L’Ente di gestione del Parco naturale del Marguareis



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L’Ente di gestione del Parco naturale del Marguareis

La sede amministrativa si trova a Chiusa di Pesio in Via Sant'Anna, 34

tel. 0171 734021

Fax. 0171 735166

parcomarguareis@ruparpiemonte.it

 

Esistono due sedi operative:



in Valle Pesio a Villaggio d'Ardua

tel. 0171 738337

 

in Valle Tanaro a Carnino Inferiore Casa del Parco

tel. e fax 0174 390194 


Il Consiglio dell’Ente

Il Consiglio dell'Ente di gestione del Parco naturale del Marguareis è così costituito:

Presidente: ERBI’ Armando
Consigliere: TASSONE Enzo (Vicepresidente)

Consigliere: ALBERTI Michele


Consigliere: MAURO Gabriele
Consigliere: ROBALDO Luca
Uffici e settori

DIREZIONE
PATRIZIA GROSSO
pgrosso.parcomarguareis@ruparpiemonte.it

UFFICIO AMMINISTRAZIONE E PERSONALE
LIVIA BERNARDI
lbernardi.parcomarguareis@ruparpiemonte.it

RECEPTION
CATERINA CANAVESE
parcomarguareis@ruparpiemonte.it

SEGRETERIA GENERALE
CLAUDIA SACCHI
csacchi.parcomarguareis@ruparpiemonte.it

UFFICIO CONTABILITA’
MARIANGELA MUSSO
mmusso.parcomarguareis@ruparpiemonte.it
SETTORE COMUNICAZIONE, DIDATTICA, TURISMO E GRAFICA

LABORATORIO TERRITORIALE DI EDUCAZIONE AMBIENTALE DI CHIUSA DI PESIO
CATERINA MUSSO
kmusso.parcomarguareis@ruparpiemonte.it
ERIKA CHIECCHIO (grafico)
echiecchio.parcomarguareis@ruparpiemonte.it

UFFICIO TECNICO
EZIO CASTELLINO
ecastellino.parcomarguareis@ruparpiemonte.it

UFFICIO TECNICO FAUNISTICO
GIUSEPPE AUDINO
bepiaudino.parcomarguareis@ruparpiemonte.it

SERVIZIO CONSERVAZIONE E GESTIONE AMBIENTALE
DAVIDE SIGAUDO
dsigaudo.parcomarguareis@ruparpiemonte.it

SERVIZIO CONSERVAZIONE E GESTIONE AMBIENTALE
CENTRO DI BIODIVERSITA’ VEGETALE

BRUNO GALLINO - IVAN PACE
bgallino.parcomarguareis@ruparpiemonte.it
Atti dell’Ente

In questa sezione sono inseriti atti amministrativi, affidamenti di incarichi, bandi di gara e di concorso.

I documenti sono scaricabili in formato .pdf e visualizzabili con Acrobat Reader

Consultare anche l'albo pretorio on line


Bandi di gara
Altri atti
Documenti da scaricare
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Operazione trasparenza

Fortemente voluta dal ministro Renato Brunetta, l'Operazione Trasparenza era già stata avviata nel giugno del 2008 attraverso la pubblicazione dei dati dirigenziali e degli incarichi in atto presso il Ministero della Pubblica Amministrazione e Innovazione. L'obbligo è stato poi esteso a tutte le pubbliche amministrazioni del territorio nazionale.



Il Parco naturale del Marguareis

Il Parco si sviluppa attorno al Massiccio del Marguareis, al centro delle Alpi Liguri, e comprende due valli: la Valle Pesio e una porzione dell'Alta Val Tanaro. La sua particolare posizione, con un clima che risente degli influssi marini provenienti dal vicino Mediterraneo, lo ha reso noto per la varietà della flora. Conserva, infatti, circa un quarto delle specie vegetali presenti in Italia. Varia e ricca la presenza della fauna: camosci, aquile, cervi, caprioli e galli forcelli popolano il territorio. Da qualche anno è ricomparso il lupo su queste montagne.

Altra importante caratteristica dell'area è il fenomeno del carsismo, localizzato prevalentemente nel Massiccio del Marguareis - Mongioie. Con più di 150 km. di sviluppo sotterraneo di grotte, molte delle quali ancora inesplorate, rappresenta un vero santuario per gli appassionati e gli studiosi di speleologia.
Storia dell’Ente

Il Parco naturale del Marguareis è una delle prime aree protette istituite in Piemonte.

Nasce nel 1978 su un territorio di oltre 2.650 ettari fino a comprenderne, oggi, circa 6.770.

L'Ente, fin dagli inizi, ha affiancato alla tradizionale opera di tutela, attività volte all'attuazione di progetti internazionali e di ricerca.

Nei primi anni Ottanta iniziano le attività di censimento, osservazione e raccolta dati legate alla fauna, e i primi interventi sulla gestione del patrimonio boschivo e forestale.

A partire dalla seconda metà del decennio i lavori per la costruzione della sede amministrativa e l'aumento del personale, determinano un incremento dei progetti di didattica e di ricerca scientifica sul territorio.

Contestualmente alla sua crescita il Parco dà vita ai primi progetti di reintroduzione del capriolo e del cervo che oggi popolano stabilmente il territorio.
Visitare il Parco

Visitare un Parco Naturale è un'esperienza unica, fondamentale per comprendere la necessità di proteggere il nostro patrimonio ambientale. Il Parco naturale del Marguareis offre momenti di apprendimento e di svago, e una stupenda palestra all'aria aperta per bambini, adulti, sportivi o persone meno allenate. Immersi in un paesaggio mozzafiato, soli o attraverso percorsi guidati, sarete parte di una natura straordinaria, un luogo che conserva un'incredibile varietà di specie vegetali e custodisce una fauna ricchissima.


