Trasmissione dell’informazione con Onde Elettromagnetiche



Yüklə 33,6 Kb.
tarix10.12.2017
ölçüsü33,6 Kb.
#14996

Trasmissione dell’informazione con Onde Elettromagnetiche




L’evoluzione della conoscenza

Se l’Italia è Paese di grandi artisti, di santi e di audaci esploratori, non è da meno per quanto riguarda il campo scientifico e tecnico: fra le figure dei grandi personaggi che hanno dato un contributo decisivo allo sviluppo della scienza, primeggia la persona di Guglielmo Marconi, inventore della radiotelegrafia e delle sua pratiche applicazioni, che tanto hanno inciso sullo sviluppo delle relazioni umane e sulla cultura dell’intera umanità.

Vorremmo, in questo capitolo di introduzione ad aspetti più teorici e tecnici riguardanti l’essenza della radiocomunicazione, indagarne le premesse, ovvero comprendere lo stato della conoscenza in cui si innestò l’idea scaturita nella mente del giovane Marconi, che l’avrebbe condotto alla sua geniale invenzione. In realtà, la situazione scientifico-tecnica alla fine del diciannovesimo secolo aveva raggiunto una sorta di maturazione sia in termini di approccio teorico che di mezzi tecnici; tanto che il giovane Marconi, nel perseguire con determinazione ed assiduità l’idea di un sistema concreto di comunicazione a distanza basato sulle onde elettromagnetiche, ebbe a temere che tale intuizione fosse talmente ovvia, da mettere a rischio per lui il successo della paternità.





1. La teoria di Maxwell


I fisici del 18° secolo avevano accolto con grande entusiasmo la scoperta dell’elettricità, dovuta agli studi di Galvani (1739-1798) e di Volta (1745-1827). Gli sviluppi di questa nuova scienza avevano evidenziato i fenomeni dell’induzione elettromagnetica: gli esperimenti di Faraday (1791-1867) e di Ampére (1775-1836) avevano dimostrato come fosse possibile la trasmissione di energia elettrica tra circuiti fra loro separati, e a questo proposito Michel Faraday intuì il concetto di “campo di forza” elettrico.

Il merito della prima definizione scientifica delle onde elettromagnetiche va a James C. Maxwell (1831-1879), grande fisico e matematico inglese. Nei suoi anni giovanili Maxwell ebbe l’opportunità di mantenere uno stretto contatto con Faraday, da cui fu profondamente influenzato. Maxwell ammirò la genialità delle intuizioni di Faraday, e manifestò l’intenzione di prendere come principale riferimento la sua opera nella ricognizione-ristrutturazione della fisica dell’elettricità e del magnetismo che intendeva affrontare.

Nel 1867, Maxwell aveva sviluppato per via puramente matematica il concetto di Faraday sui campo di forza elettromagnetica, giungendo a dimostrare il concatenamento di campi elettrici e magnetici variabili nello spazio, e concludendo che il campo elettromagnetico doveva propagarsi a velocità finita e sotto forma di onde.

Faraday, che non aveva avuto una preparazione scolastica approfondita, in una sua lettera manifestò una compiaciuta sorpresa nell’aver visto applicare tanta abilità matematica alle sue teorie. Maxwell, per contro, era un abilissimo fisico matematico che aveva ricevuto una perfetta preparazione anche come fisico sperimentale, tant’è che nella sua opera le elaborazioni matematiche fanno da continuo contrappunto alle misure sperimentali, e viceversa.

Maxwell ebbe altresì una collaborazione intensa con William Thompson, - Lord Kelvin – nell’ambito della quale si occupò della determinazione sperimentale del rapporto tra unità elettromagnetica e unità elettrostatica della carica elettrica, attività che lo portò a confrontare questa quantità con la velocità della luce, e a sviluppare la sua teoria elettromagnetica della luce.

A questo punto, potremmo dire, il mondo della scienza aveva a disposizione la teoria della onde elettromagnetiche, pur non avendole ancora incontrate sul piano sperimentale.


