Ufficio dei Referenti per la Formazione Decentrata del Distretto di Brescia Settore Diritto Europeo



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2.5.1.Qualche considerazione

I percorsi che la Corte di Giustizia ha battuto per "condannare" l'Italia ed il sistema di responsabilità dello Stato per violazione del diritto eurounitario dei giudici di ultima istanza sono diversi.

Vi è stato, anzitutto, il terreno dell'interpretazione, sul quale la difesa dello Stato aveva giocato le sue carte, assumendo la possibilità di un'interpretazione della legislazione interna conforme ai canoni fissati dalle sentenze Köbler e Traghetti.

Tale prospettiva non ha trovato sponda nei giudici di Lussemburgo, non appena la Corte di Giustizia ha reso evidente che proprio la giurisprudenza della Corte di cassazione, alla quale spetta il compito nomofilattico di fornire gli elementi per garantire l'uniforme attuazione del diritto, aveva seguito finalità e rationes decidendi incompatibili con quelle espresse dalla medesima sul tema151.

Va sottolineato che il giudice di Lussemburgo, anche nella sentenza che si commenta, è tornato ad insistere sul ruolo centrale della giurisprudenza che, secondo la stessa Corte europea, era l'unica che avrebbe consentito di disattendere l'azione di inadempimento promossa dalla Commissione. Sicché l'assenza di elementi dai quali potere inferire l'esistenza della piena ed effettiva tutela delle posizioni che hanno matrice eurounitaria da parte della giurisprudenza nazionale è risultata decisiva.

L'astratta possibilità di un'interpretazione conforme del diritto interno alle coordinate della Corte di Giustizia ventilata dallo Stato italiano non trovava conferma alcuna nella giurisprudenza di legittimità perché proprio il diritto vivente -reso in vicende nemmeno lambite dal diritto eurounitario - si era andato caratterizzando in termini di concreta assenza di ipotesi di responsabilità dello Stato.

Confidare sul fatto che la Corte di Giustizia potesse “acquietarsi” sulla difesa statale che ipotizzava la possibilità di un'interpretazione eurounitariamente orientata (mai sperimentata a livello interno) era dunque alquanto ardito, se solo si pensa al ruolo di chiusura assunto dalla responsabilità dello Stato per violazione del diritto dell'Unione nel processo di piena attuazione dei diritti sanciti a livello europeo152. E ciò deve dirsi pur non disconoscendo l’esistenza di qualche caso virtuoso, emerso nella giurisprudenza di merito, che ha fatto applicazione del meccanismo della disapplicazione della legge interna per contrasto con il diritto dell’Unione.153

Se, infatti, agli occhi della Corte l'azione di responsabilità concessa al cittadino europeo nei confronti dello Stato per lamentare una violazione delle regole eurounitarie ascrivibile ai suoi organi all'interno di un giudizio che avrebbe dovuto garantire la protezione invocata rappresentava l'ultima concreta possibilità di piena soddisfazione dei diritti del richiedente, poteva mai la Corte acconciarsi alla mera possibilità di un'interpretazione eurounitariamente conforme da parte della Cassazione che, nell'interpretare la normativa interna, applicabile comunque anche alle vicende di cui qui si discute, aveva fino a quel momento adottato una linea ermeneutica assolutamente distonica rispetto alle coordinate di Lussemburgo?

La risposta a tale interrogativo era talmente scontata da rendere obbligata la soluzione della Corte di giustizia.

Un altro dubbio occorre risolvere rispetto alla possibilità di applicare o meno la legge n.117 del 1988 alle ipotesi di responsabilità dello Stato per violazione del diritto UE.

A ben considerare per la negativa, espressamente caldeggiata in dottrina154, si sono espressi i giudici del Tribunale di Genova in occasione del proseguimento della causa Traghetti del resa lo scorso anno dopo il (primo) rinvio alla Corte di giustizia155.

In tale occasione, infatti, il giudicante ritenne che «nel caso di responsabilità dello Stato per asserita violazione comunitaria derivante da provvedimento giurisdizionale reso come nel caso in esame da giudici di ultima istanza, laddove la violazione «controversa risulta da un'interpretazione delle norme giuridiche o da una valutazione dei fatti e delle prove operate da tale organo giurisdizionale» non può più trovare applicazione la l. n. 117 del 1988 perché la fattispecie esula dal campo di applicazione della normativa predetta, stante la ritenuta incompatibilità con il diritto comunitario della clausola di salvaguardia di cui all'art. 2 comma 2 l. cit.».

