Ufficio dei Referenti per la Formazione Decentrata del Distretto di Brescia Settore Diritto Europeo



Yüklə 294,6 Kb.
səhifə1/11
tarix15.10.2018
ölçüsü294,6 Kb.
#74026
  1   2   3   4   5   6   7   8   9   10   11

Consiglio Superiore della Magistratura



Ufficio dei Referenti per la Formazione Decentrata del Distretto di Brescia - Settore Diritto Europeo


BRESCIA, 21 settembre 2012, ore 14,30

Incontro di studio sul tema

Gli strumenti a disposizione del giudice nazionale per l’applicazione del diritto europeo


IL RINVIO PREGIUDIZIALE INNANZI LA CORTE DI GIUSTIZIA: LA RESPONSABILITÀ DELLO STATO NAZIONALE E QUELLA DEL GIUDICE


Dott.Roberto Conti

Consigliere della Corte di Cassazione


INDICE


1.Il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia. 1.1. Gli effetti delle pronunzie rese dalla Corte di Giustizia. 1.2.Il dialogo ascendente e discendente tra giudice nazionale e Corte di giustizia.1.3. Perché dialogare con la Corte di Giustizia.1.4. La metafora della rete ed il dialogo fra giudice nazionale e Corte di Giustizia.1.5. I dubbi del Consiglio di Stato –sent. Cons.Stato 5 marzo 2012 n.4584- sul rinvio pregiudiziale alla Corte UE del giudice di ultima istanza. 1.6.1. Perché il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia- obbligatorio e facoltativo- rimane centrale per la corretta attuazione del diritto UE. 1.6.2. Tornando all’ordinanza di rinvio alla Corte di Giustizia: il sistema è chiaro od oscuro? 1.6.3. Rischio di irragionevole durata del processo per effetto del rinvio pregiudiziale? 1.6.4. Rinvio pregiudiziale del giudice di ultima istanza e responsabilità dello Stato(giudice). 2. Capire il ruolo della responsabilità dello Stato per violazione del diritto dell’Unione europea. 2.1. La responsabilità dello Stato per violazione del diritto eurounitario:da Francovich a Carbonari. 2.2. Cass.S.U.9147/2009 in tema di specializzandi.Una sentenza da non dimenticare quanto alla natura della responsabilità dello Stato per violazione del diritto UE. 2.2.1. Alla ricerca di un distinguishing problematico nell’illecito comunitario.2.2.2. Qualche critica a Cass.S.U. n.9147/09. La responsabilità dello Stato per violazione del diritto comunitario derivante dal funzionario pubblico e da provvedimento giurisdizionale. 2.3. Lo Stato Giudice responsabile per la violazione del diritto eurounitario ascrivibile al giudice di ultima istanza.Il caso Köbler. a)La controversia nazionale che ha originato la sentenza della Corte di giustizia.2.3.1.La posizione dell’Avvocato Generale nei tre procedimenti incardinati innanzi alla Corte di giustizia.2.3.2. La motivazione del caso Köbler.2.3.3. Alcuni brevi approfondimenti: la violazione grave e manifesta.2.3.4. Le ricadute sul sistema interno. 2.3.5. La competenza e la giurisdizione sull’azione di responsabilità.2.4. Il seguito di Köbler: Corte giust. 13 giugno 2006, Traghetti del Mediterraneo. Una sentenza annunziata per l’Italia.1)Le critiche della dottrina ai principi della Kobler. 2.4.1. Il caso Traghetti del Mediterraneo.2.4.2. Le conclusioni dell’Avvocato Generale Lèger presentate l’11 ottobre 2005. 2.4.3. La sentenza della Grande Sezione del 13 giugno 2006. 2.4.4. La risposta italiana al problema:la responsabilità disciplinare del giudice.2.4.5. L’alternativa proposta dalla Corte di giustizia: la responsabilità dello Stato per equivalente. 2.4.6. Un cambiamento epocale del ruolo del giudice nazionale.2.5.. L’ultimo tassello in tema di responsabilità dello Stato Giudice: Corte Giust. 24 novembre 2011, n.C-379/10, Commissione c. Italia .2.5.1. Qualche considerazione.2.5.2. Che fare? 2.5.3. Non si può ammettere la responsabilità diretta del giudice in nome dei principi espressi dalla Corte di giustizia. 2.5.4. I confini della sentenza della Corte di giustizia. 2.5.5. Responsabilità dello “Stato Giudice” per i casi non regolati dal diritto dell’Unione europea. 2.5.6. Conclusioni sul tema. 3. A mo’ di conclusioni finali.Riflessioni sui confini. Perché è necessario conoscere i rapporti fra il sistema del diritto EU, il sistema ordinamentale interno e quello della CEDU?