2. Le esperienze di Hertz


Il passaggio dalla teoria alla pratica fu opera di Heinrich Hertz (1857-1894). Hertz nacque nella città di Amburgo da una benestante famiglia tedesca. Attratto dalle scienze naturali, intraprese lo studio della fisica, eccellendo sia nello studio teorico che nelle esercitazioni di laboratorio per le quali aveva una particolare predilezione, sorretta anche dalla sua personale capacità per le operazioni manuali. All’università di Berlino conobbe Helmholtz, fisico tedesco già all’epoca sostenuto da fama di eminente studioso, che lo sostenne e lo spronò nel suo lavoro sperimentale.

La principale opera di Hertz è certamente sintetizzabile nella produzione e rivelazione di onde elettromagnetiche trasmesse attraverso lo spazio, anche se bisogna riconoscere che Hertz non intendeva produrre una conferma delle teorie di Maxwell, né aveva intuito l’eventuale utilizzo a fini pratici del suo lavoro sperimentale.

Hertz partiva da una conoscenza approfondita della bobina d’induzione, realizzata sotto forma di “spirale di Riess”, oppure sotto forma di “rocchetto di Ruhmkorff”, dispositivi molto noti nei laboratori di fisica. Entrambi gli strumenti venivano usati per lo studio dell’induzione elettromagnetica scoperta ed analizzata da Faraday, erano realizzati con due avvolgimenti e mostravano la presenza di scintille sul secondario, quando si faceva variare bruscamente la corrente sul primario. Con l’energia prodotta dalla bobina d’induzione, era possibile caricare un circuito comprendente una capacità ed un’induttanza, ottenendo una scarica oscillante con un periodo determinato dai valori di C ed L.

Hertz ebbe l’idea di alimentare col rocchetto di Ruhmkorff un circuito “aperto”, in cui l’induttanza era rappresentata da due semplici aste metalliche allineate, separate da una breve distanza, e la capacità era realizzata con due sfere poste alle estremità delle due aste: tale circuito venne poi chiamato in seguito “dipolo herziano”. Nel punto centrale del dipolo era applicata mediante uno spinterometro l’energia fornita dal rocchetto di Ruhmkorff, che quindi alimentava le oscillazioni del dipolo. Questo oscillatore a costanti distribuite presentava due importanti novità:



  1. consentiva la produzione di oscillazioni ad altissima frequenza, aventi quindi lunghezza d’onda abbastanza piccola da poter essere misurata anche nel ristretto ambito del laboratorio di Hertz;

  2. il fenomeno elettromagnetico si poteva sviluppare in uno spazio esteso (cioè non all’interno delle armature di un condensatore o dell’avvolgimento di una bobina), permettendo la propagazione delle onde elettromagnetiche.

In alcuni anni di intensa attività, tra il 1886 e il 1888, Hertz sviluppa una serie di geniali esperimenti, generando onde elettromagnetiche mediante l’oscillatore aperto e provocandone la propagazione sia lungo fili metallici sia nello spazio libero. Con ciò trasformava la propagazione delle onde da progressive a stazionarie, riuscendone poi a studiare la distribuzione spaziale mediante un “risonatore”, un semplice anello metallico interrotto da un’apertura con sferette tra le quali scoccavano scintille la cui energia variava a seconda dell’intensità del campo raccolto. Con tale strumentazione dimostrò in modo irrefutabile le proprietà delle onde elettromagnetiche e confermò indirettamente la correttezza della formulazione teorica di Maxwell.

3. Scintille e Coherer


In quegli stessi anni, uno scienziato italiano, Temistocle Calzecchi-Onesti, scopriva un particolare comportamento delle polveri metalliche, che avrebbe permesso di realizzare il primo pratico rivelatore di onde elettromagnetiche. Il “coherer”, come fu chiamato, consiste in un tubetto di vetro nel quale, fra due elettrodi conduttori, è contenuta una certa quantità di limatura metallica (argento, nichel, rame o miscela di metalli diversi). La caratteristica saliente di questo oggetto è la sua capacità di cambiare in modo rilevante, in funzione di determinati stimoli, il valore della resistenza elettrica misurabile tra gli elettrodi terminali: essa può passare da valori dell’ordine del megaohm fino a poche decine di ohm, qualora ad esempio venga investita da onde e.m. di una certa intensità.