Per tali ragioni il Tribunale di Genova ha sostenuto che in mancanza di un'apposita disciplina sostanziale e processuale l'azione di responsabilità anche per illecito dello Stato-Giudice andava sussunta all’interno dell'art. 2043 c.c., in tal modo escludendo di dovere applicare la disciplina prevista dalla l.n.117 del 1988 e applicando alla stessa le forme processuali ordinarie.

Tale conclusione non appare tuttavia particolarmente persuasiva, se solo si considera che la stessa rappresenterebbe un vulnus ancorpiù grave di quello che il legislatore del 1988 intese disciplinare dopo gli esiti del referendum- e ciò in punto di ammissibilità, rivalsa, ecc.-. E d’altra parte, la declaratoria della Corte non ha riguardato “tutta” la legge n.117 del 1988 ma ha colpito soltanto alcuni degli aspetti dalla stessa regolati.

Il che impone di considerare tuttora vigente la legge con riferimento alle ipotesi di responsabilità dello Stato per violazione del diritto dell’Unione europea ascrivibili al giudice di ultima istanza - ritenuta del resto pacificamente operante nelle vicende in discussione innanzi alla Corte di Giustizia dalla Commissione e dal Governo italiano e dallo stesso giudice di Lussemburgo - nelle parti in cui non è stata incisa dalla sentenza in commento156.


2.5.2. Che fare?

In definitiva, il pericolo, avvertito dalla Corte di Lussemburgo, di vedere trasposti i principi espressi dal giudice nazionale sul tema generale della portata della legge n.117 del 1988 ai casi di responsabilità per violazione eurounitaria ha originato una pronunzia rispetto alla quale un intervento legislativo sembra oggi non solo indilazionabile, ma necessario per trovare una soluzione congrua rispetto alla condanna dei giudici di Lussemburgo, capace anche di marginalizzare i tentativi di strumentalizzazione della sentenza di Lussemburgo che pure hanno caratterizzato a livello nazionale la discussione sulle ipotesi normative da approntare prima e dopo la sentenza del novembre 2011 e che sono culminate nell’approvazione presso la Camera dei Deputati di un emendamento alla legge comunitaria il giorno 2 febbraio 2012.

Da cosa dunque occorre partite per mettere mano alla modifica della legislazione corrente?

Anzitutto, va messo in chiaro che la Corte di giustizia ha postulato in maniera chiara che l’errore interpretativo che si risolve in un’ingiustificata lesione del diritto non può essere definitivamente posto a carico del soggetto attivo, dovendo lo Stato-Giudice farsi carico della responsabilità di chi ha scorrettamente applicato il diritto, conculcando le prerogative del portatore di quell’interesse quando, appunto, si accerti che: a) la norma giuridica violata sia preordinata a conferire diritti ai singoli; b) si tratti di violazione grave e manifesta; c) esista un nesso causale diretto tra la violazione dell'obbligo incombente allo Stato ed il danno subito dai soggetti lesi dalla violazione del diritto-v. p. 51 sent. Köbler-.

Se allora non pare potersi revocare in dubbio che spetta al giudice nazionale verificare la sussistenza dei detti presupposti per verificare la fondatezza dell'assunto sostenuto dall'attore, tale accertamento non potrà che compiersi alla luce dei criteri fissati dalle sentenze Köbler, Traghetti del Mediterraneo e Commissione c. Italia.

Ciò comporterà, ad esempio, la necessità di considerare il valore vincolante che le sentenze della Corte di Giustizia assumono rispetto al giudice nazionale quando le stesse intervengono in via pregiudiziale o anche in sede di azione di inadempimento per fornire la corretta interpretazione del diritto eurounitario.

Rispetto a tale ipotesi, infatti, la "responsabilità da dissenso" che sul piano interno non trova sicuramente spazio rispetto al caso di motivato distacco da un orientamento della Corte di cassazione a sezioni unite da parte di una sezione semplice della stessa Corte, sembra dovere invece valere per i casi in cui il giudice di legittimità abbia deciso volutamente ed anche motivatamente discostarsi dalle indicazioni offerte dal giudice di Lussemburgo157.

