Acquisizione e analisi dati-ambientali: gestione informatizzata di archivi digitali



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AVIFAUNA MIGRATORIA
Abbondanza e distribuzione dell'avifauna migratoria in ambito provinciale
L’importanza dell’individuazione delle direttrici di migrazione dell'avifauna è evidenziata dall'art.1 comma 5 della L.157/92 e dall'art.19 c.1 della L.R. 8/94 e succ. mod. in rapporto all'istituzione di zone di protezione, al mantenimento e alla sistemazione degli habitat naturali e al ripristino o alla creazione di biotopi con particolare riferimento alle specie protette e a quelle incluse nell'elenco allegato alla direttiva 79/409/CEE.

L'Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica, a questo scopo appositamente interpellato, ha fornito alcune indicazioni relative alle principali rotte di migrazione seguite dall’avifauna sul territorio nazionale (Circ. n. 3262/T-A60 del 24.6.1992) e tuttavia, come riconosciuto dal medesimo Istituto, il grado di dettaglio delle informazioni fornite non appare sufficiente a consentire l'esatta individuazione delle aree da tutelare in ogni singola realtà regionale e provinciale. Considerando il dettato della L.157/92 e la necessità di disporre di un quadro di riferimento valido per l'intero territorio nazionale l'INFS ha pertanto indicato la necessità, che le regioni e le province, per dare corretta applicazione alla normativa nazionale, procedano ad effettuare opportuni approfondimenti a livello locale finalizzati ad individuare nel dettaglio quali zone tutelare e quali interventi realizzare per il ripristino dei biotopi distrutti. L’Istituto ha altresì suggerito l'opportunità di effettuare una ricognizione sulla distribuzione e concentrazione degli appostamenti di caccia per quanto riguarda, in particolare, la individuazione e la scelta di eventuali valichi montani da tutelare in quanto interessati da rotte di migrazione dell'avifauna.

Sulla base di tale indicazioni e per le finalità sopra elencate tutti i dati ad oggi disponibili, sebbene di diversa ed eterogenea provenienza, sono stati considerati per indagare la distribuzione, l'abbondanza e il transito dell'avifauna migratoria in ambito provinciale.

Tali dati derivano, in particolare dalle seguenti indagini e attività:



  • censimenti degli acquatici svernanti (International Waterfowl Census, IWC) effettuati dall'amministrazione provinciale

  • altri censimenti e dati relativi all'avifauna migratoria effettuati nell'ambito di precedenti studi e indagini faunistiche e ambientali condotte sul territorio provinciale

  • dati relativi alle attività di cattura-ricattura e inanellamento a scopo scientifico coordinate e organizzata dall'EURING e dall'Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica

  • analisi dei tesserini venatori

  • ricognizione della distribuzione degli appostamenti fissi e temporanei e del prelievo alla migratoria sul territorio provinciale

Il quadro delineato in questa sede è, in ogni caso, da considerarsi preliminare e richiede un necessario aggiornamento che potrà essere apportato prevedendo, nel quinquennio di vigenza del presente piano, apposite indagini di campo e attività specifiche di monitoraggio.
Censimenti degli acquatici svernanti
I censimenti degli acquatici svernanti (International Waterfowl Census, IWC) sono coordinati, a livello nazionale, dall’INFS e si inseriscono nell'ambito di un più esteso programma di censimento dell'IWRB (International Waterfowl & Wetlands Research Bureau) che riguarda l'Europa e, più in generale, la Regione Paleartica Occidentale.

I conteggi invernali vengono solitamente effettuati, nel corso del mese di gennaio e da personale esperto della vigilanza dipendente, in diverse aree campione, individuate dallo stesso INFS, in corrispondenza delle seguenti zone umide (tratti fluviali, lanche, bacini) ritenute rappresentative del territorio provinciale:

1. Fiume Po, tratto 4 da Mezzano a Polesine Parmense, suddiviso in 8 unità di rilevamento da Est a Ovest

2. Torrente Nure, tratto da Roncaglia a San Bernardino (Bettola), suddiviso in 3 unità di rilevamento

3. Fiume Trebbia, tratto da S. Antonio a Perino, suddiviso in 3 unità di rilevamento

4. Torrente Tidone, tratto da Rottofreno a Pianello, suddivisi in 2 unità di rilevamento

5. Vasche di decantazione dello zuccherificio Eridania di Sarmato

6. Lago di Trebecco (Caminata)

7. Lago di Mignano (Morfasso)

8. Laghi appenninici nord-orientali: L. del Gallo (Morfasso), L. Moo, L. Bino e L. Nero (Ferriere)


In ambito provinciale i censimenti degli acquatici svernanti sono stati effettuati in maniera sistematica a partire dal 1995.

In totale, nel periodo 1995-2000, sono state censite 46 specie: 18 di queste possono essere considerate specie-target per la programmazione di idonee misure di salvaguardia e la pianificazione di appositi istituti di tutela e , in particolare, di zone di protezione lungo le rotte di migrazione (tab.24).

Gli esemplari censiti appartengono ai gruppi sistematici Svassi, Cormorani, Ardeidi, Anatidi, Rallidi, Limicoli, Laridi e Rapaci.

L'andamento della consistenza complessiva degli svernanti censiti (fig.9) evidenzia un incremento notevole delle presenze a partire dal 1998: in particolare le presenza registrate negli ultimi due anni sono circa il doppio di quelle osservate nel primo anno di censimento (rispettivamente 4083 e 3896 nel 1999 e 2000 contro 1901 nel 1995)

Relativamente ai diversi gruppi sistematici si evidenzia (fig.10), a partire dal 1998, un notevole incremento degli Anatidi che rappresentano, nella maggioranza dei casi e degli anni, il taxa più numeroso, con percentuali variabili dal 30,5% al 49% del totale degli svernanti. I Rallidi sono triplicati rispetto al 1995, rappresentando il 18% della popolazione svernante dell’ultimo anno. Negli anni 1995-96-97 i Cormorani rappresentavano circa il 30% degli svernanti, mentre successivamente si sono ridotti a circa il 10% del totale. Il numero di Cormorani riportato in tabella non è comprensivo degli individui conteggiati ai dormitori, poiché, durante il giorno, tali individui si distribuiscono in siti di alimentazione anche al di fuori del territorio provinciale. I dormitori di Cormorani sono stati rinvenuti, in alcuni anni, solo lungo il fiume Po nel tratto Isola De Pinedo - diga di Isola Serafini (con 650-900 individui a seconda degli anni), in Loc. S. Vittoria - Rottofreno (45 individui nel 1998) e nel tratto Piacenza-Soprarivo (Calendasco) (106 individui nel 1998).

A partire dal 96-97 sono notevolmente aumentate le consistenze dei Laridi (tra il 21 e il 35% del totale). Svassi e i Rapaci hanno pure evidenziato una leggera tendenza positiva.

Le popolazioni svernanti di Ardeidi e Limicoli, sebbene interessate da lievi variazioni annuali, hanno evidenziato nei 6 anni di censimento una certa costanza nei livelli di presenza.

Sulla base dei dati dei censimenti e in relazione all'entità dei contingenti di svernanti ospitati è possibile definire l'importanza relativa delle aree-campione indagate.