1. Il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia.

Il procedimento di rinvio pregiudiziale disciplinato dall’art. 267 Trattato sul funzionamento dell’Unione europea («TFUE») -già art. 234 CE-1 ha natura natura incidentale e non contenziosa. Più dettagliatamente, la Corte di Giustizia è competente a pronunciarsi in via pregiudiziale sull'interpretazione del diritto dell’UE e sulla validità degli atti adottati dalle istituzioni, dagli organi e organismi dell’UE, alla stregua dei poteri conferiti dall'art. 19, par. 3, lett. b), TUE e dall'art. 267 TFUE e, sul versante procedurale, dagli artt. 23 e 23 bis Statuto CE e 103, 104, 104 bis2 e 104 ter3 reg. proc.)4.

Con esso il giudice nazionale può o deve5 sottoporre alla Corte di Lussemburgo un quesito circa l’interpretazione o la validità di una norma dell’UE6, la cui soluzione sia determinante per decidere la controversia dinanzi a lui pendente.

In dottrina (Domenicucci, cit.) si è osservato che “L’art. 267 del TFUE si connota dunque come una norma fondata su una netta ripartizione di competenze tra Corte e giudice nazionale: alla prima è riservato il compito di fornire la risposta ermeneutica ai quesiti sottopostile, mentre al secondo spetterà in via esclusiva il compito di apprezzarne la pertinenza con riguardo alla soluzione concreta della controversia dinanzi a lui pendente”, aggiungendosi puntualmentee che “…La pronuncia della Corte si configura così pregiudiziale sia in senso temporale, poiché precede la sentenza del giudice nazionale, sia in senso funzionale, poiché è strumentale rispetto all’emanazione di quest’ultima. L’oggetto del procedimento pregiudiziale risulta così delineato dal giudice nazionale attraverso la formulazione dei quesiti rimessi alla Corte, anche se quest’ultima, nell’ottica della massima collaborazione con i giudici nazionali, ed al dichiarato fine di rendere una pronuncia utile per la soluzione della causa principale, non ha esitato, in più di un'occasione, ad intervenire direttamente sugli stessi.” Se, in astratto, è assai chiaro il campo di applicazione in cui opera la Corte, appunto limitato al diritto UE e non al diritto interno- sia esso di diretta attuazione o meno di quel diritto- i “confini” del terreno nel quale opera il giudice di Lussemburgo vanno progressivamente attenuandosi.Ritenere, che la Corte si limita a fornire al giudice interno gli elementi di interpretazione ricavabili dal diritto dell’Unione ed idonei a consentirgli di pronunciarsi su tale compatibilità per la decisione della causa principale e non valuta la compatibilità con il diritto dell'Unione della legge nazionale apparentemente con esso in conflitto è sicuramente corretto dal punto di vista istituzionale ma non descrive appieno la reale situazione nella quale opera la Corte di Giustizia che, soprattutto dopo l’avvento della Carta dei diritti fondamentali e la sua riconosciuta piena vincolatività porta la Corte ad operare un sindacato incidentale sulla validità e compatibilità del diritto interno con quello eurounitario.Ciò fa utilizzando formule del tipo: “la disposizione x del Trattato (o del regolamento o della direttiva) osta ad una disposizione di legge nazionale che preveda...”. Ciò dimostra che il meccanismo del rinvio pregiudiziale consente al giudice di Lussemburgo un giudizio, sia pure indiretto, sulla compatibilità della norma interna con il diritto dell’Unione, affiancandosi al meccanismo di controllo sancito dall’art.258 TFUE.
1.1. Gli effetti delle pronunzie rese dalla Corte di Giustizia.

