“Psicoterapia dell’età evolutiva” 2014-2015



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Psicoterapia dell’età evolutiva” 2014-2015

prof. Simonetta Gentile

Psicoterapia dell’età evolutiva
Nello scenario piuttosto vasto delle diverse teorie psicologiche, prenderemo in considerazione sinteticamente la concezione psicodinamica che nel tempo, a partire da Freud in poi, porrà sempre di piu l’attenzione alle prime fasi dello sviluppo umano ed alla centralità della relazione madre-bambino, secondo il punto di vista di M. Klein, D. Winnicott e J. Bowlby fino ad arrivare ai nostri giorni con gli studi di Edward Tronick, Daniel Stern e gli altri autori del Gruppo di Studio di Boston ( The Boston Change Process Study Group) che hanno posto l’accento sulla trasformazione dell’intervento clinico psicoanalitico, trasformazione che ha portato a considerare come centrale nella psicoterapia non piu le interpretazioni ma la relazione tra paziente e terapeuta in termini di intersoggettività.

In particolare analizzeremo il contributo di Sander, Stern e del Gruppo di Boston alla moderna concezione della psicologia dello sviluppo e della psicoterapia psicodinamica psicoanalitica attraverso l’Infant Research.

Gli studi del gruppo di Boston (BCPSG) si sono concentrati prevalentemente sulla ricerca dei processi di cambiamento che si attuano nella relazione psicoterapeutica nel tentativo di individuarne le origini, la modalità di attuazione e di definirne l’evidenza scientifica. Una ampia descrizione degli studi del Gruppo di Boston si trova nel testo “Il cambiamento in psicoterapia” editore Raffaello Cortina 2012.

Contestualizzazione Teorica ed Origini: cenni storici

La teoria psicoanalitica di Sigmund Freud (Freiberg 6-5-1856 – Londra 23
-9-1939) si basa sullo sviluppo psicosessuale, in essa la sessualità non era identificata con la attività genitale dell'individuo adulto, il motore dello sviluppo era individuato nel processo pulsionale della Libido attiva nell’essere umano fin dalla nascita. Tale processo, secondo Freud si attua attraverso 5 fasi successive: fase orale, anale, fallica, fase di latenza, genitale.

Per la prima volta, con Freud si individuava, anche nel bambino l'esistenza di una sessualità infantile che si manifestava secondo le caratteristiche peculiari dell’evoluzioni dei processi pulsionali della Libido. Lo sviluppo del bambino veniva cosi descritto da Freud attraverso le diverse fasi anche se in realtà non aveva mai trattato pazienti in età evolutiva, l’unico caso descritto nella sua opera è stato il “caso del piccolo Hans” primo esempio di analisi infantile, trattato per la sua fobia per i cavalli. Anche nel caso del bambino, come nell’adulto, la terapia psicoanalitica consisteva nel permettere l’accesso alla coscienza dei sentimenti, dei desideri istintuali che erano stati rimossi perché ritenuti inaccettabili.

Freud, descrive il bambino come “perverso polimorfo": perverso in quanto ricerca il piacere senza finalità riproduttiva (è importante notare come "perversione" non abbia alcuna valenza morale negativa) polimorfo, poiché ricerca il piacere attraverso vari organi e tramite diverse zone erogene e riceve gratificazione edonistica sia dal contatto col padre che con la madre. Sempre secondo Freud il bambino è facilitato in questo dall'assenza di un Super Io e dall’assenza della morale, prodotta nel corso della crescita dall'educazione.

Fase Orale: è la prima fase dello sviluppo psicosessuale infantile postulato da Freud, va dai 0-18 mesi di vita, in cui il piacere sessuale è legato in modo prevalente all'eccitamento della cavità orale e delle labbra che accompagna l'alimentazione attraverso la suzione del seno. L'attività di nutrizione fornisce i significati con cui si esprime e si organizza la relazione oggettuale, essendo la bocca il primo e principale organo di esplorazione del bambino verso l’ambiente. In questa fase, predomina l’Es e si crea quella che Freud definisce Urvertrauen, cioè la fiducia primordiale: il bambino si sente al centro del mondo, tutto gli appartiene, a lui ed alla sua bocca, è egoista ed egocentrico. Nella fase orale, la modalità fondamentale di relazione con il mondo esterno è quindi di tipo nutritivo e la libido si concentra nella zona orale, che diviene così zona erogena Il bambino tende a portare ogni cosa alla bocca, dal seno della madre agli oggetti che lo circondano, ed attraverso questa inizia a relazionarsi col mondo. La durata della fase orale è variabile e strettamente dipendente dalla modalità e durata dell’allattamento. Dopo aver individuato l’organizzazione orale Freud indica pertanto come prima fase della sessualità la fase orale; la fonte è la zona orale, l’oggetto è in stretto rapporto con quello dell’alimentazione, la meta è l’incorporazione. Successivamente, con la comparsa dei denti, il bambino comincia a provare piacere nel mordere e masticare gli oggetti (fase sadico-orale).

Le fissazioni relative a questa fase sono da Freud definite fissazioni orali e sono originate dalla lunghezza più o meno protratta di questo periodo. Nell’adulto si manifestano prevalentemente con un’ossessiva stimolazione della zona orale, con eccessivo attaccamento ad abitudini che coinvolgono l’utilizzo della bocca (suzione, alimentazione). Da un punto di vista comportamentale, l’individuo con fissazione in questo stadio di sviluppo potrebbe manifestare un’inclinazione al vittimismo, tendenza alla regressione - dipendenza e sviluppare pratiche oralmente dipendenti come il tabagismo, l’ alcolismo, logorrea ed iperfagismo e/o manifestando una personalità sarcastica o pungente (caratteristiche definite sadico-orali).