Di prioritaria importanza è l’asta fluviale del Po interessata, a seconda delle annate, da una quantità di svernanti variabile tra il 70 % e il 90 % circa del totale censito. Seguono, in ordine di importanza, il F. Trebbia, le vasche dello zuccherificio Eridania, il T. Nure e il T. Tidone (tab.25). Nelle aree-campione corrispondenti ai laghi appenninici (L. di Trebecco, L. di Mignano e laghi appenninici orientali) non si sono rilevate presenze di svernanti acquatici; occorre tuttavia segnalare che la superficie di questi laghi si presenta generalmente ghiacciata nel periodo interessato dal censimento.

Nell'ambito di ciascuna area campione è ulteriormente possibile distinguere l'importanza relativa di alcune località di rilevamento (tab.26)

Lungo il F. Po risultano possono essere individuati, in ordine di importanza relativa per numero di specie e di individui censiti, i seguenti tratti principali:

1) Roncarolo-diga di Isola Serafini

2) Piacenza-Roncarolo

3) Soprarivo (Calendasco)-Piacenza

4) Isola Serafini - Ponte A21.

Il tratto Roncarolo-diga di Isola Serafini, in relazione all'importanza per lo svernamento dell’avifauna acquatica, rappresenta una delle aree di riferimento considerate dall'INFS ai fini della definizione delle principali rotte di migrazione a livello nazionale (cir. 3262/T-A60, 1992). Lungo questo tratto di fiume sono state osservate fino a 28 specie di migratori acquatici svernanti per stagione, e contingenti complessivi molto elevati (1815 individui conteggiati nel mese di gennaio 2000). I gruppi più consistenti e regolari di svernanti sono rappresentati da Anatidi, Rallidi e Svassi; sono inoltre regolarmente presenti dormitori di Cormorani. Tra gli Ardeidi, gli Anatidi e i Rapaci figurano tutte le specie svernanti di prioritario interesse conservazionistico riscontrate sul territorio provinciale.

Per quanto riguarda il tratto fluviale Piacenza-Roncarolo si rileva un notevole incremento di presenze svernanti negli ultimi anni (640 nel 1999); i gruppi sistematici più numerosi sono rappresentati da Laridi, Cormorani, Svassi e Limicoli e si concentrano in particolare tra Mortizza e Foce Nure (Isola Mortizza, lanche di Bosco Pontone, Isola Grande, Stagni del Gargatano grosso).

La stessa tendenza positiva si rileva nel tratto fluviale Piacenza-Soprarivo (579 svernanti nel 1999), dove gli ambiti di sosta e alimentazione sono costituiti in particolare da Foce Trebbia e dall’ansa di Mezzano Vigoleno (in particolare lanca Bosco di Mezzano e lanca Mezzano Vigoleno con le rispettive isole a fronte); a foce Trebbia si concentrano in particolare Anatidi, Ardeidi e Limicoli, mentre l’ansa di Mezzano Vigoleno si caratterizza per la consistente presenza di Cormorani e Laridi.

Per quanto riguarda il tratto fluviale tra Isola Serafini e il ponte dell’autostrada A21, i dati dei censimenti evidenziano la presenza di specie appartenenti a tutti i gruppi sistematici considerati, con prevalenza di Cormorani e Laridi. Per questo tratto alcune indagini faunistiche e ambientali (Groppali, 1997; Fornasari et al., 1992) hanno segnalato la presenza di 45 specie acquatiche svernanti e di passo.

Lungo il fiume Trebbia l’area a maggior concentrazione di svernanti si localizza tra S.Antonio e Rivalta (446 svernanti nel 2000), con presenze più consistenti tra Casaliggio e Canneto; i gruppi più regolari e numerosi sono rappresentati da Anatidi e Limicoli con alcune specie di prioritario interesse conservazionistico. Questo tratto è stato recentemente proposto come zona umida di importanza internazionale secondo l’inventario ICBP “Important Bird Areas in Europe” (IBA).

Lungo il torrente Nure i contingenti svernanti risultano molto minori anche se nel tratto fluviale tra S.Giorgio a Ponte dell’Olio, si rileva la regolare presenza di gruppi di Anatidi.

Un interesse rilevante assumono invece le vasche dello zuccherificio Eridania di Sarmato: in tali invasi artificiali la concentrazione di Anatidi (soprattutto Germano reale) risulta particolarmente elevata (287 nel 2000) in rapporto alle limitate dimensioni del sito.


Altri censimenti dell'avifauna migratoria
Per il territorio provinciale sono altresì disponibili diversi dati sull’avifauna migratoria riportati in alcuni studi faunistici e ambientali (Canova e Fasola, 1989; Mezzadri e Montanari, 1994; Groppali, 1997; Battaglia, 1998). Tali dati evidenziano la sosta di migratori lungo tutta l’asta fluviale del Po, con concentrazioni maggiori nel tratto Roncarolo-Isola Serafini; seguono in ordine di importanza il tratto Piacenza-Soprarivo, il tratto Isola Serafini-Isola Deserto e Isola Mortizza-Isola Grande.

Veri e propri censimenti stagionali sui migratori lungo l’asta fluviale del Po risalgono al 1988 e sono riferiti al tratto di corso d’acqua compreso tra Isola Tidone e Isola Serafini: in totale sono state conteggiate 43 specie durante il passo primaverile e 34 specie durante il passo autunnale, compresi Passeriformi, Turdidi e Corvidi (Canova e Fasola, 1989). In tale studio è stata rilevata una maggiore concentrazione di migratori, e in particolare di specie che migrano in gruppi di grandi dimensioni (es. Cormorano, Germano reale, Folaga), in corrispondenza delle isole fluviali e dei ghiareti più estesi, dove presumibilmente sono maggiori le disponibilità di aree di foraggiamento e minore il disturbo.

Dai risultati di censimenti autunnali e primaverili compiuti tra il 1989 e il 1990 in uno studio sugli ambienti igrofili lungo il tratto piacentino del Po (Mezzadri e Montanari, 1994) si rileva inoltre l’importanza di alcuni biotopi umidi per la sosta (oltre che per la nidificazione) dei migratori. Tali biotopi sono la lanca di foce Cornaiola, la foce del Tidone, le vasche dello zuccherificio Eridania (comune di Sarmato); la lanca del Bosco di Mezzano, la foce del Trebbia (comune di Calendasco); le lanche di Bosco Pontone, gli stagni del Gargatano Grosso (comune di Piacenza); lo stagno Nure Vecchio, l'acquitrino del Mezzanone, le lanche del Mezzanone, le lanche dell'Isola de Pinedo, le lanche dell'area Enel (in comune di Caorso), la lanca dell'Isola Serafini-est, la lanca Cà Bonissima, la lanca Argine Babina in comune di Monticelli d’Ongina, la lanca Bondiocca (in comune di Castelvetro), la lanca Po (in comune di Villanova d’Arda).

