo della Chiesa di Milano. Ha detto che “lo scontro non è tra fede e istituzioni civili. Le divisioni più profonde sono quelle fra cultura secolarista e fenomeno religioso e non, come spesso erroneamente si pensa, tra credenti di fedi diverse. “Infatti – aggiunge – sotto una parvenza di neutralità e oggettività delle leggi, si cela e si diffonde una cultura priva di apertura al trascendente”.

La frase è arrischiata, perché il solo sistema giuridico fondato sulla trascendenza – nel senso detto e pensato dal Vescovo di Milano – è la legge detta Sharia, un’ortodossia cieca che si avvinghia alla politica, intende dominarla, e tormenta alcuni Paesi islamici bloccando ogni passaggio ai diritti umani e civili.

In che modo l'apertura obbligatoria alla trascendenza, invocata dal Cardinale Scola per le istituzioni pubbliche italiane, sarebbe diversa dalla imposizione paleo-islamica contro cui tante donne e uomini di molti Paesi islamici si battono?

Coloro che si oppongono, nella vita e nella cultura italiana, al fondamentalismo ormai ufficiale della Chiesa romana, sono definiti, come è noto, “laicisti”. La parola descrive in modo sprezzante una categoria culturale e politica inferiore (“laici” sono coloro che accettano gentilmente che il cadavere di Welby venga lasciato fuori dalle porte chiuse di una chiesa e privato del funerale della sua fede) a cui non si deve prestare alcuna attenzione. Si usi allora, per chiarezza nei confronti dei credenti, la parola “cattolicista” per definire tutti coloro, cardinali e no, che usano la religione e la fede come strumento per governare. È storia italiana da decenni.

Dovunque si veda o si creda di vedere una promessa di protezione della gerarchia ecclesiastica per un partito o per un potere, subito si raccoglie una folla di cattolicisti, travestiti da fervidi credenti e impegnati a cercare e affermare le loro radici cristiane mentre lasciano morire a migliaia gli immigrati in mare.

Ecco dunque il vero punto di scontro evocato dal Cardinale Scola. Il Vescovo di Milano include tra i veri nemici della trascendenza il presidente americano Obama che vuole estendere il diritto alle cure mediche gratuite anche alle donne in caso di aborto.

Alcuni giorni fa un padre gesuita che stava ascoltando questi miei argomenti in un incontro pubblico, mi ha dato la frase giusta per concludere: “Ricordi, però, che la Chiesa non sono soltanto i cardinali”.


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