2) Fase Anale: Secondo Freud, alla fase orale succede la fase anale che si colloca fra i 18 ed i 36 mesi circa, periodo in cui gradualmente avviene nel bambino l’acquisizione del controllo delle funzioni sfinteriche, per questo il suo interesse si sposta dalla zona orale a quella anale. Il bambino trae appagamento dal controllo autonomo degli sfinteri; il controllo e l'espulsione dei prodotti del proprio corpo costituiranno, oltre che una forma di gratificazione, uno strumento di regolazione delle relazioni con l’ambiente circostante. Il bambino nutre interesse verso i propri escrementi; spesso l’espulsione è accompagnata dalla paura di una perdita e da un senso di incompletezza. La decisione di urinare o defecare rappresenta il primo atto simbolico di accettazione o rifiuto delle regole di autocontrollo imposte dalle figure genitoriali e dalle istituzioni sociali che richiedono all'individuo di adeguarsi alle norme condivise. Secondo Freud l’evacuazione genera eccitazione e piacere (erotismo anale) e porta attraverso il suo controllo alla gratificazione libidica ed alla costituzione di un carattere aggressivo (fase sadico-anale). Secondo le teorie di Freud, la capacità di controllare gli sfinteri nel bambino, attraverso la sua maggiore autonomia accresce la sua autostima mentre i conflitti legati a questa fase (conflitti dovuti ad esempio al rigido controllo dei genitori, con imposizione o esperienze traumatiche) possono portare alla fissazione anale ritentiva o anale espulsiva. A seconda dell’investimento libidico e se la gratificazione si è associata alla facilità di esplusione (defecare ovunque, senza regole) o del trattenere le feci (a dispetto delle richieste eccessive dei genitori) secondo Freud si potrà avere un carattere anale espulsivo (disordinato crudele distruttivo e manipolatorio ) oppure carattere anale ritentivo (meticoloso, ostinato, parsimonioso, ossessionato dall’igiene e dall’ ordine.

3) Fase Fallica, tra i 3 ed i 6 anni. In questo periodo l'energia libidica si sposta dalla zona anale a quella genitale, che diviene la zona erogena per la gratificazione delle pulsioni. In questo periodo il bambino inizia ad esplorare le proprie zone genitali, scoprendo il piacere che ne riceve, contemporaneamente scopre la differenza tra i sessi, in questo periodo bambini e bambine presentano un comportamento esibizionista. In questa fase avviene lo sviluppo del Super Io attraverso i processi del complesso di Edipo (definito poi da Jung per le bambine Complesso di Elettra in quanto legato al Mito di Elettra).

Secondo Freud il complesso di Edipo equivale al desiderio inconscio e rimosso di ogni bambino o bambina di avere un rapporto sessuale coi propri genitori. Ciascun bambino attraversa questa fase, che sempre secondo le teorie postulate da Freud, ha un ruolo fondamentale nel futuro sviluppo dell’identità sessuale; le pulsioni legate al complesso edipico alla fine della fase fallica saranno rimosse dal livello di coscienza.

Per Freud nella fase Edipica, nella relazione Triadica, il maschio si innamora della madre ed entra in competizione con il padre che viene vissuto come un ostacolo al suo desiderio e rivale fino al desiderio di sopprimerlo, ciò insieme al senso di eccitamento per la madre, genera nel bambino forti sensi di colpa e il timore che la punizione consista nella castrazione ad opera del padre (ipotizza che l’assenza del pene nelle bambine sia dovuta a castrazione). A questo punto per risolvere senso di colpa e angoscia di castrazione il bambino risolve il conflitto identificandosi con il padre, lo imita, ne assume le credenze e gli ideali, identificandosi anche nel genere, soprattutto se il padre è presente e partecipe.

Nella bambina Freud ipotizza la delusione per la scoperta dell’assenza del pene in lei ed anche nella madre e il conseguente sviluppo di invidia per il pene maschile che diviene in seguito innamoramento verso il padre, mentre la madre viene percepita come ostacolo e rivale, quindi anche la femmina teme di essere punita soprattutto per le fantasie di relazione con il padre ed il desiderio di avere un figlio da lui. Anche la bambina risolverà il conflitto attraverso l’identificazione con la madre e con il suo genere per passare poi alla fase di latenza

Secondo F. la fissazione in questa fase produce personalità risolute, autonome, orgogliose ed egoiste e pensava determinasse disturbi sessuali e relazionali e lo sviluppo dei caratteri dell’omosessualità.

4) Fase di latenza. Va dai 6 anni alla pubertà e non rientra tra le fasi psicosessuali poiché Freud dice che in questa fase la Libido è “dormiente” e le pulsioni sono sublimate in altre attività funzionali alla crescita. In questo periodo si sviluppa la socializzazione, l’apprendimento, lo sport (Freud parla di “scuola ed atletica “) e la moralità, aumenta l’autonomia e il dominio delle proprie azioni, si definisce e consolida l’identità di genere

5 Fase Genitale. Inizia con la Pubertà e continua per tutta la vita dell’individuo, la Libido viene investita nella zona genitale e ciò permette di sviluppare relazioni significative con il sesso opposto. Secondo Freud, se esistono fissazioni alle precedenti fasi, non ci sarà sufficiente energia sessuale per un pieno sviluppo della fase genitale, per cui è necessario risolvere ogni eventuale fissazione per poter ottenere un completo ed equilibrato sviluppo psicosessuale.

Il modello Freudiano di sviluppo si è evoluto nel tempo attraverso integrazioni, modifiche e critiche di diversi autori, ciò, parallelamente alle nuove scoperte neurobiologiche ed alle moderne possibilità di ricerca con nuove tecnologie hanno completamente trasformato nel tempo il costrutto del modello psicodinamico.


Molto discusso successivamente sarà il suo concetto di narcisismo primario. Nel narcisismo primario, secondo la concezione di Freud, la libido è interamente ripiegata sul soggetto, non esiste differenziazione tra l'Io e l'Es e i rapporti oggettuali sono del tutto assenti; si tratta cioè di quello stato precoce in cui il bambino investe su sé stesso tutta la libido, credendo all'onnipotenza dei propri pensieri Questa fase, in cui il neonato è del tutto dipendente dalla madre ed è in una sorta di fusione psicosomatica con lei, sarà denominata piu tardi da Margaret Mahler “autismo primario fisiologico” (corrispondente allo stadio narcisistico primario di Freud)
Anna Freud

Anna Freud (Vienna 1895 - Londra 1982) naturalizzata britannica, figlia di Sigmund è considerata la fondatrice della psicanalisi infantile. Figlia di Sigmund Freud, iniziò a occuparsi dei bambini orfani di guerra (Heampstead war nursery, attualmente Anna Freud Centre di Londra) e pose molta attenzione all’osservazione dello sviluppo infantile. Negli anni '30 Anna Freud metteva in evidenza come la malattia fisica poteva avere gravi conseguenze sullo sviluppo psicologico del bambino, soprattutto se di lunga durata. L'ospedalizzazione e le cure prolungate potevano "interrompere", in modo anche importante, il delicatissimo processo evolutivo del bambino. Assai noti sono i suoi scontri teorici con l'altrettanto nota psicoanalista austriaca Melania Klein Anna Freud non riteneva potessero svolgersi trattamenti psicoanalitici di bambini e bambine in età troppo precoce, a causa della loro presunta non anaalizzabilità per via della supposta mancanza di un transfert.