Per quanto riguarda i dati di presenza dei migratori lungo gli affluenti appenninici, sono disponibili osservazioni di campo in tratti monitorati da personale esperto della vigilanza dipendente (Battaglia, 1998). Il numero maggiore di segnalazioni si ha lungo il fiume Trebbia, dove la sosta si concentra nel tratto S.Antonio-Rivalta e nei territori limitrofi: in questo tratto di fiume sono abbondanti le zone fangose e le raccolte d’acqua stagnante in cui si ha la sosta di gruppi di Limicoli (tra i quali Combattenti, Pittime reali, Piviere dorato, Pivieressa, Gambecchio, Cavaliere d’Italia, Pernice di mare ecc.) e Anatidi (Volpoca, Fischione, Canapiglia, Alzavola, Codone, Marzaiola, ecc.). Interessanti segnalazioni si hanno anche lungo il restante corso fluviale del Trebbia fino a Diga di Boschi (Val d’Aveto). Anche il torrente Nure è interessato da flussi migratori, sebbene di entità minore rispetto alla Val Trebbia.

Segnalazioni di migratori di passo si hanno anche lungo i torrenti Tidone, Arda, Chiavenna, Riglio e Stirone. Presumibilmente tutti i corsi d’acqua che tagliano il territorio provinciale in direzione Nord-Sud sono interessati da un certo flusso migratorio anche se Trebbia e Nure assumono un’importanza senza dubbio maggiore quali vie preferenziali, sia per l’ampiezza delle vallate sia per la maggior ricchezza ed estensione di ambienti idonei alla sosta e all’alimentazione.

Sono da segnalare, tra le specie acquatiche di passo sul tratto piacentino del Po e lungo i suoi affluenti, alcune specie particolarmente protette o minacciate di estinzione a livello nazionale e/o europeo; tra di esse si possono citare Spatola, Avocetta, Cavaliere d’Italia, Cicogna nera, Cicogna bianca, Fenicottero, Gru, Canapiglia, Marzaiola, Fistione turco, Volpoca, Moretta tabaccata, Pittima reale, Pettegola, Pernice di mare, Mignattino piombato.


Ricatture di Uccelli inanellati
In Europa l'attività di cattura a scopo scientifico e inanellamento è coordinata e organizzata dall'EURING (Unione Europea per l'inanellamento), un organismo scientifico che gestisce una grande banca dati, localizzata in Olanda, nella quale confluiscono i dati di inanellamento-ricattura relativi agli schemi nazionali. Quale schema di inanellamento italiano l'Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica gestisce un archivio centrale delle ricatture di uccelli inanellati contenente i dati di soggetti inanellati all'estero e segnalati in Italia e di uccelli inanellati in Italia e successivamente ricatturati nel nostro come in altri paesi.

A riscontro di specifica richiesta di indicazioni inoltrata dall'Amministrazione Provinciale di Piacenza l'Istituto ha trasmesso mappe e listati di ricatture relativi alle singole regioni e i dati, contenuti nel “Bollettino dell’attività di inanellamento”, N.3/1990 redatto dall’INFS, relativi alla ricattura di uccelli appartenenti a 44 specie diverse inanellate all’estero e ricatturate in Italia dal 1982 ad oggi. Poiché sul territorio piacentino ancora non si effettuano attività di inanellamento e ricattura, i dati relativi al territorio provinciale provengono esclusivamente dal rinvenimento di individui morti o feriti. Per la provincia di Piacenza si hanno solo cinque segnalazioni (tab.27) complete di coordinate, località di provenienza, date e località di inanellamento e ricattura. Ulteriori indicazioni vengono fornite, in particolare per il corso del fiume Po, dalle mappe generali di distribuzione delle ricatture fornite dall’INFS in allegato alla Circ. n. 3262/T-A60 e relative agli uccelli legati agli ambienti umidi e a rapaci e passeriformi.


Analisi del prelievo venatorio
I dati relativi al prelievo venatorio considerati in questa sede provengono da un campione di tesserini di caccia utilizzati nella stagione venatoria 1998/99. Il campione preso in considerazione è di 974 tesserini, provenienti dai 48 comuni della provincia in ragione delle rispettive rappresentatività, e corrisponde al 25% circa dei cacciatori residenti.

I risultati ottenuti indicano come la caccia all'avifauna migratoria non rappresenti, per i cacciatori residenti in provincia di Piacenza, una forma tradizionale di prelievo.

Sul totale dei tesserini analizzati la frazione di cacciatori che ha effettuato il prelievo di avifauna migratoria nel corso della stagione è risultato pari al 10.5%. Il 90% circa dei cacciatori residenti si è dedicato, esclusivamente, al prelievo della fauna stanziale.

Il numero di capi prelevati è risultato di consistenza modesta: sull'insieme delle specie classificate, dal tesserino regionale, come appartenenti alla fauna migratoria (n=27), il numero di capi complessivamente prelevato è risultato pari a 841 (13.0%) contro 4857 (87.0%) capi appartenenti alle sei specie di selvaggina stanziale cacciabili in ambito provinciale.

Dei capi di migratoria prelevati la maggior parte (39.3%) appartiene alla famiglia degli Anatidi. Rispetto al totale di capi prelevati (migratoria e stanziale) l'importanza del prelievo a carico di questo gruppo è stata pari al 5.1%.

Tra le specie della famiglia il Germano reale è risultata quella di maggior interesse: il numero di esemplari prelevati è stato pari al 30.9% dei prelievo complessivo di avifauna migratoria e al 4.0 % del prelievo totale.

Tra gli Anatidi la seconda specie in ordine di importanza è risultata l'Alzavola, sebbene a livelli molto più bassi di prelievo: i capi prelevati corrispondono al 5.9% di quelli appartenenti all'avifauna migratoria e allo 0.8% di quelli totali.

Le altre specie di Anatidi hanno evidenziato, rispettivamente, prelievi inferiori all'1% di quello complessivamente effettuato sull'avifauna migratoria.

La maggior parte dei prelievi di Germano reale è avvenuta nei comuni rivieraschi del fiume Po e tuttavia una parte degli abbattimenti è stata effettuata anche lungo gli altri fiumi principali e in particolare lungo i tratti terminali del Trebbia, del Tidone e dell'Arda. Andamento analogo ha mostrato il prelievo dell'Alzavola.

La seconda specie in ordine di importanza è risultata la Beccaccia che ha interessato il 10.9% dei prelievi di avifauna migratoria e l'1.4% del prelievo totale. Il prelievo complessivo a carico degli Scolopacidi è risultato pari al 12.5% del prelievo di avifauna migratoria e all'1.6% del prelievo totale.

I prelievi di Beccaccia sono stati effettuati, per la maggior parte nella fascia alto-collinare e montana del territorio provinciale e cioè nei comuni di Coli e Bobbio, Bettola e Morfasso.

Il Merlo è risultata la terza specie in ordine di importanza avendo interessato il 10.0% del prelievo di avifauna migratoria e l'1.3% del prelievo totale. I Turdidi nel complesso hanno costituito il 14.9% del prelievo di avifauna migratoria e l'1.9% del prelievo totale. Il prelievo delle altre specie (Cesana, Tordo bottaccio, Tordo sassello) è risultato compreso tra l'1 e il 3% del prelievo di avifauna migratoria.