Come raggiungere il Parco

Il Parco Naturale è raggiungibile dalla Valle Pesio e dalla Valle Tanaro. Una volta raggiunta la Valle Pesio proseguire in direzione frazione S. Bartolomeo: l'area protetta inizia a circa 10 km dall'abitato di Chiusa di Pesio. La sede amministrativa del Parco si trova invece in Via Sant'Anna 34, a un km dall'abitato.

Per la Valle Tanaro raggiungere Ceva (autostrada A6 Torino - Savona, uscita Ceva), e seguire la SS 28 fino all'abitato di Ponte di Nava; da qui prendere la SP per Viozene/Upega fino alla deviazione per Carnino.
Consigli e divieti

Sono necessarie scarpe da trekking o da ginnastica per i percorsi meno impegnativi e per le visite alle aree protette. Sono invece consigliati scarponcini da montagna e bastoncini da trekking per i percorsi in quota più impegnativi.

È utile portare con sé uno zaino, attrezzatura fotografica e binocolo, è invece vietato portare nell'area protetta fonti di rumore, come radio o stereo, per non disturbare l'attività degli animali.

Il territorio del Parco Naturale è protetto, esistono perciò alcune regolamentazioni, per salvaguardare animali e specie vegetali, a cui è necessario attenersi: il visitatore non può in alcun modo recare danno ad animali, alberi, piante o fiori. È perciò vietata la caccia, la raccolta di fiori e piante e l'accensione di fuochi.

È possibile introdurre cani purché tenuti sempre al guinzaglio.
Il territorio del Parco

L'area del Parco si estende per circa 6770 ettari sui due versanti del Monte Marguareis (2651 m.), la cima più alta delle Alpi Liguri. I tratti morfologici di questo gruppo montuoso sono unici per la struttura calcarea che ha favorito la formazione di grandi conche carsiche, di grotte (circa 700) e pareti strapiombanti che conferiscono ai versanti un aspetto dolomitico.

Il territorio protetto comprende due Valli: la Valle Pesio e una porzione dell'alta Valle Tanaro, ponte naturale fra il Piemonte e le vicine province di Imperia e Savona.

Fanno riferimento allo stesso Ente di Gestione anche la Riserva Naturale Speciale di Crava - Morozzo, la Riserva Naturale Sorgenti del Belbo, la Riserva Naturale Augusta Bagiennorum, la Riserva dei Ciciu del Villar e la Riserva naturale delle Grotte di Bossea.


Il Massiccio del Marguareis

Con i suoi 2651 m è la montagna più alta delle Alpi Liguri e una delle maggiori aree carsiche d'alta quota dell'arco alpino.

I due versanti hanno caratteristiche diverse. Quello settentrionale, che si affaccia sulla Valle Pesio, è costituito da una falesia rocciosa, ricca di canaloni innevati fino a stagione inoltrata e cenge detritiche; più dolce quello meridionale, la cui natura carsica ha determinato la presenza di una morfologia caratterizzata da campi solcati, doline, pozzi e inghiottitoi.
Vie di salita

La prima scalata conosciuta e notificata, con partenza da Carnino, è avvenuta nel XIX sec. ad opera di Lorenzo Pareto, famoso biologo e uomo politico.

L'itinerario di salita più classico è però quello che attraversa il Canalone dei Genovesi e la successiva Cresta Ovest. Il canalone è lungo circa 600 m. con pendenze sino a 45 gradi; è innevato fino a stagione inoltrata perciò, per salirlo, è necessaria l'attrezzatura per l'alpinismo invernale.
Scarason

Lo Scarason fino agli anni Sessanta è stato considerato uno dei "problemi" alpinistici dell'arco alpino occidentale.

Muraglia strapiombante sul versante settentrionale del Massiccio del Marguareis, rappresenta da sempre una grande sfida per scalatori e alpinisti.

Nel 1967 Alessandro Gogna e Paolo Armando sono i primi a vincere la parete. Circa dieci anni dopo l'impresa sarà ripetuta da Gianni Comino e Celso Rio.

Nel 1987 Sergio Calvo, Andrea Parodi e Fulvio Scotto, tracciano una difficilissima via diretta, con tre bivacchi su amache sospese nel vuoto. Da ricordare, infine, l'impresa di Marco Bernardi che, nel 1981, supera da solo, in pieno inverno, la temibile via Gogna/Armando.

La scalata dello Scarason è stata anche una delle imprese portate a termine da Patrick Berhault a cavallo fra il 2000 e il 2001 quando in 167 giorni attraversò l'intero arco alpino conquistandone le vette più impegnative.


Pis del pesio

Il carsismo che caratterizza il territorio ha determinato la presenza di alcuni particolari fenomeni come la risorgenza delle acque.

È il caso del Pis del Pesio, una cavità estesa orizzontalmente a circa 1450 m di altitudine che raccoglie le acque dalla soprastante Conca delle Carsene e del Colle di Malaberga, per poi fuoriuscire con una cascata di circa 30 metri.

Le risorgenze carsiche del Pis, insieme a quelle delle Vene e della Gola delle Fascette in Alta Val Tanaro, testimoniano l'esistenza di un vastissimo sistema di cavità sotterranee.

Il getto d'acqua che sgorga dalla parete rocciosa è più evidente e spettacolare in tarda primavera oppure in estate, dopo un abbondante temporale.

