Fonte: http://bracca82.myblog.it/archive/2007/10/16/i-lapsus.html
I Lapsus Freudiani
L’espressione “lapsus freudiano” viene usata per indicare i casi in cui, commettendo un
errore involontario nel parlare, una persona rivela le proprie reali intenzioni o idee.
Si devono a Sigmund Freud i primi studi sui lapsus, il quale li imputava alla confessione
involontaria di un conflitto interiore, di un pensiero tenuto nascosto a se stessi e rimosso in
quanto sgradevole.
Un’ipotesi molto più semplice legge gli strafalcioni della lingua parlata come errori attinenti
alle strutture e all’uso del linguaggio, un fenomeno meccanico che ogni tanto si inceppa,
data la difficoltà e la ricchezza del discorso.
Una più precisa suddivisione e spiegazione dei lapsus verbali è quella proposta dalla
ricercatrice Victoria Fromkin, che ha raccolto migliaia di esempi pratici riuscendo a stabilire
che i lapsus connessi all’uso della parola seguono tutti a grandi linee le medesime regole.
Le categorie individuate sono:
· Lapsus di scambio di parola, che avvengono quando si invertono due termini
presenti nella stessa frase, per esempio “apri il latte e prendi il frigo”. In genere le parole
derivano dalla stessa categoria sintattica (nomi propri con nomi propri, verbi con verbi,
aggettivi con aggettivi) e vengono sostituite meccanicamente;
· Lapsus di sostituzione, che si sviluppano ogni volta che un termine viene
rimpiazzato da un altro, esterno alla frase ma della medesima categoria semantica, per
esempio “piatto” al posto di “bicchiere” o “acqua” invece di “vino”. Questo tipo di errore è
indice del fatto che le varie componenti del linguaggio sono organizzate a livello mentale in
sottocategorie di questo tipo;
· Errori di spostamento, che si verificano quando nell’articolazione della frase un suo
elemento, che può essere una parola, un verbo o altro, viene spostato da un punto all’altro
della frase: per esempio “La Milo di Venere” anziché “la Venere di Milo”;
· Errori di perseveranza, riguardano la riutilizzazione del medesimo elemento (a
sproposito) dopo averlo sistemato al posto giusto all’interno della frase: per esempio
“Romolo e Remolo” coinvolge una sillaba (lo), ripetuta senza motivo;
· Errori di anticipazione, che concernono l’uso di un elemento della frase, prima
della sua sistemazione nella giusta posizione: per esempio “al mare…mi piacerebbe
andare al mare”;
· Errori di amalgama, evidenziati dal fatto di unire due elementi per formarne un
terzo, spesso inesistente. Per esempio, “mi sentivo il pesso oppresso” (unione di petto e
oppressione).
I lapsus che coinvolgono la parola scritta sono chiamati “calami”, dal latino “della penna”.
Viene scritta o letta una parola per un’altra oppure di digitare al computer un termine
scambiando due lettere. Accanto a evidenti motivazioni legate alla fretta e alla
disattenzione, sul banco degli imputati siede ancora una volta la difficoltà di articolazione
della parola, soprattutto quando si tratta di ingabbiare il pensiero in una forma scritta.
Quando le esperienze si trasformano in ricordi, nell’ippocampo avviene la “potenziazione a
lungo termine”, durante la quale le connessioni fra i neuroni diventano temporaneamente
più forti in seguito a una decisa stimolazione. I ricordi più recenti sono elaborati
dall’ippocampo, mentre secondo uno studio la regione del cervello che recupera e
conserva i ricordi più remoti sarebbe il cingolato anteriore. Si ritiene che i ricordi
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emotivamente più coinvolgenti siano memorizzati meglio, in quanto coinvolgono strutture
cerebrali diverse da quelle che immagazzinano i ricordi normali. L’amigdala interagisce
con le regioni cerebrali collegate alla memoria durante la formazione dei ricordi più
coinvolgenti emotivamente, forse per garantire una maggiore indelebilità.
Alcuni tra i lapsus più comuni:
· Confondere i nomi dei parenti, come mamma al posto di zia o definire fratello quello
che in realtà è il marito. Si indicherebbero relazioni familiari distorte;
· Confondere un aggettivo con il suo esatto contrario, come per esempio “piacevole”
con “sgradevole”. L’assonanza fra le due parole indurrebbe un errore che svela i reali
sentimenti nei confronti dell’argomento in questione;
· Indicare un nome di battesimo diverso rispetto a quello della persona alla quale ci si
rivolge, tradendo anche in questo caso il fatto di associare il discorso a un’altra persona;
· Smarrire frequentemente determinati oggetti ai quali si tiene particolarmente. In
questo caso si tratterebbe dell’espressione dell’avversione inconscia per l’oggetto, per i
ricordi che induce o per la persona da cui proviene.