Nel 1884 Calzecchi-Onesti espose i risultati da lui ottenuti su riviste scientifiche italiane del tempo, ma dovette poi difendere la paternità della sua scoperta dopo che fu ripresa verso la metà degli anni ’90 dal fisico francese Branly e dall’inglese Lodge.

Quest’ultimo, in particolare, col suo coherer collegato in serie ad una pila e ad un galvanometro, riuscì a rivelare onde e.m. fino ad una distanza di alcune decine di metri dall’oscillatore, e annunciò in una conferenza del 1984 che si sarebbe potuto coprire una distanza massima fino a 700 metri.

Il fisico Edouard Branly (1844-1940), fu un cattedratico e fisico sperimentale, avendo insegnato dapprima alla Sorbona, passando poi all’Istituto universitario Cattolico di Parigi, dove potè disporre di un laboratorio dotato di una ricca collezione di strumenti scientifici. Tra le molte attività svolte da Branly, fa risalto la scoperta nel 1890 dell’azione a distanza delle scintille elettriche sulla conduttività di un tubo contenente limatura, da lui battezzato “radioconduttore”. Branly in realtà effettuò un importante lavoro su effetti fotoelettrici, utilizzando la scintilla del rocchetto di Ruhmkorff per generare la radiazione ultravioletta che gli serviva per testare la variazione di conduttività dei metalli. In modo occasionale scopre che una placca di ebanite coperta di polvere metallica diventa conduttrice nel momento in cui viene prodotta la scintilla elettrica, e questo risultato si manifesta anche se la distanza tra questa ed il dispositivo con la limatura aumenta fino ad alcune decine di metri. Branly, per sua stessa affermazione, non pensò ad utilizzare questo risultato per la trasmissione di informazioni; di più, egli asseriva che il risultato era dovuto all’azione a distanza del fenomeno dell’induzione elettromagnetica, e concettualmente sottovalutò il principio innovativo della propagazione per onde elettromagnetiche. Tentò anche la via della costruzione industriale di apparati di radiocomunicazione, venendone coinvolto dall’imprenditore Popp; ma il risultato fu negativo.

Branly in realtà possedeva un carattere timido, involuto, e si potrebbe affermare che la fama di inventore della TSF (la Telegrafia Senza Fili), gli sia stata riconosciuta per motivi patriottici quando la Francia non disponeva di altre figure eminenti. Resta il fatto che Branly espresse ammirazione a Marconi, rallegrandosi “per il suo magnifico successo”, mentre non rivendicò in modo netto qualche forma di paternità sulla TSF, e difese soprattutto il suo lavoro di fisico ed il risultato delle variazioni di conduttività delle polveri metalliche.

E, a proposito del coherer, giungiamo al tanto discusso Popoff, russo, professore all’Accademia militare di Kronstadt. Come i francesi vedono in Branly “il vero padre della TSF”, così i russi hanno sempre difeso i meriti del loro compatriota Popoff come l’inventore della radiocomunicazione. Aleksandr Popoff all’inizio del 1895 stava cercando un modo per rivelare le onde e.m., e in tale ricerca fu colpito dai risultati ottenuti da Lodge mediante il coherer. Iniziò quindi a indagare su polveri metalliche fino a sperimentare un coherer realizzato con limatura di ferro leggermente ossidata. Inserì il suo coherer in un circuito particolare, in cui un primo relè attraeva per l’effetto di coesione, ed un secondo relè compiva la doppia funzione di agire su una campana per segnalare l’evento, e di colpire con un martelletto il coherer stesso, provocando la decoesione della limatura, e portandolo quindi in condizione di riposo. Popoff utilizzava questo apparecchio per rivelare le scariche atmosferiche naturali, ovvero i fulmini; e a tal fine, scoprì l’utilità di collegare gli estremi del coherer da un lato ad un’asta, e al terreno dall’altro. Veniamo così a scoprire che Popoff aveva in qualche modo intuito la necessità di interfacciare il suo ricevitore con lo spazio anticipando il concetto di antenna-terra, anche se non vedeva nella sua applicazione alcuna possibile immediata utilità.

