Dicembre 2016 e ditoriale



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F

ATTI E

O

PINIONI

Nuova Secondaria - n. 4 2016 - Anno XXXIV - ISSN 1828-4582

già usata per dare il voto […], o me-

glio presa boccia per testa, quasi Dare

in testa, Accoppare, presa la imma-

gine dal giuoco delle bocce, quando si

sbalza fuori la palla avversaria» (Di-



zionario etimologico, online).

Non è tuttavia chiarita una questione

fondamentale: perché si è associato il

gioco delle bocce alla ‘bocciatura’

agli esami? La vicinanza tra boccia e

palla, cui allude Pianigiani, può aiu-

tarci a capire. Occorre considerare

un’altra parola dello stesso campo: è

il termine ballotta, che già nel medio

evo denotava le palline usate per vo-

tare. A Venezia ne derivarono il verbo



ballottare e le due forme, insieme,

furono riprese in francese, che formò

anche il sostantivo ballottage (ripreso

poi da ballottaggio). Oltralpe ave-

vano anche il termine boule, che fu

impiegato per formare uno strano

verbo  blackbouler di chiara origine

inglese: riprende infatti (to)  black-



ball, che significava ‘dar palla nera’,

nel senso di ‘bocciare, escludere me-

diante una votazione’.

Tale pratica ebbe diffusione e fortuna

soprattutto nel Settecento, entro i cir-

coli della neonata massoneria britan-

nica (Philippe Benhamou, in 100 idées

reçues sur les francs-maçons (et leur

histoire), Hors-série Le Point – Histo-

ria, février-mars 2013). Quando si vo-

tava per l’ammissione di un “fratello”

in loggia ogni membro del club aveva

una pallina bianca per il sì e una nera

per il no. Bastava una pallina nera per

escludere e blackball (‘bocciare’)

l’aspirante. La pratica inglese giunse in

Francia verso la metà del Settecento,

insieme alle prime logge massoniche.

Il verbo uscì poi dal lessico del voca-

bolario massonico e trovò ospitalità

nella lingua dell’uso comune.

Oggi,  bocciare può corrispondere a



respingere (e far ripetere l’anno sco-

lastico) oppure a rimandare, come è

nelle sessioni universitarie d’esame.

In quest’ultimo senso, l’uso toscano

tratta bocciare come intransitivo (con

ausiliare essere); troviamo esempi nel



Vocabolario Treccani (online): temo

di bocciaremio fratello è bocciato a

luglio e ora deve ripetere l’esame.

Peraltro, nell’italiano della vicina

Confederazione Elvetica bocciare è

intransitivo con ausiliare avere anche

nell’uso “scolastico” (p.es.: que-

st’anno mio figlio ha bocciato). È un

verbo da trattare con le dovute cau-

tele. Peraltro, gli studenti bocciati po-

tranno dichiararsi vittime di una con-

giura massonica.

Giovanni Gobber

Università Cattolica di Milano

Bocciati? Siete in buona

compagnia, “compassata”

Fino agli albori dell’Ottocento, boc-



ciare significava soltanto «lanciare

una boccia». Non vi era ancora il si-

gnificato “scolastico”. Avvenne poi

qualcosa all’ombra della Mole. Un

primo chiaro segnale è nel Gran di-

zionario piemontese-italiano, che uscì

a Torino nel 1859. Compilatore era il

cavaliere Vittorio di Sant’Albino, che

al verbo bocè indicava, tra gli altri

sensi, quello di «dare un voto sfavo-

revole o contrario ad alcuno, riman-

darlo dall’esame, o rimuovere uno

dalla sua carica e simili». Nel voca-

bolario è riportata anche l’espressione

bocià a l’esame che è tradotta in ita-

liano con «scartato, non ammesso,

escluso per difetto d’idoneità»; se-

condo l’autore, quest’uso era nato dal-

l’immagine «della ballottazione che si

fa nel mandare a partito»: a fornire

l’ispirazione ai torinesi dell’epoca sa-

rebbe stato dunque il gioco delle

bocce. Con il dotto sabaudo concorda

in seguito Ottorino Pianigiani, che de-

riva la versione italiana bocciare «da

bòccia in luogo di pàlla pàllottola,















Parole «comuni»

di Giovanni Gobber

con 70.046 lavoratori avviati (35,5%

sul totale). La differenza di genere

diminuisce al crescere dell’età dei la-

voratori: i lavoratori avviati minori

di 18 anni sono per oltre il 70% ma-

schi, mentre oltre i 29 anni i lavoratori

avviati di sesso maschile sono poco

meno del 52%.

A queste criticità il Governo ha ri-

sposo, nel jobs act, con la ‘’fuga in

avanti’’ del sistema duale mettendo

in partenariato attivo le imprese con

le istituzioni formative, allo scopo di

poter conseguire, anche in Italia, una

qualifica, un diploma e anche una lau-

rea con un piano di studi dove circa la

metà del percorso formativo viene

svolto in impresa. Con un limite di

fondo, però. Come ha scritto Michele

Tiraboschi ‘’la riforma nasce dal cen-

tro – dal Ministero – e si diffonde

verso la periferia. Dall’alto verso il

basso’’.


Giuliano Cazzola

Economista e politico

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