Il Pis del Pesio si raggiunge con una facile camminata di poco più di un'ora, partendo dal Pian delle Gorre e seguendo le indicazioni per il Passo del Duca, oltrepassando il caratteristico Gias Fontana. Dopo aver raggiunto un piccolo bosco di faggi maestosi si abbandona il sentiero che sale al passo e si sale lungo un evidente percorso che conduce alla base della parete calcarea da cui sgorga il torrente (1426 m).


Sistema carsico d’alta quota

L'arco alpino d'alta quota è caratterizzato dall'esistenza di numerosi fenomeni carsici a livello sotterraneo, con la presenza di grotte, di cunicoli e di una rete idrografica sviluppatasi all'interno della montagna. La natura carsica del territorio è evidente anche in superficie, testimoniata da cavità di diverse forme e dimensioni. In alta quota troviamo pozzi profondi, come quelli generati nei calcari bianchi del malm, o più superficiali come i pozzi di lapiaz, in corrispondenza di giunti o linee di faglia. Alcune cavità sono il frutto di fenomeni sotterranei venuti a contatto con la superficie: è il caso della Grotta di Labassa nella Gola della Chiusetta e l'ingresso dell'Arma delle Mastrelle. Le altre morfologie carsiche più tipiche sono le doline, depressioni chiuse che nel territorio del Parco presentano avvallamenti di norma poco profondi, con un diametro inferiore ai dieci metri, i crepacci carsici, frequenti soprattutto nella Conca delle Carsene, e morfologie di dimensioni minori, generate per corrosione, come i campi solcati, i fori carsici e le vaschette di corrosione.

Tutti questi fenomeni sono generati dalla particolare configurazione rocciosa del Marguareis: i vari tipi di rocce carbonatiche di cui è composto, dai calcari giuresi a quelli cretacei, hanno dato vita a un panorama unico e in continua evoluzione.
Sistema di Piaggiabella

Da questo vastissimo complesso carsico, uno dei più estesi in Italia, ha avuto inizio l'esplorazione speleologica della zona. L'accesso alla grotta avviene dall'omonima conca, situata in alta Valle Tanaro. Fino ad oggi sono stati esplorati oltre 40 km di condotti sotterranei tra loro collegati, con 15 ingressi e una profondità massima di circa 950 m.


Sistema della Bassa

Continuazione naturale del complesso di Piaggiabella si sviluppa per oltre 15 km e raggiunge una profondità di circa 500 m.


Sistema delle Carsene

La Conca delle Carsene, in Valle Pesio, comprende migliaia di grotte di diverse forme e dimensioni, con uno sviluppo sotterraneo stimato in alcune decine di km. I cunicoli nel sottosuolo convogliano le acque del versante francese che, raggiunti gli strati rocciosi impermeabili, continuano il percorso verso la sorgente del Pis. Anche in questo sistema sono state esplorate numerose grotte. Fra i complessi più importanti, da citare quello del Cappa.


Boschi di abete bianco

Albero simbolo della Valle Pesio, alto fino a quaranta metri, con un diametro che, in alcuni casi, arriva a sfiorare i due, deve la sua presenza ai frati Certosini, che da sempre hanno curato e mantenuto intatti questi boschi, senza sostituirli con altri più vantaggiosi come il castagno o il faggio e ne hanno permesso la conservazione. Questa specie è favorita da fattori climatici come le piogge abbondanti, l'umidità atmosferica e del suolo, l'assenza di venti e una limitata escursione termica giornaliera e stagionale. Oggi il bosco si presenta particolarmente rigoglioso e, con il suo sottobosco, rappresenta uno degli ambienti più ricchi di animali del Parco.


Faggete

Con l'abete bianco, Il faggio è l'albero più diffuso nel territorio del Parco occupando la gran parte del versante sinistro orografico. Questi boschi, pur essendo stati intensamente tagliati prima dell'istituzione del Parco sono attualmente inseriti nelle aree di raccolta seme della Regione Piemonte.Attorno alla metà del Settecento le faggete sono state sfruttate in maniera intensiva per via del trasferimento a Chiusa di Pesio della Regia Fabbrica dei Vetri e dei Cristalli.


Bosco della Larzelle

Posto nel Vallone di Carnino, in Alta Valle Tanaro, fra il passo Lagarè e la Gola della Chiusetta, fra i 1300 e i 1700 m, è costituito in prevalenza dal pino uncinato a portamento arboreo. Il Bosco delle Larzelle, pineta più meridionale di tutto l'arco alpino, ospita specie animali piuttosto rare come il picchio muraiolo e il codirosso spazzacamino.

Appena fuori dal territorio del Parco troviamo anche il lariceto delle Navette, tutelato per il suo valore naturalistico come Sito di Interesse Comunitario.
Carnino

Il borgo, in Alta Valle Tanaro, fa parte amministrativamente del comune di Briga Alta ed è costituito da Carnino Inferiore e Carnino Superiore. Esempio particolare di architettura montana, l'abitato del Carnino custodisce una storia antica: le prime testimonianze di abitazioni stabili risalgono, infatti, al X secolo. Si possono ancora vedere le antiche case in pietra, di pianta quadrangolare generalmente a più piani. Il tetto in paglia di segale è la parte più caratteristica delle abitazioni: i timpani superano la copertura formando due cordoli in pietra, utili per creare una sponda alla paglia e permettere l'accesso al tetto, determinando la struttura tipica del tetto racchiuso.Nei pascoli resti di vastere, i recinti in pietra per le bestie, e le caselle, piccole costruzioni utilizzate come riparo per i pastori durante il pascolo o per la conservazione dei formaggi prodotti in alpeggio, testimoniano un passato pastorale e contadino.