Si è sottolineato(Domenicucci) come “…L’efficacia delle pronunce pregiudiziali non è condizionata ad alcun meccanismo delibatorio. In assenza di precisazioni del Trattato al riguardo, essa va esaminata sotto un duplice profilo: i) a livello endoprocessuale, con riferimento cioè al medesimo giudizio nel quale è stata sollevata la questione ed ai suoi eventuali gradi successivi; ii) a livello extraprocessuale, vale a dire nei confronti di tutti gli altri processi nazionali in cui trovi applicazione la normativa dell’Unione esaminata dalla Corte. Sotto il primo profilo, è pacifico che la sentenza spieghi la sua efficacia vincolando in maniera assoluta il giudice a quo (nonché le altre giurisdizioni eventualmente chiamate a conoscere del medesimo litigio, in caso di appello o di ricorso per cassazione) ed in via mediata anche le parti. In tal caso l’unica possibilità per il giudice a quo è di adire nuovamente la Corte per chiedere ulteriori chiarimenti, per sottoporle una nuova questione di diritto o nuovi elementi di valutazione suscettibili di indurla a risolvere diversamente una questione già sollevata, ma non per contestare la validità della sentenza”.

Non sembra potersi dubitare- ma v. in dottrina, per alcuni precisi distinguo in relazione all’efficacia del rinvio endo o extraprocessuale Franchi, 1953 ss.- dell’efficacia erga omnes delle pronunzie rese dalla Corte di Giustizia7, né della loro portata retroattiva-che dunque risale all’epoca dell’adozione del testo eurounitario8- chiarendo la Corte il significato e la portata della norma, quale deve o avrebbe dovuto essere intesa e applicata dal giudice anche a rapporti giuridici sorti prima della sentenza interpretativa9.

Questo “vincolo”, a ben considerare, riguarda il giudice della causa a quo che sarà tenuto a non conformarsi all’eventuale diversa interpretazione offerta alla stessa normativa dal giudice nazionale di ultimo grado.

Sul punto Corte Giust. 5 ottobre 2010, causa C-173/09, Elchinov, ha chiarito che il diritto dell’Unione osta a che un organo giurisdizionale nazionale, al quale spetti decidere a seguito di un rinvio ad esso fatto da un organo giurisdizionale di grado superiore adito in sede d’impugnazione, sia vincolato, conformemente al diritto nazionale di procedura, da valutazioni formulate in diritto dall’istanza superiore qualora esso ritenga, alla luce dell’interpretazione da esso richiesta alla Corte, che dette valutazioni non siano conformi al diritto dell’Unione. In altre parole, secondo la Corte di Lussemburgo, il giudice nazionale, che abbia esercitato la facoltà ad esso attribuita dall’art. 267, secondo comma, TFUE, è vincolato, ai fini della soluzione della controversia principale, dall’interpretazione delle disposizioni in questione fornita dalla Corte e deve eventualmente discostarsi dalle valutazioni dell’organo giurisdizionale di grado superiore qualora esso ritenga, in considerazione di detta interpretazione, che queste ultime non siano conformi al diritto dell’Unione, potendo all’occorrenza disapplicare, di propria iniziativa, qualsiasi disposizione contrastante della legislazione nazionale, senza doverne chiedere o attendere la previa rimozione in via legislativa o mediante qualsiasi altro procedimento costituzionale10.

Occorre ancora sottolineare che tale vincolo riguarda non solo il giudice nazionale che ha sollevato il rinvio, ma anche gli altri giudici che saranno chiamati a statuire sulla medesima causa nei diversi gradi del giudizio11, i quali, eventualmente, potranno sollecitare una nuova pronunziai n via pregiudiziale della Corte di Giustizia ove intendano offrire elementi nuovi non esaminati precedentemente dal giudice di Lussemburgo o comunque indurre la Corte di Giustizia ad un revirement.

1.2. Il dialogo ascendente e discendente tra giudice nazionale e Corte di giustizia.

Il tema dell’interpretazione eurounitariamente conforme già trattato dal Presidente Ondei consente ora di svolgere alcune considerazioni sul principio di cooperazione diuturnamente che caratterizza, anche, il rapporto tra giudice comunitario e giudice domestico secondo tipiche scansioni dialogiche.