L'Allodola e la Quaglia sono state oggetto di prelievo nella misura, rispettivamente dell'8.6% e dell'8.8% del prelievo di avifauna migratoria e dell'1.13% e dell'1.14% del prelievo complessivo. Il prelievo di entrambe le specie è risultato localizzato prevalentemente nella tra fascia pianeggiante del territorio provinciale.

Per quanto riguarda i Columbidi questi hanno interessato l'11.05% del prelievo di avifauna migratoria. Il prelievo di Colombaccio è stato pari al 6.7%, quello della Tortora selvatica è stato pari al 4.3% (rispettivamente 0.9 e 0.5% del prelievo totale).

Il prelievo di Rallidi è risultato di entità modesta (2.1% del prelievo di avifauna migratoria e 0.3% del prelievo totale) e prevalentemente a carico della Gallinella d'acqua (rispettivamente 1.5 e 0.20%).

Pari al 2.5% è stato il prelievo delle diverse specie di Corvidi (0.3% del prelievo totale). Il prelievo sulla Gazza è stato pari al 1.2% del prelievo di avifauna migratoria, quello sulla Cornacchia e la Ghiandaia è stato pari allo 0.7 e 0.6%.


Distribuzione degli appostamenti fissi e temporanei e del prelievo della migratoria sul territorio provinciale
La distribuzione e la concentrazione del prelievo sia in forma vagante sia da appostamento (fisso e temporaneo) possono fornire utili contributi all’individuazione, a livello locale, delle aree maggiormente coinvolte (quali siti di transito e sosta) nelle direttrici di migrazione dell'avifauna.

A tal fine, e in collaborazione con la vigilanza provinciale, è stata effettuata una ricognizione delle principali aree e dei siti maggiormente interessati, allo stato attuale e in epoca recente, dalle diverse forme di prelievo comprese, ove eventualmente esistenti e conosciute, le forme illecite di cattura.

Le tabb.28-31 riportano un elenco dei principali siti interessati dall'approntamento e dall'utilizzo di appostamenti fissi e temporanei e, per ciascuno di questi, il numero di appostamenti e le specie principalmente oggetto di caccia.

La Tav.28 - Carta delle principali aree di transito, sosta e prelievo dell'avifauna migratoria riporta la localizzazione dei suddetti appostamenti fissi e temporanei e la delimitazione delle principali aree interessate anche dal prelievo della migratoria in forma vagante.

Gli appostamenti individuati sono, in totale, 146 di cui 44 fissi e 102 temporanei. Detti appostamenti risultano maggiormente concentrati lungo l’asta fluviale del Po e lungo alcune aree della fascia di crinale tra la Val Trebbia e la Val Nure.

Relativamente all'asta fluviale del Po nel triennio 1996-1999, sono stati utilizzati 30 appostamenti temporanei di caccia distribuiti lungo l’intera asta fluviale e 1 appostamento fisso in corrispondenza dell’ansa del Mezzanone (Caorso).

Il numero di acquatici prelevati dai suddetti appostamenti è valutabile in circa 1000 - 1200 soggetti. L'entità del prelievo appare piuttosto importante se si confrontano tali dati con quelli, già riportati, dei censimenti effettuati lungo il medesimo tratto fluviale.

Lungo i fiumi Trebbia e Nure sono stati individuati 5 appostamenti agli Anatidi tra Foce Trebbia e Rivalta e 3 appostamenti tra S. Polo e S. Giorgio con entità medie annue di prelievo valutabili tra 30 e 50 esemplari per ciascun ambito fluviale considerato. Anche in questo caso i prelievi risultano significativi in rapporto alle consistenze svernanti.

Lungo il torrente Tidone si hanno appostamenti dislocati tra il confine orientale con il pavese (Vicobarone, Nibbiano e a monte fino a Passo Penice) e il tratto fluviale di pianura (Mottaziana) fino alla foce.

Relativamente alle aree appenniniche la maggior concentrazione di appostamenti si rileva lungo i crinali che separano le valli interne al territorio provinciale, in prossimità di punti vantaggiosi per il superamento delle barriere altitudinali.

Gli appostamenti di caccia a Turdidi e Fringillidi sono infatti relativamente poco numerosi nel settore collinare, dove si localizzano in ambiti caratterizzati da zone coltivate eterogenee con presenza diffusa di boschetti e siepi. I settori interessati sono la media Val Tidone (Vicobarone), la media Val Trebbia (Pigazzano, Rallio di Montechiaro, Costa di Bassano), la Val Chiavenna (Vigolo Marchese, Chiavenna Rocchetta) e la Valle Ongina (Bacedasco).

La maggior concentrazione di appostamenti si ha in ambito alto-collinare e montano e, in particolare nell'area circostante M. Aserei (in totale 28 appostamenti, distribuiti tra Bivio S. Barbara, Sella dei Generali e Castelvetto, in corrispondenza del passo del Mercatello ( 6 appostamenti), lungo il crinale Trebbia-Aveto (10 appostamenti, distribuiti tra Selva e M. Dego), lungo il crinale tra M. Cavalmurone e Costa del Ronco (6 appostamenti), nei tratti compresi tra M. Osero e il Passo del Cerro (6 appostamenti) e tra Prato Barbieri - M Obolo (7 appostamenti).

L'area maggiormente interessata dalla caccia in forma vagante agli Anatidi è localizzata lungo l’ansa del Mezzanone (Caorso) dalle rive del Po fino al corso del Nure vecchio e lungo l’ultimo tratto del T. Chiavenna in corrispondenza del principale sito di sosta e di svernamento a livello provinciale (tratto Roncarolo-diga Isola Serafini). In tale territorio il prelievo effettuato ha interessato nel triennio 1996-1999 oltre agli Anatidi, anche Columbidi, Turdidi, Beccaccia. In alcuni casi sono state oggetto di abbattimento illegale esemplari appartenenti a specie protette come il Falco di palude e il Cigno reale.

Relativamente al prelievo sulla migratoria esercitato in forma vagante, la Beccaccia rappresenta la specie di prioritario interesse. Il prelievo di beccacce è particolarmente concentrato nell'area di M. Aserei e dei rilievi posti lungo lo spartiacque F.Trebbia-T. Nure. Questa specie è pure oggetto nei comuni di Bettola, Ferriere, Morfasso, Castell’Arquato. La sua presenza come svernante è da ritenersi plausibile nelle aree boscate collinari o montane dei comuni citati oltre che lungo alcuni corsi d’acqua quali Trebbia (conoide) e Nure (in particolare tratto Farini-Ferriere).

I territori maggiormente interessati dal prelievo dell'Allodola sono localizzati lungo la Val Tidone, fino al confine con la provincia di Pavia e lungo il corso del fiume Po, in particolare nella pianura orientale dove probabilmente trova ambienti congeniali quali coltivi misti ad incolti e vegetazione steppica di ripa in corrispondenza di greti e sabbioni.

Dall’analisi della distribuzione degli appostamenti di caccia anche il prelievo di pavoncelle e tortore selvatiche sembra concentrarsi nella fascia di pianura e, in particolare, lungo il basso corso del T. Tidone, nel settore di pianura orientale e a sud di Piacenza.