Fu caposcuola della scuola psicoanalitica detta di Psicologia dell’Io che ebbe poi sviluppo negli Stati Uniti.
Melania Klein

Già con Melania Klein, l’attenzione dello psicoterapeuta inizia a spostarsi sulla relazione del bambino con la madre che secondo la Klein si instaura a partire fin dalle primissime esperienze del neonato.

Dalla nascita fino ai 2 mesi, per la Klein il mondo del bambino è rappresentato dalle percezioni interne e dai suoi bisogni che sono essenzialmente di tipo orale, tali percezioni dominano anche la sua produzione mentale: Se i suoi bisogni orali sono efficacemente soddisfatti il bambino stabilisce buoni rapporti con la madre e la percepisce viene come oggetto parziale positivo ( seno buono) se sperimenta frustrazioni orali la madre diviene per il bambino un oggetto parziale negativo (seno cattivo). Secondo la Klein l’alternarsi di situazioni gratificanti e frustranti nel soddisfacimento orale determina una ambivalenza del rapporto con la madre e determina l’instaurarsi nel bambino di un Super Io molto precoce.
Definisce questa posizione del bambino Schizoparanoide e affinché possa essere elaborata positivamente, occorre che le esperienze buone prevalgano su quelle cattive, in questo modo il bambino sviluppa la fiducia nella persistenza della bontà d’oggetto.
Secondo la teoria Kleiniana al di la dell’esperienza reale nel bambino possono essere presenti sentimenti interni che ostacolano il normale processo evolutivo: sentimenti di invidia per il seno materno, oggetto amato ma contemporaneamente odiato poiche esterno a se.

Se l’invidia è eccessiva ostacolerà la possibilità di assimilare la bontà dell’oggetto e quindi di far nascere la gratitudine che libera dal risentimento e dall’invidia stessa.


Viceversa in condizioni ambientali favorevoli senza eccessivi sentimenti di invidia, l’Io del bambino si identificherà con l’oggetto buono, avrà allora forza per contrastare l’angoscia e sopportare la frustrazione.
A partire dai 3 mesi secondo la Klein il bambino comincia a concepire l’oggetto madre nella sua interezza, cio permette di produrre un cambiamento sia nel rapporto madre-bambino che nella sua percezione del mondo (pulsione epistemofilica). Il bambino diventa consapevole del legame che unisce la madre col padre (coppia combinata) ed i genitori sono vissuti come nemici poiché alla loro relazione il b. attribuisce la colpa delle mancate o ritardate gratificazioni materne essendo lei orientata di piu verso il padre.

La percezione della propria ambivalenza verso la madre in quanto oggetto amato-odiato nello stesso tempo, genera nel bambino forte angoscia per gli impulsi distruttivi che sente e che teme possano distruggere l’oggetto che ama e dal quale dipende. posizione depressiva


Il superamento di questa posizione (che la Klein chiama posizione depressiva) comporta l’accettazione di sé. Se ben elaborata attraverso esperienze di lutto e riparazione, l’Io del bambino si arricchisce ed il bambino egli in grado di accettare la sua separatezza, i propri impulsi riconoscendo e rispettando gli altri.

Winnicott

Con Winnicott ( 1896-1971) Pediatra e psicoanalista Inglese, lo studio della relazione madre bambino diviene elemento centrale e l’attenzione si sposta sulla simbiosi primaria madre-bambino, partendo dalla gravidanza.

E’ negli ultimi mesi di gravidanza, in particolare nelle ultime due settimane che W. Individua la nascita nella madre di un progressivo cambiamento che la porterà a sviluppare lo stato che definisce “preoccupazione materna primaria”.

La madre sviluppa infanti una grande sensibilità che gli permetterà di entrare in contatto con il bambino ed offrirgli un mondo che sia affrontabile ed abbia per lui un senso.

Secondo Winnicott la madre è l’unica persona adatta a prendersi cura del piccolo, scambiandosi con lui i ruoli, in una relazione basata sul contatto anche senza azione (identificazione primaria). Cio permette alla madre di riconoscere i bisogni del bambino, ponendosi come protezione da stimoli eccessivi, questa è la madre che Winnicott definisce “sufficientemente buona” quella che fornisce al bambino il mondo esterno a piccole dosi tali che lui possa assimilarle senza esserne annientato. Un concetto fondamentale per W. è la Holding, termine che puo essere tradotto con Contenimento: il prendersi cura del bambino tenendolo, ma permettendogli gradualmente di affrontare la realtà esterna, integrando le esperienze anche dolorose ponendosi come base, per la sua nascita psicologica. Cio avviene attraverso un processo continuum di separazione-individuazione, che permette lo sviluppo del Sé del bambino che si compie in un tempo di circa 30 mesi
Il bambino si sente reale, impara distinguere tra sé e l’altro, esiste, la madre, attraverso la holding gli fornisce quello che gli psicoanalisti definiscono un “Io Ausiliario” che lo contiene e lo delimita e lo sostiene molto precocemente.

Centrale nelle prime fasi di vita per W è il contatto fisico che il bambino riceve dalla madre, l’essere tenuto in braccio, carezzato, dando molta importanza alla pelle ed al tatto che permettono di definire i confini corporei del bambino, sviluppando cio che chiama handling (manipolare)*

E’ attraverso la manipolazione che il bambino sperimenta i confini del suo corpo e il contatto con l’esterno, definendo cosi se stesso separato.

Alcuni studi recenti confermano la precoce capacità del neonato di percepire la propria separatezza. (vedi articolo: Body Perception in Newborns.


Il tatto è ontogeneticamente e filogeneticamente il primo dei sensi che si sviluppa gia durante la gestazione, studi scientifici hanno dimostrato come il feto attraverso il tatto entri in contatto con la madre esplorando le pareti uterine, iniziando cosi il processo di contatto e differenziazione che procedera per tutto lo sviluppo successivo.