Anche l’Inghilterra ebbe il suo “padre della radiocomunicazione”, e si tratta di Oliver J. Lodge (1851-1940), Professore di Fisica all’University college in Liverpool. Partendo da ricerche sui fulmini atmosferici e sulle relative tecniche di protezione, realizzò nel 1888 un esperimento che andò oltre le aspettative, arrivando a produrre onde elettromagnetiche di cui riuscì a misurare la lunghezza. Come si noterà, i tempi coincidono con quelli delle sperimentazioni di Hertz, tanto che solo per piccole differenze Lodge non potè rivendicare la prima sperimentazione pratica delle onde e.m.

Partendo da concetti molto lontani da quelli di Hertz, egli si trovò a ragionare con gli stessi effetti; anche se, come riconobbe poi, il dipolo herziano consentiva effetti di irradiazione a distanza, non riscontrabili invece nel suo oscillatore a linee parallele. In altre parole, mentre Lodge ragionava su onde elettromagnetiche in movimento su fili elettrici, Hertz ne dimostrava l’esistenza nello spazio.




Una differenza fondamentale tra le due soluzioni apparve comunque con chiarezza a Lodge: mentre l’oscillatore herziano esauriva rapidamente l’energia fornita dalla scintilla, tanto che l’oscillazione ad alta frequenza si smorzava dopo pochissimi cicli, il suo sistema, se pur meno efficace in termini di irradiazione, possedeva un fattore di merito ben più elevato. In termini di spettro, l’energia irradiata dal dipolo herziano veniva distribuita su una banda assai ampia, tanto da poter essere ricevuta con rivelatori non accordati; l’oscillatore di Lodge, per contro, emetteva in una banda di frequenze assai stretta. Lodge, consapevole di questa differenza, giunse per primo a ragionare in termini di sintonia: si rese conto che il sistema oscillatore-rivelatore di onde poteva raggiungere la massima efficienza solo se entrambi risuonano sulla stessa lunghezza d’onda. Lodge comprese con chiarezza che la sintonia sarebbe stata un fattore chiave per il futuro della radiotelegrafia. La sfida, di quei primi momenti, in realtà, puntava assolutamente sulla distanza della comunicazione, e ben sappiamo con quanta determinazione Marconi si sia impegnato proprio sul risultato essenziale di realizzare collegamenti a distanze progressivamente crescenti. Il tema della sintonia divenne via via più importante col crescere della diffusione della radiotelegrafia, e la sensibilità di Lodge su tale tema probabilmente indebolì fatalmente il suo tentativo di concorrere con Marconi sul piano industriale. Di fatto fu tentato uno sfruttamento industriale delle esperienze di Lodge che fu coinvolto dall’imprenditore Muirhead; la colla borazione tra i due dette qualche risultato ma non potè scalfire il potere commerciale della Compagnia Marconi. Così, dopo aver ceduto a quest’ultima i diritti di un loro importante brevetto per la sintonia, Lodge e Muirhead sciolsero la società ritirandosi dalla competizione.

Verso il 1889 Lodge si imbattè in un curioso fenomeno, per cui le punte molto ravvicinate di un rivelatore tra cui scoccava una piccolissima scintilla secondaria, tendevano ad unirsi ed a mantenere continuità metallica anche dopo la cessazione della scintilla rivelata. Si trattava in sostanza del principio della coesione di polveri metalliche su cui avevano lavorato Calzecchi-Onesti e Branly. Venuto a conoscenza delle sperimentazioni di Branley, nel 1894 Lodge dimostrò come il radioricevitore, che ribattezzò "coherer", poteva diventare un pratico rivelatore di onde elettro-magnetiche.

