Omelia per l’inizio dell’anno sacerdotale



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Omelia per l’inizio dell’anno sacerdotale

Campobasso, Cattedrale, 1 luglio 09
Come alberi radicati lungo il fiume”

Carissimi presbiteri e diaconi,

è oggi un giorno prezioso e carico di tanti ricordi.

In un rinnovato grazie per il dono della vocazione sacerdotale, in preghiera per la mia mamma (qui presente, per grazia infinita!) e papà, per la mia famiglia, per la chiesa trentina, per la chiesa calabrese che mi ha generato al sacerdozio e all’episcopato, per questa chiesa, ora mia sposa, che mi avvolge di affetto e di forza, al vicario generale che mi ha rivolto parola di grande vicinanza e stima.

Ricambio volentieri di cuore le vostre preghiere e il vostro affetto, nel Signore Gesù: “Rendo grazie al mio Dio ogni volta che mi ricordo di voi, sempre lo faccio con gioia, ogni volta che mi ricordo di voi...!”.
Per me e per voi tutti, in modi e tempi differenti, si vive l’esperienza del RICORDO.

Un ricordo che diviene legame diretto con il dono che il Signore Gesù, il Vivente, ci ha fatto: quello di essere preti.

Siamo infatti consapevoli come diceva il parroco di Ars che “il Sacerdozio è l’amore del cuore di Gesù”.

Semplicissima ma efficacissima questa definizione del sacerdozio: l’amore del cuore di Gesù! Ed è per questo che cresce il legame diretto con il Cristo Gesù. E ci riguarda tutti, vescovo, preti e diaconi. Tutti avvolti, pur in modo differente, da questo immenso dolcissimo dono, che rende preziosa la vita.

Per parte nostra, l’anno sacerdotale l’abbiamo iniziato attorno al feretro, in vesti candide, di don Pasquale Pizzardi, proprio il 19 giugno scorso, festa del Cuore di Cristo, quel cuore che ci ha regalato il sacerdozio. Tutti uniti, insieme, avvolti dalla preghiera e dalla speranza, grati al Signore per gli esempi di tanti preti che abbiamo incontrato lungo la nostra vita.

Come dice il Papa nella sua bellissima lettera a noi rivolta per quest’anno sacerdotale: ogni prete deve la sua scelta ad un altro prete, che gli ha conquistato il cuore e lo ha attratto, divenendogli modello ed icona vivente.

E’ stato così anche per il santo Curato d’Ars. E’ diventato prete per tre motivi: la preghiera e l’esempio della sua mamma e papà, eroici in piena rivoluzione francese; il cuore aperto ai poveri e ai pellegrini (oggi per noi, agli immigrati che bussano al nostro cuore, ogni giorno, sempre di più!); ed infine, l’esempio eroico di un prete, “refrattario”, cioè che non si era piegato ai dettami della Rivoluzione francese, non aveva firmato, non aveva accettato compromessi e che, per esercitare il suo ministero, rischiava tutti i giorni la vita. Capì cioè, quel il giovane Giovanni, che farsi prete voleva rischiare la vita. Non la neutralità, ma il martirio!

Questi gli esempi che lo hanno conquistato.

Ognuno oggi ricorda figure simili.

Per parte mia, un giovane prete don Carlo Penasa, “cappellano” della mia parrocchia di Denno in Val di Non, ci aveva affascinati: dolce, chiaro, amabile, vicino a noi ragazzi. Soprattutto capace di afferrare il nostro cuore di chierichetti, una esperienza sempre valida per cogliere il cuore di Cristo, più di ogni altra! Da continuare a seguire nelle parrocchie, perché laboratorio sempre valido di vocazioni alte.


Ma i ricordi, possono suscitare due esperienze diverse. O nostalgia o benedizione.

Entrambe, sia nostalgia che benedizione, hanno le radici nel passato, entrambe legate ai ricordi. Ma con frutti ben diversi, anzi opposti.