Il contatto corporeo secondo W determina lo “sviluppo emotivo primario” del bambino all’interno della relazione madre-bambino ed è elemento fondamentale nel definire lo sviluppo normale o patologico successivo.

Un elemento portante della teoria Winnicottiana è il concetto oggetto transizionale, si tratta di oggetti reali o fenomeni che si pongono in una sorta di spazio intermedio tra la realtà psichica interna del bambino e la realtà esterna, proteggendolo dall’eccesso di angoscia per la percezione di separatezza/ perdita materna, un oggetto “non me” che gli permette di ammortizzare il distacco nel continuum del processo di separazione-individuazione che porta alla costruzione del Sé. In genere si tratta di oggetti reali a volte di fenomeni a cui il bambino è fortemente attaccato e diventa di grande importanza ad esempio al momento del passaggio dalla veglia al sonno. Rappresenta per il bambino l’unione con il corpo materno, anche se in modo pre-simbolico, sono in genere oggetti di stoffa, peluche.

E’ in questa fase che il succedersi di gratificazioni e frustrazioni per il bambino è gestito dalla capacità materna ed elementi conflittuali della madre rispetto la sua storia e le sue rappresentazioni possono indurre l’evoluzione del bambino in senso positivo o negativo, possono aiutarlo ad integrarsi o frammentarsi.


Tutti gli insuccessi che si verificano nelle primissime fasi della relazione materna possono determinare uno sviluppo psicologico alterato, cosi come sarà poi ben definito da Bolwby Un ambiente particolarmente carente dal punto di vista psicologico e svantaggiato dal punto di vista sociale facilita lo sviluppo di una serie di comportamenti disadattativi legati ai disturbi della regolazione madre-bambino nelle prime fasi dell’esistenza. Il dondolamento, il ruminamento, le dermatiti sono tutte espressioni fisiologiche difensive, l’inverso degli oggetti transizionali, che proteggono il bambino dall’impatto della perdita improvvisa dell’oggetto materno. Una madre sufficientemente buona favorisce la disillusione di onnipotenza del bambino aiutandolo ad acquistare il senso dell’oggettività, della realtà, lontano dalla propria onnipotenza narcisistica. attraverso il sopportare frustrazioni che è in grado di fronteggiare.
È proprio da questo contatto precoce che potranno, in seguito, derivare quelle sinergie fatte di tempi, di ritmo, di esperienze che permetteranno a entrambi di adattarsi reciprocamente ed adattare l’ambiente a loro stessi.

* Recenti studi hanno evidenziato come l’Handling stimoli la produzione di Ossitocina, ormone che determina piacere ed importante per lo sviluppo della socialità. La ricerca sugli animali conferma e amplia il ruolo fondamentale di questo ormone nel regolare vari aspetti del comportamento sociale, suggerendo insieme alla vasopressina, un loro possibile impiego in disturbi dello spettro autistico. ( vedi Rapporto Istituto Superiore di Sanità 2011)


Bowlby

E.J. Bolwby (Londra 1907-1990) elaborò la teoria dell’attaccamento che ancora oggi costituisce il fondamento principale per studiare la relazione madre-bambino, con esso definisce la tendenza del bambino a costituire legami di attaccamento nel corso del primo anno di vita con le figure primarie, in primis la madre, finalizzati ad ottenere protezione dall’adulto in funzione alla sopravvivenza . Concetto che si differenzia fortemente dalle relazioni oggettuali ipotizzate dalla psicoanalisi di quel periodo (vedi Anna Freud)

Concepito come una teoria spaziale, per cui quando si è vicini alla persona che si ama ci si sente bene (bisogno di vicinanza) mentre quando ci si distacca si diventa ansiosi (risposta di protesta), l’attaccamento per Bowlby è la capacità di ottenere e mantenere la vicinanza a un’altra persona differenziata o preferita e la sua funzione biologica è quella di proteggere il piccolo, compito determinante per la sopravvivenza quanto la nutrizione e la riproduzione (si vedano gli studi con le scimmiette di Harlow, 1959)
La madre costituisce per il bambino l’equivalente della madre-ambiente di Winnicott, la “base sicura” il fulcro da cui il bambino potra avviare la sua esplorazione dell’ambiente circostante, rimanando nel suo raggio; quando egli si allontanerà e supererà tale linea sentirà il bisogno di tornare alla fonte della sua sicurezza (la madre) per non sentir crescere più dentro di sé l’angoscia d’abbandono.
In linea con le teoria di Winnicott , Bowlby evidenzia come non siano solo i bambini ad avere innata la tendenza a comportarsi in maniera speciale verso la madre, ma lo sia anche per le madri verso i loro piccoli; infatti, come le peculiarità di un bambino possono influenzare il comportamento della madre verso di lui, così le caratteristiche materne possono influire sulle risposte del bambino. La madre contribuisce però alla situazione in una maniera piuttosto complessa che deriva non solo dalle sue caratteristiche innate, ma da una lunga storia di rapporti interpersonali entro la famiglia di origine e dal prolungato assorbimento dei valori e delle abitudini della sua cultura.
Secondo l’autore, le personalità ben adattate hanno ricevuto una solida base familiare nel corso dello sviluppo da cui il bambino prima, l’adolescente e l’adulto poi si allontana per una serie di esplorazioni sempre più lunghe.I modelli rappresentativi della figura di attaccamento e di sé si costituiscono fin dall’infanzia e persistono tendenzialmente immutati per tutta la vita. I nuovi legami vengono assimilati al modello preesistente . Allo stesso modo, il terapeuta rappresenterà – nel gioco delle relazioni transferali – l’oggetto interno genitoriale che stabilirà col paziente un importante legame di attaccamento.

Lo studio delle differenze individuali nei modelli di attaccamento è stato poi studiato da Mary Ainseworth allieva di Bolwby attraverso il metodo della Strange Situation Procedure che valuta la qualità della relazione madre bambino e identifica il modello di attaccamento attraverso una brevissima esperienza di separazione.

La Strange Situation comprende 7 episodi:

1- Madre, bambino - il bambino esplora; la madre osserva

2- Madre, bambino, estraneo - l’estraneo entra; parla con la madre; gioca con il bambino

3- Estraneo, bambino - la madre esce; l’estraneo interagisce con il bambino

4- Madre, bambino - la madre torna e calma il bambino; esce l’estraneo

5- Bambino - la madre esce; il bambino rimane da solo

6- Estraneo, bambino - entra l’estraneo e interagisce con il bambino

7- Madre, bambino - la madre torna e calma il bambino; esce l’estraneo.