Di fatto, la richiesta di Lodge del 1897 per brevettare il suo radioricevitore sintonico mostra chiaramente la presenza del coherer a limatura metallica. La segnalazione dell'evento corrispondente alla ricezione di un treno di onde elettromagnetiche era affidata ad un galvanometro sensibile, alimentato da una pila posta in serie al coherer. Come si vede, Lodge arrivò vicinissimo alla soluzione adottata poi da Marconi, ma il suo ricevitore rimase inesorabilmente confinato nell'ambito di un'applicazione tipicamente scientifica.


4. Le onde nel laboratorio di Righi


Augusto Righi (1850-1921)

, rappresenta forse l’ultimo anello della catena che condusse alle realizzazioni di Marconi. Anch’egli professore di fisica, insegnò a Palermo, a Padova ed infine a Bologna, dove espresse i gradi più alti della sua passione per la ricerca scientifica e dove assurse ad una fama di livello internazionale. Personaggio eclettico e motivato, s’interessò delle teorie innovative che sul finire del diciannovesimo secolo eccitavano il mondo scientifico ed industriale: studiò e sperimentò l’effetto fotoelettrico (con l’impiego del selenio, precursore dei semiconduttori), la deposizione di polveri fotosensibili (che avrebbe avuto ampio seguito con l’applicazione in macchine fotocopiatrici), migliorò il telefono (brevettato poco tempo prima da Bell), realizzando un microfono a polveri conduttrici ed il primo altoparlante.

Righi, che aveva ottenuto la laurea in matematica, proveniva tuttavia da scuole di estrazione tecnica, e questa base gli fu di grande aiuto per intuire il passaggio da concetti teorici a dispositivi adeguati alla sperimentazione pratica. Egli dovette rimanere affascinato dagli esperimenti di Hertz sulle onde elettromagnetiche, tanto che subito volle ripeterli nel suo laboratorio di Fisica in Bologna, con l’intento di meglio comprenderli e perfezionarli.




Introdusse lo spinterometro a tre scintille, che alimentava un oscillatore con lunghezza d’onda molto corta (tra i 10 e i 30 cm) con cui eseguì innovative esperienze di trasmissione direzionale. Inventò anche un rivelatore assai sensibile, con struttura lineare e pertanto di polarizzazione perfettamente nota; questo rivelatore era realizzato con una striscia sottile di vetro argentato che rappresentava un dipolo simmetrico, i cui due bracci erano separati, al centro della striscia, da una interruzione trasversale ottenuta con un’incisione di qualche millesimo di millimetro. Sotto l’effetto di onde elettromagnetiche generate da uno spinterometro, in corrispondenza dell’incisione si potevano riscontrare delle microscopiche scintille, osservabili mediante una lente.

Con questa strumentazione confermò l’esistenza e la propagazione delle onde elettromagnetiche, dedicandosi poi alla dimostrazione delle loro proprietà ottiche. Righi, che aveva raccolto l’eredità scientifica di Hertz e aveva dato veste matematica più aggiornata al Trattato di Maxwell, mise in risalto la teoria elettromagnetica delle onde confrontandone il comportamento con quelle luminose, dimostrandone i fenomeni di riflessione, rifrazione, diffrazione, interferenza e polarizzazione.

Il dinamismo di Righi, che lo portò a realizzare numerosi e geniali dispositivi di laboratorio, ad individuare importanti applicazioni scientifiche innovative che diffuse con pubblicazioni tempestive anche in sedi internazionali, estendendo le conoscenze fisiche dell’epoca, non lo stimolò a possibili utilizzazioni applicative. La sua fama resta dunque quella di eminente studioso teorico e sperimentale.