  • La nostalgia infatti è legata al passato in una forma ossessiva. Vive di passato e resta legata ad esso. Si coccola dentro quanto già vissuto. Celebra se stessa, non si apre al presente e tanto meno al futuro. Indebolisce e sfianca, perché il tuo cuore, di prete o di vescovo...o di mamma o di genitore o maestro...vive di ricordi pesanti, che rattristano.

  • la benedizione vive anch’essa di ricordi, si radica anch’essa nel passato. Ma supera il passato e dal passato estrae solo quella linfa vitale che si fa certezza di grazia per il presente. Non resta attaccato al passato. Ma lo valorizza e lo intreccia con un presente sempre più carico di frutti vivi.

Sia la nostalgia che la benedizione producono frutti. Ma con la nostalgia, i frutti sono e restano acerbi. Con la benedizione, invece, si fanno dolcissimi.

I primi respingono, i secondi attraggono.
Certo, non è facile passare dalla nostalgia, sentimento istintivo ed alla fine anche comodo e accattivante...alla benedizione. Perché chiede un modo diverso di relazionarsi con il passato, perché sia come una tavolozza di luce, da cui attingere i colori più belli per dipingere il nostro presente di speranza e di benedizione.

E non zavorra che affonda!

Tavolozza e non zavorra; benedizione e non nostalgia!
E perché non vi sembri solo un gioco psicologico, ma un fortissimo elemento di perfezione spirituale, mi piace citarvi una frase acutissima di san Giovanni M. Vianney: “Il buon Dio sa tutto, prima ancora che vi confessiate; sa che peccherete ancora e tuttavia vi perdona. Come è grande l’amore del nostro Dio, che si spinge fino a dimenticare volontariamente l’avvenire, pur di perdonarci!”.

E’ il presente che viene trasformato. Il passato è bruciato dall’Amore del cuore di Cristo. Il futuro resta ancora nelle sue mani. Il presente si fa grazia e benedizione!

Perciò, partendo dalla mia stessa esperienza, condividendo il cammino di molti seminaristi e di molti preti giovani (nei quali, la nostalgia degli anni verdi dei sogni può diventare pesantezza!), auguro a voi in questo anno sacerdotale, che si innesta su quello altrettanto benedetto dell’Anno Paolino, tre doni.

Vi paragono così ad un albero, ben radicato, con il tronco forte e snello e con frutti dolcissimi per tutti:Come alberi radicati lungo il fiume!”.

Radici, tronco, frutti.

Tre modi, intrecciati, di vivere il nostro sacerdozio, carissimi preti e diaconi.

E vi spiego, una ad una queste immagini, di chiara valenza biblica.


LE RADICI

Le radici ci parlano di un forte radicamento in Dio, nel cuore di Cristo, dal cui amore scende il nostro sacerdozio. E’ a quell’amore che dobbiamo restare sempre attaccati, tramite la preghiera, la meditazione, la riconciliazione frequente, la gioia sul volto, la testimonianza coerente.


Allora, le nostre radici si innesteranno con vigore e fecondità nella terra che Dio ci ha affidato, nel paese dove siamo mandati. Radicati in Dio e radicati in una Terra!

E’ il legame teologico della incardinazione, che resta la più chiara esperienza della fedeltà. Duplice: a Dio e alla terra; al cielo e alla storia; alla chiesa locale d alla chiesa universale.

Duplice fedeltà che nella incardinazione si fa elemento giuridico, per divenire passione e zelo pastorale.

Così il legame con la terra, tramite l’incardinazione, ci ricorda la bellezza del DIACONATO, che resta vitale per noi tutti, ora preti o vescovi e si fa energia spirituale per i nostri diaconi permanenti, perché anche per loro, come per i preti, quest’anno sacerdotale è grazia e benedizione.

Con la incardinazione, infatti, la terra, questa terra, questa diocesi tu la ami come una sposa scelta: “La tua terra avrà uno sposo...non sarà più detta devastata o abbandonata...ma sarai una magnifica corona, un diadema regale...sarai chiamata mia Gioia ed in te il Signore troverà la sua delizia (Isaia 62,3-5).