Tabella sintetica di alcuni concetti della teoria dell'attaccamento, John Bowlby studiati attraverso la Strange Situation Un modo di studiare le caratteristiche dell'attaccamento è attraverso la somministrazione di uno strumento di valutazione, l'Adult Attachment Interview (AAI).

Tipi di attaccamento e di risposta alla separazione

Risposta del bambino

SICURO (TIPO B)

In genere: angoscia di separazione all’atto del distacco, al ritorno del genitore si lascia facilmente confortare e torna a giocare sereno.

INSICURO EVITANTE (TIPO A)

Non manifesta angoscia alla separazione, ignora la madre alla riunione e si mostra poi inibito nel gioco.

INSICURO-AMBIVALENTE (TIPO C)

Fortemente angosciato dalla separazione, non si lascia confortare alla riunione, ricerca il contatto ma respinge la madre; inibito il gioco esplorativo.

INSICURO-DISORGANIZ-ZATO (TIPO D)

Reagisce alla separazione con comportamenti confusi e disorganizzati.

Peter Fonagy (Budapest, 14 agosto 1952) è uno psicologo e psicoanalista ungherese. È direttore del Dipartimento di Psicologia Clinica, della Salute e dell'Educazione presso l'University College di Londra e direttore esecutivo dell'Anna Freud Centre di Londra. I suoi contributi scientifici riguardano soprattutto l'introduzione del concetto di mentalizzazione e lo sviluppo di importanti teorie come la teoria della mente e la teoria dell'attaccamento. Il suo lavoro è stato spesso teso verso l'obiettivo di gettare un ponte tra orientamenti diversi della psicologia, in particolare tra psichiatria, psicoanalisi, e psicologia cognitiva Una parte importante del suo lavoro di ricerca riguarda inoltre la valutazione dell'efficacia del trattamento in psicoterapia Dal punto di vista clinico, i suoi principali contributi riguardano il trattamento dei disturbi di personalità, in particolare del disturbo bordeline, ma alcuni suoi concetti sono entrati definitivamente modificandola, nella psicoterapia psicoanalitica infantile, in particolare la funzione riflessiva materna. La Funzione riflessiva è il processo mentale che ci permette di mentalizzare stati mentali (sentimenti, convinzioni, intenzioni e desideri) propri ed altrui permettendoci implicitamente ed esplicitamente di interpreta le azioni proprie e degli altri come significative. Ci permette di esplorare il significato delle azioni altrui dopo aver imparato a dare significato alle proprie: esperienza di Sè come soggetto agente che ci permette di distinguere tra la realtà interna ed esterna Attualmente con la Risonanza Magnetica Nucleare Funzionale possono essere localizzate le aree cerebrali della corteccia prefontale implicate nei processi di mentalizzazione. Elemento centrale nella funzione riflessiva materna è la capacità di mettere da parte i propri stati emotivi per riflettere sui vissuti soggettivi del bambino in situazioni negative (sofferenza/stress), regolandone le emozioni quando il livello di eccitazione è alto. La madre riconosce le intenzioni del bambino e questo permette al bambino di acquisire e sviluppare le sue competenze, si entra quindi nell’area dell’intersoggettività.

Gli studi scientifici di Colwyn Trevarthen degli anni 70 ci hanno permesso, attraverso la videoregistrazione e la microanalisi dei filmati di evidenziare come la madre attraverso la mimica facciale, i movimenti del corpo e la modulazione della voce si sintonizza con il mondo interno del bambino. “adattando il controllo soggettivo del proprio comportamento alla soggettività dell’altro, al fine di comunicare” ed interagire. Per Trevarthen l’intersoggettività è innata ed il bambino fin dal periodo neonatale e nei primi mesi possiede una “operante intelligenza interpersonale” che gli permette di entrare in relazione con il caregiver attraverso un “rispecchiamento intuitivo”, a validazione di questi concetti è la capacità del neonato di imitare le espressioni facciali.

Meltzoff propose osservazioni simili a quelle della Bick in cui si rilevava la precoce capacità del neonato di imitare movimenti della bocca e della lingua, poiché l’imitazione non avveniva immediatamente ma nell’arco di circa 2 minuti, Meltzoff dedusse che il neonato in qualche modo organizzava la sua risposta, dimostrando la sua intenzionalità ed ipotizzando che l’intersoggettività è gia presente alla nascita.

Un importante recente contributo a tale teoria è stata apportata dalla scoperta dei neuroni specchio. Che ci forniscono la capacità di riconoscere le intenzioni di una azione negli altri esseri umani.



T. Berry Brazelton è uno dei più noti Pediatri al mondo. Professore emerito di Pediatria alla Harvard Medicai School di Boston, ha fondato e diretto la Child Development Unit, è autore di oltre trenta libri di parenting. Ha raggiunto una fama internazionale per i suoi studi scientifici sulla capacità di comunicazione tra neonato e genitori e sull'intervento precoce sui neonati a rischio Ha ideato negli anni 70 una scala di valutazione del comportamento neonatale (Brazelton Neonatal Behavioral Assessment Scale, NBAS, ora all 4° edizione Corsi presso Ist. Mayer di Firenze) costruita per essere applicata a neonati dalla nascita fino al compimento di un mese di età e permette di rilevare i pattern comportamentali del neonato durante le prime settimane di vita. Valuta comportamenti e riflessi per evidenziare le differenze individuali nelle risposte del neonato attraverso diverse aree ( autonomia, motricità, stato e interazione sociale) E’ usata per studiare gli effetti di un ampia gamma di variabili che possono influenzare lo sviluppo del neonato: esposizione prenatale all’alcol, droghe, basso peso alla nascita, ecc)
Tale scala è stata ideata per valutare la disponibilità delle risposte del bambino al suo ambiente, e quindi, indirettamente, l'influenza del bambino sull'ambiente. La scala è concepita come un assessment interattivo, in cui l'adulto, stimolando i comportamenti e le abilità auto-organizzative del bambino, permette la valutazione dell'emergente capacità di socializzazione in via di sviluppo . Lo stesso strumento facilita la comprensione da parte dei genitori del comportamento del bambino facilitandone l'accudimento ed il “riconoscimento” . La condivisione della valutazione può anche servire come mezzo per sostenere il rapporto empatico fra l'operatore e la famiglia in ospedale.