In tale ultima ipotesi, infatti, l'unica possibilità che l'ordinamento interno sembra offrire al giudice di ultima istanza (rectius, allo Stato-Giudice) per andare esente da responsabilità sembra essere quella - remota - di sollevare una questione di legittimità costituzionale, sostenendo che l'indirizzo interpretativo della Corte di Giustizia sia contrario ai principi fondamentali sui quali si basa la Repubblica italiana(c.d. controlimiti). Il che, d'altra parte, sposterebbe soltanto in avanti il problema, condizionandolo alla decisione assunta dalla Corte costituzionale.

Ma quel che sembra chiaro è che la pur pienamente voluta e motivata diversa soluzione della vicenda rispetto al dictum di Lussemburgo espressa dal giudice di ultima istanza non potrà che riverberarsi sulla responsabilità dello Stato al cui interno opera il medesimo.

Resta comunque la sensazione che per tali ultimi casi il vincolo esistente fra pronunzia resa in sede di rinvio pregiudiziale della Corte di Giustizia e giudice di ultima istanza sia tale da determinare sempre una violazione manifesta del diritto dell'Unione e dunque da far sorgere la responsabilità dello Stato-giudice158.

Sembrano essere queste le coordinate che possono tuttora spiegare in termini corretti le relazioni fra giudice interno e giudice di Lussemburgo. Il tutto in un’ottica protesa a canoni di effettività della tutela e del primato del diritto eurounitario su quello nazionale, attraverso i quali è possibile comprendere non solo il superamento- rectius riposizionamento del giudicato interno159- tema sul quale si è già avuto modo di riflettere160-, ma anche l’attribuibilità della responsabilità allo Stato per un’attività di natura giurisdizionale, essendo pacifica per la giurisprudenza della Corte di giustizia la nozione unitaria di Stato.

Non meno evidente sembra essere l'ipotesi di responsabilità dello Stato-giudice per i casi di mancato rinvio pregiudiziale da parte del giudice di ultima istanza.

Ancora una volta, sono proprio le coordinate che governano il sistema dei rapporti fra "giudice comune del diritto eurounitario di ultima istanza" e Corte di giustizia a rendere palese che la mancata attivazione del meccanismo del rinvio pregiudiziale, se correlata ad un'ipotesi di violazione del diritto eurounitario, contribuirà ad integrare il presupposto della violazione manifesta per le ipotesi in cui la mancata attivazione del meccanismo del rinvio, obbligatorio per il giudice di ultima istanza, abbia dato luogo ad una soluzione giurisprudenziale non in linea con la tutela offerta in via astratta ed in concreto dalle istanze eurounitarie161.

Il riconoscimento di una sorta di responsabilità presunta dello Stato per i casi di mancato rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia e di manifesta violazione dei principi espressi dal giudice comunitario di ultima istanza sembra dunque essere un dato certo ed inoppugnabile dopo la sentenza in commento ed impone, così, alle Corti supreme un atteggiamento nuovo e difficile.

Passando al versante delle ipotesi correlate all’attività di interpretazione, sicuramente valide appaiono le indicazioni offerte dall’Avvocato generale nella causa Traghetti del Mediterraneo per “codificare” i casi di responsabilità.

Fra questi, il primo posto, spetta a quello dell’interpretazione del diritto nazionale in modo “non conforme al diritto comunitario- oggi dell’Unione n.d.r.- applicabile, contrariamente all’obbligo di interpretazione conforme che incombe, secondo una giurisprudenza costante, su tutti gli organi giurisdizionali nazionali”-cfr., testualmente, p.56 Concl. Avv. gen. Léger -162.

Parimenti capace di generare la responsabilità dello Stato è il caso in cui il giudice di ultima istanza applica la normativa nazionale ritenendola conforme al diritto comunitario “pur se avrebbe dovuto disapplicarla in forza della preminenza del diritto comunitario rispetto al diritto nazionale, in ragione della sua irriducibile contrarietà con il diritto comunitario (escludente qualsiasi possibilità di interpretazione conforme). Qui la violazione viene individuata in ragione dell’attività per avere interpretato in modo apparentemente conforme il diritto nazionale a quello comunitario senza invece giungere alla sua disapplicazione stante la sua irriducibile contrarietà al diritto comunitario.