La caccia in forma vagante ai Turdidi e ai Fringillidi è praticata, con entità di prelievo consistenti, nell’area M. Aserei-Mareto. Il prelievo con metodi non consentiti (trappole tipo “schiaccia”) viene praticata anche in corrispondenza di alcuni passi quali Piana del Monte (tra Cima delle Scalette e Groppo di Collegio al confine con la provincia di Pavia), Piano di Robecco (presso Castelvetto a ovest di M. Aserei), Passo del Mercatello (Ferriere), Piani d’Aglio e Bivio S. Barbara (Coli).
Direttrici di migrazione dell'avifauna
Direttrici principali di migrazione
Il complesso dei dati sopra riportati relativi all'asta fluviale del Po evidenzia l'importanza di tale via quale direttrice principale di migrazione in ambito provinciale (Tav.28 - Carta delle principali aree di sosta, transito e prelievo dell'avifauna migratoria). Lungo tale direttrice avvengono gli spostamenti in direzione Est-Ovest (e viceversa) dei contingenti in transito, attraverso la pianura padana, tra le coste adriatiche e la catena alpina. Il corso del Po è seguito, in prevalenza, dall’avifauna acquatica (Anatidi, Svassi, Ardeidi, Limicoli, ecc.), ma anche da Rapaci e Passeriformi.
Direttrici secondarie di migrazione
Sintetizzando i dati di diversa provenienza considerati in questa sede è possibile affermare che le valli fluviali appenniniche con orientamento Nord-Sud appaiono interessate da flussi migratori di importanza secondaria rispetto al corso del Po.

Nel complesso le vallate appenniniche si caratterizzano per flussi migratori di modesta entità che sembrano distribuirsi in maniera abbastanza diffusa sul territorio sebbene si possano riconoscere alcune vie preferenziali di transito interessate da un più consistente flusso migratorio. In particolare è possibile individuare alcuni flussi, con orientamento nord-sud, lungo i principali affluenti del Po (Tidone,Trebbia, Nure, Arda) e le relative vallate. Queste direttrici secondarie in parte rappresentano vie di collegamento tra l’Appennino Ligure (area tirrenica) e l’asta del Po (in particolare per alcuni Uccelli acquatici e Rapaci), in parte accolgono gruppi in migrazione che seguono la dorsale appenninica italiana (in particolare Passeriformi).

I più evidenti riferimenti morfologici e paesaggistici (corsi d’acqua, crinali intervallivi, vette montuose) vengono anche sfruttati ai fini della dispersione sul territorio, alla ricerca di siti idonei di sosta o di nidificazione. La rete dei principali affluenti piacentini del Po viene utilizzata dagli Uccelli acquatici svernanti (come Limicoli, Anatidi, Ardeidi, ecc.), anche per i movimenti giornalieri di ricerca di nuove zone trofiche (es. Laridi, Cormorani).

Anche per la Val Tidone si possono riconoscere alcuni movimenti migratori di un certo interesse venatorio.



Aree di sosta e di svernamento
Le zone umide relitte lungo il corso del Po, le isole fluviali, le zone di confluenza tra il Po e i suoi principali affluenti e le maggiori conoidi degli affluenti appenninici rappresentano le principali aree di concentrazione dei migratori.

I tratti del corso fluviale del Po di principale interesse sono:



  1. Foce Nure-Isola Serafini (compresi Isola de Pinedo e il vecchio ramo del Po di Isola Serafini denominato lanca Cà Bonissima). Il tratto piacentino del fiume Po “Roncarolo- diga di Isola Serafini” (20 Km complessivi) rappresenta un'area provinciale di rilevanza nazionale, in particolare per la presenza della Folaga (contingenti svernanti di entità compresa tra 500 e 1000 individui), evidenziata dall’INFS nell'ambito delle aree di principale interesse per la definizione delle rotte di migrazione degli uccelli acquatici.

  2. Soprarivo- Piacenza (compresa Foce Trebbia)

  3. Mortizza- Stagni del Gargatano Grosso (comprese Isola Mortizza e Isola Grande)

  4. Olza- Bosco Ospizio (compresa l'Isola Deserto)

Tra gli ambiti di origine artificiale emerge la rilevante importanza delle vasche di decantazione dello zuccherificio Eridania, situate fuori golena nel comune di Sarmato.

Lungo gli affluenti appenninici si hanno due ambiti di principale interesse per la sosta dei migratori: si tratta delle conoidi del F. Trebbia (dalla foce a Rivergaro) e del T. Nure (in particolare tra S. Giorgio e Ponte dell’Olio). Le maggiori concentrazioni di svernanti si hanno in corrispondenza delle conoidi alluvionali, presumibilmente perché in tali ambiti si conserva un sufficiente grado di eterogeneità ambientale e naturalità, con conseguenti maggiori disponibilità di risorse trofiche e habitat favorevoli alla sosta.

Il maggior numero di specie svernanti di rilevante interesse conservazionistico si riscontrano sul F. Po, tra Isola de Pinedo e Isola Serafini e lungo il fiume Trebbia tra S.Antonio e Tuna di Gazzola.

Le aree sopra elencate sono riportate nella Tav.28 - Carta delle principali aree di sosta, transito e prelievo dell’avifauna migratoria.
Aree di crinale utilizzate dall'avifauna migratoria e valichi montani interessati dalle rotte di migrazione
Sulla base delle indicazioni fornite dalla distribuzione e concentrazione dei siti di prelievo dell'avifauna migratoria (appostamenti fissi e temporanei e prelievo venatorio in forma vagante) è possibile individuare nelle seguenti fasce di crinale, che separano le valli fluviali appenniniche, le aree alto-collinari e montane maggiormente interessate dal transito e dalla sosta dei migratori:


  • Trebbia-Tidone e Tidone-Staffora lungo il confine provinciale con la provincia di Pavia da M. Pietra di Corvo a M. Cavalmurone

  • Trebbia-Aveto, in collegamento con la provincia di Genova

  • Nure-Aveto, lungo l’asse Passo del Mercatello-M. Aserei

  • Trebbia-Nure , lungo gli assi M. Aserei - M. Tre Abati e M. Aserei - M.Osero - P.sso del Cerro.

Alcuni flussi migratori, verosimilmente di importanza minore, seguono il crinale Nure-Arda da cui l’avifauna si distribuisce lungo i corsi dei torrenti principali e dei corsi d'acqua minori quali i torrenti Riglio, Vezzeno, Chero e Chiavenna.

I movimenti migratori lungo le fasce di crinale evidenziate sono confermati dai dati riportati nei piani faunistico-venatori di alcune province confinanti. Il Piano faunistico-venatorio di Pavia (Provincia di Pavia, 1995) rileva punti di passaggio dei migratori tra M. Lesima e M. Chiappo e movimenti migratori diffusi tra Cima delle Scalette, M. Penice e M. Pietra di Corvo. Il Piano Faunistico-Venatorio della provincia di Genova (Andreotti, 1993) segnala la presenza di appostamenti in Val Trebbia (Gorreto e Fascia), in Val d’Aveto (presso Villa Cella), lungo il crinale Val d’Aveto-Val Trebbia (tra Barbagelata a Vallescura).

