Sacra scrittura catechesi libro del profeta malachia



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INTRODUZIONE



IL PECCATO DEI SACERDOTI


Dalla Scrittura conosciamo il peccato di Aronne. Con il suo permesso tutto il popolo divenne idolatra. Le conseguenze sarebbero state assai pesanti se non fosse intervenuto Mosè per placare l’ira del Signore (Cfr. Esodo, Capitoli XXXII, XXXIII. XXXIV). Sappiamo anche il peccato di fragilità e di debolezza di Eli. Mancò della forza per correggere i suoi figli che offendevano il Signore, disprezzando il suo culto. Lui li ammonì perché non peccassero contro il Signore, ma in modo assai blando. Questa volte le conseguenze sono state pesanti, anzi pesantissime (Cfr. Primo Libro di Samuele, Capitoli I, II, III, IV). Per mezzo del profeta Osea il Signore dichiara il sacerdote responsabile di ogni disastro morale, spirituale, sociale ed economico sorto in seno al suo popolo (Cfr. Osea, Capitolo IV).

In Geremia sono accusati di totale perdita di ogni saggezza e intelligenza (Cfr. Geremia, Capitolo VIII). In Isaia il Signore chiama i suoi pastori “cani muti”, incapaci di abbaiare (Cfr. Isaia, Capitolo LVI). Sappiamo della lunghissima requisitoria di Dio fatta ai pastori per mezzo del profeta Ezechiele (Cfr. Ezechiele, Capitolo XXXIV). Gesù fa la distinzione tra il Buon Pastore e il mercenario, il ladro e il brigante (Cfr. Vangelo secondo Giovanni, Capitolo X). Per mezzo di Malachia il Signore rivela quali sono le precise colpe dei sacerdoti, partendo dalla verità della missione della natura del sacerdote. Il Signore rivela chi è per Lui il sacerdote e poi prende in esame le sue colpe, una per una e le mette in luce. Se il sacerdote non vive la sua missione secondo la sua natura, tutto il popolo, anzi tutto il mondo, va alla deriva.


IL SACERDOTE: MESSAGGERO DELL’ALTISSIMO


Il sacerdote è messaggero dell’Altissimo. È questa la grave verità che definisce l’essenza del sacerdote. Se è messaggero, mai potrà agire in nome proprio, per suo conto o interesse di nessun genere, né materiale e né spirituale. Lui è obbligato a curare solo gli interessi dell’Altissimo, non però partendo dalla sua volontà, ma sempre dalla volontà di Colui del quale è messaggero. Questo significa che il sacerdote dovrà sempre ascoltare cosa il Signore vuole che lui dica o faccia, perché solo dall’ascolto della voce del suo Dio, lui potrà svolgere secondo verità la sua missione. Il primo ascolto del sacerdote è quello della legge del Signore. Lui sempre dovrà parlare dalla Legge, dalla Parola, dagli Statuti che il Signore gli ha donato. Se dimentica Legge, Parola, Statuti, lui non è più messaggero del Signore perché non è più dalla Legge.

Il legame, anzi la perfetta dipendenza, nella piena obbedienza alla Legge del Signore deve essere visibile. Il popolo deve poter constatare, sperimentare che il sacerdote è dalla Legge, dalla Parola, dagli Statuti e Ordinamenti del suo Dio. Il legame, la dipendenza, l’obbedienza devono essere visibili. Come? Attraverso la sua fedeltà alla Parola e la piena obbedienza ad essa. Un sacerdote che obbedisce alla Parola e la insegna dal suo cuore umile e sottomesso ad essa, è vera grazia per il popolo di Dio. Esso è riconosciuto dal popolo come vero uomo di Dio, lo cerca, lo ascolta, lo segue, obbedisce, per la sua obbedienza, alla Parola del suo Signore. Se il sacerdote non è obbediente alla Parola del suo Dio, si distacca da essa, non la vive, a poco a poco si allontanerà anche dalla Lettera della Legge e insegnerà parole vane.

