Dicembre 2016 e ditoriale



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ATTI E

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PINIONI

Nuova Secondaria - n. 4 2016 - Anno XXXIV - ISSN 1828-4582

è uno dei sintomi della vastità dei

cambiamenti che interessano oggi i

più giovani. Occorre allora fare uno

sforzo di attenzione rinnovata verso

questa generazione che sembra desti-

nata a restare troppo a lungo sulla so-

glia della vita: attenzione che è so-

prattutto ascolto in tutte le sue

complesse modulazioni. Papa Fran-

cesco ne suggerisce la necessità nel-

l’Evangelii Gaudium: «Abbiamo bi-

sogno di eserci¬tarci nell’arte di

ascoltare, che è più che sentire. La

















Dopo il terremoto, 

la scuola come priorità

È difficile isolare le immagini più

drammatiche che ci hanno accompa-

gnato nei giorni immediatamente se-

guenti il recente terremoto nel Centro

Italia: la morte di bambini piccolis-

simi, la sparizione di intere famiglie,

il salvataggio di persone dopo ore di

sepoltura sotto le macerie, la distru-

zione di attività frutto di decenni di la-

voro. E a fronte di ciò, e per fortuna,

lo slancio generalizzato di generosità

e abnegazione, a partire dalle nostre

istituzioni per finire al volontariato

e, non ultimo, il modo straordinaria-

mente partecipato con cui il mondo

ha manifestato la sua vicinanza con la

nostra bandiera illuminata nei più im-

portanti “landmark”,  in primis la

Torre Eiffel e la Statua della Libertà.

Ma chi scrive, a motivo della defor-

mazione professionale, è stata colpita

da un dato apparentemente meno im-

portante. Alla domanda cruciale: che

cosa fare, da dove cominciare? Qual-

cuno ha messo al primo punto l’avvio

del nuovo anno scolastico. E non mi

riferisco alla maestra che è stata ri-

presa in lacrime con una pietra in

mano della sua scuola crollata, ma

alle affermazioni che venivano dalla

gente comune, da genitori, ma anche

da anziani, da chi ha lasciato la scuola

da tempo.

Quasi un’invocazione a non sparare

sulla Croce Rossa, visto che la Scuola

è, non di rado, un bersaglio preso di

mira, quasi che in essa fossero con-

centrate tutte le disfunzioni e man-

canze del nostro Paese. Una cosa ne-

cessaria come l’aria che respiriamo,

che diamo per scontata, salvo accor-

gerci e invocarla quando non c’è più.

In effetti, la scuola, oltre al luogo car-

dine dove si gettano le basi della so-

cietà e si creano e mobilitano valori

che formano il collante della vita in

comune, è anche un luogo che crea e

distribuisce ricchezza. Se si pensa non

solo all’apparato statale – i docenti –,

ma anche all’indotto – edilizia, mense,

pulizia ecc. – la scuola, secondo una

terminologia corrente, è l’azienda

meno soggetta a inflazione e insieme

il centro di irradiazione sul nostro fu-

turo. Giusta, quindi, e comprensibile

la richiesta di cominciare la rinascita

a partire da questa istituzione. 

Verrebbe da pensare che, paradossal-

mente, le peak experiences – i terre-

moti sono tra queste – con tutte le

sofferenze e i danni che creano nella

popolazione, a livello psicologico ci

facciano scoprire la parte migliore di

noi. Per dirla con Cantril, «abbiamo la

tendenza a dimenticare che le nostre

esperienze esercitano un’influenza su

noi stessi e che spesso tale effetto su

di noi è il loro più importante risul-

tato». Ovviamente sarebbe meglio per

noi non aver bisogno di misurarci con

il dolore della vita per scoprire la bel-

lezza delle piccole cose, il valore

della normalità, la funzione insosti-

tuibile e necessaria della scuola ma,

come diceva Aristotele, acquistiamo

piena consapevolezza di noi stessi,

della nostra condizione solo attraver-

sando il buio della sofferenze e della

mancanza: diventiamo giusti ope-

rando giustamente, temperanti com-

piendo cose temperate, in breve, ac-

quistiamo le virtù solo praticandole.

Carla Xodo

Università di Padova

Il futuro alle spalle

di Carla Xodo













In ascolto dei giovani

I giovani potranno costituire uno dei

segni del nostro tempo? il loro modo

di resistere, cercando di costruirsi un

domani in un contesto che sembra

non curarsi di loro è il segno della

forza della vita che, pur dentro tutte le

resistenze di una società che vuole

conservarsi uguale a se stessa, genera

novità e futuro.

Il senso di estraneità che gli adulti

provano di fronte al mondo giovanile



Vangelo docente

di Paola Bignardi

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Nuova Secondaria - n. 4 2016 - Anno XXXIV - ISSN 1828-4582

prima cosa, nella comunicazione con

l’altro, è la capacità del cuore che

rende possibile la prossimità….

