Periodico della Parrocchia Nostra Signora delle Nazioni in S. Eugenio Papa



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Periodico della Parrocchia Nostra Signora delle Nazioni in S. Eugenio Papa

Palermo - www.santeugenio.diocesipa.it - santeugenio@diocesipa.it

Direttore Responsabile: Gianni Riotta - V. Direttore: R. Picone - Comitato di redazione: N. Barraco, M. Morale, F. Odoroso - Redazione: P.zza Europa, 40 - Tel. 091.528715 - e-mail: redazione@comunitaincammino.it web: www.comunitaincammino.it - Impaginazione: Auditorium S. Eugenio Papa - Stampa: Tipografia Sprint, Via A. Telesino, 18/a - 90135 Palermo - Tel. 091.40.54.11 - 091.40.51.63

e-mail: amministrazione@tipografiasprint.it - Aut. n. 8/82 del 19/02/1982 del Trib. di Palermo
Anno XXXI

n. 9

Dicembre 2012
Nostra Signora delle Nazioni in S. Eugenio Papa,

costruita con la sovvenzione dei soli fedeli.




Inaugurata il 28/06/1981


E d i t o r i a l e

IL CAMMIsO DELLA FEDE

SULLE ORME DEI PADRI
Con precise indicazioni, contestuali all’indizione dell’Anno della Fede e conformi al suo significato e ai suoi obiettivi, Benedetto XVI esorta tutti a ritrovare ed annunziare la fede, istruendosi sui contenuti e formandosi alla vita di fede, approfondendo e rafforzando la stessa a livello personale ed a livello comunitario.

In piena adesione e nella totale condivisione con il motu proprio Porta fidei,

la catechesi parrocchiale infrasettimanale per gli adulti, ogni lunedì alle ore

18.30, e per i giovani e i giovani-adulti, ogni giovedì alle ore 20.30, da me proposta e condotta con la preziosa collaborazione di Giovanni lo Cascio, ha privilegiato quest’anno un cammino spirituale, teologico e storico-cultu- rale sulle orme dei Padri della Chiesa.

Come ha saggiamente scritto uno studioso e commentatore di Patristica, questo studio-approccio “non significa assolutamente fare dell’archeolo- gia... C’è, infatti, una attualità dei Padri perché loro sono i testimoni di una

storia viva che ci riguarda sempre e che, addirittura spesso, è fatta delle

Messaggio di Benedetto XVI

Beati gli operatori di pace...”


stesse cose che oggi noi viviamo come credenti”.


Questo ritorno ai Padri come ritorno alle fonti cristiane, a cui hanno fatto ampio riferimento i Padri del Concilio Vaticano II soprattutto quanto al rinno- vamento teologico e liturgico, sta susci- tando, fra i partecipanti ai due gruppi di formazione permanente, enorme inte- resse e prezioso alimento per una più adulta e matura comprensione della fede cristiana. Dicono che è stata una bella intuizione e che ne cominciano a trarre proficuo vantaggio.

Diverse considerazioni, con riscontri assolutamente oggettivi, ci legano e ci collegano ai Padri della Chiesa, con- fermandoci nell’affermazione che essi costituiscono le colonne portanti della

Tradizione quale fonte e guida indispensabile della fede cristiana. E di tale convinzione diamo di seguito alcune ragioni:

Risulta molto consolante per la solidità della nostra fede, sapere e risconta- re che la Scrittura, antico e nuovo Testamento, che è fonte ineliminabile del nostro credo, è la stessa che, ricevuta dagli Apostoli e dai Padri apostolici e sub apostolici e dagli Scrittori cristiani, viene oggi letta nella Chiesa.

È, ancora, la Chiesa dei Padri che ha svolto la funzione di prima interprete autentica del messaggio apostolico e ci ha donato le professioni di fede, che noi oggi, come comunità di credenti, proclamiamo nelle assemblee eucari- stiche, in una continuità indefettibile con i primi cristiani.