Piero Gaeta, rifacendosi al filosofo Grice12 , ha condivisibilmente tracciato il contenuto intrinseco e la finalità di ogni forma di “dialogo” -rendere più efficace lo scambio di informazioni o raggiungere lo scopo della comunicazione- riconoscendo che tra giudice nazionale e giudice eurounitario– più che tra giudice nazionale e CEDU- possono comporsi le rime di un “dialogo” in senso pieno, improntato ad un fine comune e cementato da un principio cooperativo, attuato in base a regole condivise.

Ciò perché giudice ascendente (Corte di Giustizia) e giudice discendente (giudice nazionale) appaiono ispirati da regole condivise13.

E’ dunque il caso di fermarsi un attimo sulla trama del dialogo, ascendente e discendente, tra giudice comunitario e giudice nazionale, non potendosi disconoscere che tale «dialogo» non può prescindere da una chiara ripartizione dei rispettivi ruoli dei dialoganti.

Ciò si farà per (tentare di) dimostrare quanto l’affermazione del “primato” del giudice di Lussemburgo su quello nazionale meriti ben più attenta ponderazione di quella generalmente riservata, ad essa dovendosi affiancare una serie di precisazioni capaci di plasmare il concetto di primazia, orientandolo verso tratti di più marcata complementarietà, cooperazione ed integrazione capaci, infatti, di ricondurre tale rapporto su parametri di equiordinazione.

E’ communis opinio che quando è in discussione la portata di una normativa comunitaria – ora eurounitaria- l’influenza ed il “potere” della Corte di Lussemburgo si atteggiano con tratti di sovraordinazione rispetto al giudice nazionale.

In questa direzione milita, per un verso, la naturale capacità delle sentenze interpretative della Corte di Giustizia di orientare i giudici nazionali nell’applicazione del diritto eurounitario, secondo un meccanismo che assegna al diritto vivente del giudice eurounitario il ruolo di “precedente vincolante” per qualunque giudice nazionale, anche territorialmente diverso da quello che ha suscitato il rinvio pregiudiziale.

Quel che tuttavia caratterizza in modo pregnante il rapporto di complementarietà fra giudice interno e giudice di Lussemburgo è l’esistenza del meccanismo del rinvio pregiudiziale che, proprio per il suo atteggiarsi quale strumento preventivo che “parte” dal giudice nazionale non intende né eliderne le prerogative né travolgere il suo operato, esula da un meccanismo di tipo gerarchico.

In questo senso non è superfluo sottolineare, anzitutto, la “libertà” del giudice(non di ultima istanza) di attivare tale meccanismo14 e, con essa, la “centralità” del giudice nazionale, essendo questi non soltanto l’unico ad avere piena conoscenza dei fatti di causa, ma anche trovandosi nella situazione più idonea a valutare la pertinenza delle questioni di diritto sollevate e la necessità di una pronuncia pregiudiziale per poter emettere la propria sentenza(Domenicucci).

Questa libertà, peraltro, nasconde dei doveri precisi del giudice nazionale che si traducono, in caso di non corretto esercizio delle prerogative attribuitegli, in ipotesi di irricevibilità del rinvio.

Proprio la centralità del giudice del rinvio determina, nella giurisprudenza eurounitaria, declaratorie – ancorchè prudenti (Franchi, op.cit. 1947)di irricevibilità delle questioni pregiudiziali nelle quali il giudice a quo omette di definire il contesto di fatto e di diritto in cui si inserivano le questioni sollevate o di spiegare l’ipotesi di fatto su cui tali questioni erano fondate15 ovvero solleva una questione all’interno di una controversia fittizia16. Ma che finisca comunque col prevalere, nei rapporti fra giudice nazionale e Corte di Giustizia, lo spirito di cooperazione, è dimostrato dalla tradizionale elasticità con la quale la Corte di Giustizia interpreta le condizioni di ricevibilità dei rinvii pregiudiziali(Franchi, 1947).

La particolare “competenza” del giudice nazionale si misura, peraltro, sia nella stesura delle ordinanza di rinvio pregiudiziale, sicuramente agevolata dalla Nota informativa riguardante le domande di pronuncia pregiudiziale da parte dei giudici nazionali- reperibile sul sito della Corte-17 e ancor di più nella capacità di non investire la Corte dell’esame di questioni che esulano dalla loro “competenza”.

