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APPROFONDIMENTI TEMATICI
rezza dello Stato o, ancora, per l’ordine e la si-
curezza pubblica, poiché condannato con sen-
tenza definitiva per i reati previsti dall’articolo
407, comma 2, lettera A), del codice di proce-
dura penale.
Il ricorso non solo consente al richiedente
di sottoporre il proprio caso all’esame di un giu-
dice ordinario, ma permette l’attivazione dell’ef-
fetto sospensivo.
Con il riconoscimento della protezione in-
ternazionale, al rifugiato viene rilasciato un per-
messo di soggiorno della durata di 5 anni
rinnovabile alla scadenza, mentre, al beneficia-
rio della protezione sussidiaria viene rilasciato
un permesso di soggiorno della durata di 3
anni, rinnovabile ma previa verifica della sussi-
stenza dei requisiti che ne hanno determinato il
rilascio.
Il rifugiato ha così diritto al rilascio di un do-
cumento di viaggio, conforme al modello pre-
visto dalla Convenzione di Ginevra, che
consente di effettuare i viaggi al di fuori del ter-
ritorio nazionale italiano. Il cittadino straniero ti-
tolare dello status di rifugiato gode del
medesimo trattamento del cittadino italiano sia
nell’ambito del lavoro subordinato che auto-
nomo, per l’iscrizione agli albi professionali, per
la formazione professionale, per la formazione
scolastica, in materia sanitaria e sociale, per il
tirocinio sul luogo di lavoro ed anche in materia
di accesso al pubblico impiego, in quest’ultimo
caso, con le modalità e le limitazioni previste
per i cittadini dell’Unione Europea.
Il rifugiato può fare richiesta di cittadinanza
italiana dopo 5 anni di soggiorno e di residenza
regolare nel territorio nazionale. Rispetto agli
altri requisiti, invece, non essendoci indicazioni
chiare a riguardo, il rifugiato deve dimostrare le
condizioni di reddito richieste dalla legge 5 feb-
braio 1992, n. 91 sull’acquisto della cittadi-
nanza.
Le nuove disposizioni legislative escludono
il rifugiato dalla procedura di rilascio del per-
messo di soggiorno CE per soggiornanti di
lungo periodo (già carta di soggiorno).
Il cittadino straniero titolare dello status di
protezione sussidiaria gode comunque dello
stesso trattamento in materia di lavoro e occu-
pazione del cittadino italiano nonché in materia
di assistenza medica, sociale e di accesso al-
l’istruzione. In ogni caso, il permesso di sog-
giorno può essere convertito in permesso per
motivi di lavoro se vi sono le condizioni previste
dall’ordinamento giuridico. Inoltre, ha diritto al
ricongiungimento familiare e per le medesime
categorie sopra citate ma, contrariamente al ti-
tolare dello status di rifugiato, deve dimostrare
i requisiti abitativi e di reddito previsti dall’arti-
colo 29 del Dlgs n. 286/1998.
In materia di ricongiungimento familiare, i ti-
tolari degli altri permessi di soggiorno ricondu-
cibili al principio di tutela e di protezione
dell’individuo, non godono del medesimo trat-
tamento. Né i titolari di permesso di soggiorno
per protezione temporanea rilasciata ai sensi
del D.Lgs. n. 85/2003, né coloro che hanno ot-
tenuto il rilascio del permesso di soggiorno per
protezione umanitaria, ai sensi dell’art. 5,
comma 6 del D.Lgs. n. 286/1998, possono, in-
fatti, richiedere ed ottenere il ricongiungimento
dei propri familiari, pur potendo dimostrare i re-
quisiti di reddito ed abitativi previsti per gli im-
migrati ordinari, ad esempio.
Procedure di protezione internazionale
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APPROFONDIMENTI TEMATICI
La normativa
sull’acquisizione della
cittadinanza è ancorata alla legge 91 del 5 feb-
braio 1992, quando l’Italia si considerava un
Paese di emigranti anziché d’immigrazione.
Successivamente le acquisizioni di cittadinanza
sono aumentate, passando da 3.500 casi nel
1991 a livelli notevolmente più alti seppure an-
cora inferiori a quelli riscontrabili in altri Paesi
europei (nel 2010, per esempio, i casi di can-
cellazioni anagrafiche come cittadino straniero
per acquisizione di cittadinanza italiana sono
stati 66.000).
In Italia sono due le strade principali per
l’acquisizione della cittadinanza da parte degli
immigrati: il matrimonio con un cittadino ita-
liano, oppure un certo numero di anni di resi-
denza continuativa nel Paese. Nel primo caso,
devono essere trascorsi due anni di residenza,
in Italia, dalla data di celebrazione del matrimo-
nio (tre anni se celebrato all’estero). Un matri-
monio ogni 10 coinvolge ormai un cittadino
straniero e le coppie miste, ormai più di 260.000
(senza considerare quelle di fatto, di difficile
quantificazione poiché non definite giuridica-
mente dalla legislazione nazionale), sono fon-
damentali nel processo di trasformazione
interculturale del Paese.
Per il secondo caso, è invece previsto un
periodo di residenza regolare ed ininterrotta, in
Italia, di dieci anni per i cittadini non comunitari,
con relativa iscrizione anagrafica; è altresì ri-
chiesta la dimostrazione della disponibilità di un
reddito adeguato e il possesso dei requisiti lin-
guistico-culturali. Secondo quanto disposto
dalla legge, la procedura di esame dell’istanza
e di concessione della cittadinanza dovrebbe
durare 730 giorni: in realtà, i tempi sono molto
più lunghi ed è molto sentita l’esigenza di una
più celere trattazione di queste pratiche.
Per i figli di immigrati nati in Italia, stante la
prevalenza dello ius sanguinis (diritto di sangue),
la legge prevede che possano diventare italiani
se, oltre ad essere stati registrati tempestiva-
mente all’atto della nascita (anagrafe e resi-
denza), abbiano anche risieduto in Italia,
regolarmente ed ininterrottamente, fino al com-
pimento della maggiore età. In questo caso, de-
vono presentare entro un anno dalla maggiore
età al Comune di residenza una richiesta in cui
dichiarano di voler diventare cittadini italiani.
Il dibattito intorno alla possibilità di accesso
ai diritti di cittadinanza degli stranieri residenti –
sia nei confronti dei figli degli immigrati nati in
Italia sia nei confronti dei loro genitori da tempo
residenti o comunque portatori di un progetto
definitivo di insediamento – ha gradualmente
conquistato una centralità inedita anche nel
contesto italiano, tradizionalmente poco incline
a guardare ai residenti di origine immigrata
come a dei “nuovi cittadini” e caratterizzato,
come abbiamo visto, da un impianto normativo
in materia particolarmente restrittivo. A restituire
visibilità a una questione spesso oscurata sul
piano politico (e mediatico) dall’enfasi esclusiva
posta sulle pur comprensibili questioni securi-
tarie, è la sempre più consistente presenza di
giovani di seconda generazione (stimata intorno
ai 600-650mila): figli di immigrati nati, cresciuti
Cittadinanza: il dibattito in corso
tra ius sanguinis e ius soli