Data l’altitudine modesta dei rilievi il transito dell'avifauna lungo i crinali appenninici non risulta, in generale, fortemente direzionale e incanalato bensì appare suddiviso in numerosi flussi di modesta entità, che seguono direttrici minori e di diverso orientamento.

Ciò nonostante alcune aree culminali aperte o punti vantaggiosi per l'attraversamento dei crinali evidenziano maggiori concentrazioni di uccelli migratori in transito e sosta e, in particolare, di flussi che si disperdono dalle direttrici fluviali Nord-Sud per passare da una valle all'altra.

In ambito provinciale le aree maggiormente interessate da tali scambi possono essere individuate in corrispondenza delle seguenti località:




  • località p.sso del Cerro, a quota 766 m s.l.m., in comune di Bettola

  • località Sella dei Generali, a quota 1215 m s.l.m., in comune di Bettola

  • località La Costa di Campagna, a quota 1050 m s.l.m., in comune di Farini

  • località Castelvetto, a quota 1100 m s.l.m., in comune di Cortebrugnatella

  • località bivio S. Barbara, a quota 1148 in comune di Coli

  • località p.sso del Mercatello, a quota 1056 in comune di Farini

  • località M. Cavalmurone - Costa del Ronco a quota 1464 in comune di Ottone.

Tra queste le aree situate in corrispondenza di bivio S. Barbara e M. Cavalmurone assommano particolari caratteristiche fisiografiche e faunistiche e possono essere considerate punti particolarmente strategici per il transito dei migratori tanto da avere rilievo e poter essere individuate quali valichi montani interessati dalle rotte di migrazione ai sensi dell'art.52 della L.R. 8/94 e succ. mod.

Dette aree evidenziano una più evidente depressione del profilo rispetto alla linea di crinale e particolari concentrazioni e intensità dei flussi anche dovute alla disposizione ad "invito" dei versanti che tende a "incanalare" i migratori nei punti più vantaggiosi per il superamento delle barriere altitudinali.

La particolare concentrazione di appostamenti fissi e temporanei conferma l'importanza strategica di tali siti.


Oltre a quelle individuate altre aree di crinale potrebbero essere interessate dalla sosta e dal transito di avifauna migratoria. L’analisi della distribuzione e densità degli appostamenti di caccia, pur permettendo alcune interessanti considerazioni, non può infatti ritenersi esauriente nell'individuare tutti gli ambiti interessati da flussi migratori. La distribuzione di tali insediamenti è, del resto, condizionata dalle condizioni morfologiche, dalle possibilità di accesso e dalle tradizioni venatorie locali.

Tra le aree di potenziale interesse non menzionate in questa sede richiedono ulteriori approfondimenti, da realizzarsi attraverso specifiche indagini, le aree di passo del Giovà e del passo Penice in alta Val Trebbia al confine con la provincia di Pavia, di passo della Roncalla, passo dello Zovallo e passo delle Pianazze in alta Val Nure al confine con la provincia di Genova e Parma, e di passo Pelizzone in alta Val d’Arda al confine con la provincia di Parma.


Principali problematiche relative alla gestione dell'avifauna migratoria
Le principali problematiche inerenti la gestione dell'avifauna migratoria derivano, soprattutto, dalla mancanza di reali conoscenze sullo status, le fluttuazioni e le tendenze numeriche delle popolazioni benché tali conoscenze debbano, necessariamente, essere alla base di qualsiasi forma di gestione e fruizione.

Tale mancanza di conoscenze è dovuta, principalmente, a difficoltà di ordine pratico e organizzativo. Benché infatti, da un punto di vista teorico, tutte le specie di Uccelli possono essere oggetto di censimenti, in realtà solo per alcune di esse i metodi richiesti di valutazione quantitativa risultano affidabili e concretamente ed economicamente applicabili .

L'avifauna migratoria si presenta, di fatto, in modo fortemente disomogeneo in rapporto alla censibilità.

Gli Anatidi frequentano nel periodo invernale zone delimitate e hanno caratteristiche ecologiche (stabilità nell'occupazione dei luoghi di svernamento) che consentono conteggi relativamente agevoli (Spagnesi, Spina e Toso 1984).

A differenza di questo gruppo la maggior parte delle specie di avifauna migratoria non possono essere censite con metodi assoluti fuori dal periodo riproduttivo.

In particolare molti Rallidi e Limicoli presentano distribuzione sparsa su aree estese, possono frequentare anche zone umide di piccole dimensioni, hanno contattabilità ridotta ed elevata mobilità nel periodo invernale: per tali motivi è più difficile, per queste specie, pervenire a stime attendibili.

Nel caso dei Passeriformi le difficoltà che si incontrano nel realizzare valutazioni quantitative sono ancora maggiori poiché le popolazioni si distribuiscono, generalmente, su aree assai vaste oppure sono legate ad ambienti particolari dispersi su territori di grande estensione. Nel periodo dello svernamento la maggior parte delle specie non possiede le caratteristiche comportamentali (quali ad esempio il canto territoriale) che sono alla base della effettiva censibilità.
Obiettivi di gestione
Linee generali di gestione
Il transito in aree particolari o punti strategici durante la migrazione potrebbe rappresentare una situazione adeguata per stimare, quantomeno attraverso indici di abbondanza basati su tecniche standardizzate di cattura, se non la reale densità delle popolazioni, almeno la loro dinamica in serie temporali a medio e lungo termine. E' evidente, date le caratteristiche ecologiche delle specie migratorie, come un buon livello di conoscenza possa essere raggiunto esclusivamente mediante programmi coordinati a livello nazionale e internazionale (Spagnesi, Spina e Toso 1988)

In generale è necessario che, in futuro, il massimo sforzo venga dedicato sia al potenziamento delle attività di censimento, sia all'organizzazione della raccolta di dati sul prelievo. La possibilità di quantificare l'impatto dell'attività venatoria è, del resto, requisito indispensabile per rendere tale attività compatibile col moderno concetto di utilizzo di una risorsa naturale.

Sebbene tale approccio rappresenti, indubbiamente, una impostazione di "minima", l'analisi metodica dei carnieri, sulla base di quanto annotato sui tesserini di caccia, può consentire, in particolare per le specie più esposte (in quanto cacciabili e più tradizionalmente soggette a prelievo) di cogliere eventuali tendenze al regresso e ridurre per tempo e opportunamente la pressione venatoria (numero degli accessi e delle giornate, restringimento del periodo di caccia e degli orari, sospensione del prelievo).

L’attuale impostazione delle consegne - riconsegne dei tesserini venatori prevista dalla normativa regionale non consente, tuttavia, i necessari tempi tecnici per la valutazione, da parte delle province, dei dati relativi al prelievo venatorio. In particolare il cacciatore non è tenuto a restituire il tesserino all'ATC di appartenenza ma ha tale obbligo esclusivamente per la scheda relativa al prelievo della fauna stanziale (che deve essere riconsegnata entro il 28 febbraio successivo al termine della stagione venatoria). Il tesserino rimane al cacciatore che lo deve restituire al comune di residenza quale documento indispensabile per avere il tesserino per la nuova stagione. I tesserini restituiti al comune vengono trasmessi alla provincia che ha 15 giorni di tempo per l'inoltro all'amministrazione regionale.