Salvo a ritornare sul tema dei confini nel prosieguo della discussione, è importante che il giudice nazionale non attivi il meccanismo pregiudiziale quando la controversia innanzi a lui pendente non riguarda questioni di competenza della Corte- id est non è lambita neppure indirettamente dal diritto dell’UE-18 e che attivi il rinvio seguendo alcune regole di base19.


1.3. Perché dialogare con la Corte di Giustizia.

All’interrogativo proposto nel paragrafo sembra rispondere in maniera estremamente chiara il compianto Avvocato Generale Colomer che, nelle Conclusioni presentate il 28 giugno 2007 nella Causa C-262/06, Deutsche Telekom AG, chiarisce che il rinvio pregiudiziale<< lungi dal costituire un interrogatorio in cui un giudice si limita a formulare quesiti aspettando che l’altro giudice gli fornisca una risposta, si presenta come un autentico dialogo, una conversazione in cui i partecipanti esprimono le loro considerazioni, sebbene l’ultima parola, per ragioni istituzionali e di uniformità del sistema, spetti ad uno solo di essi, che impone la propria opinione tenendo conto del parere degli altri>>

Come osserva l’Avvocato Generale Maduro nelle Conclusioni presentate il 22 maggio 2008 nella causa C210/06, Cartesio Oktató és Szolgáltató bt, la possibilità, per un organo giurisdizionale di grado inferiore in ogni Stato membro, di interagire direttamente con la Corte di giustizia è essenziale ai fini dell’uniforme interpretazione e dell’effettiva applicazione del diritto comunitario.

Attraverso la domanda di pronuncia pregiudiziale, il giudice nazionale diventa parte di una discussione di diritto eurounitario senza dipendere da altri poteri o da altre autorità giudiziarie nazionali, le quali nemmeno possono limitare od opporsi a tale scelta, anche se strutturate in posizione gerarchica superiore rispetto al giudice che intende sollevare il rinvio.

Comincia, così, a delinearsi la portata del dialogo di cui qui si discorre.

Utile appare, ancora una volta, il rinvio alle Conclusioni dell’Avvocato Generale Colomer presentate il 25 giugno 2009 nella causa C-205/08, ove si intravede nel dialogo pregiudiziale uno strumento straordinario per il <>.

Ciò che, in definitiva, significa valorizzare il ruolo fondamentale dei giudici nello spazio costituzionale europeo.

E’ dunque la giurisdizione <n.d.r.-, sul rispetto della legge e sulla risoluzione delle controversie>> a godere di <>.

Può, a ragione affermarsi che <<   L’autorevolezza dell’ordinamento europeo è quindi intrisa di una forte componente giudiziaria. Non è esagerato ritenere che la Corte di giustizia sia il responsabile ultimo del diritto dell’Unione grazie ai giudici nazionali>>.

Ed è sempre Colomer a sottolineare che <dialogo tra giudici sono stati definiti, uno ad uno, i tratti genetici del nuovo ordinamento: l’effetto diretto , il primato del diritto comunitario,  la responsabilità , l’effettività , l’equivalenza e molti altri principi che articolano il sistema giuridico dell’Unione  >>.

Importante è dunque comprendere il ruolo del dialogo pregiudiziale.

Per far ciò ci sia consentito usare, ancora una volta, le parole dell’Avvocato Colomer, quando afferma che <>

Ed è proprio questo il punto nodale del dialogo visto che proprio la richiesta di rinvio crea un percorso virtuoso di avvicinamento del diritto comunitario a quelle tradizioni culturali comuni che costituiscono, come è noto, una delle basi fondamentali dei principi generali dell’ordinamento comunitario coniati, ancora una volta, dalla Corte di Giustizia.

Per questo, il punto 23 delle Note informative chiarisce che “il giudice del rinvio, se si ritiene in grado di farlo, può indicare succintamente il suo punto di vista sulla soluzione da dare alle questioni pregiudiziali sottoposte.” Questa notazione, apparentemente marginale, risulta di notevole importanza se si riflette sul fatto che con essa la Corte di Giustizia ha a cuore le valutazioni espresse sulla questione controversa dal giudice nazionale. Valutazioni e tesi che vengono dunque a costituire anch’esse un anello della catena che condurrà alla soluzione del quesito per mano della Corte.