Edward Tronick è uno dei massimi esponenti dell'Infant Research e negli anni ‘70 mise a punto il paradigma sperimentale dello still face. Ha fatto parte fino al 2002 del Gruppo di Studio di Boston ed ha definito concetti fondamentali per la clinica e la ricerca in età evolutiva. in particolare nella primissima infanzia. Per Tronick ogni individuo è un sistema di autorganizzasione che crea stati di coscienza propri, che poi possono espandersi in stati piu coerenti e complessi grazie all’ aiuto di un altro sistema autorganizzante. Questo e il principio del modello di regolazione reciproca, Mutual Regulation Model MRM di Tronick, modello che sta alla base della relazione bambino-adulto. Il MRM e un processo socio-emotivo di microregolazione della comunicazione che va da fasi di avanzamento, ai momenti ora fino ai momenti di incontro che generano gli stati diadici di coscienza. Per capire quanto e importante la connessione emotiva tra gli individui bisogna partire dall’ osservare cosa succede quando questa viene a mancare. Tronik crea il paradigma sperimentale dello Still Face, ossia del volto immobile,e chiedendo alla madre di non interagire normalmente con il bambino ma di rimanere impassibile e non rispondere ad ogni forma di richiesta, stimolazione o comunicazione del bambino. Cio che si osserva è che il bambino comincia a guardare la madre, si accorge della sua assenza di risposta, allora sposta la sua attenzione altrove per poi ritornare a guardare il volto della madre. Dopo vari tentativi si osserva il disagio che si manifesta con il ritiro, la perdita del controllo posturale e tentativi di autoconsolazione. Il bambino è in grado di mettere in atto comportamenti per sollecitare la madre a recuperare la precendente sintonia interrotta tornando a condividerne lo stato diadico avendo creato un nuovo significato in un processo continuo di co-creazione di stati disdici di coscienza

( Matching -Mis matching-Riparazione. ) E’ attraverso questo processo continuo e intersoggettivo che il bambino da’ significato alla sua esperienza (making meaning), si rappresenta la realtà esterna e costruisce Se stesso. Le esperienze traumatiche ripetute in questa fase di sviluppo determinano le alterazioni dello sviluppo psicologico ( vedi ad esperienze di abuso per cui l’abusato diviene egli stesso abusante)


Daniel Stern ( NewYork 1934-Ginevra 2012) psicoanalista ed esponente dell’ Infant Research a lui si deve l’aver integrato la psicoanalisi allo sviluppo precoce del bambino attraverso il metodo scientifico nello studio della relazione Madre-Bambino, individuando come la costruzione del suo mondo interno ha una matrice essenzialmente interpersonale. Per Stern il bambino fin dai primissimi istanti di vita ha la capacità oltre che e il bisogno di relazionarsi con la il mondo esterno, con la madre, invalidando le precedenti teorie che concepivano il neonato come indisitinto e incapace di relazione. Il Neonato si rapporta attivamente alla realtà ricavando, dalle precoci e isolate stimolazioni sensoriali che riceve, un emergente senso di sé che andrebbe a strutturarsi e consolidarsi negli anni successivi all’interno della relazione con la madre. La costruzione del Sé procede attraverso fasi che si sviluppano in parallelo con le vicende interattive nel rapporto con la madre. Un sé emergente (0-4 mesi); un sé nucleare (2-6 mesi) basato sulla capacità del bambino di distinguersi fisicamente dalla madre e di riconoscere e prevedere precoci schemi interattivi fra loro; un sé soggettivo (7-12 mesi) che permette al piccolo di sperimentare una sintonizzazione affettiva nella relazione con la madre e di acquisire una completa distinzione tra sé e l’altro; un sé verbale (15-18 mesi) coincidente con l’emergere di autoconsapevolezza, riflessività e capacità di gioco simbolico (fare come se..); infine un sé narrativo (3-4 anni) che, con l’acquisizione del linguaggio consente di tradurre in parole la propria esperienza, spiegare se stesso a sé e agli altri e vivere non più soltanto nella realtà oggettiva ma anche in una dimensione simbolica ampliando le proprie capacità adattative e comunicative. La centralità data da Stern alle interazioni madre-bambino per lo sviluppo del sé, è stata alla base dei suoi contributi clinici più importanti sia per la psicoterapia breve madre-bambino che per la psicoterapia degli adulti. Fondamentale è stato il suo contributo alla costituzione del Gruppo di Studio sui processi di cambiamento in psicoterapia di Boston. 

L'esperienza intersoggettiva e il legame di attaccamento costituiscono due aspetti costitutivi del percorso evolutivo di ogni essere umano.


Sebbene queste due tematiche siano state studiate in modo spesso indipendente, nell'approfondimento analitico dello studio delle stesse, emerge quanto esse siano in realtà fortemente intrecciate, e concorrano strettamente ad un unico e più generale tema di interesse scientifico, ovvero la formazione e lo sviluppo del Sé.
Nonostante vengano considerati come sistemi motivazionali innati e distinti, l'intersoggettività e l'attaccamento agiscono in concerto per assicurare la coesione di gruppo necessaria alla sopravvivenza. Se l'attaccamento tiene le persone vicine in modo che l'intersoggettività possa manifestarsi e approfondirsi, l'intersoggettività crea, dall'altro lato, le condizioni che consentono l'attaccamento
THE BOSTON CHANGE PROCESS STUDY GROUP

I membri del Boston Change Process Study Group, in ordine alfabetico sono:

Nadia Bruschweiler-Stern, Karlen Lyons-Ruth, Alexander C. Morgan, Jeremy P. Nahum,

Louis W. Sander, Daniel N. Stern.

Alexandra M.Harrison e Edward Z. Tronick sono stati membri del gruppo fino a Giugno del 2002.
Il retroterra scientifico del gruppo di lavoro prende l’avvio negli anni Cinquanta da Louis Sander a Boston, con le sue ricerche longitudinali sui sistemi regolativi fra madre-bambino.

Louis Sander, nella duplice veste di psicoanalista e ricercatore nel campo dell’infanzia, ha iniziato la stagione dell’infant research, che è stata proseguita negli anni Settanta e Ottanta da Daniel Stern attraverso gli studi microanalitici della videoregistrazione di interazioni fra madre e bambino. Sander e Stern, veri pionieri dell’infant research, hanno portato nel Boston Study Group la doppia prospettiva di ricercatori e di clinici.