Tale procedura non consente, evidentemente, di disporre dei dati relativi alla precedente stagione venatoria in tempo utile per quella successiva. Tali informazioni, del resto, non sono ricavabili nemmeno dagli ATC ai quali vengono comunicati, da parte dei cacciatori e come previsto dalla norma, esclusivamente i prelievi della fauna stanziale.

Al meccanismo descritto sfugge inoltre il prelievo effettuato da cacciatori provenienti da altre province e regioni che restituiscono il tesserino ai rispettivi enti di appartenenza. Relativamente alla provincia di Piacenza il prelievo operato, in particolare, da cacciatori provenienti dalle province di Brescia, Bergamo, Massa e Genova, per i quali la caccia alla migratoria rappresenta una forma tradizionale di prelievo, potrebbe risultare di una certa importanza.

Per ovviare a tale carenza di informazione appare indispensabile che il calendario provinciale preveda l'obbligo di consegna entro il 28.2, di una copia del tesserino all'ATC di appartenenza al fine di consentire il rilevamento dei dati per la migratoria come per la stanziale.

Oltre all'analisi del prelievo una più generale attività di monitoraggio dovrà essere sviluppata e incentivata, anche a livello locale e attraverso un’ opportuna destinazione di risorse. Queste potranno essere destinate all'informazione, all'adesione ai corsi di formazione e abilitazione dell'INFS, al reclutamento di operatori locali da adibire alle attività di cattura, inanellamento, ricattura, e alla partecipazione a programmi di monitoraggio di specie-target (quali l'attuale progetto sulla Quaglia) coordinati a livello nazionale dal medesimo istituto Nazionale per la Fauna Selvatica.

Relativamente al prelievo venatorio questo dovrà mantenersi, in generale, a livelli prudenziali ed essere dimensionato alle valutazioni disponibili. Il prelievo deve essere prontamente adeguato e, se del caso, sospeso in presenza di tendenze negative o in mancanza di dati.

L'attivazione di un sistema efficace di monitoraggio del prelievo operato annualmente sulle specie cacciabili deve entrare a far parte della prassi gestionale.

Per verificare con continuità lo stato delle popolazioni cacciate è di grande importanza che, parallelamente ai dati scaturiti dai censimenti e dai carnieri, possa essere effettuata una stima del rapporto tra le classi di età su un campione significativo degli individui abbattuti.

Relativamente all'approccio ambientale gli interventi a favore dell'avifauna migratoria devono essere orientati al ripristino e al mantenimento degli habitat più idonei alla riproduzione, alla sosta e allo svernamento dei gruppi più importanti.

Nel caso degli uccelli acquatici questi ambienti sono costituiti dalle residue zone umide naturali e dunque la conservazione di tali zone appare iniziativa di primaria importanza. Analogamente risulta di grande importanza il ripristino di zone umide marginali, comunque alterate o di origine artificiale e, possibilmente, la creazione di una rete di nuovi ambienti umidi soprattutto lungo le principali rotte di migrazione.

La conservazione dei migratori non acquatici è legata, principalmente, alla tutela e gestione degli ambienti forestali e rurali. Le pratiche di miglioramento ambientale utilizzate per favorire la fauna stanziale conducono, nella maggior parte dei casi, anche ad un apprezzabile miglioramento della recettività dei territori per i migratori.

Negli ambiti forestali è importante l'applicazione di tecniche di governo delle compagini boschive che consentano il mantenimento di un’elevata diversità ambientale. Negli ecosistemi agricoli gli interventi più utili sono quelli che tendono a ripristinare un'accettabile differenziazione dell'uso del suolo, favorendo la sosta e il reperimento di cibo ad una vasta gamma di specie ornitiche migratrici e in particolare ai Passeriformi. Piccoli boschi, filari, siepi ed aree incolte, formazioni spontanee di vegetazione erbacea e cespugliati costituiscono ambienti sempre più rari che è necessario salvaguardare e ripristinare.
Misure di tutela relative alle specie
Particolare attenzione gestionale e misure di incremento e salvaguardia nell'ambito provinciale richiedono alcune specie che possiamo, più di altre, ritenere esposte in quanto tradizionalmente oggetto di prelievo nel territorio piacentino (Beccaccia, Tortora selvatica e Quaglia) o dato il loro status di generale regresso o, ancora, per il loro interesse conservazionistico (oltre alle specie già citate si possono menzionare la Marzaiola e l'Allodola).

La Beccaccia è principalmente presente sul territorio piacentino, con contingenti di passo nel periodo autunnale e di ripasso nel periodo primaverile sebbene sia stata segnalata, nel passato, come nidificante lungo il corso del Po e, anche di recente, parecchi avvistamenti siano stati effettuati a marzo-aprile.

E' una specie, piuttosto abitudinaria dal punto di vista del ritorno al "sito", che sembra prediligere le aree a bosco diversificato con sottobosco ricco di humus. Le caratteristiche biologiche ne condizionano le possibilità di contattazione e monitoraggio. La difficoltà di effettuare stime quantitative assolute è dovuta, principalmente, all'amplissima diffusione, alle abitudini schive e alle difficoltà che presentano gli ambienti maggiormente frequentati.

I principali areali della provincia di Piacenza interessati dalla presenza della Beccaccia (in particolare dal passo e dalla sosta) sono i territori del crinale appenninico tra la Val Trebbia e la Val Nure, al confine con il Pavese (comune di Bobbio) e con il Parmense (comuni di Farini e Ferriere). Non possono essere esclusi anche il basso e medio Appennino.

Questa specie si può ritenere in generale regresso su tutto l’areale di distribuzione e ciò è dovuto, tra l'altro, alla recente apertura della caccia anche nei Paesi dell’Est Europeo dove, in precedenza, non era consentita. Tali regioni e in particolare la Crimea e l'ex Unione Sovietica sono oggetto di un vero e proprio turismo venatorio caratterizzato da "pacchetti" di cui è parte la caccia alla Beccaccia. Proprio da queste regioni (e da quelle Scandinave) si ha una provenienza maggioritaria dei soggetti che transitano in Italia durante il passo autunnale.

Per quanto concerne gli aspetti gestionali la necessità di intervenire con miglioramenti dell’habitat riguarda principalmente la pulitura dei boschi e lo sfalcio delle radure, l’incremento del pascolo brado, la realizzazione di aree di sosta protette in habitat idonei.

La pressione venatoria su questa specie dovrebbe essere, in generale, controllata attraverso un’opportuna limitazione dei periodi, delle aree, degli accessi e dei carnieri.

Poiché lo svernamento si verifica laddove esistono microambienti che offrono possibilità di cibo anche a basse temperature (boschi ben esposti con acqua che non gela mai), si ritiene che la possibilità di svernare in zone dove la caccia è vietata o ridotta possa avere benefica influenza sulla salvaguardia della specie.