Il Parco recentemente ha acquistato e ristrutturato un antico fabbricato all'interno del borgo.
Geologia

Dal punto di vista geologico l'area del Parco è il frutto di formazioni successive che risalgono ad epoche molto diverse. Le rocce più antiche sono porfiroidi di origine vulcanica. In seguito, l'erosione di blocchi rialzati di porfiroidi, originò rocce sedimentarie. Studi geologici hanno ipotizzato l'esistenza di un vasto bacino marino (Tetide), che, a cavallo fra l'Era Primaria e quella Secondaria, avrebbe dato vita a grandi fenomeni di sedimentazione. Con la loro fine, databile circa 38 milioni di anni fa, ebbe inizio l'orogenesi alpina che perdura ancora oggi.

L'alternanza di rocce di origine eruttiva (porfidi) e di origine sedimentaria (calcari) ha consentito la formazione di stretti valloni, uno addossato all'altro, che culminano nel Vallone del Marguareis.

Qui si trovano ancora resti riconoscibili delle formazioni glaciali (morene) testimoni delle ultime fasi d'attività.


Fauna

Il Parco ospita camosci, caprioli, cervi, cinghiali. Assai ricca e diversificata è l'avifauna alpina, con il gallo forcello e il picchio nero o rapaci come l'aquila (2coppie nidificanti), il gufo reale, la civetta capogrosso, la civetta nana, l'astore e il biancone. Sul territorio si trovano anche alcune specie di origine artica, i cosiddetti "relitti glaciali" come la lepre variabile, l'ermellino e la pernice bianca. A metà circa degli anni Novanta, dopo quasi un secolo di assenza, il lupo è tornato naturalmente su queste montagne in espansione dall'Appennino, apportando numerosi cambiamenti nell'ecosistema e frenando la crescita sproporzionata degli ungulati.


La protezione della fauna

La tutela della fauna ha previsto due principali azioni: di protezione e di reintroduzione. Grazie all'attività di protezione garantita dal servizio di vigilanza dei guardiaparco, in poco più di dieci anni la popolazione di camosci è quasi decuplicata. Parallelamente è stato avviato un processo di reintroduzione delle specie scomparse a causa della caccia e dello sfruttamento eccessivo dei pascoli, come i cervi e i caprioli che oggi sono tornati ad essere abitanti a tutti gli effetti di queste montagne.

Nel 1985 avviene la prima reintroduzione, quella del capriolo, con circa trenta capi. Oggi il capriolo è presente sul territorio fino a 1700 m.

La seconda reintroduzione riporta sulle Alpi Liguri una specie assente da alcuni secoli, ma sicuramente in passato protagonista di queste montagne: il cervo. Alcuni capi vengono introdotti nel 1991 in un'area delimitata del Parco, il "Recinto delle Canavere", dove si riproducono con successo. Oggi alcune decine di soggetti vivono in libertà nell'area protetta.


Vegetazione

Una natura ricca e rigogliosa, caratterizza il territorio, con vasti boschi di abeti bianchi, faggi, latifoglie nobili, castagni e, sul versante meridionale, pini silvestri e uncinati.

Il Parco custodisce un patrimonio floristico immenso, dagli alberi ad alto fusto alle piante erbacee rare ed endemiche, che determina un panorama eterogeneo, con quasi 1.500 specie censite. L'area protetta custodisce da sola oltre un quarto delle specie vegetali presenti in Italia, una situazione unica dovuta alla convivenza di una flora tipicamente alpina con quella mediterranea. Questa zona, infatti, rappresenta il punto d'incontro fra diversi distretti climatici e costituì, nel passato, il crocevia dei flussi migratori di specie provenienti da aree diverse. La particolare posizione geografica, unita alla conformazione rocciosa calcarea, hanno determinato la ricchezza e la varietà di vegetazione che oggi ammiriamo e studiamo, un patrimonio che rende questo territorio l'area a maggiore biodiversità vegetale di tutto l'arco alpino.
La biodiversità delle Alpi Liguri

Le Alpi Liguri costituiscono il maggior centro di diversità vegetale della catena alpina: una realtà straordinaria determinata dalla particolare posizione geografica, fra vette alpine e influssi mediterranei, e dalla combinazione di grandi avvenimenti climatici, fasi glaciali e interglaciali, che hanno portato sulle Alpi Liguri specie di origine nordeuropea, siberiana e mediterranea. Il risultato è la presenza di una flora originalissima, con specie antiche ed esclusive.

Le Alpi Liguri sono l'areale di distribuzione esclusivo di alcune specie dell'era geologica terziaria, come Phyteuma cordatum ed Helianthemum Iunulatum. Sono presenti specie antichissime come Ballota frutescens e Convolvulus sabatius e relitti glaciali come Saxifraga cernua. Famosissima la "scarpetta di Venere", (Cypripedium calceolus), orchidea della flora italiana che in Valle Pesio trova il sito numericamente più importante di tutto l'arco alpino occidentale italiano. Sulle rocce e sui detriti carbonatici troviamo Silene campanula, Micromeria marginata, Phyteuma cordatum, Saxifraga cochlearis, Primula marginata, Thymelea dioica, Moehringia lebrunii, le rarissime Euphorbia valliniana e Ligusticum ferulaceum, Iberis nana e molte altre ancora.
Storia della botanica in Alta Valle Pesio e Tanaro

Anche sulle rocce e i detriti silicatici (i porfiroidi) crescono specie importanti, fra le altre, Senecio persoonii e Potentilla valderia.