Ha dunque ragione Colomer nel ritenere che è proprio il rinvio pregiudiziale ad alimentare il dibattito giudiziario europeo. E sotteso a tale rinvio non è il desiderio della Corte di giustizia di esercitare un controllo sull’affluenza di procedimenti sottoposti alla sua giurisdizione quanto l’intenzione di rispettare e mostrare una certa deferenza nei confronti della concezione della funzione giurisdizionale in ciascuno Stato membro.

La portata europea del dialogo, d’altra parte, si percepisce non appena si riflette sul fatto che l’ordinanza di rinvio del giudice nazionale appena pervenuta nella cancelleria della Corte viene notificata della stessa non solo alle parti del processo a quo, ma anche agli Stati membri ed alla Commissione, nonché al Consiglio ed al Parlamento, quando l’atto di cui si chiede l’interpretazione emani da questi ultimi. Ciò dà il senso delle portata del rinvio pregiudiziale al quale sono “invitati” a partecipare tutti i Paesi dell’UE! La vicenda così attivata dal giudice nazionale esce, in tal modo, dagli ambiti asfittici della controversia, non si limita nemmeno ad avere refluenza all’interno dei confini nazionali, ma va oltre questi, per porsi come elemento indefettibile e tassello fondamentale della piena, armonica ed uniforme interpretazione del diritto dell’Unione.

Ecco che questo dialogo attivato dal giudice nazionale si amplia enormemente, coinvolgendo altri protagonisti, ai quali viene data l’opportunità, attraverso il deposito di osservazioni, di offrire alla Corte il proprio contributo sui punti controversi e di esporre le tesi a sostegno delle soluzioni prospettate.

Così facendo il meccanismo scelto a livello comunitario dimostra di essere non solo estremamente democratico, ma anche improntato ad un corretto uso dei meccanismi di confronto20.

Per questo l’ordinanza di rinvio non ha essa solo valenza endoprocessuale, ma si risolve in un tassello extraprocessuale parimenti indefettibile. La Corte di Giustizia ha infatti chiarito che l’ordinanza di rinvio e le informazioni ivi contenute hanno anche la finalità di fornire ai governi degli Stati membri la possibilità di presentare osservazioni ai sensi dell’art. 20 dello Statuto, rientra nella sua competenza «provvedere affinché tale possibilità sia salvaguardata, tenuto conto del fatto che, a norma della disposizione citata, alle parti interessate vengono notificate solo le decisioni di rinvio. Quindi, è indispensabile che il giudice nazionale che solleva la questione fornisca un minimo di spiegazioni sulle ragioni della scelta delle norme [dell'UE] di cui chiede l’interpretazione e sul rapporto che egli ritiene esista fra tali disposizioni e la normativa nazionale applicabile alla controversia» (ex multis, Corte giust., sent. 8.11.2007, Schwibbert, C-20/05, Racc. p. I-9447).

Sembrano dunque essere quelle sopra esposte le ragioni che inducono la Corte di giustizia ad attribuire al giudice nazionale non di ultima istanza il ruolo di “giudice comunitario di diritto comune” -senza obbligarlo al rinvio pregiudiziale-.

Ma anche la fase discendente, successiva alla decisione della Corte di Giustizia, non è meno rilevante, questa volta attribuendo al giudice nazionale il compito, non meno decisivo, di “calare” nella vicenda concreta il dictum del giudice di Lussemburgo. La portata endoprocessuale della pronunzia della Corte dunque non rappresenta il tassello finale ed ultimo della vicenda. Per dirla in termini pratici, la causa non è chiusa, ma anzi è per effetto della pronunzia della Corte che si apre una nuova fase innanzi al giudice nazionale.

In questo senso, il continuo ricorso, nelle pronunzie della Corte di Lussemburgo, alla formula “spetta al giudice nazionale verificare” dimostra quanto sia la stessa Corte ad avere ben presente il ruolo, fondamentale ed ineliminabile, riservato al giudice nazionale nella fase di attuazione concreta delle decisioni di Lussemburgo.