La bocca del sacerdote parla dalla pienezza del cuore. Se il suo cuore è pieno di Dio e della sua Parola, sulla sua bocca vi sarà Dio e la sua Legge. Se invece nel suo cuore regnano infedeltà, disordini morali e spirituali, anche sulla sua bocca vi sono disordini morali e spirituali. Viene legittimato il peccato e ogni fragilità del popolo. Si dona diritto di verità ad ogni idolatria e immoralità. Quando sulla bocca del sacerdote non vi è la piena verità di Dio è segno che il suo cuore è privo della piena verità di Dio. Sempre il Dio che è nel cuore del sacerdote è anche il Dio che è sulla sua bocca. Oggi, in modo particolare, poiché nel cuore non c’è più il Dio dei Comandamenti, della Parola, della Legge, neanche sulla bocca vi è il Dio della Legge, della Parola, dei Comandamenti. Il sacerdote è obbligato a riflettere, meditare, perché il Dio della Legge sia nel cuore.

È questa oggi la causa dei gravi disordini veritativi che regnano nel seno del popolo cristiano. Avendo il sacerdote smarrito il Dio della Parola e della Legge, anche la sua bocca è senza il Dio della Parola e della Legge. Sulla sua bocca vi è il Dio della non Parola e della non Legge. Poiché tutto il popolo è dalla verità, dalla fedeltà, dall’obbedienza del sacerdote alla Parola del suo Signore, mancando la sorgente della verità e della santità, il popolo necessariamente si dovrà imbarbarire nell’idolatria e nell’immoralità. Manca la sorgente della sua vita. Il popolo è come un albero. Senz’acqua esso secca. Anche il popolo secca nella verità e nella grazia senza l’acqua di verità e di grazia che sempre deve attingere dal sacerdote. Lui attinge verità, grazia, santità, giustizia, pace dal suo Dio e la riversa sul popolo. Mediazione altissima!

Qual è al tempo di Malachia il peccato del sacerdote? Lui si è distaccato, separato, ha divorziato dalla sua verità di natura e di essenza. Non è più messaggero dell’Altissimo. Si è fatto messaggero di se stesso. Ma anche lui, se non attinge perennemente l’acqua della verità, della santità, della giustizia, della pace nel suo Dio e Signore, diviene albero secco. Da albero secco, dona una parola secca, celebra un culto secco, perché sia la Parola che il culto sono senza Dio in essi. Un sacerdote secco rende tutta la terra secca. È un fiume senz’acqua. Una sorgente che si è esaurita. Chiunque si accosta ad essa, rimane con la sua sete. Senza acqua ogni anima secca. Il mondo diviene una foresta di anime secche, buone solo per il male e per il fuoco eterno. O il sacerdote attinge la sua acqua perennemente in Dio, oppure per lui il mondo è condannato ad ogni morte spirituale, dalla quale poi nasce ogni morte sociale e anche fisica.

IL PECCATO CONTRO IL CULTO: OFFERTA PURA E MANI PURE


Il sacerdote è colui che sempre deve custodire, proteggere, difendere presso il popolo di Dio gli interessi della santità del suo Signore. Il popolo può anche portare al tempio una vittima impura, malata, non integra, non sana. Chi deve non offrire questa vittima è il sacerdote. Lui si deve rifiutare di rendere impuro l’altare del Signore. Invece è proprio lui che lo rende impuro e poi si lamenta che la tavola del Signore è stata profanata. Il sacerdote potrà essere fedele alla santità del culto, se il culto dell’obbedienza al suo Dio è puro nel suo cuore, nella sua mente, sulle sue labbra. Se lui è infedele, non osserva la Legge, non ha alcuna forza per difendere gli interessi del suo Dio. La forza per difendere Dio viene sempre dal suo Dio. Se il suo Dio non è nel suo cuore, se lui per primo è infedele, lascerà che tutto il popolo sia infedele.