Il passo autunnale, particolarmente influenzato dall'andamento climatico, è più precoce (metà ottobre) sulla dorsale appenninica, dove a volte è caratterizzato dalla presenza di gruppi numerosi, mentre in novembre è più regolarmente diffuso alle basse altitudini in zone con formazioni boscose idonee. In occasione di nevicate e gelate intense e prolungate possono verificarsi concentrazioni anomale nelle aree vallive e in quelle meglio esposte, nonché lungo i corsi d'acqua. Poiché ciò comporta la presenza di un'elevata pressione venatoria in queste zone, dovrebbe essere messo a punto un meccanismo automatico di sospensione della caccia.

Per quanto riguarda l'acquisizione di dati sulle popolazioni, l'esame delle remiganti dei soggetti abbattuti può dare informazioni utili alla determinazione dell’età e del successo riproduttivo di quell’anno.

La Tortora selvatica è specie che sverna in Africa e nidifica nella maggior parte dell'Europa. La specie è soggetta a forti fluttuazioni che attualmente sembrano seguire una fase pluriennale di accentuata diminuzione. Le principali cause di questo declino sembrano essere la siccità e il degrado degli habitat che negli ultimi anni hanno interessato l'areale di svernamento, ma anche l'alterazione degli habitat di nidificazione dovuto al taglio delle siepi, alla eliminazione dei cespugliati e degli incolti e all'uso massiccio di prodotti chimici.

Tra gli interventi utili per questa specie alcuni autori segnalano come l'utilizzazione di nidi artificiali possa incrementare il successo riproduttivo della specie fino al 25%. Detti nidi devono essere collocati alla biforcazione dei rami tra 3 e 9 metri di altezza.

L'apertura della caccia a questa specie in anticipo rispetto all'apertura generale della stagione venatoria merita di essere riconsiderata in rapporto alle esigenze di conservazione.

La Quaglia rappresenta l'unico Galliforme migratore: i quartieri di svernamento sono situati nell'Africa sub-sahariana. Nidifica al suolo, generalmente nei campi di cereali e nelle zone aperte e xeriche. E' segnalata in forte diminuzione in molti paesi europei probabilmente in relazione alla trasformazione delle tecniche colturali e anche all'impatto non razionale del prelievo venatorio.

L'Allodola ha sofferto, in generale, un decremento sensibile a causa degli habitat di nidificazione. La principale causa sembrerebbe la progressiva industrializzazione delle colture cerealicole che limita il successo riproduttivo della specie soprattutto per l'effetto dei prodotti chimici sulle popolazioni di insetti e per l’impatto delle tecniche meccanizzate di coltivazione.

Tra i possibili interventi ambientali favorevoli a questa specie il mantenimento di fasce a vegetazione erbacea spontanea al bordo degli appezzamenti coltivati potrebbe avere effetti positivi sulla nidificazione a costi relativamente contenuti.

La Marzaiola è maggiormente concentrata, alla nostre latitudini, nei periodi della migrazione e cioè marzo-aprile e agosto-settembre ed è presente, sebbene in modo più scarso e localizzato, nel periodo riproduttivo essendo l'Italia al limite meridionale dell'areale di riproduzione. I principali fattori limitanti sono lo sfalcio della vegetazione palustre dei prati e delle colture foraggere vicine alle zone umide. Data la presenza esigua della specie il prelievo dovrebbe essere sospeso a fronte di tendenze negative e, in ogni caso, mantenersi a livelli molto prudenziali.
Destinazioni e misure territoriali per la tutela dell’avifauna migratoria
Nei valichi montani interessati dalla rotte di migrazione la caccia è vietata, nel raggio di m.1000 dai medesimi, ai sensi dell'art.21 della L.157/92 e dall'art.52 della L.R.8/94 e succ. mod.

Al fine di assicurare una adeguata salvaguardia dell'avifauna migratoria è altresì opportuno prevedere, in corrispondenza delle principali aree interessate dal transito e dalla sosta, le seguenti destinazioni e misure territoriali:


 istituzione di oasi di protezione in corrispondenza delle principali aree di svernamento e sosta individuate in questo piano

 individuazione di diverse e idonee misure di tutela in corrispondenza delle direttrici di migrazione e delle aree di crinale interessate dal transito e dalla sosta dell'avifauna fauna migratoria


Relativamente all'istituzione di oasi di protezione questa dovrà riguardare, principalmente, le aree fluviali e golenali riportate nella Tav.28 - Carta dei principali siti di transito, sosta e prelievo dell’avifauna migratoria. Dette aree, costituite da zone umide relitte, isole fluviali, zone di confluenza e conoidi alluvionali sono principalmente dislocate lungo l'asta del fiume Po che, come abbiamo visto, costituisce la principale direttrice di migrazione in ambito provinciale, e in corrispondenza dei tratti terminali e dei punti di immissione dei suoi principali affluenti.

Tale misura può altresì riguardare le aree di sosta e svernamento localizzate nei tratti medi delle valli fluviali interessate da direttrici secondarie di migrazione.

Relativamente alle misure di tutela diverse dall'istituzione di oasi un discorso particolare è richiesto, in generale, per le principali aree di crinale utilizzate dall'avifauna migratoria e riportate nella carta dei principali siti di transito, sosta e prelievo.

In corrispondenza di tali aree di crinale il transito dell'avifauna appare, in generale e come abbiamo visto, piuttosto sparpagliato in numerosi flussi di modesta entità, che seguono direttrici minori e di diverso orientamento.

Un regime speciale e generalizzato di tutela che escluda la caccia da appostamento (fisso e temporaneo), appare in grado di ridurre in modo sostanziale il prelievo a carico delle specie di principale interesse venatorio.

Detta misura di tutela, attualmente in vigore sul territorio provinciale per i crinali Val Nure-Val Trebbia e Val Nure-Val d’Aveto (da M. Zucchero a La Ciapa Liscia compresi i tratti di crinale M. Aserei-Bivio S. Barbara fino a quota 1204 m, M. Aserei-M. Albareto e M. Aserei-Castelvetto) e per il crinale Val Nure-Val d’Arda (da Prato Maiano a M. Menegosa e fino a quota 1247), andrebbe opportunamente estesa ai seguenti crinali del settore appenninico occidentale:




  • crinale Trebbia-Aveto

  • crinale spartiacque M. Cavalmurone - M. Chiappo- M. Lesima - Cima delle Scalette – M. Penice - M. Pietra di Corvo, lungo il confine con la provincia di Pavia.

Analoga estensione del citato regime di esclusione degli appostamenti fissi e temporanei dovrebbe essere prevista, in ogni caso, per i tratti fluviali comprendenti le principali aree di svernamento e sosta dei migratori acquatici che, per qualche motivo, non venissero destinate a oasi di protezione come indicato in questa sede.

Il divieto generale di prelievo delle specie migratorie può rafforzare, in corrispondenza di alcune località di crinale in cui si concentra il transito e la sosta di avifauna, il livello di tutela in particolare per quelle specie, come la Beccaccia, interessate da un prelievo effettuato prevalentemente in forma vagante o con l'utilizzo del cane.

La previsione di oasi può coniugare l'esigenza di protezione dell'avifauna migratoria con la tutela e l'incremento di specie stanziali in particolare nei casi in cui le aree di crinale maggiormente interessate dal transito e dalla sosta coincidono con un’effettiva idoneità territoriale per gli istituti di protezione.




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