E ciò non soltanto per l’ovvia prossimità di quel giudicante alla controversia ed al sistema nazionale interno, ma proprio per una precisa scelta di condizione di ruoli voluta, prima di ogni altro, proprio dal giudice di Lussemburgo.

Ulteriore conferma dell’equiordinazione esistente fra giudice comunitario e domestico si trae dalla facoltatività dello strumento del rinvio che sta, in definitiva, a dimostrare e giustificare la peculiare posizione del giudice nazionale.

Quest’ultimo, infatti, se non decide di rivolgersi al giudice di Lussemburgo, gode del potere diretto di fare applicazione della normativa comunitaria, pur risultando tenuto a conformarsi alla cornice del diritto vivente della Corte di giustizia all’interno della quale esso si colloca.

E’ vero che questa scelta di fondo del sistema dei rapporti fra giudice eurounitario e giudice nazionale potrebbe essere spiegata non in termini qualitativi, ma secondo una logica quantitativa e di sopravvivenza (della Corte), immaginandosi che l’obbligatorietà del rinvio farebbe impazzire il giudice di Lussemburgo, depotenziando quel requisito di effettività posto a fondamento dell’intero sistema di tutela giurisdizionale proprio dalla Corte di giustizia.

Né può tacersi che secondo taluni la formula “giudice comunitario – ora eurounitario n.d.r. - di diritto comune”, spesso utilizzata dagli Avvocati generali della Corte di giustizia21, non va intesa letteralmente, ma piuttosto in maniera simbolica, posto che quando il giudice nazionale si occupa del diritto comunitario, lo fa come organo di uno Stato membro22 e non come organo comunitario in seguito a un'operazione di sdoppiamento funzionale23. Ciò che renderebbe comunque marcata, accentuandola, la differenza fra le due Istituzioni giurisdizionali confermando il tratto sovraordinato di cui si è detto.

Sembra tuttavia che la condivisione integrale di tale ultimo postulato rischia di far perdere l’essenza dei rapporti esistenti fra giudice nazionale e comunitario che proprio la Corte di Lussemburgo sa essere caratterizzati in termini di integrazione, in quanto rivolti ad un organismo nazionale voluto come parte sui generis della stessa Corte e, dunque, non come “altro”, diverso o gerarchicamente sottordinato. Se così fosse, lo si ribadisce, il rinvio pregiudiziale si imporrebbe come regola, il che si è visto non è.

Si può quindi concludere che il promovimento del rinvio pregiudiziale, quando è sperimentato, costituisce espressione, da parte del rimettente, di autonomia, dallo stesso derivando una pronunzia del giudice di Lussemburgo dotata di efficacia vincolante per il giudice nazionale- anche diverso da quello che ha sollevato il rinvio-.

La conferma della residualità dei tratti di gerarchia e della centralità della regola dell’integrazione sembra riposare nel fatto che gli effetti della pronunzia resa in sede pregiudiziale dalla Corte non esaurisce il potere decisionale del giudice (nazionale) a quo che sarà tenuto a coniugare la decisione comunitaria con il diritto interno, operando appunto secondo i meccanismi dell’interpretazione conforme o della disapplicazione (rectius non applicazione) ovvero, ove tale ultimo meccanismo non possa operare (rapporto orizzontale, direttiva non self-executing), del rinvio alla Corte costituzionale ex art.117 primo comma Cost.24-almeno secondo il paradigma coniato nel nostro ordinamento-.

Attribuire efficacia vincolante alle sentenze interpretative della Corte esalta, in definitiva, più che la sovraordinazione del giudice di Lussemburgo il meccanismo dialogico del rinvio, senza il quale la Corte comunitaria non può operare.

Utili appaiono le conclusioni rese dall’Avvocato Generale Colomer nella causa C-14/08, Roda Golf & Beach Resort SL, ove si sottolinea che <da giudice a giudice e non da caso a caso-p.52-.


Yüklə 294,6 Kb.

Dostları ilə paylaş:
  1   2   3   4   5   6   7   8   9   10   11




Verilənlər bazası müəlliflik hüququ ilə müdafiə olunur ©genderi.org 2024
rəhbərliyinə müraciət

    Ana səhifə