Non può non commuoverci il pensiero che la nostra vita di fede proviene a noi dalla Chiesa dei primi secoli, frutto di testimonianze coraggiose, fino al marti- rio di sangue; frutto di lotte indefesse contro il dilagante pullulare delle prime eresie, a difesa della sana dottrina evangelica e apostolica, le cui verità furono sancite, a fondamento della fede cattolica, soprattutto dai primi Concili ecume- Sac. Felice Lupo

(segue a pag. 2)

1. Quasi una piccola enciclica - ha com-

mentato lo stesso Osservatore Romano -

“per l’ampiezza dello sguardo” che carat- terizza il Messaggio del Papa. Tutte le riflessioni e l’analisi dei proble- mi sono contenute dentro la preghiera iniziale a “Dio, Padre dell’umanità, di concederci la concordia e la pace...”, e l’auspicio finale “in modo che la città dell’uomo cresca in fraterna concordia, nella prosperità e nella pace”.

Premessi i due riferimenti ai 50 anni del Concilio Vaticano II e della Pacem in terris di Giovanni XXIII, il Papa richiama subito l’urgenza di “un rinnovato e corale impegno nella ricerca del bene comune, dello svi- luppo di tutti gli uomini e di tutto l’uomo”, a fronte di tanti “focolai di tensione causati dalle crescenti dise- guaglianze fra ricchi e poveri, e dal prevalere di una mentalità egoistica e individualista espressa anche da un capitalismo finanziario sregolato”.

E se, a mettere in serio e continuo pericolo la pace, ci sono anche “quei fondamentalismi e quei fanatismi che stravolgono la vera natura della religione...”, Benedetto XVI inco- raggia a non arrendersi, posto il fatto incontrovertibile che “di molteplici opere di pace è ricco il mondo”, a testimonianza della “innata vocazio- ne dell’umanità alla pace”. Infatti -

insiste il Papa - “il desiderio di pace è aspirazione essenziale di ogni persona e coincide, in certa manie- ra, con il desiderio di una vita umana piena, felice e ben realizza- ta... e ciò corrisponde ad un princi- pio morale fondamentale, ossia, al dovere-diritto di uno sviluppo inte- grale, sociale, comunitario...”.

Per il suo Messaggio di Pace, “l’ispi- razione - lo afferma lo stesso Benedet- to XVI - gli è stata data dalle parole di Gesù : «Beati gli operatori di pace, per- ché saranno chiamati figli di Dio»”.
2. Etica di comunione e di condivisione
Una etica della pace, che vuole garanti- re giusti e duraturi rapporti di serena convivenza umana, deve respingere tutti quei “criteri che sono ispirati al potere o al profitto”; né si può consenti- re che “i mezzi diventino fini e vicever- sa...”. E poiché “la pace - sottolinea il Papa - poggia su un fondamento la cui misura non è creata dall’uomo, bensì da Dio”, allora resta imprenscindibile “lo smantellamento della dittatura del rela- tivismo e dell’assunto di una morale totalmente autonoma”.

Sintesi a cura di

Flavia Odoroso

(segue a pag. 3)



Il cammino della fede sulle orme dei Padri

interpongano i loro buoni uffici per liberarlo dalla condanna capitale, e per- ciò li supplica: “Lasciate che io sia imitatore della passione del mio Dio...”. Negli scritti di questo Padre della Chiesa dell’anno 96/98, al tempo del- l’imperatore Traiano, abbiamo potuto conoscere la fatica ma anche la sua chiarezza e lucidità nell’affrontare e nel dirimere, tra le sue maggiori preoc- cupazioni, le questioni riguardanti:



1 - l’unità dei cristiani: E ciascuno diventi un coro, affinché nell’armo- nia del vostro accordo prendendo nell’unità il tono di Dio,cantate ad una sola voce per Gesù Cristo al Padre...”. Ed ancora: “Poiché, dunque, nelle persone che ho nominato, ho contemplato nella fede e ho accolto con amore tutta la comunità, ora vi esorto: impegnatevi a compiere ogni cosa concor- di in Dio... Che tra voi non esista nulla capace di dividervi... Come il