Il patrimonio floristico delle Alpi Liguri ha richiamato nell'area, a partire dalla fine del XVIII secolo, botanici e studiosi da tutta Europa. Carlo Allioni, medico torinese che per primo catalogò il patrimonio floristico piemontese, si soffermò a lungo sulle specie rare della Valle Pesio.

Il monaco certosino Paolo Cumino, esperto botanico e micologo, contribuì a catalizzare sulle Alpi Liguri l'interesse dei maggiori studiosi del periodo.

Qualche anno dopo il botanico ginevrino Emile Burnat dedicò alla stesura della Flora delle Alpi Liguri e Marittime ("Flore des Alpes Maritimes"), un lavoro ampissimo che per la prima volta inquadra, dal punto di vista della geografia botanica, le Alpi Liguri e Marittime. Burnat e i suoi collaboratori effettuarono, per realizzare questo studio, numerose esplorazioni del territorio e minuziose erborizzazioni.

Un'altra figura che, insieme a Burnat, contribuì alle ricerche floristiche di questo settore alpino, fu l'inglese Clarence Bicknell. Grande viaggiatore e libero pensatore, Bicknell fu pastore anglicano per la prima parte della sua vita, fino a quando il divario fra il suo stile di vita e le regole imposte dalla Chiesa inglese non divenne troppo grande. Stabilitosi a Bordighera, a partire dal 1878 visitò più volte la Valle Pesio e descrisse a lungo, anche dipingendole, le specie rare e la ricca vegetazione delle Alpi Liguri. Bicknell, idealista e filantropo, oltre che studioso, aggiunse 73 nuove specie alla flora conosciuta delle Alpi Liguri e contribuì a definire più precisamente le aree di distribuzione delle specie.

Al lavoro di Bicknell e Burnat è dedicata oggi l'omonima stazione botanica alpina.
Attività e ricerca

Il Parco, fin dall'anno della sua fondazione, ha dato vita a numerosi progetti per la conservazione, la protezione, la valorizzazione, la ricerca e lo studio del territorio. Il lavoro è stato attuato su diversi fronti: per il ripopolamento e monitoraggio continuo della fauna, e, in campo botanico, per gli studi e le ricerche sulle specie rare e minacciate. Inoltre, l'Ente è impegnato da sempre in campo didattico e nella trasmissione ai visitatori di un corretto approccio con il Parco Naturale.


Progetto lupo

I primi avvistamenti del lupo su questo territorio risalgono ai primi anni Novanta. Nel 1999 la Regione Piemonte avvia un progetto di ricerca per monitorare, studiare e comprendere le ragioni di questo ritorno.

Un gruppo di studiosi, coadiuvati dal personale del Parco, inizia un lavoro di ricerca sulle tracce dei predatori: escrementi, predazioni su animali selvatici e domestici, segni sulla neve e ogni testimonianza di passaggio diventano una fonte di studio preziosa per analizzare il movimento e le abitudini dei lupi tra le Alpi Liguri e Marittime. L'obiettivo del Progetto è dare vita ad una ricerca su larga scala, che coinvolga studiosi italiani e francesi al fine di elaborare una giusta conservazione e una corretta gestione della presenza di questo predatore nell'ecosistema alpino.
Reintroduzione del capriolo

Il primo progetto per la reintroduzione delle specie scomparse ha inizio a metà degli anni Ottanta con l'introduzione nel territorio del Parco di una trentina di caprioli provenienti dalla Danimarca. Nei tre anni successivi arrivano venti nuovi capi provenienti dal Parco del Gran Bosco di Salbertrand. Il capriolo dimostra da subito una grande capacità di adattamento nell'habitat del Parco e nel giro di pochi anni colonizza tutti gli ambienti protetti della Valle Pesio fatta eccezione delle zone a forte componente rocciosa.


Diversità biologica

Le Alpi Liguri e Marittime rappresentano una delle aree a maggiore biodiversità dell'intero arco alpino. Gli sforzi dell'Ente per preservare, conservare e studiare questo patrimonio, hanno dato vita a progetti correlati, in grado di affrontare il problema da diversi punti di vista per creare un vero laboratorio territoriale ed elaborare nuove tecniche di conservazione e di gestione delle risorse.


Servizio di conservazione e gestione ambientale

Il suo ruolo è quello di preservare il patrimonio vegetale, con particolare riguardo verso le specie rare e a rischio di estinzione. Il Centro sperimenta e sviluppa, in ambito locale, le strategie definite dalla comunità scientifica internazionale, basate sulla conservazione in situ, cioè nei luoghi naturali, per tutelare la biodiversità della regione. Il Centro contribuisce al ripristino di biotopi rari, sorveglia l'evoluzione della diversità biologica e promuove ricerche e attività di conservazione sulle specie e sugli habitat vulnerabili.


Banca del germoplasma

La Banca opera per la conservazione ex situ, cioè fuori dall'ambiente naturale, dei semi di specie vegetali spontanee del Piemonte, con particolare interesse per il settore alpino Sud Occidentale. L'attività della Banca prevede lo studio, il trattamento e la conservazione, a breve e lungo termine, dei semi delle specie vegetali rare e/o minacciate, delle specie autoctone di interesse biogeografico, delle specie utili per interventi di rinaturazione e delle specie di particolare interesse scientifico o economico.

