35
religiosa la perdita della castità può consistere nella violazione del voto,
nell’abbandono dell’ordinazione per contrarre matrimonio e nella
convivenza illecita con uomini non appartenenti alla sua cerchia parentale:
ciò comporta per la diaconessa e per i suoi complici la pena capitale e la
perdita dei beni. Tali comportamenti criminosi sono puniti molto più
duramente del ratto, forse perché nelle ipotesi summenzionate viene
riconosciuta in capo alla donna una partecipazione maggiore al delitto
mentre in caso di rapimento il ruolo dell’uomo è considerato
preponderante, anche se ciò non basta a esentare la religiosa dalla pena (
33
).
5. Un confronto con il regime antecedente: CTh. 9, 24, 1 di Costantino
Nell’analizzare le caratteristiche della riforma apportata da
Giustiniano al crimen raptus (
34
) è imprescindibile operare un confronto con
la disciplina predisposta dall’imperatore Costantino e contenuta in CTh. 9,
24, 1, sotto il titolo De raptu virginum vel viduarum
(
35
).
(
33
) Se invece, come fanno alcuni storici, si ritiene che Nov. 6, 6 contempli – seppur
implicitamente – anche la fattispecie del ratto, ne consegue che l’imperatore, nel corso del
suo regno, ha mitigato la sanzione prevista per la diaconessa: da pena di morte prevista
nella legge in oggetto a reclusione perpetua in monastero come stabilito da Nov. 123, 43.
Sull’argomento si veda ampiamente D
ESANTI
, Sul matrimonio di donne consacrate a Dio nel
diritto romano cristiano, cit., pp. 270-296.
(
34
) Secondo G
ORIA
, s.v. Ratto (dir. rom.), cit., pp. 707 ss., a parte il diverso trattamento
riservato alla donna nella legislazione giustinianea rispetto a quella costantiniana,
Giustiniano non apporta modifiche consistenti alla disciplina dettata in CTh. 9, 24, 1 ma
ribadisce gli stessi principi fissati da Costantino per la figura del crimen raptus. Va detto
inoltre che queste disposizioni non conosceranno una piena applicazione nella prassi,
come dimostra il fatto che l’imperatore è dovuto tornare sull’argomento con le novellae
constitutiones. Si tratta di un’opinione non da tutti condivisa all’interno della dottrina
romanistica: basti pensare che l’inserimento, tra i soggetti passivi del reato, delle vedove
di condizione servile e libertina è un elemento di novità introdotto proprio con
Giustiniano.
(
35
) Si confronti L.
D
ESANTI
, Costantino, il ratto e il matrimonio riparatore, in SDHI, LII, 1986,
pp. 204 ss.: secondo l’Autrice CTh. 9, 24, 1 costituisce la più antica ed esaustiva
36
L’imperatore inasprisce rispetto al passato la persecuzione del ratto;
ciò può essere in parte dovuto all’influenza esercitata dalla Chiesa, che ha
contribuito a orientare il legislatore verso una maggiore severità nella
repressione del crimine, in particolare nei confronti delle donne.
Prima di affrontare lo studio della riforma costantiniana si rende
tuttavia necessaria una breve premessa sulla punizione del ratto in epoca
classica. Il Digesto riporta solo un passo, tratto dalle Institutiones del
giurista Marciano, risalente all’inizio del III secolo, in cui si configura il
rapimento di donne libere (sposate oppure vacantes, cioè nubili e vedove) e
si prevede per il colpevole la pena di morte.
D. 48, 6, 5, 2 (Marcian. 14 inst.)
Qui vacantem mulierem rapuit vel nuptam, ultimo supplicio punitur et,
si pater iniuriam suam precibus exoratus remiserit, tamen extraneus sine
quinquennii praescriptione reum postulare poterit, cum raptus crimen legis
Iuliae de adulteris potestatem excedit.
Il ratto è inquadrato da Marciano come reato di violenza sottoposto a
repressione pubblica: non si fa cenno ad alcuna possibilità di difesa
privata da parte dei parentes, i quali non vengono neppure sanzionati nel
caso omettano di perseguire l’autore del crimine. Va inoltre sottolineato
che, a differenza di quanto accade a partire da Costantino (che presume
sempre la corresponsabilità della donna nel rapimento), la rapita è
considerata esente da colpa. In caso di mulier vacans, Marciano descrive la
prassi in uso all’epoca: se la vittima fosse stata rapita contro la sua volontà,
aveva l’alternativa di sposare il suo rapitore o di farlo condannare a morte;
se invece fosse stata consenziente al ratto, il padre della donna avrebbe
potuto perdonare il colpevole evitandogli così la pena di morte ed
regolamentazione di questo crimine, in quanto getta le basi della disciplina del ratto di
vergini, vedove e santimoniali; l’elemento caratterizzante della legge è l’assoluta
intolleranza nei confronti del fenomeno, contro cui l’imperatore scatena una durissima
repressione. Si veda anche
D.
G
RODZYNSKI
, Ravies et coupables. Un essai d’interprétation de la
loi 9, 24, 1 du Code Théodosien, in Mélanges de l’École française de Rome. Antiquité, 96, 2, 1984,
pp. 697-726.
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