Ai casi appena menzionati vanno aggiunti quello dell’errata interpretazione di una norma di diritto comunitario applicabile alla fattispecie.

Orbene, tali ipotesi appena enumerate sembrano fare emergere un indebolimento del canone della certezza del diritto, correlato alla minata invulnerabilità assoluta del giudicato, pure evocando lo spettro dell’attentato all’indipendenza ed all’autonomia della magistratura163.

Epperò, chi in questo complesso e nuovo sistema intende individuare un attentato all’autonomia del giudice interno in ragione della riconosciuta responsabilità dello Stato-Giudice per erronea interpretazione del diritto interno non coglie il reale messaggio promanante dalla Corte di giustizia già a partire dalla sentenza Köbler, né la prospettiva tenuta a mente dal quel giudice.

E' la stessa sentenza Köbler a chiarire che la responsabilità dello Stato-giudice (e non del giudice) non mette in discussione l'autonomia e l'indipendenza della magistratura quando afferma che « per quanto riguarda l'indipendenza del giudice, occorre precisare che il principio di responsabilità di cui trattasi riguarda non la responsabilità personale del giudice, ma quella dello Stato» (p. 42 sent. cit.)

La successiva precisazione per cui «...non sembra che la possibilità che sussista, a talune condizioni, la responsabilità dello Stato per decisioni giurisdizionali incompatibili con il diritto comunitario comporti rischi particolari di rimettere in discussione l'indipendenza di un organo giurisdizionale di ultimo grado» (p. 42 sent. ult. cit.) vale, al contempo, come monito e come valvola di sicurezza.

Per un verso, infatti, la Corte europea è molto chiara nell'affermare che i principi in tema di responsabilità dello Stato per atto interpretativo del giudice non possono discostarsi, nella sostanza, da quelli generalmente valevoli per ogni altra condotta riferibile allo Stato164.

Del resto, se si mettono in collegamento i punti 34, 35 e 36 della sentenza Traghetti ci si accorge che la responsabilità da scorretta interpretazione trae linfa dal peculiare rapporto esistente fra il sistema eurounitario e quello interno, tutto pervaso dal principio del “primato” che spinge la Corte a non tollerare interpretazioni che scantonano dal dato europeo e dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia. Solo così può comprendersi il senso, ma anche i limiti, della posizione espressa dai giudici di Lussemburgo.

Ciò dimostra che l'obiettivo perseguito dalla Corte europea è solo quello di una piena ed effettiva attuazione del diritto eurounitario nell’ordinamento nazionale attraverso l’operato di una giurisdizione preparata ed attenta al nuovo diritto, alla quale il sistema attribuisce un ruolo fondamentale ed unico.

In questa prospettiva si deve dunque leggere la responsabilità dello Stato per attività del giudice di ultima istanza che, indiscutibilmente, impone all'apparato giudiziario uno standard di professionalità sempre più elevato anche con riguardo al diritto europeo, come ha recentemente sottolineato il Primo Presidente della Corte di Cassazione Ernesto Lupo nella Relazione presentata all’inaugurazione dell’anno giudiziario 2012, cogliendo i nessi tra tale esigenza e quella di una “doverosa, complessa e completa formazione dei magistrati”(pag.30).
2.5.3. Non si può ammettere la responsabilità diretta del giudice in nome dei principi espressi dalla Corte di giustizia

Il piano che si è qui scelto di seguire è dunque quello che vede una netta differenziazione fra le ipotesi di responsabilità dello Stato-Giudice da quelle che riguardano la responsabilità diretta del giudice rispetto all’illecito al medesimo ascrivibile165.

La precisazione che le riflessioni sopra esposte non attengono alla responsabilità del Giudice è parimenti centrale e spazza via il tentativo di strumentalizzare la decisione del giudice europeo e di torcerne il significato fino al punto di giustificare ipotetiche riforme del sistema giudiziario tali da introdurre forme dirette di responsabilità del singolo magistrato.