Signore non operò nulla, né personalmente né per mezzo degli Apostoli,


(segue da pag. 1)

Frammenti della Didaché

senza il Padre, dato che è una cosa sola con Lui, così nemmeno voi fate nulla senza il Vescovo e i Presbiteri...”.

nici, Nicea (325), Costantinopoli (381), Efeso (431), Calcedonia (451). Rimane poi stretto, e direi intangibile nelle strutture fondamentali, anche il legame delle nostre odierne celebrazioni con le forme e la sostanza della lex orandi della Chiesa delle origini. E andare, confrontarsi e ancora attingere alle sorgenti è come frequentare una grande scuola di verità ed una occa- sione ed opportunità per rinnovarsi senza mai tradire l’essenziale.

Nella figura e negli scritti dei Padri della Chiesa, con cui abbiamo già preso contatto, mentre, da un lato, ci interessa e ci edifica rilevare come la loro storia e la loro vita è “fatta delle stesse cose che noi viviamo oggi come cre- denti”, dall’altro lato ci stupisce, ci conforta e ci incoraggia notare come la solida ed autentica fede cristiana dei nostri antichi fratelli abbia saputo affrontare e superare l’impatto con le varie culture del tempo sia dal punto di vista religioso, che filosofico e socio-politico. Abbiamo tanto da impara- re da quella giovane, quasi neonata Chiesa, al riguardo del coraggio di affrontare le molteplici sfide nella consapevolezza di non potere derogare dal tracciato di una strada percorsa sì da uomini ma segnata dal divino Maestro, che è “via, verità e vita”, che è “ieri, oggi e sempre”.

Una testimonianza incontrovertibile a favore della storicità, veridicità ed integrità della Scrittura e del Nuovo Testamento in particolare si evince dalle citazioni della Didaché (l’Insegnamento dei Dodici Apostoli) riguar- danti le “Due Vie” (del Bene e del Male) e la prima prassi della celebrazio- ne del Battesimo e dell’Eucaristia, imparando noi a saper discernere ciò che può essere e, di fatto, è stato soggetto ad evoluzioni o adattamenti ad esi- genze pastorali nelle diverse epoche, da ciò che è stato tramandato e rima- ne la “sostanza irrinunciabile del cristianesimo”.

Delle convinzioni di un autentico cristiano della prima ora, ci siamo nutriti guardando ad Ignazio d’Antiochia. Egli, con grande coraggio alimentato dal desiderio di conformarsi a Cristo, va incontro al martirio, della cui testimo- nianza ci parla lui stesso scrivendo ai Romani: “Sono frumento di Cristo e vengo macinato dalle belve per diventare immacolato pane di Cristo... È bello per me morire per Gesù Cristo... Il mio rinascere è vicino...”. Non vuole che altri cristiani di Roma, influenti presso i potenti dell’Impero romano,



Associazione Siciliana per la

Prevenzione e la Terapia delle vefropatie
OvLUS

Tel. 091 6707981 - 091 522991 - Fax 091 522952 - Piazza Europa, 20 - PA

2 - la verità dell’incarnazione: Turatevi, dunque, le orecchie quando qualcuno vi parla al di fuori di Gesù Cristo, della stirpe di Davide, figlio di Maria, che veramente nacque, mangiò e bevve. Veramente fu perseguitato sotto Ponzio Pilato, veramente fu crocifisso e morì, sotto gli occhi degli abi- tanti del cielo, della terra e degli inferi...”. Ed ancora: “Sotto Ponzio Pilato e il tetrarca Erode, Gesù fu veramente inchiodato nella carne per noi: dal frutto di lui, dalla sua passione divinamente felice noi siamo derivati...”.