La Banca è un nodo importante della Rete Italiana delle Banche del Germoplasma delle Specie Spontanee Italiane e collabora con il Dipartimento di Morfofisiologia, Settore Botanica, dell'Università di Torino, con il Conservatoire Botanique National Alpin di Gap in Francia e con la Millenium Seed Bank di Wakehurst di Londra.
Vivaio di flora autoctona

E’ costituito dalla Stazione sperimentale di specie da rinaturazione ambientale e dalla banca colturale delle specie rare. In quest’ultima sono coltivate le specie riprodotte nei vari test della Banca dei semi e quelle da mettere a dimora nelle Stazioni botaniche Alpine; attualmente sono in coltura oltre 100 specie con una produzione di circa 5000 piantine/anno. Agli interventi di raccolta del materiale collabora il vivaio forestale Gambarello di Chiusa di Pesio. Scopo del vivaio e l'utilizzo di specie vegetali per interventi di rinaturalizzazione ambientale.


Stazioni botaniche

Nel Parco ci sono due stazioni botaniche in quota ("E. Burnat/C. Bricknell" al Pian del Lupo e "Danilo Re" presso il laghetto del Marguareis).


Stazioni botaniche alpine

Le stazioni botaniche interessano superfici delimitate, fruibili al pubblico, dove sono conservate le specie vegetali più significative del settore fitogeografico delle Alpi Liguri e Marittime. La coltivazione delle piantine avviene in aiuole che riproducono il più fedelmente possibile le condizioni stazionali di origine per impedire ogni forma di modificazione ed erosione del patrimonio genetico.

Per evitare la possibilità di inquinamento genetico delle specie e la proliferazione di entità non strettamente locali, viene impedita la diffusione per via sessuale (semi) o vegetativa delle altre specie immesse (quelle dei valloni e delle vallate circostanti).

Entrambe le stazioni sono concepite secondo i più moderni e rigorosi modelli di conservazione dei giardini botanici alpini e rappresentano uno dei pochi esempi del genere nel panorama europeo.


Stazione botanica E. Burnat/ C. Bicknell

Dedicata ai due celebri esploratori, è situata presso il Pian del Lupo, ad una quota compresa tra 1970 e 2000 m, ed occupa una superficie di circa 1 ettaro. Custodisce habitat rari e minacciati e vi sono collezionate esclusivamente le specie vegetali d’alta quota più significative delle Alpi Liguri e Marittime.Attualmente essa ospita diverse entità rarissime o endemiche.

Tra le specie presenti si possono ricordare gli endemici Senecio persoonii, Silene cordifolia, Saxifraga florulenta, Fritillaria tubaeformis subsp. moggridgei e Veronica allioni.

Nella zona umida di torbiera sono inoltre presenti le specie insettivore Drosera rotundifolia e Pinguicula vulgaris.


Stazione botanica Danilo Re

Dedicata alla memoria del guardiaparco deceduto in servizio nel 1995, si trova presso il laghetto del Marguareis ad una quota media di 2000 m. Conserva le specie vegetali rare più significative delle Alpi Liguri e Marittime tra cui i paleoendemismi Phyteuma cordatum, Euphorbia valliniana e Berardia subacaulis ma anche relitti glaciali rarissimi come Carex bicolor, Carex microglochin e Juncus arcticus.


Didattica

Il Parco naturale del Marguareis è sede del Laboratorio Territoriale di Educazione Ambientale di Chiusa di Pesio. Nato nel 1991, il Laboratorio fa parte della Rete Regionale di Servizi per l'Educazione Ambientale. Si occupa di didattica naturalistica non soltanto nell'ambito territoriale dell'area protetta ma anche nelle zone extra parco; è soprattutto un luogo d'incontro aperto per insegnanti ed educatori che intendono impostare progetti, acquisire strumenti di ricerca, raccontare ed ascoltare esperienze. È anche un punto di riferimento importante per le associazioni e gli enti interessati al tema dell'educazione ambientale.

Coordinamento: Katia Musso - Erika Chiecchio.
Tel. 0171/734021 - Fax 0171/735166
E-mail: kmusso.parcomarguareis@ruparpiemonte.it; echiecchio.parcomarguareis@ruparpiemonte.it
Proposte didattiche

Il Parco propone percorsi didattici di Educazione Ambientale per le scuole di ogni ordine e grado. Ogni proposta educativa può essere svolta autonomamente dal personale docente con il coordinamento progettuale gratuito del personale qualificato del Laboratorio Territoriale di Educazione Ambientale, oppure avvalersi di figure professionalmente qualificate convenzionate con l'Ente Parco per interventi specifici in classe o sul territorio.


Itinerari e percorsi didattico - educativi

Il Parco propone itinerari didattici alla scoperta del territorio protetto. È obbligatorio per i ragazzi indossare abbigliamento e scarpe adatte all'escursione ed è consigliato portare con sé un binocolo, una lente di ingrandimento, block notes e matite. Agli itinerari possono essere abbinati incontri in classe per preparare l'escursione e possono prevedere più giornate nel corso dell'anno per eventuali approfondimenti. Gli insegnanti possono contattare direttamente il laboratorio didattico per accordare le proposte alle esigenze delle singole classi.


Le strutture

La sede amministrativa a Chiusa di Pesio ospita, oltre agli uffici dell'Ente, la Collezione Fotografica Michele Pellegrino, una sala congressi e conferenze con 160 posti, un'aula per videoproiezioni, conferenze e laboratori, un'aula didattica all'aperto e il laboratorio territoriale di educazione ambientale.