E così nel diaconato: viviamo le radici del nostro Sacerdozio. Un prete infatti resta sempre diacono. E lo stesso per me, Vescovo.

Incardinati in una terra:


  • la ami come una sposa e ad essa doni tutto il tuo cuore;

  • la servi nei piccoli e nei poveri, lavando loro i piedi;

  • preghi per essa in una liturgia perenne di grazia;

  • vi annunci il Vangelo del Regno, con pienezza e zelo.

Questo stile del diaconato, si arricchisce per noi preti di un duplice dono:



  • celebrare l’Eucarestia, memoriale della Passione. E’ la Messa che ci caratterizza, ci distingue. Lo si vede soprattutto nel modo di celebrarla, come annotava il santo Curato: “La causa della rilassatezza di un prete è che non fa attenzione alla Messa! Mio Dio, come è da compiangere un prete che celebra come se facesse una cosa ordinaria!”.

  • donare la Riconciliazione, in fedele presenza al tuo confessionale. Passi così dall’altare al confessionale! Istintivamente creando quel CIRCOLO VIRTUOSO che cambia ogni parrocchia, come ha cambiato Ars. Quel “curato” infatti restava a lungo nella sua chiesa. Certo che così la gente sapeva subito dove trovarlo. E quella presenza creava adorazione eucaristica, in uno stupore rinnovato, che diveniva subito tempo per la confessione. E’ il metodo di ogni buon prete, anche in Molise: presenza visibilizzata in chiesa; spazio per l’adorazione; tempo per le confessioni. Sono un metodo infallibile, che cambia ogni paese: “Ars non sarà più Ars!

Le radici si fanno poi attenzione alle necessità, problemi, dolori, stanchezze, peccati della tua gente! E’ il dono della CONDIVISIONE. Anche qui sulla scia di san Giovanni Vianney, che “abitava” l’intero territorio della sua parrocchia: visite agli ammalati, presenza nel dolore, conoscenza dei problemi, attenzione ai poveri..., impegno nel suo Educandato “La Providence”, per le ragazze povere che egli custodiva tramite le offerte della sua gente e dei tanti suoi penitenti, da tutta la Francia.


Per vivere bene questa condivisione del prete con la sua gente, in una terra amata come sposa, segno di radici profonde, ecco la bella lettura della Genesi, appena proclamata con chiarezza (Genesi 21,5.8-20). E’ un brano delicatissimo, carico di forti sentimenti materni e femminili. Si parte da un evidente clima di gelosia, tra Agar e Sara, in relazione ai loro due bambini, che giovano istintivamente insieme. Ma Sara non sopporta questa frequentazione e chiede l’allontanamento della rivale. Dio non si scandalizza, non ne resta impressionato. Anzi, concede questo permesso ad Abramo, perché sa di farne un germoglio di un popolo nuovo, di una nazione grande. Perché Dio sa costruire oltre i nostri limiti. Ma Agar, allontanata, con una piccola razione d’acqua ed un pane, si perde nel deserto e rischia di far morire di sete il suo bambino. Dolente, eccola deporre il suo figlio sotto un cespuglio. Piange e con lei piange il bambino. Ma Dio ascolta quel pianto, “la voce del fanciullo” ed interviene, mandando un angelo, che dà speranza e vita al fanciullo, facendo scoprire ad Agar un pozzo d’acqua in pieno deserto.

Tutte immagini che divengono subito per un prete simbolo della sua missione, specie in quest’anno sacerdotale. Cioè ogni prete sappia molto ascoltare la voce e il pianto della sua gente, ne condivida il dolore, prenda per mano i ragazzi e i giovani (senza pastorale giovanile non ci saranno vocazioni!) per accompagnarli a quel pozzo che miracolosamente l’angelo fa vedere ad Agar, pur nel deserto. C’è sempre una sorgente di speranza e di luce, anche nel deserto più assolato.