Sempre a Boston T. Berry Brazelton ha rivoluzionato la concezione del neonato, ritenuto in grado fin dalle prime ore di vita di relazionarsi, pur in modo embrionale, con le persone del proprio ambiente.

Brazelton ha poi indirizzato Edward Tronick e Nadia Bruschweiler-Stern a sviluppare questo ambito di ricerca e a trovare forme applicative nel trattamento dei disturbi relazionali, i due hanno messo così a disposizione dello Study Group le loro competenze ciniche in campo pediatrico.

Nello Study Group risulta infine molto attiva anche Karlen Lyons-Ruth.

L’infant research con le su tecniche di videoregistrazione e microanalisi che obiettivizza l’osservazione del clinico, fornendo dati scientifici, ha in pochi anni superato le concezioni sullo sviluppo infantile di Freud e anche quelle di Melanie Klein:

il lattante non è chiuso all’interno di un guscio monadico ( narcisismo o autismo primario) passivamente esposto agli stimoli ambientali, ma è aperto al mondo dei rapporti, già capace di interazioni e ritmi di scambio complessi. Questo ha portato in primo piano il fatto che le relazioni sono centrali non solo durante l’infanzia ma anche nel ciclo successivo della vita, e che nello stesso tempo esse rappresentano il motore centrale dell’esperienza psicoterapica, mettendo anche in luce la grande ricchezza di comunicazione attraverso canali diversi tra paziente e terapeuta.

La ricerca infantile degli ultimi anni ha cosi aperto un nuovo capitolo quello della conoscenza relazionale implicita presente fin dai primi mesi di vita e che rappresenta la bussola con cui il bambino si orienta nel mondo e interagisce con le persone significative.

La conoscenza implicita è una forma di conoscenza non conscia e non direzionata, diversa dall’inconscio rimosso al centro della speculazione psicoanalitica, che si colloca nell’area subsimbolica non verbale e non è stata ancora pienamente esplorata nelle sue modalità di funzionamento e nelle sue relazioni con la conoscenza esplicita, basata fondamentalmente sul linguaggio e sulla consapevolezza.

Il trasferimento in campo clinico della conoscenza implicita è stato il passo successivo del Boston Study Group per sottolineare il valore dei meccanismi non interpretativi nella terapia psicoanalitica: “the something more than interpretation”, dal titolo del primo articolo collettivo del 1998 pubblicato sull’ International Journal of Psychoanalysis.

Il Boston Study Group propone il concetto clinico del “momento di incontro” fra paziente e terapeuta, una propietà emergente nelle dinamiche relazionali che modifica il contesto intersoggettivo e anche la conoscenza relazionale implicita.

Il momento di incontro è preceduto da un insieme di “momenti presenti” nei quali ci si muove soggettivamente verso quella direzione. E se un momento presente assume una forte valenza affettiva diviene rilevante nel processo terapeutico, un “momento ora”, che se viene riconosciuto e colto nella relazione terapeutica da entrambi i partner suscita una reciproca sintonia, un vero momento di incontro.

Questo paradigma valorizza le singole sequenze di del processo terapeutico con un approccio sovrapponibile alla metodologia osservativa dell’infant research, che sottolinea l’importanza evolutiva della coppia madre-bambino.

Questa cornice teorico-clinica visualizza il processo terapeutico come un percorso su cui si inscrivono momenti relazionali rilevanti che ne modificano il contesto intersoggettivo anche sul piano implicito.

Da Infanzia e adolescenza n°3-2013 Introduzione del Prof. Nino Dazzi

Stern si era formato negli anni ’60 a New York, alla Columbia University quando in psicoanalisi predomina ancora il modello tradizionale della “psicologia dell’Io”, mentre è degli anni ’70 l’elaborazione del noto modello evolutivo psicoanalitico della Mahler, il modello separazione-individuazione con cui Stern si confronterà.

Negli anni ’70 inizia ad affermarsi anche una tradizione di ricerca: l’Infant Research che riconosce in L. Sander e nel suo concetto di stato affettivo come concetto ponte tra interno e esterno la sua origine. L’Infant Research si caratterizza come area di confine tra psicologia evolutiva e psicoanalisi.

Daniel Stern parte dall’osservazione naturalistica del bambino (non dalla “baby osservation” di impronta kleiniana) e si avvale per le sue ricerche delle metodologie e delle tecniche di indagine più sofisticate, per cogliere la continuità-discontinuità delle interazioni madre-bambino fin dai primi momenti dello sviluppo, abbandonando così lo schema freudiano classico dello sviluppo psicosessuale del bambino.

Saltano così concetti come l’autismo primario o la simbiosi e in generale quello di narcisismo primario.

Stern proporrà, come frutto delle sue ricerche, un modello rovesciato rispetto a quello classico, mettendo in primo piano la capacità del bambino di sperimentare fin dai primi mesi di vita il formarsi di un’organizzazione del Sé che mostra una differenziazione precoce Sé/altro.

Il bambino di Stern è da subito alla ricerca di stimoli e predisposto all’interazione sociale;

Si tratta di una rappresentazione assai diversa da quella tradizionale col suo presupposto di uno stato originario di indifferenziazione e confusione Sé/altro.

Il modello dello sviluppo che ne deriva è un modello continuista e maturazionista in cui all’interno del processo assume significato la regolazione reciproca tra madre e bambino.

In questa dimensione della relazionalità assumono significato fondamentale i comportamenti comunicativi che consentono le cosiddette “danze interattive” tra madre e bambino e che permettono la successiva categorizzazione dell’esperienza sulla base di invarianze acquisite di costanti nel complesso fluire dell’esperienza.

La psicopatologia diviene possibile esito della cronicizzazione di modelli relazionali distorti, ad esempio i comportamenti materni nella regolazione interattiva – ipostimolazione, iperstimolazione – distorcono la capacità del bambino di far fronte determinando l’emergere di schemi di “essere con” disfunzionali che sul versante “interno” impattano sulla costruzione e lo sviluppo del senso del Sé.

Stern individua, nel libro La costellazione materna (1995), la fattibilità dell’intervento sia a livello del mondo rappresentazionale “interno” del genitore (modelli e schemi rappresentazionali) sia a livello di modifiche delle interazioni reali.