S. Ignazio di Antiochia, vescovo e martire, dato in pasto alle belve, a Roma
3 - il rapporto giudaismo-cristianesimo:. In realtà, la questione dei legami del cristianesimo con il giudaismo, sua culla originaria, fu il primo grande dibat- tito affrontato dalla Chiesa degli Apostoli. Ignazio parla con forza della “novità” del cristianesimo, della sua originalità e della sua indipendenza nei confronti del giudaismo. Il cristianesimo, afferma Ignazio contro i “giudaizzanti” - giudei con- vertiti al cristianesimo - non è una via del giudaismo, ma, al contrario, la fede verso cui deve sfociare il giudaismo. Afferma Ignazio: “La conoscenza di Dio è Gesù Cristo...”. Pertanto, non è più Israele a raccogliere le moltitudini, bensì il Cristo. Né è più la Legge che regola l’interpretazione del Vangelo, bensì il Cristo diviene regola interpretativa della Legge. Egli scrive: I miei archivi sono Gesù Cristo”. E, mentre Ignazio afferma l’unità della Rivelazione, sottolinea anche che l’Antico Testamento va interpretato profeticamente, tutto intero orientato verso il Cristo, suo annuncio e preparazione. Così recitano le parole di Ignazio: “Come potremmo noi vivere fuori di Lui, mentre anche i profeti, suoi discepoli in spirito, lo attendevano come Maestro?... Essi pure hanno preannunciato il Vangelo, hanno sperato in Gesù e l’hanno atteso... È assurdo parlare di Gesù Cristo e seguire le pratiche giudaiche. Infatti non è il cristianesimo che ha cre- duto nel giudaismo, ma il giudaismo si è convertito al cristianesimo, nel quale è stata raccolta ogni persona credente in Dio”.

***

Per una conoscenza più completa della Chiesa dei primi secoli - I e II sec.

- ci attende in seguito lo studio e l’approfondimento della fede e della teo- logia patristica nella vita e negli scritti sia di S. Giustino, teologo e filosofo laico, martire cristiano, sia di S. Ireneo di Lione, discepolo di S. Policarpo, vescovo martire, a sua volta discepolo di S. Giovanni Evangelista.

Sac. Felice Lupo - Parroco


Dicembre 2012 3





IL MESSAGGIO DI PACE




3. La pace: dono di Dio e opera dell’uomo
Poiché la pace coinvolge tutto l’uomo, nella sua integrità di corpo e spirito, essa “è - continua il Papa - pace interiore con se stessi, e pace esteriore con il prossimo e con tutto il creato”; é , come è scritto nella Pacem in terris, “la costruzione di una convivenza fondata sulla verità, sulla libertà, sull’amore e sulla giustizia”; per- tanto “senza la verità sull’uomo, iscritta dal Creatore nel suo cuore, la libertà e l’amore sviliscono, la giustizia perde il fondamento del suo esercizio”.

Perché la pace non resti “un sogno”, o “un’utopia”, anzi diventi “possibile” - aggiunge il Papa - “sono fondamentali l’attenzione alla dimensione trascendente e il colloquio costante con Dio...”, infatti è solo nel “riconoscimento di essere in Dio” che ci si riconosce di essere in “un’unica famiglia umana”. E poiché a fondamento di tale prospettiva c’é l’Incarnazione del Figlio di Dio che ci ha dato “la possibilità di avere «un cuore nuovo » e « uno spiri- to nuovo »”, si fa “urgente un nuovo annuncio di Gesù Cristo, primo e princi- pale fattore dello sviluppo integrale dei popoli e anche della pace”.


4. Amare, difendere, promuovere la vita
Via imprenscindibile per il raggiungimen- to della pace è - insiste il Papa - “il rispet- to per la vita umana, dal suo concepimen-

to, nel suo svilupparsi, e sino alla sua fine naturale”, infatti “vertice della pace è la vita in pienezza... Come si può, infatti, pensare di realizzare la pace, lo sviluppo integrale dei popoli o la stessa salvaguar- dia dell’ambiente, senza che sia tutelato il diritto alla vita dei più deboli, a comincia- re dai nascituri?...”. É subdolo e falso, poi- ché è una “minaccia al diritto fondamenta- le alla vita”, reclamare “un preteso diritto all’aborto e all’eutanasia...”.