Nell’infedeltà alla Legge del Signore, ai suoi Comandamenti ai suoi Statuti, alla sua Parola il sacerdote stesso cambia la sua natura, la sua essenza, la sua missione. Da curatore degli interessi di Dio diviene curatore dei suoi interessi, da messaggero dell’Altissimo si fa un celebrante di solo culto esterno, da custode della santità del Signore si trasforma in un cultore del peccato e di ogni trasgressione. Non potrà essere diversamente. Non attingendo lui l’acqua della verità dal suo Dio e avendo perso la santità che viene solo dal suo Signore, egli è naturalmente trasformato e da questa trasformazione celebra il culto del suo Dio. È un culto che consiste solo in un’opera senza verità, senza santità, senza giustizia, senza fedeltà. Dal cuore di Dio la verità e la santità si riversano nel cuore del sacerdote, dal cuore del sacerdote la verità e la santità si riversano sul popolo. Il sacerdote porta Dio nel suo cuore e dona non il Dio della Legge, della Parola, dei Comandamenti, ma il Dio che è nel suo cuore.


PECCATO CONTRO L’INSEGNAMENTO


La più grande calamità, peggiore di un diluvio universale, più grande dei devastanti cicloni, monsoni, e altre piogge torrenziali, è un sacerdote che pecca contro l’insegnamento del Signore. Quando un sacerdote pecca contro l’insegnamento? Quando trasforma in menzogna la verità della Parola del Signore. È questo vero peccato satanico. Quando questo avviene è segno che Dio non abita più nel cuore del sacerdote e al suo posto è subentrato Satana, il menzognero fin da principio, fin dalle origini dell’umanità. Al sacerdote il Signore chiede una sola cosa: dire ciò che lui dice, non dire ciò che lui non ha detto. Insegnare al popolo di vivere ciò che Dio ha detto e ammonirlo perché stia lontano da ciò che Dio non ha detto. Il sacerdote non è dal pensiero degli uomini, ma unicamente, solamente dal pensiero del suo Dio.

Non è però da un pensiero del suo Dio nascosto, segreto che solo lui conosce. È dal pensiero di Dio rivelato, manifestato, codificato, scritto prima su due tavole di pietra e poi anche affidato alle pergamene o ai papiri che rimanesse punto di confronto per tutti i figli del suo popolo. Il sacerdote deve curare l’insegnamento del pensiero pubblico di Dio. Oggi invece sono molti coloro che si dedicano all’insegnamento di un pensiero di Dio solamente immaginato, che viene dal proprio cuore, ma non dal cuore di Dio, perché viene dal cuore di Dio il pensiero scritto sulle tavole di pietra, sulle pergamene, sui rotoli di papiro, conservato gelosamente nell’arca dell’alleanza. Finché il sacerdote non si dedicherà al pensiero pubblico del suo Dio, non c’è salvezza per il popolo del Signore. Dio non parla se non pubblicamente e ciò che non è pensiero pubblico non appartiene al Signore. Può parlare anche privatamente ad un uomo, ma nessun pensiero privato smentisce il pensiero pubblico. Tra privato e pubblico deve regnare unità, armonia, perfetta coerenza, altrimenti sarà sempre il pensiero pubblico quello che manifesta e rivela la verità del nostro Dio dalla quale è la verità dell’uomo.

Oggi è proprio questo che fa difetto: anziché avere il pensiero pubblico di Dio, quello contenuto nella Scrittura Santa, che è la sorgente della verità di ogni pensiero del Signore e il solo punto di confronto e di riferimento, la sola certezza infallibile di verità (assieme alla Tradizione e al Magistero) il solo statuto di garanzia per la conoscenza della divina volontà, ognuno parte da un proprio pensiero privato su Dio, sull’uomo, sul tempo, su presente, sul futuro, dell’eternità e a partire da esso determina il bene e il male, il giusto e l’ingiusto, ciò che è moralmente sano e ciò che è immorale, contro però e in piena difformità con il pensiero pubblico del Signore. È regola di verità eterna. Quando vi è difformità tra pensiero pubblico e pensiero privato dell’uomo, è sempre il pensiero pubblico di Dio che deve trionfare. Mai il pensiero privato dell’uomo deve prendere il sopravvento. Ogni uomo può mettere nella storia il suo pensiero privato, ogni uomo può sostituire il pensiero di Dio con il proprio pensiero, spetta però a chi ascolta non lasciarsi tentare. Chi cade in tentazione si rende responsabile di ogni trasgressione della Parola del suo Dio e Signore. Nessuno potrà trovare scuse dinanzi a Dio. Non lasciarsi tentare da nessun pensiero privato è obbligo di ogni uomo perché fa parte del pensiero pubblico del nostro Creatore, Signore, Dio. Anche Gesù invita i suoi discepoli a guardarsi dai falsi profeti, oggi, domani, sempre. La storia è fatta da questi due pensieri. Ognuno deve sapere che solo uno è vero, l’altro è falso.

