L’evoluzione dell’Islam in Bangladesh
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segmentazione sociale. Manifestazione del cambiamento in atto fu la tendenza ad
adottare esotici nomi arabi e la pretesa dei ceti atrap, come evidenziato da diversi
censimenti, di avere riconosciuto lo status ashraf, quale quello di Sayyid, Shaikh,
Mughal o Pathan.
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Il risultante sentimento di autostima, in presenza di una
crescente solidarietà sociale, trasformò i membri della classe media urbana di
recente formazione, e più tardi anche gruppi rurali, in strenui difensori della nuova
identità musulmana. A Calcutta, dove furono fondate diverse anjuman,
69
questi
gruppi ebbero un ruolo integrante decisivo. Come nota McPherson:
In Calcutta below the level of élitest leadership, the fabric of Muslim
society was maintained by populist religious leaders and voluntary
associations of lower class Muslims, based on religious charitable and trading
intents such groups may have looked to upper class Muslims for
representation at the highest level, but in return they provided such leaders,
or rather spokesman with gross root support.
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Ancora più decisivo, ai fini dell’integrazione della comunità, risultò lo sviluppo
di una stampa musulmana in Bengalese. Coma nota Uddin:
Numerous daily, weekly and monthly journals focused on Islamic topics,
including religious teachings, history, biographies of famous Muslims and
events affecting Muslims in Bengal and India, thus affirming ties with other
Muslims in India […] while playing the role of the voice of the community by
responding to Christian and Hindu critique and by suggesting normative
practises and beliefs.
71
Tuttavia il solo processo di riequilibrio sociale non poteva risultare costitutivo
di una nuova visione che nel contesto coloniale fu forgiata, per lo più, dalle
passioni energizzanti suscitate dalla proiezione di contrapposizioni comunitarie.
72
Infatti punto cardine del disegno dell’élite musulmana fu di accentuare la
differenziazione dagli hindu bengalesi. La martellante proiezione di legami
68
Graham, E.I., vol. X, Sharif.
69
La prima associazione risale al 1855, prima della Rivolta. Come nota Prosad: “the general impact of
the political awakening among the Hindus […] appear to have forced upon the Muslim mind the
imperative necessity of forming a political organization to safeguard the interests of their community
and also work for their general uplift”. Prosad, 1967, p. 265.
70
McPherson, 1974, p. 24.
71
Uddin, 2006, p. 71.
72
Pandey, rifiutando sia l’approccio essenzialista, che egli attribuisce al colonialismo, sia quello
razionalista-economicista, che fa perno sul ruolo dell’élite, sembra dar peso alla componente ideologica:
“communalism as we know it is a new phenomenon: far from being of hoary origins, or even of very
long standing, it is a development of the late colonial period”. E aggiunge: “communalism, nationalism
are also made, and made we should add out of shared as well as contested experience and common as
well as mutually contradictory visions and struggles”. Pandey, 1990, pp. 13, 22. A queste esperienze
pre-coloniali, in particolare al “rational patriotism”, focalizza l’attenzione Bayly (1998) mentre Ray
(2002) sottolinea il ruolo della “felt community”.
A
MEDEO
M
AIELLO
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extraterritoriali, materiata da un’idealizzazione delle regioni del vicino oriente
islamico, che anche in Bengala sfociò nel pan-islamismo,
73
diffuse un sentimento di
distacco dal Bengala che indusse i musulmani a sentirsi stranieri nella propria
terra.
74
Un sentimento acuito dall’avvento negli ultimi decenni del secolo del
cosiddetto “muscolar hinduism”, che nel Bengala fu veicolato principalmente dagli
ultimi lavori di Bankin Chandra Chattopadhyaya, in particolare dall’opera
Anandamath, considerata la quintessenza del romanzo storico militante.
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Bankim,
come scrive Tanika Sarkar, nello sforzo di approdare ad una “reconstructed hindu
leadership”, arrivò anche ad elevare l’Islam a prototipo di ideologia da emulare, e
tuttavia la nefasta presenza musulmana concreta andava rimossa: “unless we
throw these dirty bastards out, Hindus will be ruined […] when shall we raze
mosques down to the ground and erect Radhamadhav’s temples in their place”.
76
Sullo sfondo di tale deriva ideologica, l’avvio del movimento per la protezione
della vacca portò anche in Bengala allo scoppio di conflitti intercomunitari.
77
Indubbiamente come sostiene Gyan Pandey, in linea con l’indirizzo della scuola
“subaltern”, problematiche di altra natura contribuirono alla radicalizzazione del
movimento,
78
tuttavia è indubbio che l’ondata di violenza influì notevolmente sulla
crescita di una “communal consciousness”.
La sedimentazione di questa visione della comunità sarebbe rimasta
politicamente irrilevante qualora non si fosse riusciti, sulla base degli stessi
presupposti, sia a mobilitare le masse contadine, sia ad instaurare canali di
comunicazione tra queste ed i ceti urbani. Pur in presenza di profondi
cambiamenti nella società rurale,
79
un ruolo chiave nella realizzazione di questi
obiettivi lo ebbero i
maulvi tradizionalisti. Nella seconda metà dell’800 il ruolo
dominante di questa classe religiosa fu minacciato da diversi movimenti revival
che, abbandonando la strategia jihadista,
80
focalizzarono i loro sforzi
nell’eliminazione di quelle pratiche religiose ritenute non conformi alla loro idea di
ortodossia. Un attivismo che comunque portò le masse rurali a maturare maggiore
consapevolezza di appartenere ad una più ampia comunità. Questa presenza
73
Come nota Shah: “Pan-Islamic trends in Bengal […] may be traced to the Russo-Turkish war of 1876-
78”. Shah, 2002, p. 141.
74
Ray riporta il seguente commento tratto da una pubblicazione del periodo: “In Calcutta Hindus are
called Bangalee by every Muhammadan, who has never travelled beyond the Mahratta Ditch (built to
protect the city against incursions in the eighteenth century), as if such Muhammadans by the fact of
their professing the faith of the great Arabian Prophet have a right to be non-Bengalee”. Ray, 1979, p. 27.
75
Come nota P. Chatterjee “In his mind […] the self-awareness of a people consisted of the knowledge
of its own history. One might indeed say that to him a nation existed in his history”. Chatterjee, 1999, p. 58.
76
Sarkar, 1996, p. 175.
77
Idem, 1983, p. 60.
78
Pandey, 1992, pp. 63-64.
79
In questo periodo, al declino degli zamindar hindu si verificò “the rise to power of the prosperous
Muslim jotedars […] and these rich Muslim peasants became easy allies with the urban Muslim
leadership. Mallik – Hussain, 2004, p. 17.
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Basti ricordare il movimento taiyuni creato da Maulana Karamat Ali, il quale, nonostante la sua antica
adesione alla
țarīqa-yi-muḥ
ammadīya, condannò l’uso della violenza, con numerosi
fatawa.