L’evoluzione dell’Islam in Bangladesh
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imponeva il dominio dell’apparato militare-burocratico,
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risultava incapace di
fronteggiare sia le differenze linguistiche e culturali, sia le crescenti disparità
economiche regionali. In Bengala il travaglio portava il regionalismo musulmano a
recidere il legame islamico extraterritoriale nel ’71, e con l’aiuto determinante
dell’esercito indiano, creava il Bangladesh.
La classe dirigente del nuovo stato da subito avvertì l’urgenza di elaborare un
collante identitario che giustificasse la separazione dal Pakistan e ancora più
importante, che fornisse le coordinate per “ri-immaginare” la nazione. Da qui la
scelta di puntare non solo sull’esaltazione e la celebrazione della “bengalità” e dei
suoi martiri, ma anche di ammantare il nuovo regime di un’ideologia secolare-
dharma mirapekshata, sancita insieme agli ideali di nazionalismo, socialismo e
democrazia, dall’articolo 12 della nuova Costituzione. Questa reattiva ed elusiva
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idea di secolarismo, nella sua dimensione politica, significò principalmente il
rifiuto del “communalism”, incarnato dall’agenda teocratica della Jamat-i Islam,
che fu presto messa fuori legge. Ma per Mujib l’ideologia secolare fu intesa, sul
piano religioso, il potere dello stato di determinare l’immagine pubblica,
l’ortodossia, se si vuole, dell’Islam, che egli individuò nella visione modernista che
in India, con intento apologetico, aveva interpretato l’Islam alla luce delle categorie
occidentali di ragione e progresso.
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L’insoddisfazione diffusa con una religiosità
astratta estranea alla identità che si era venuta a formare nel XIX secolo agevolò nel
1975 l’ascesa di Zia ar Rahman il quale “successfully changed the image of
Bangladesh from a liberal Muslin country to an Islamic country”.
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La
trasformazione, indubbiamente funzionale ad esigenze interne determinate
dall’ascesa del blocco dei civil and military bureaucrats e dall’avvio di una nuova
“export-oriented” politica economica,
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fu alimentata anche da fattori esogeni quali
il rapporto con paesi come l’Arabia Saudita e il timore della potente India.
L’orientamento islamico del regime si manifestò con l’introduzione del bismillāh nel
preambolo della costituzione; poster con scritte coraniche affissi negli uffici
pubblici, apertura di una università islamica e, nel 1977, cassazione dell’articolo sul
secolarismo nella costituzione. Tuttavia questa forma di islamizzazione del regime
rimase ancorata ad un’ideologia nazionalista la cui connotazione islamica fu
veicolata dal postulare un’identità Bengladeshi in contrapposizione all’identità
bengalese della tradizione laica. Con l’avvento del generale Ershad si passò ad
“istitutionalizing the new brand of nationalism with an islamic flavor introduced
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La deriva autoritaria, che spesso è stata associata all’ideologia islamica, è invece, per Low, da
rapportare “to its heritage of military-fiscal regimes over two centuries and more”. Low, 2002, p. 11.
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Mujib nel ’75 varò la “Islamic Foundation Act”, il cui scopo ultimo doveva essere “to undertake
research on the contribution of Islam to culture, science and civilization; to propagate to basic Islamic
ideals of universal brotherhood tolerance and justice”. Mursheed, 1995, p. 363.
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Autori come Ghulan Kabir hanno sottolineato la natura “hazy” del secolarismo di Mujib che come
dharma mirapekshata contemplava semplicemente una politica di “religious neutrality”. Kabir, 1994, p. 189.
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Ivi, p. 201.
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I due processi furono intimamente interconnessi. Come scrive Islam: “the pure growth strategy seems
to be naturally beneficial to the bureaucracy, because higher rates of growth make possible increased
defence and administrative expenditures and higher salaries and other fringe benefits”. Islam, 1987, p. 565.
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MEDEO
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AIELLO
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by Zia”
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e l’Islam fu dichiarato religione di stato.
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Dal ’90 con il ritorno ad un
processo democratico formale, le due principali formazioni politiche, l’Awami
League, capeggiata da Sheikh Hasina Wajid, figlia di Mujib e il Bangal Nationalist
Party di Khalida Zia, vedova di Zia ar-Rahman, sono diventate gli alfieri indomiti
delle contrapposte visioni nazionaliste.
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Oggi i problemi socio-economici e politici inducono alcuni a parlare di
Bangladesh come esempio di “failed state”,
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tuttavia è indubbio che da una
prospettiva più ampia la fragilità sistematica è rapportabile in primo luogo
all’incapacità degli eredi degli opposti nazionalismi di dare rappresentanza
compiuta a visioni competitive della comunità. Tuttavia sullo sfondo della
disgregazione sociale riconducibile ad aspettative mancate e acuita indubbiamente
dal fazionalismo rampante e da politiche di aggiustamenti strutturali dettate da
inflessibili organismi internazionali, la religione è venuta ad acquistare un ruolo
preminente. Ciò è dovuto in primo luogo all’attivismo di networks islamiche
transnazionali, come la politicamente-attiva Jam’at-i –islami che, alleatasi con il
nazionalismo religioso, punta ancora a realizzare, anche se con strumenti
aggiornati, l’ideale di Maududi di un Islam globale libero da contaminazioni
regionali, come la Tabligh Jam’at che organizza oceanici raduni annuali a Tungi e
rifiutando ogni forma di politicizzazione mira a promuovere un rinnovamento
della società partendo dalla crescita spirituale dell’individuo. Lo stesso flusso
migratorio indotto dal mercato del lavoro globale ha inciso sulla religiosità
Bengladeshi. Katy Gardner rileva come l’emigrazione dei Sylheti in Inghilterra e
altrove abbia trasformato il culto incentrato sulla figura del Pir: “the consequent
enrichment and leaps in social status of migrant and families, is closely associated
with growing Islamic purism in that area”.
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Il crescente ruolo dell’islam si
manifesta anche nell’attivismo delle
madrasah e nel rifiorire del culto dei santi: uno
sviluppo che incute timore per le sorti del futuro del secolarismo in Bangladesh.
100
Ma la visione secolare intesa in senso a-religioso e non nella sua connotazione
etno-linguistica è sempre stata marginale rispetto alle dinamiche identitarie che
invece si sono focalizzate intorno alla contrapposizione di una visione islamica
extraterritoriale ed una più intimamente bengalese. L’attuale risveglio che assegna
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Lintner, 2002, p. 1.
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Una delle conseguenze fu di proclamare il venerdì giorno di festa settimanale; tuttavia innovazioni
del genere sono indicative di un più sostanziale cambiamento. Come nota Riaz: “the declaration of a
state religious has accorded religion a definite space in the political discourse of Bangladesh. Since then,
the so-called secularist political parties have been forced to use idioms and icons of religion”. Riaz, 2002, p. 55.
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Seabrook vede nascere dalla “visceral personal hatred” la contrapposizione il cui risultato è “a low
intensity civil war”. Seabrook, 2006.
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In un articolo sulla violenza scatenata dall’accusa della Awami League di brogli nella compilazione
delle liste elettorali che hanno portato il presidente Iajuddin Ahmeda a posticipare le elezioni previste
per il 22/1/2007, Anirudh Suri scrive: “political chaos and a meaningless election might overwhelm the
fragile secular political system (…) creating the kind of failed state that occurred in pre-September 11
Afghanistan”. Suri, 2007. Per un’opinione che non vede il Bangladesh come uno stato collassato o uno
stato canaglia si veda Dowlah, 2007.
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Gardner, 2001, p. 150.
100
Si veda Khandker, 2005, p. 16.