PECCATO DI PARZIALITÀ


Il Signore accusa il sacerdote di peccato di parzialità. Cosa è in verità questo peccato? La Parola del Signore va annunziata, proclamata, predicata, insegnata nella sua integrità, totalità, pienezza, senza nulla aggiungere, ma senza neanche nulla togliere. La parzialità è dire un Comandamento anziché dieci, è dire una Parola anziché tutte, è dire una verità senza aggiungere le altre. È anche parlare al povero, ma non al ricco, al semplice e non al dotto, al lavoratore e non al datore di lavoro o viceversa. La parzialità è anche lasciarsi corrompere con doni per non dire la parola secondo giustizia e verità. È dire la volontà di Dio al nemico, ma non all’amico, al padre ma non al figlio, al laico, ma non al prete, agli altri e non a se stessi. Parzialità è sempre quando la Parola della salvezza non giunge tutta a tutti nella sua globalità, integrità, pienezza.

Oggi possiamo dire che è il grande giorno della parzialità. Si annunzia la misericordia di Dio e non la sua fedeltà alla Parola da Lui proferita. Si insegnano i diritti, ma non i doveri. Si parla del solo paradiso e si abolisce l’inferno. Si vuole la fede in Dio, ma non in Cristo e nello Spirito Santo. Si dice di volere Dio, ma non la Chiesa di Cristo Gesù. Si ama la Chiesa, ma non le persone che la costituiscono. La parzialità diviene eresia, quando tutte le altre verità vengono escluse. È eretico chi esclude l’inferno, la fedeltà di Dio alla sua Parola, il pentimento per accedere alla grazia. La verità non annunziata ci fa parziali. La verità negata ci fa eretici. Dio senza Cristo è eresia. Cristo senza Dio è eresia. La Chiesa senza grazia e senza verità è eresia. Se il Signore condanna così fortemente la parzialità, cosa direbbe oggi dinanzi ad una religione ereticale? Ogni parzialità nella Parola, diviene parzialità nella verità. Sempre un Dio parziale fa un uomo parziale, un Dio senza verità, un uomo senza verità.


PECCATO CONTRO L’ALLEANZA


Il peccato del sacerdote è sempre contro l’alleanza, perché il fondamento di essa è la Parola del Signore. Tolta la Parola dei cuori, Dio è tolto dai cuori, l’alleanza è tolta dalla mente e dal cuore dell’uomo. Se si distrugge l’alleanza, all’istante si distrugge il popolo di Dio. Il popolo è popolo perché edificato sulla Parola. Muore la Parola, muore il popolo. Questa verità vale anche per la Chiesa. Muore il Vangelo, muore l’alleanza nel sangue di Cristo, muore la Chiesa, muore il nuovo popolo di Dio. Per questa ragione è deleteria quella religione che oggi viene proposta da molti: una religione dal Dio universale senza Cristo, senza Vangelo, senza Parola del Signore. Si decreta la morte del Nuovo Popolo di Dio, dell’intera Chiesa. Per questo urge porre ogni attenzione a dire tutta la Parola. Essa è il fondamento sul quale si regge la Chiesa. Ministero di annunziare tutta la Parola spetta al sacerdote. Se lui non l’annunzia è responsabile della morte della sua Chiesa, il solo sacramento di salvezza per tutto il genere umano.

La Madre di Dio, anch’essa oggi travolta dal ciclone della parzialità e dell’eresia, aiuti ogni discepolo di Gesù e in modo speciale, i suoi sacerdoti perché mai si macchino né del peccato di parzialità e neanche di quello di eresia. Angeli e Santi veglino sul popolo di Dio perché rimanga sempre nella più pura fede nella Parola di Gesù Signore, che giunge a noi attraverso l’annunzio più puro, più santo, più integro.



Catanzaro 07 Ottobre 2017

Beata Maria Vergine del Rosario

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