Assolutamente nitide ed "immortali" ci sono apparse le parole pronunziate da Rosario Livatino quando, inascoltato e lasciato solo ricordava, prima della legge n. 117/1988, che l'unico effetto di una riforma orientata all'introduzione della responsabilità diretta del giudice« sarebbe quello di indurre il giudice al più rigido conformismo interpretativo». Il giudice, secondo Livatino, «per cautelarsi contro il pericolo di seccature» «...si guarderebbe bene dal tentare vie interpretative inesplorate e percorrerebbe sempre la strada maestra fornita dalla giurisprudenza maggioritaria della Cassazione»166.

Per tal motivo «l'autorità del precedente, che è vincolo professionale per il magistrato anglosassone, diventerebbe per quello italiano fatto d'interesse personale e l'art. 101 della Costituzione potrebbe essere riscritto nel senso che i giudici sono soggetti soltanto alla Corte di Cassazione.»

In quelle parole, tutte rivolte ad allontanare dal ruolo del giudice un sistema che "punisce l'azione e premia l'inazione, l'inerzia, l'indifferenza professionale" sta tutto lo statuto morale del magistrato di ogni tempo, di quel giudice che "è quello voluto dalla umanità di sempre, configurato in ogni ordinamento dello Stato di diritto, esaltato nella Carta costituzionale."

Se dunque, come affermava Livatino, «il giudice di ogni tempo deve essere ed apparire libero ed indipendente, e tanto può essere ed apparire ove egli stesso lo voglia e deve volerlo per essere degno della sua funzione e non tradire il suo mandato», solo una lettura superficiale delle decisioni di Lussemburgo potrà consentire di intravedervi l'autorizzazione ad una modifica radicale del sistema giudiziario che, siamo certi, non potrebbe superare i confini di Lussemburgo e di Strasburgo.

Occorre, anzitutto, sgombrare il campo dall'affermazione che l'indipendenza voluta dai legislatori di ogni tempo in favore del corpo giudiziario abbia la sua legittimazione nel fatto che a questi è impedita ogni discrezionalità politica, ogni sconfinamento da ciò che è normativamente prestabilito dalla legge167.

Da tale affermazione si fa, infatti, derivare l'altra, per cui l'attività interpretativa, con i connotati di creatività che ormai devono riconoscersi al giudice, impone di introdurre forme dirette di responsabilità del giudice.

Sarebbe, in altri termini, la sburocratizzazione del ruolo del giudice ad imporre la diretta responsabilità del giudice.

A tale opinione non si può aderire proprio per le considerazioni già evocate nel secolo scorso da Francesco Carnelutti168, Salvatore Satta169 e più recentemente ribadite da Pietro Trimarchi170.

Ritorna, qui, la convinzione che rispetto a determinati valori fondanti assolutamente condivisi nel sistema europeo, peraltro recentemente confermati dall’art.47 2^ par. della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e dalla Magna Charta dei Giudici varata il 17 novembre 2010 dal Consiglio Consultivo dei Giudici Europei171, ove il concetto di indipendenza del Giudice viene riconosciuto ad un livello tale da non tollerare ipotesi di responsabilità personale anche solo in caso di rivalsa dello Stato- art.3- non si può ritenere che i singoli Stati possano, da soli, modificarne le coordinate senza incorrere in commendevoli alt da parte delle giurisdizioni sovranazionali- e si ha motivo di credere anche della Corte costituzionale-.

In definitiva, è proprio l'indipendenza ed imparzialità del giudice a costituire il basamento per un'efficace e pronta tutela dei diritti umani, tanto che minare alla radice tali presupposti non potrebbe che produrre un decremento degli strumenti di tutela. Questo è poi il senso della Raccomandazione CM/Rec (2010) 12 del Comitato dei Ministri agli Stati membri del Consiglio d’Europa sui giudici Indipendenza, efficacia e responsabilità adottata il 17 novembre 2010 in occasione della 1098a riunione dei Delegati172.