L’immagine finale diviene augurio per tutti noi: “Il ragazzo bevve e si fece grande e forte!” . Così sia per la nostra chiesa locale, specie in un rinnovato impegno di accompagnamento, specie nella pastorale giovanile, certi che solo con essa ci saranno vocazioni sacerdotali e religiose!
Proprio dentro questo vitale radicamento nel proprio territorio, quest’anno la nostra chiesa locale si confronterà con un altro santo, san PIETRO CELESTINO, papa, che è Patrono del Molise. Qui è nato nel 1209, santo agli studiosi più accreditati. Da questa occasione, l’intuizione di noi vescovi di Abruzzo-Molise di celebrare l’ANNO CELESTINIANO, con cinque scopi, ben precisi, che si intrecciano con quelli dell’Anno Sacerdotale. Infatti sono:


  1. riscoprire la vocazione universale alla santità

  2. ricupero della dimensione della preghiera, della contemplazione e della assoluta presenza di Dio nella vita nostra e della nostra gente. Si collega così molto bene anche all’anno sacerdotale.

  3. prendere coscienza della gravità del peccato, annunciando la misericordia di Dio e richiamando al perdono, alla riconciliazione e alla pace (La perdonanza celestiniana!).

  4. riscoprire il valore della natura, come dono gratuito di Dio, che va usata a mai “abusata”, educando così a stili di vita nella sobrietà e nella solidarietà

  5. il primato della coscienza, che sa obbedire sia alla voce della Chiesa, quando i cardinali, incapaci di eleggere un papa, il 5 luglio 1294 lo eleggono che alla voce della coscienza personale, quando, sempre per amore alla chiesa, comprende, il 13 dicembre 1294, che deve dare le dimissioni da quell’incarico che aveva accettato in spirito di fede.

Per questo motivo, abbiamo già creato un COMITATO per le iniziative celestiniane, onde realizzare tra di noi, in sinergia con le altre chiese del Molise e dell’Abruzzo, una serie di eventi che ci aiuteranno ad entrare nello spirito di questo santo, così legato alla terra del Molise. In Aprile verrà in diocesi l’urna con le sue spoglie, già visitate da papa Benedetto XVI e farà tappa in alcuni luoghi celestiniani ben noti (S. Angelo Limosano; Ripa; Faifoli; Cattedrale; Bojano...). Organizzeremo il mondo delle scuole e dell’Università. Intanto lo addito ai giovani, per i cinque scopi sopra presentati. Sarà una vera benedizione. Ci aiuterà tantissimo nella crescita della nostra identità Molisana!

E’ sempre questione di radici!

Perché tutto dipende da qui!


IL TRONCO
Tante sono le radici. E più sono e più diffuse nel terreno, tanto meglio per la pianta, perché crescerà florida e il vento non la abbatterà.

Ma ha bisogno di linfa, ogni pianta, per poter dare frutti.

E la linfa passa però da un unico tronco.

San Paolo ci esorta: “abbiate a cuore di conservare l’unità dello spirito, per mezzo del vincolo della pace. Un solo corpo ed un solo spirito, una sola è la speranza, un solo Signore, una sola fede, un solo Battesimo; un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti!”. (Efesini 4,3-6).

Sette condizioni che irrobustiscono il tronco della nostre parrocchie.

Perché nelle parrocchie, il parroco ha proprio questo compito: radunare le realtà disperse. Mettere insieme. Fare sintesi. Abbracciare tutti. Non lasciar fuori nessuno. Valorizzare ogni dono ed ogni carisma.

Ma lo fa se è veramente un pastore e non un pecoraio! Un vero pastore, che ascolta la voce delle sue pecorelle, è da esse riconosciuto per la sua presenza, le precede sui sentieri della vita e per loro sa donare anche la sua stessa vita, difendendole dal lupo.
Perciò ogni prete, in quest’anno in modo speciale, deve aumentare la sua grande capacità di costruire relazioni vere e serene.

A tre livelli:



  • con il Vescovo;

  • con la sua gente;

  • con gli altri preti.