L’ascolto ci aiuta a individuare il ge-

sto e la parola opportuna che ci

smuove…» (EG 171).

La conoscenza vera nasce dal-

l’ascolto! È quanto cerca di fare la ri-

cerca che da quattro anni l’Istituto

Toniolo realizza per offrire informa-

zioni aggiornate, articolate e appro-

fondite sul mondo giovanile. L’inda-

gine, avviata nel 2012, ha carattere

nazionale. È condotta su un campione

iniziale di 9.000 persone comprese

tra i 18 e i 29 anni. L’obiettivo della

ricerca è quello di capire chi sono i

Millennials, con i loro desideri, le

loro aspettative, le loro fragilità; co-

noscere le difficoltà che incontrano

ma soprattutto andare alla ricerca dei

punti di forza da incoraggiare e su

cui scommettere attraverso l’azione

educativa. 

Può educare solo chi sa accogliere; e

sa accogliere chi sa fermarsi ad ascol-

tare, con la mente e con il cuore; chi

non dichiara con sufficienza, a ogni

nuovo dato, che tanto lui, quelle cose

“le sapeva già”. La barriera che si è

creata tra le generazioni nasce anche

dal modo superficiale con cui molti

adulti danno per scontata la loro co-

noscenza dei giovani, e rifiuta di fer-

marsi ad ascoltarli, dedicando a que-

sto esercizio tempo e cuore.

Nel breve spazio di questa rubrica,

nei prossimo numeri, cercheremo di

allenarci all’ascolto, primo passo di

un discernimento quanto mai neces-

sario perché gli educatori non per-

dano del tutto il contatto con la gene-

razione che hanno la responsabilità

di accompagnare verso il futuro.

Paola Bignardi

Pubblicista, già Presidente nazionale

dell’Azione Cattolica Italiana















Insegnanti e burocrazia

Nelle nostre scuole – malgrado la pro-

clamata “autonomia scolastica” (af-

fermatasi, paradossalmente, in modo

centralizzato, essendo stata calata dal-

l’alto!) – il docente è sempre più cir-

condato, ma sarebbe forse meglio dire

“assediato”, da numerose incombenze

burocratiche. Incombenze che, in ge-

nere, poco o nulla concernono il suo

primario compito istituzionale, ov-

vero quello che realizza quando entra

in aula e svolge le sue lezioni, av-

viando un percorso di formazione per

i propri discenti.

Oggi si assiste sempre più, in modo

paradossale, alla marginalizzazione

della “lezione” e del lavoro svolto in

classe dal docente a contatto diretto

con i propri studenti, mentre assume

un’importanza sempre maggiore tutto

ciò che dovrebbe invece fare “da con-

torno” a questa attività. Da un punto di

vista tecnico questo processo ha di-

rettamente a che fare con la burocra-

zia e con la conseguente burocratiz-

zazione del lavoro del docente. Ma in

cosa consiste l’essenza della burocra-

zia? Il giovane Marx ha risposto a

questa domanda, nelle sue considera-

zioni concernenti una critica della fi-

losofia hegheliana del diritto del 1843,

osservando che «[…] la burocrazia fa

dei suoi scopi “formali” il suo conte-

nuto, essa viene ovunque a conflitto

con gli scopi “reali”. Essa è costretta

a spacciare il formale per il contenuto

e il contenuto per il formale».

La burocrazia attua insomma una si-

stematica inversione tra ciò che è so-

stanziale e ciò che è marginale: tra la

sostanza e l’inessenziale, tra ciò che

più dovrebbe contare nella scuola

(l’insegnamento e la sua qualità) e i

suoi aspetti estrinseci, meramente for-

mali, che finiscono, invece, per di-

ventare sistematicamente gli aspetti

“sostanziali”. Per esempio: non conta



come un docente svolge realmente le

sue lezioni, ma è invece fondamentale

la programmazione formale di queste

stesse lezioni. Col bel risultato che il



formale finisce per fagocitare il so-

stanziale

Né basta perché chiunque abbia avuto

esperienza del lavoro che si svolge in

una scuola pubblica sa benissimo che

«lo spirito generale della burocrazia –

per dirla ancora con Marx – è il se-

greto, il mistero, custodito entro di

essa dalla gerarchia, e all’esterno in

quanto essa è corporazione chiusa. Il

palesarsi dello spirito dello Stato, e

l’opinione pubblica, appaiono quindi

alla burocrazia come un tradimento

del suo mistero. L’autorità è perciò il

principio della sua scienza e l’idola-

tria dell’autorità è il suo sentimento».

Ignazio Silone – ne La scuola dei dit-



tatori – scriveva come «l’egemonia di

un’amministrazione centralizzata è la

premessa di ogni dittatura: anzi, è

essa stessa già dittatura». Per questa

ragione di fondo gli insegnanti de-

vono resistere alla moda del giorno,

che vuole ridurli sistematicamente a

meri impiegati e funzionari che tra-



La lanterna di Diogene

di Fabio Minazzi

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