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C
APITOLO
II
IL REATO
DI INCESTO
S
OMMARIO
:
1.
Inquadramento storico del crimen incesti – 2. La disciplina dell’incesto
nelle Novelle: in particolare Nov. 12 del 535 – 3. Nov. 139 Remissio poenae illicitarum
nuptiarum – 4. Nov. 154 De iis qui in Osroena illicitas nuptias contrahunt – 5. Ulteriori
interventi legislativi sull’incesto – 6. Le pene previste per l’incesto nel diritto giustinianeo
1. Inquadramento storico del
crimen incesti
La repressione dell’incesto è uno dei temi centrali della legislazione
novellare in materia penale non solo per l’elevato numero di
provvedimenti ad esso dedicati, ma anche per il rigore con cui questo
crimine viene perseguito (
1
).
L’importanza attribuita da Giustiniano alla disciplina delle nozze
incestuose può dipendere da molteplici fattori: da una parte si rileva la
crescente espansione di un tale fenomeno a livello sociale, soprattutto in
certe zone dell’impero restie ad accogliere il regime matrimoniale romano;
dall’altra parte vi è il progetto politico giustinianeo di unificare le
differenti realtà socioculturali presenti nell’impero tramite l’applicazione
del modello romano a tutti gli istituti di diritto privato; non va infine
dimenticato l’aspetto religioso, ovvero la diffusione del Cristianesimo, che
(
1
) Si sono dedicati ampiamente allo studio del reato di incesto, anche con riferimento
all’età giustinianea, A. G
UARINO
, Studi sull’”incestum”, in ZSS, LXIII, 1943, pp. 175-267 e S.
P
ULIATTI
, Incesti crimina. Regime giuridico da Augusto a Giustiniano, Milano 2001, pp. 189-227.
44
nutre una fortissima avversione nei confronti dell’incesto, inteso come
trasgressione ai comandamenti divini.
Va osservato che gli interventi di Giustiniano sulla materia sono tutti
concentrati in un periodo assai breve del suo regno, intercorrente tra il 535
e il 539: dopo questa data bisognerà attendere il 566 per avere un'altra
pronuncia imperiale in tema d’incesto, vale a dire Nov. 2, emanata da
Giustino II pochi mesi dopo la morte del suo predecessore. Il silenzio di
Giustiniano sull’argomento, in seguito alla promulgazione di Novv. 12,
139, 154, non dipende probabilmente dal fatto che tali leggi erano riuscite
a debellare il fenomeno (altrimenti il provvedimento del successore di
Giustiniano risulterebbe imspiegabile) ma dal fatto che questo, pur
sopravvivendo come costume sommerso, non veniva più percepito come
una minaccia all’istituto familiare romano, ormai affermatosi come
prevalente (
2
).
Eppure la diffusione di usanze endogamiche nel territorio
dell’impero, soprattutto nella parte orientale, quella più esposta
all’influenza dei popoli confinanti, non è affatto un fenomeno
esclusivamente contemporaneo a Giustiniano, in quanto aveva destato la
preoccupazione del legislatore già verso la fine del III secolo (
3
). Va
segnalata a questo proposito una costituzione di Diocleziano del 295,
conservata per intero nella Mosaicarum et Romanarum legum collatio (Coll. 6,
(
2
) Come risulta dall’indagine condotta sul lemma ἀqšmitoj e suoi derivati in Legum
Iustiniani Imperatoris Vocabolarium. Novellae. Pars graeca, a cura di G.
G.
A
RCHI
e A.
M.
B
ARTOLETTI
C
OLOMBO
, I, Milano 1986, p. 45. Gli autori attestano che il termine ricorre,
oltre che nelle Novelle summenzionate, in Nov. 134, 11, 2 (a. 535).
(
3
) Per quanto riguarda l’origine di questo crimine, va precisato che in epoca antica era
accusata di incesto la sacerdotessa di Vesta che veniva meno ai voti di castità e pudicizia
e che, come pena per aver trasgredito ai suoi doveri, veniva sepolta viva: almeno fino alla
fine dell’età repubblicana il crimen incesti si identifica dunque con la violazione dello stato
di purezza sacerdotale e non viene inteso nel senso di unione tra persone legate da
vincoli di parentela, significato che comincia ad affermarsi a partire dall’età classica.
Partendo dal presupposto che in origine incestum era l’infrazione ai divieti matrimoniali
imposti dal fas, si spiega la riunione nella stessa categoria dell’ipotesi di comportamento
impudico della vestale e di unioni tra parenti e affini.
45
4, 1-8) e riportata, per la sola parte dispositiva, in CI. 5, 4, 17 (
4
): la legge
contrappone l’uso barbaro che ammette le nozze incestuose con gli antiqui
mores romani che le vietano e ribadisce i casi di unioni ritenute antiquo iure
incestuose, ovvero quelle tra cognati ed adfines in linea retta (
5
).
Prima di passare alla disciplina dell’incesto nelle leges novellae è
opportuno offrire un quadro generale di come la materia viene trattata
nella Compilazione. Anche se non emanata formalmente da Giustiniano,
risulta interessante una costituzione di Giustino I, redatta tra il 520 e il 523,
in quanto è probabile che Giustiniano, il quale già collaborava con lo zio
imperatore, abbia preso parte ai lavori relativi a questa legge: vengono
infatti abrogate delle norme che stabilivano impedimenti al matrimonio di
alcune categorie di persone, come ad esempio le mulieres scaenicae, di cui
Teodora, futura moglie di Giustiniano, faceva parte. In CI. 5, 4, 23
l’imperatore si pone come obbiettivo la riqualificazione morale dell’attrice-
prostituta, permettendo ad essa, se si è pentita e ha abbandonato la
professone, di sposarsi con uomini ingenui: vengono così abrogati i divieti
matrimoniali, fino ad allora vigenti, che impedivano le nozze fra prostitute
e soggetti di rango senatorio; nei paragrafi conclusivi della legge, CI. 5, 4,
(
4
) A questa costituzione G.
L
ANATA
, Figure dell’altro nella legislazione giustinianea, in
Società e diritto nel mondo tardo antico. Sei saggi sulle Novelle giustinianee, Torino 1994, pp.
39-51, dedica un’analisi approfondita in quanto la ritiene una testimonianza insostituibile
per comprendere e contestualizzare gli interventi legislativi giustinianei sulla materia.
Secondo la romanista, mentre Diocleziano insiste genericarmente sulla difesa della
moralità e del vivere civile, Giustiniano concentra la sua attenzione sulle misure
repressive da riservare ai colpevoli d’incesto. Da queste premesse l’Autrice giunge alla
conclusione che l’accanimento contro le unioni incestuose non è frutto dell’influenza
cristiana quanto piuttosto della cultura pagana: a dimostrazione di ciò argomenta che
nelle Istituzioni viene considerato lecito il matrimonio tra cugini, inviso ai cristiani.
P
ULIATTI
, Incesti crimina, cit., p. 220, nota 42, non condivide questa opinione in quanto
asserisce che la repressione giustinianea del crimen incesti non si fonda solamente sulla
minaccia di sanzioni e quindi sulla diffusione di un clima di terrore, ma prima di tutto su
riflessioni di carettere morale e religioso.
(
5
) Va precisato tuttavia che, pur essendo il tono della costituzione dioclezianea
particolarmente aspro e rigoroso, in realtà non aggrava rispetto al passato la posizione
dei colpevoli di questo delitto, in quanto prevede il condono per le nozze incestuose
anteriori e non commina pene più severe per quelle celebrate successivamente.
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