Ospitalità in quota

È possibile pernottare nel Parco Naturale grazie ad alcuni rifugi. Nel cuore del territorio protetto, al Pian delle Gorre, è aperto l'omonimo rifugio alpino. In alta quota sono invece attivi i rifugi del CAI: il Rifugio Garelli in Valle Pesio, il Rifugio Havis de Giorgio in Valle Ellero (0174/65555), i rifugi Mongioie (0174/390196) e il rifugio del Parco Don Barbera, in alta Valle Tanaro. Altre strutture sono destinate esclusivamente all'attività speleologica (capanna del Marguareis, capanna Morgantini e capanna Saracco Volante).


Osservazioni faunistiche

I visitatori possono usufruire di un recinto in località Gias Sottano Cavarere, per l'osservazione di cervi e caprioli. Il recinto, costruito dall'Ente nel 1990 per favorire l'acclimatazione dei cervi reintrodotti, ha una superficie di circa quattro ettari ed è dotato di un'altana per l'osservazione.



Riserve naturali

Fanno parte dell'Ente Parco cinque riserve naturali al di fuori del territorio protetto:

la Riserva naturale Ciciu del Villar, la Riserva speciale di Benevagienna, Riserva naturale Crava Morozzo, la Riserva naturale Sorgenti del Belbo e la Riserva naturale delle Grotte di Bossea.
Riserva naturale Ciciu del Villar

La Riserva dei Ciciu del Villar, a pochi minuti dall'abitato di Villar San Costanzo, nei pressi di Dronero, rappresenta una zona di grande interesse sia per le peculiarità geologiche, i famosi ciciu, sia per la ricchezza della fauna. Molti gli uccelli che vivono fra i fitti boschi di querce, castagni, pioppi tremuli, betulle e aceri montani che ricoprono la Riserva. Tra i più interessanti il picchio muratore, il picchio rosso minore, il picchio verde, la cinciarella, il codibugnolo, il fiorrancino e il regolo. Fra i rapaci si segnalano la poiana, alcuni esemplari di falco pellegrino, che è solito nidificare nelle aree limitrofe, oltre a civette, allocchi e barbagianni. Sono presenti inoltre volpi, cinghiali, caprioli, donnole, faine, tassi e scoiattoli e alcune tipologie di serpenti come la vipera comune, il biacco, la natrice dal collare e la coronella.


I ciciu

I "ciciu", traducibile in "fantocci", sono formazioni morfologiche dall'aspetto curioso, costituiti da una sorta di gambo su cui poggia un masso di gneiss. La loro forma è determinata da un particolare processo di erosione fluviale.


Come raggiungere la riserva

Da Cuneo: proseguire per Dronero sulla SP 22 (Via Caraglio). Attraversare Dronero e svoltare a destra per Busca; seguire la SP 24 per oltre 2 km fino a raggiungere l'incrocio per Villar S. Costanzo. Proseguire per altri 2 km seguendo le indicazioni per la Riserva.

Da Torino: raggiungere e superare Saluzzo, seguire la SS 589 in direzione Busca, quindi proseguire per Dronero sulla SP 24. Dopo circa 8 Km svoltare a destra all'incrocio per Villar S. Costanzo e seguire le indicazione per la Riserva per circa 2 km.
La visita

La Riserva è dotata di un centro visita che ospita, oltre all'ufficio del personale di vigilanza, un piccolo park-shop fornito di materiale promozionale e didattico e di opuscoli informativi. Un'interessante ricostruzione plastica dei ciciu permette al visitatore di comprendere i meccanismi e la sequenza temporale della loro formazione geologica.

Centro Visita: tel. e fax 0171 902427
Percorsi autoguidati

Percorso ginnico: 16 stazioni dotate di attrezzi sportivi in legnosi sviluppa lungo un vallone per circa 500 m


Percorso turistico Ciciuvagando: attraversa la zona a maggiore concentrazione di ciciu lungo due itinerari:

Percorso turistico (facile): tempo di percorrenza 45 minuti circa con salita al punto panoramico. Lungo il percorso: tre casotti in pietra contenenti informazioni sulla storia, sulla natura e sulla geomorfologia del territorio.

Percorso escursionistico (impegnativo): raggiunge il Colle della Liretta (1116 m), balcone panoramico naturale sulla pianura cuneese e sull' arco alpino.
Riserva speciale di Benevagienna

Istituita nel 1993, la Riserva tutela un'area ricchissima di resti archeologici dell'epoca romana. Si estende sul territorio del Comune di Bene Vagienna per circa 213 ettari, mentre la zona di salvaguardia comprende anche un'area del Comune di Lequio Tanaro, per un totale di 383 ettari. La Riserva dispone di un parcheggio, un'area attrezzata, un sentiero archeologico autoguidato e di un centro visita.


I resti romani

La colonia di Augusta Bagiennorum, fondata da Augusto nel quadro di un programma per il ripopolamento e lo sfruttamento agricolo del territorio, divenne ben presto un centro di grande importanza ed ebbe una vita fiorente per almeno tre secoli. I resti archeologici, infatti, danno l'idea di una città ricca e vasta: sono state individuate torri quadrangolari, il foro, un tempio, la basilica civile, le terme, l'acquedotto, numerose abitazioni, un teatro di quasi 60 m di diametro e un grande anfiteatro appena fuori città.

Le prime campagne archeologiche nella zona furono realizzate all'inizio del Novecento dagli archeologi benesi Assandria e Vacchetta. Negli anni Cinquanta il Ministero per i Beni Culturali e Ambientali ha espropriato i terreni ed istituito l'area archeologica. In seguito gli scavi sono continuati grazie all'impegno del Comune di Bene Vagienna e della Sovrintendenza Archeologica.