Stern a partire da attente analisi dell’esperienza vissuta in relazione a segmenti temporali di durata molto ridotta (il presente psichico appunto) amplia la sua visione dell’intervento psicoterapeutico.

Animatore del cosiddetto Boston Change Process Study Group (2010) Stern, al classico intervento psicoanalitico basato più o meno esclusivamente sull’interpretazione, contrappone la fondamentale importanza del momento preverbale degli stati precoci dello sviluppo, prima cioè dell’acquisizione del linguaggio, il mondo delle interazioni precoci madre-bambino.

Ne esalta la rilevanza dei “now-moments” (“momenti-ora”), momenti emergenti nel flusso dell’esperienza dove la sintonizzazione affettiva può dar luogo a significativi esiti trasformativi.

Dal punto di vista teorico Stern si era sempre più spinto a individuare nell’intersoggettività la motivazione sovraordinata.



Il concetto di “vitalità degli affetti” è stato da ultimo ripreso nell’opera Le forme vitali (2010), con un particolare ricorso, da un punto di vista teorico, a un ottica gestaltista; la sua non è un’adesione a una delle tante versioni della fenomenologia che hanno caratterizzato la cultura del secolo scorso ma si tratta di una forma che coniuga sintonizzazione affettiva, esperienza del vissuto e autoriflessione, sensibilità che lo porta a cogliere il significato esperienziale di un comportamento.


Infant Observation e Infant Research sono alla base della tecnica di osservazione della reazione bambino genitori in presenza del terapeuta e pongono le basi per una Analisi infantile relazionale o intersoggettiva che include il concetto che non si possa fare a meno dei genitori nel processo di cura del bambino.

L’Infant Observation è una Tecnica di tipo antropologico, introdotta da Esther Bick a Londra, nella Tavistock Clinic nei primi anni 50 dopo l’esperienza analitica con M. Klein. Era finalizzata alla verifica delle ipotesi teoriche formulate sul bambino attraverso lo studio dei suoi primi mesi di vita. La tecnica consiste nell’osservazione sistematica della coppia madre-neonato nell’ambiente familiare a partire dal momento del parto con una frequenza settimanale, della durata di un’ora, preferibilmente in coincidenza con una poppata, anche se può essere concordata in momenti diversi della giornata. Il ciclo degli incontri ha la durata di un anno. La durata della singola seduta è di 1 ora, mentre l’intero ciclo osservativo è di 2 anni circa. Durante l’osservazione è inopportuno prendere appunti poiché ciò interferisce con la necessaria continuità dell’attenzione e impedisce all’osservatore di rispondere alle richieste emotive dei soggetti osservati. Successivamente alla seduta l’osservatore scrive dettagliatamente la seduta ed ogni quindici giorni il materiale raccolto viene presentato al gruppo di supervisione nella scuola di psicoterapia per la discussione. La Bick descrive “L’atteggiamento mentale necessario per condurre l’osservazione diretta della relazione madre-bambino è forse rapportabile a quella di un ‘contenitore’ in grado di accogliere dentro di sé senza negarlo, qualunque sentimento, dalle angosce disintegrative provate dal neonato, ai sentimenti di inadeguatezza della madre a conservare in vita il figlio, alla gelosia e all’invidia del fratello, all’ansia di esclusione del padre per la relazione privilegiata madre-bambino, senza venirne travolto, pur provando la sofferenza mentale e conservando la partecipazione emotiva necessaria” L’osservazione è quindi concettualizzata non soltanto come attività di lavoro e ricerca che permette di porsi realmente in contatto con le modalità relazionali della coppia madre-bambino e per inferenza con quelle tra analista e paziente, ma anche come situazione capace di attivare una possibile rêverie nel bagaglio emozionale del terapeuta. Questa attività è divenuta centrale nelle scuole di psicoterapia infantile, modello Tavistock, in quanto permette attraverso la comprensione delle modalità relazionali madre-bambino sin dalla nascita di riconoscere nel trattamento analitico il loro riprodursi. Nel corso dei suoi studi sulla baby observation la Bick individuo l’importanza della disponibilità materna allo stretto contatto fisico con il neonato, “close physical contact” contatto fisico attraverso cui gli stessi neonati osservati sembravano comunicare con la madre. I neonati con madri poco disposte al contatto sembravano sviluppare precocemente modalità di comunicazine visiva ed uditiva. Proprio studiando questo tipo di madre la Bick individuo la precoce capacità del neonato di imitarne i movimenti della mimica materna.

L’Associazione Italiana di Psicoterapia Psicoanalitica dell'Infanzia, dell'Adolescenza e della Famiglia segue il modello tavistock



IL SETTING TERAPEUTICO

Commento al libro di Giuliana L. Milana “Processo analitico e dinamiche familiari.” Franco Angeli, Milano, 2014



Il capitolo “Il doppio setting: il lavoro psicoanalitico con il bambino e i suoi genitori” apre una riflessione relativa alla conduzione della terapia dei genitori e del bambino da parte dello stesso terapeuta, modalità che le autrici denominano “doppio setting”. Tale modello si contrappone a quello finora prevalentemente adottato, che prevede tre o quattro incontri con i genitori  durante l'anno e, se necessario, l’invio dei genitori ad un altro terapeuta. In questo caso si parla di “setting parallelo”, secondo la formulazione di Margareth Rustin. La stessa Rustin non escludeva, tuttavia, che fosse lo stesso terapeuta del bambino ad occuparsi dei genitori allorché questi si rivelano molto riluttanti a vedere un altro terapeuta o quando il bambino è psicotico o autistico e i genitori preferiscono mantenere uno stretto contatto con il terapeuta del figlio. tale modello,  che comporta l’interiorizzazione di confini ben fermi, è esposto al rischio, di sconfinare nella rigidità, tanto più che la pratica clinica lascia frequentemente emergere la necessità di seguire con incontri a cadenza mensile o quindicinale i genitori del bambino in trattamento. Tali cambiamenti sembrano loro auspicabili quando nella prassi clinica la correlazione tra la fenomenologia clinica presentata dal paziente e le problematiche dei genitori, lascia emergere l'utilità di un lavoro terapeutico sul duplice fronte, genitori-bambino, come un fiume che pur avendo due sponde è pur sempre un unico corso d’acqua.
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