Ci sono poi i lapsus d’azione, chiamati “paraprassie”, come:
· Riporre inavvertitamente un oggetto in un armadio anche se lo si deve utilizzare;
· Chiudere a chiave una porta che dovrebbe restare aperta;
· Dimenticare un oggetto importante in un luogo lontano.
Apparentemente i tratta di dimenticanze e di errori imputabili alla fretta, alla stanchezza o
alla mancanza di concentrazione. Questo disturbo dell’ordinamento temporale dei
movimenti volontari del corpo potrebbe in realtà sottendere un desiderio inconscio di
intervenire sul corso delle cose o sull’evolversi di determinate situazioni per modificarle,
con il risultato di omettere o alterare alcune azioni apparentemente prive di significato.
Gli scherzi della mente non sono confinati al mondo dei lapsus. Il campo degli errori
connessi al cattivo funzionamento della memoria può assumere forme di vario tipo. Le più
frequenti sono:
· I falsi ricordi. Sarebbero dovuti a un momentaneo blocco della memoria, a causa
della rimozione di un ricordo, preciso e spesso sgradevole o doloroso, evocato da una
parola o da un nome. La rimozione rappresenterebbe un meccanismo di difesa, innescato
inconsciamente quando un nome, una frase o una parola viene associato a un argomento
che fa provare emozioni intense e spesso penose. Se la dimenticanza riguarda un nome
che si riteneva di conoscere benissimo, il cervello propone una serie di altri nomi simili,
detti sostitutivi, dei quali tuttavia si riconosce immediatamente la falsità;
· Un ricordo cattivo che ne blocca uno buono. Quelli vecchi e sgradevoli possono
contribuire a impedire alle informazioni apprese di recente di essere correttamente
immagazzinate dal cervello e di essere poi ricordate. Questa potrebbe essere una delle
spiegazioni del fenomeno di chi ha memoria di eventi molto remoti senza riuscire a
ricordare situazioni ben più recenti. All’origine c’è il lavoro dell’ippocampo che, assieme ad
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altre aree del cervello coinvolte nei traumi emotivi, può reagire a memorie intrusive
bloccando l’immagazzinamento di nuovi dati;
· I ricordi di copertura. Spesso quelli dell’infanzia si riferiscono a eventi secondari,
apparentemente significanti, relativi ad accadimenti banali. Freud li chiama “indifferenti”, in
quanto associati ad altre reminescenze rimosse dalla sfera cosciente. I ricordi indifferenti
rappresenterebbero un meccanismo di difesa per non ricordare qualcosa che è stato
rimosso e in tal senso possono essere definiti “di copertura”.
· L’erronea associazione di volti e nomi. Per riconoscere l’immagine di una persona
conosciuta, il cervello attiva un meccanismo di rappresentazione mediante la memoria,
che consente di confrontare il volto da riconoscere con un prototipo costruito in base ai visi
che con maggiore frequenza si incontrano. Può succedere che il cervello associ
erroneamente un nome a un volto o riconosca il volto ma non riesca ad associargli un
nome.
La cause vanno ricercate sia negli strati più profondi dell’inconscio sia nelle difficoltà
connesse all’uso del linguaggio e al funzionamento delle diverse aree del cervello in
generale.
Spesso per spiegare l’origine di lapsus, dimenticanze e falsi ricordi si fa riferimento allo
stress della vita quotidiana. In realtà, almeno una parte degli scherzi della mente potrebbe
avere a che fare con la repressione, con la soppressione o l’esclusione di un impulso, di
un desiderio. Di un sentimento ritenuti inaccettabili sul piano della coscienza, perché
contrari alle regole di riferimento sociale.
Possono anche andare incontro a questo destino tutti gli impulsi la cui soddisfazione
potrebbe essere positiva, ma che comporta ansia e dolore in misura superiore al piacere
che ne consegue.
Nella nostra società sono maggiormente soggetti a repressione:
· Gli impulsi aggressivi e quelli sessuali;
· Desideri e sentimenti non accettati nel contesto familiare, sociale e culturale delle
singole persone.
I contenuti repressi tentano però di rientrare nel campo della coscienza durante il sonno
attraverso i sogni e durante la veglia attraverso i lapsus, gli atti mancati e gli scherzi della
mente in genere.