Nel centro di Bene Vagienna è visitabile un museo archeologico con reperti romani di grande interesse.


Comune - Ufficio Cultura - http:/www.benevagienna.it
Come raggiungere la riserva

La Riserva si trova a circa due chilometri dal centro di Bene Vagienna, sulla sinistra del torrente Mondalavia, nella regione detta Roncaglia.

Per raggiungere Bene VagiennaDa Cuneo:
Seguire le indicazioni per S. Albano Stura, svoltare a destra per Trinità, proseguire per Bene Vagienna.

Da Mondovì:


Seguire le indicazioni per Fossano, SS 28, a circa 1 Km da Trinità svoltare a destra per Bene Vagienna.

Da Torino - Savona:


Autostrada A6 uscita Fossano, indicazioni per Bene Vagienna.

Da Piacenza:


Autostrada A 21 uscita Asti Est, SS Alba-Cuneo.
Riserva naturale Crava Morozzo

Posta fin dal 1973 sotto la tutela della LIPU (Lega Italiana Protezione Uccelli) rappresenta un luogo di sosta ed una tappa fondamentale nel percorso degli uccelli migratori. A partire dal 1987 diventa Riserva Naturale Speciale Regionale ed è affidata alla gestione del Parco Naturale. E' la maggiore area umida del Piemonte meridionale costituita dai laghi artificiali di Crava e di Morozzo realizzati per lo sfruttamento dell'acqua dei torrenti Pesio e Brobbio. I laghi hanno creato un ambiente umido naturale molto esteso che ha favorito lo sviluppo della biodiversità a livello faunistico e vegetale.


Gli uccelli

L'Oasi è una zona IBA (Important Bird Areas) dal 1989 e, da pochi anni, è stata definita dalla Comunità Europea Sito di Importanza Comunitaria per gli habitat e Zona di Protezione Speciale per gli Uccelli. Ospita specie minacciate e rappresenta una zona fondamentale per il transito, la migrazione, lo svernamento e la nidificazione dell'avifauna.

Il visitatore può osservare, in ogni stagione, numerosissime specie. Sono presenti, tra gli altri, il martin pescatore, il merlo acquaiolo, la ballerina gialla e, nel periodo di nidificazione, il piro piro piccolo. Il sottobosco è ricco di biancospino, fusaggine, nocciolo, viburno, frangolo, pado, cordiolo e sambuco nero. Nelle parti dove il bosco si è potuto sviluppare sono presenti il rampichino alpestre, il picchio rosso maggiore, il picchio muratore e il picchio verde. Inoltre, è possibile osservare l'airone cinerino, la garzetta, la nitticora, l'airone rosso, l'airone bianco maggiore e, nel periodo invernale, molti cormorani. Numerosi gli esemplari di anatre, di superficie e di profondità e di specie meno comuni come il falco pescatore, il nibbio reale e bruno, la volpoca e la cicogna nera.
Come raggiungere la riserva Crava Morozzo

Da Torino - Savona:


autostrada A 6, uscire a Carrù e seguire le indicazioni per Cuneo sulla SS 22. Dopo circa 9 km, all'altezza di Crava, svoltare a sinistra seguendo le indicazioni per l'ingresso della Riserva.

Da Mondovì:


seguire le indicazioni per Fossano, all'altezza del bivio con Magliano Alpi svoltare a sinistra seguendo le indicazioni per Cuneo. Dopo circa 4 km all'altezza di Crava svoltare a sinistra seguendo le indicazioni per l'ingresso della Riserva.
Centro visita e foresteria

Via Pesio 3 - Rocca de' Baldi


Tel. e fax 0174 587592

Il Centro Visita si trova a circa 40 minuti di cammino dall'ingresso dell'Oasi. Comprende una Sala Blu, dove viene illustrata la vita nei torrenti, nei laghi e negli stagni e una Sala Bianca, con giochi interattivi alla scoperta del territorio e delle diverse specie animali presenti. La struttura è accessibile ai disabili. Testi in braille permettono la visita ai non vedenti. Prenotando è possibile effettuare soggiorni di studio e realizzare servizi di fotografia naturalistica pernottando nella foresteria (dotata di cucina) che può ospitare fino a 15 persone. Ora è in fase di adeguamento e pertanto non utilizzabile.

Dal Centro Visita si sviluppa un percorso per disabili che conduce a due capanni di osservazione.
Riserva naturale Sorgenti del Belbo

La Riserva si trova nella zona dell'alta Langa, a pochi chilometri da Ceva, al confine fra il Piemonte e la Liguria, tra i paesi di Montezemolo, Camerana e Saliceto. Tra queste colline boscose nasce il Belbo. Il torrente, capace di piene improvvise, si snoda per alcuni chilometri attraverso zone umide, dove gli appassionati di botanica possono ammirare importanti fioriture e, in particolare, 22 specie diverse di orchidee. Le sorgenti del Belbo sono l'unico ambiente umido dell'alta Langa; per questa ragione, dal 1993, sono diventate Riserva Naturale sotto la tutela dell'Ente Parco.



Le sorgenti del Belbo sono visitabili in ogni stagione ed è possibile praticarvi diversi sport. Trekking, mountain bike e passeggiate a cavallo sono attività ideali grazie alla fitta rete di sentieri e stradine della Riserva. In inverno vi si può praticare lo sci di fondo.
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