Benedetto XVI taglia corto, poi, su una pretesa accusa di confessionalità, allor- quando la Chiesa difende “la struttura naturale del matrimonio, quale unione fra un uomo e una donna”, infatti non v’è dubbio che “questi principi non sono verità di fede... ma sono inscritti nella natura umana stessa, riconoscibili con la ragione, e quindi sono comuni a tutta l’umanità”; pertanto la loro nega- zione sono “un’offesa contro la verità della persona umana, una ferita grave inflitta alla giustizia e alla pace”.

Ne consegue che va “riconosciuto il dirit- to all’uso del principio dell’obiezione di coscienza nei confronti di leggi e misure governative che attentano contro la dignità umana, come l’aborto e l’eutanasia”.

Non poteva, ancora, il Papa non riferir- si, “tra i diritti umani basilari, anche per la vita pacifica dei popoli”, alla libertà religiosa, precisando che “tale diritto sia promosso non solo dal punto di vista negativo, come libertà da ... ma anche dal punto di vista positivo, nelle sue varie articolazioni, come libertà di...”. Non poteva neppure mancare, nel suo

Messaggio di Pace, l’appello al “diritto al lavoro”. Non si può accettare che “lo sviluppo economico dipenda soprattutto dalla piena libertà dei mercati”, finendo per considerare il lavoro come “una variabile dipendente dai meccanismi economici e finanziari”. Anzi, a chiare lettere, Benedetto XVI “ribadisce che la dignità dell’uomo, nonché le ragioni economiche, sociali e politiche, esigono che si continui «a perseguire quale prio- rità l’obiettivo dell’accesso al lavoro o del suo mantenimento, per tutti»”. Consapevole che, al riguardo, si tratta di un “ambizioso obiettivo”, frutto di “coraggiose e nuove politiche del lavo- ro per tutti”, il Papa fonda tale diritto e dovere sociale “su principi etici e valori spirituali, che ne irrobustiscano la con- cezione come bene fondamentale per la persona, la famiglia, la società.


5. Un nuovo modello di sviluppo ed economia



Per “uno sviluppo integrale, solidale e sostenibile”, occorre ri-

ferirsi ad una “corretta scala di beni-valori...”. La proposta di Benedetto XVI è chiara ed inequivo- cabile: “Per uscire dall’at- tuale crisi finanziaria ed economica - che ha per effetto una crescita delle disuguaglianze - bisogna aborrire dalla “ricerca della massimizzazione del profitto e del consumo, in

un’ottica individualistica ed egoistica, inte- sa a valutare le persone solo per la loro capacità di rispondere alle esigenze della competitività...”, ripristinando la “prospet- tiva” di un “vero e duraturo successo che si ottiene con il dono di sé, delle proprie capa- cità intellettuali, della propria intraprenden- za, poiché lo sviluppo economico vivibile, cioè autenticamente umano, ha bisogno del principio di gratuità come espressione di fraternità e della logica del dono”.

A tale scopo, anche nella “attività eco- nomica”, il costruttore di pace sa recu-



perare i “rapporti di lealtà e di recipro-

mente coordinati e controllati”, devono darsi una “strutturazione etica”. Riferendosi, in particolare, alla “crisi ali- mentare, ben più grave della crisi finanzia- ria”, Benedetto XVI esorta ad “operare insieme in spirito di solidarietà, dal livello locale a quello internazionale, con l’obiet- tivo di mettere gli agricoltori, in particola- re nelle piccole realtà rurali, in condizione di poter svolgere la loro attività in modo dignitoso e sostenibile dal punto di vista sociale, ambientale ed economico”, ponendo un argine alle “oscillazioni repentine dei prezzi delle materie prime” causate da “comportamenti irresponsabili di taluni operatopri economici”.


6. Il ruolo della famiglia e delle istituzioni

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