Anche quando una persona sbaglia a nominare un oggetto, non necessariamente si tratta
di semplice disattenzione. L’errore avverrebbe a livello linguistico e di articolazione della
parola, a uno stadio più superficiale rispetto a quello teorizzato da Sigmund Freud.
Nella visione del fondatore della psicanalisi, il lapsus manifestava un conflitto interiore
irrisolto. La cura prevedeva sedute di psicoterapia per riportare alla luce il pensiero
nascosto ed eliminarlo. Si trattava di rintracciare un contenuto mentale, un filo invisibile
che legasse i discorsi e le idee casuali e apparentemente sconnesse fra loro.
Le sedute psicoterapiche, individuali o di gruppo, vengono utilizzate ancora oggi come
valido strumento per risolvere ed eliminare i sintomi delle nevrosi, di cui anche il lapsus
frequente potrebbe essere una delle caratteristiche conclamate.
Con la psicoterapia a indirizzo psicoanalitico si intesse una stretta relazione fra
psicoterapeuta e paziente, grazie alla quale si tenta di esplorare la struttura dei conflitti
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responsabili dei sintomi.
Quando si tratta di semplice errore nell’uso delle parole, ben poco si può fare, trattandosi
di cause meccaniche che difficilmente possono essere rimosse.
La persona può prendere spunto dai propri lapsus, atti mancati e scherzi della memoria
per diventare più consapevole di se stessa e dei propri bisogni, desideri ed emozioni.
Spesso ci relazioniamo agli altri con una certa immagine di noi stessi, che non corrisponde
al vero. Per essere amati dai genitori prima e dalle persone che abbiamo incontrato nella
nostra crescita dopo, abbiamo costruito un’armatura caratteriale o un copione di vita che ci
hanno permesso di trovare un compromesso fra:
· Le nostre parti più vere, che avremmo voluto esprimere;
· Le richieste degli altri.
Ma vivere dentro la corazza non permette di soddisfare pienamente il vero sé.
L’analisi degli scherzi della mente può essere uno degli strumenti per divenire più
consapevoli di ciò che abita nel nostro mondo interiore e che deve emergere per il
benessere personale.
Una percezione sempre connessa ai difetti della memoria e sulla quale si è indagato finora
molto poco è quella che riguarda la sensazione di aver già vissuto determinate situazioni o
di essere già stati in certi luoghi, anche se in realtà non è così. Questo fenomeno prende il
nome di paramnesia, comunemente noto come “deja vu”. L’esperienza si accompagna a
una sensazione di familiarità, che spesso comprende anche odori, sapori o rumori
percepiti come già sperimentati nel passato. Il deja vu trasmette una percezione di
mistero, in quanto non se ne ricordano i connotati e non si riesce a collocarlo in un ambito
spazio-temporale preciso. La spiegazione più accreditata di questo fenomeno va ricercata
in un anomalo funzionamento della memoria, che richiama un’esperienza che è falsa a
causa della sovrapposizione tra i sistemi neurologici responsabili della memoria a breve e
a lungo termine. Un’altra teoria interpreta il deja vu come emozione dissociativa, nel senso
che gli stimoli provenienti da una situazione potrebbero attivare emozioni del passato: da
questo fatto deriverebbe la sensazione di familiarità.
Lo studio dei meccanismi di creazione dei falsi ricordi ha permesso di rilevare una
profonda distinzione fra adulti e bambini relativamente alla capacità di elaborazione del
linguaggio e di creare lapsus. I bambini più piccoli elaborano le parole sulla base della
fonologia, cioè del suono. Gli adulti e i bimbi più grandi lavorano sulla base della
semantica, cioè del significato delle parole. Mentre per gli adulti lapsus e falsi ricordi
possono essere innescati da parole vicine per significato, per i bambini si tratterebbe di
un’assonanza per suono o per rima.
Sul piano personale, per sopravvivere psicologicamente (e talvolta fisicamente) ciascuno,
nel corso della prima infanzia, ha dovuto rinforzare quei tratti di sé a cui l’ambiente
circostante rispondeva in modo positivo, rinunciando alle altre. Si è così costruita
l’armatura caratteriale, che esprime il rapporto fra:
· Blocco delle emozioni non concesse dall’ambiente e difensivamente rimosse;
· Tensioni muscolari, che servono a non sentire, imprigionandole nella contrazione,
quelle emozioni.
Per copione di vita si intende un piano di vita che si basa su una decisione presa durante
l’infanzia, rinforzata dai genitori, giustificata dagli avvenimenti successivi, che culmina in
una scelta decisiva, anche se non è quello che realmente si desidera.
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