5. L’incontro di Marconi con le onde elettromagnetiche.


Marconi scopre la passione per il mondo dell’elettricità in giovane età: come lui stesso ebbe a dichiarare, le sue prime esperienze iniziarono nella primavera del 1985, e ben presto si orientarono verso il tentativo di replicare gli esperimenti di Hertz. Già tra il 1892 e il 1895, il giovane Guglielmo aveva avuto la possibilità di avvicinare Augusto Righi, di visitarne il laboratorio e la biblioteca, forse anche di assistere ad alcune dimostrazioni, ricevendone una forte influenza.

Marconi, che non aveva né la formazione né l’attitudine dello scienziato teorico, intuì subito in quelle dimostrazioni un utilizzo a fini concreti: la possibilità cioè di inviare a distanza segnali telegrafici attraverso lo spazio, senza fare ricorso alle lunghe linee filari su palificazione che costituivano la rete telegrafica tradizionale.

Questa sua intuizione fu fortemente favorita sia dall’attento esame della letteratura disponibile all’epoca, che riportava i resoconti dei fisici contemporanei d’avanguardia; sia dal fatto che praticamente tutti gli elementi necessari per la radiocomunicazione erano già disponibili, sviluppati separatamente da vari scienziati e studiosi, che però non avevano raggiunto la sintesi del giovane inventore bolognese. Come visto sopra, né negli oscillatori di Hertz, Lodge e Righi, né i rivelatori di Calzecchi-Onesti, Branly e Lodge, né l’antenna di Popoff avevano promosso nei rispettivi sperimentatori l’idea dell’applicazione su un piano commerciale o industriale. Marconi ha questa intuizione e ne è ossessionato: lavora freneticamente per battere sul tempo eventuali concorrenti, e pensa sin da subito alla necessità di brevettare la sua idea.

Il primo, ovvio problema da superare era la portata del collegamento senza fili. Con i dispositivi allora disponibili, la distanza tra l’oscillatore ed il coherer era valutabile in alcune decine di metri. Righi aveva realizzato una distanza di circa 25 metri, utilizzando specchi concentratori a superficie parabolica; su questa strada si mosse inizialmente anche Marconi, continuando però ad esplorare altre soluzioni.

Marconi, consapevole dei grossi limiti dei suoi dispositivi, nella seconda metà del 1895 si impegna ad ottimizzarne le funzionalità, e riesce ad attivare il ricevitore fino ad una distanza di circa 200 metri dal trasmettitore, lavorando soprattutto sulla sensibilità del coherer.

Ma il miglioramento più netto e definitivo fu determinato dall’introduzione di quello che oggi chiameremmo il sistema radiante, cioè l’insieme antenna-terra. Collegando un terminale dell’oscillatore ad una lastra di metallo appoggiata sul terreno, e l’altro terminale ad un recipiente metallico posto su di un palo, Guglielmo aveva drasticamente modificato la lunghezza d’onda dell’emissione, passando da onde ultracorte ad onde lunghe, ma soprattutto aveva casualmente individuato l’essenza della radiocomunicazione, che sta proprio nella capacità di irradiazione delle onde e.m. da parte di un’antenna. Con una disposizione analoga realizzata ai capi del coherer, il miglioramento della portata fu sorprendente e Marconi, riuscendo ad inviare segnali fino a 2 km di distanza, ebbe la chiara percezione delle grandi possibilità che si aprivano al suo sistema.

Le vicende successive del giovane inventore testimoniano le sue capacità di intuire, applicare e fare fruttare le idee che egli aveva perseguito con grandissima costanza e determinazione.

A.M.


Villa Griffone – Via Celestini 1 40044 Pontecchio Marconi (Bologna) Pag.

Tel. +39 051 846121 Fax. +39 051 846951 museo@fgm.it www.fgm.it




Yüklə 33,6 Kb.

Dostları ilə paylaş:




Verilənlər bazası müəlliflik hüququ ilə müdafiə olunur ©genderi.org 2024
rəhbərliyinə müraciət

    Ana səhifə