In tale documento, assimilabile a quelli c.d. di soft law, è stata esclusa l’ammissibilità di qualsiasi forma di responsabilità civile diretta dei magistrati, chiarendo che «l'interpretazione della legge, l’apprezzamento dei fatti o la valutazione delle prove effettuate dai giudici per deliberare su affari giudiziari non deve fondare responsabilità disciplinare o civile, tranne che nei casi di dolo e colpa grave» e pure aggiungendo che «soltanto lo Stato, ove abbia dovuto concedere una riparazione, può richiedere l’accertamento di una responsabilità civile del giudice attraverso un’azione innanzi ad un tribunale». L’ulteriore affermazione per cui «i giudici non devono essere personalmente responsabili se una decisione è riformata in tutto o in parte a seguito di impugnazione» rende evidente l’estrema attenzione degli organi sovranazionali al tema dell’indipendenza ed autonomia dei giudici, anello fondamentale del sistema dei protezione dei diritti alla stregua dell’art.6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo.



Appaiono allora straordinariamente nitide le parole scolpite dal Presidente della CEDU J. P. Costa allorchè affermava che «...je ne saurais trop insister sur la nécessaire indépendance et impartialité des juridictions nationales. Sans juges compétents, sans juges indépendants, sans juges impartiaux, il n’y a pas de respect possible de l’équité des procès et, en définitive, il n’existe pas de protection efficace des droits de l’homme.»173

In definitiva, la Corte di giustizia, affrontando il tema della responsabilità dello Stato per violazione del diritto eurounitario, non ha inteso in alcun modo lambire il tema di "confini interni" di tale responsabilità174.



Anzi, addirittura fuori dal contesto della responsabilità da atto giudiziario, Corte giust. (Grande Sezione) 17 aprile 2007, C-470/03, Suomen valtio and Tarmo Lehtinen ha, fra l'altro, sottolineato che in caso di violazione del diritto eurounitario, questo non osta all’accertamento della responsabilità in capo a un soggetto di diritto diverso da uno Stato membro- in quel caso funzionario dell'amministrazione - in aggiunta a quella dello Stato membro stesso, per i danni provocati ai singoli da provvedimenti che tale soggetto di diritto abbia adottato in violazione del diritto comunitario, ma neanche l’impone.

Ed assai significative appaiono le Conclusioni dell’Avvocato Generale Ruiz-Jarabo Colomer presentate il 25 giugno 2009 nella causa C-205/08, ove si intravede nel dialogo pregiudiziale uno strumento straordinario per il «rafforzamento della voce istituzionale di un potere degli Stati membri: la giustizia».

Ciò che, in definitiva, significa valorizzare ancora di più il ruolo fondamentale dei giudici nazionali nello spazio costituzionale europeo.

E’ dunque la giurisdizione «in quanto potere basato sull’indipendenza, sul rispetto della legge e sulla risoluzione delle controversie» a godere di «una voce singolare, staccata dallo scenario politico e legata unicamente alla volontà del diritto».

Se dunque «...L’autorevolezza dell’ordinamento europeo è quindi intrisa di una forte componente giudiziari», tanto che «…Non è esagerato ritenere che la Corte di giustizia sia il responsabile ultimo del diritto dell’Unione grazie ai giudici nazionali...» non si ha motivo di dubitare che la stessa Corte di Giustizia, se richiesta, si farà garante dei valori universali sui quali poggia il sistema di tutela giurisdizionale interno175.

In questa prospettiva, l’emendamento presentato dall’On.Pini e votato dalla Camera dei Deputati alla legge Comunitaria 2011, il quale ha operato un’unica regolamentazione delle ipotesi di responsabilità dello Stato giudice, per di più riconoscendo la diretta responsabilità del giudice si pone in chiaro contrasto con i sistemi giudiziari europei176, nei quali solo la Spagna presenta un meccanismo –artt.411/413 Ley Orgánica del Poder Judicial –rivolto - ma solo formalmente - a giustificare la responsabilità soggettiva del giudice177.



Vi è più di un motivo per ritenere che tale iniziativa si ponga in antitesi con le prerogative ineludibilmente riservate alla giurisdizione e che, se l’emendamento dovesse assurgere a legge dello Stato,  sarà necessario un vaglio da parte delle Istituzioni nazionali e sovranazionali che hanno a cuore la tutela dell'indipendenza della giurisdizione e del ruolo che essa ha assunto nei sistemi democratici.
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