Perciò in quest’anno ci impegniamo:



a) migliorare e rendere più facili tra di noi le relazioni tra la mia figura di Vescovo e i Preti di questa amata diocesi. A vari livelli: dialogo, riflessione comune; verifiche vicariali; incontri diretti; ferite sanate...

Si pensa perciò di organizzare in modo più ampio le udienze per i preti con un orario ampliato (Lunedì e Martedì solo per il clero, mentre il mercoledì e venerdì ci sarà spazio per le udienza per tutti, riservando il Sabato per situazioni particolari ed il Giovedì per studio personale o visita alle scuole).


b) Poi vanno rinsaldate le relazioni tra il prete e la sua gente. Diviene così un impegno perché in tutte le parrocchie si rafforzino o si formino il Consiglio per gli affari Economici (CAEP) e il CONSIGLIO PASTORALE PARROCCHIALE (CPP).

Per questo, vanno suggerite diverse iniziative:

* lettura del territorio

* verifica della tenuta dei due consigli

* visita del vescovo di parrocchia in parrocchia, lungo l’anno, per questo accompagnamento, con un calendario, che lo veda presente in tutte le parrocchie, onde animare e sostenere. Quasi una piccola Visita Pastorale, che potrebbe proseguire poi nell’autunno 2010...

Così prevedo di distribuire l’anno pastorale, in queste fasi:



  • verifica dell’attuale situazione, tramite un apposito questionario (avvento)

  • catechesi sul tema della chiesa e della partecipazione laicale, in clima di corresponsabilità (quaresima)

  • costituzione dei nuovi organismi partecipativi (dopo pasqua, fino a Pentecoste, che sarà il sigillo di tutto questo cammino!).

c) Ed infine, meglio organizzate le relazioni dei preti tra di loro, negli incontri di vicaria o per momenti di preghiera comune.

Sono lieto della proposta del Consiglio Presbiterale, che chiede a tutti i preti un duplice incontro, ogni mese, quasi un fioretto mariano: il secondo Martedì in diocesi per il Ritiro in diocesi; il quarto per l’incontro di vicaria.

Ci guiderà questa parola chiave, obiettivo pastorale di questo nuovo anno pastorale: “Per voi sono prete, con voi sono cristiano!”.

Anche da qui, l’impegno a vivificare o rifondare gli organi di partecipazione, come i Consigli Pastorali parrocchiali e i Consigli affari economici. Saranno la misura reale e fattiva della nostra fedeltà!

In una grande capacità di valorizzare i LAICI, “amandosi l’un l’altro con la carità fraterna, prevenendosi a vicenda”.


Ma questo impegno a vivere relazioni nuove, libere e vere con il vescovo, con la gente e con i confratelli chiederà ad ogni prete che sappia vivere e testimoniare la CROCE di Cristo, in una crescente conformazione alla croce di Cristo, che è il tronco della nostra salvezza!

Quando sarò sulla croce, innalzato, attrarrò tutti a me!”.

Le radici ci daranno la grazia e la gioia della condivisione.

Il tronco quella della conformazione.


I FRUTTI
I frutti di questo grande albero sono per tutti.

Non solo per i credenti. Ma per tutto il paese: “Un buon pastore, un pastore secondo il cuore di Dio è il più grande tesoro che il buon Dio possa accordare ad una parrocchia ed uno dei più grandi preziosi doni della misericordia divina!”- amava dire il santo Curato d’Ars.


In particolare, vi auguro, dopo il dono della condivisione e della conformazione, quello della CONSOLAZIONE.

E vi addito un apostolo, che tanto mi ha aiutato: Barnaba, Lui che era “figlio della consolazione”, “uomo virtuoso e pieno di spirito santo e di fede”.

Mandato a verificare la situazione della chiesa di Antiochia, “vide la grazia del Signore e se ne rallegrò”. Cioè un prete che non ha confini, non ha chiusure. Non decide tutto lui, ma si fa servitore di una grazia che lo precede. Per questo “esortava tutti a restare, con cuore risoluto, fedeli al Signore”.

Questo dono della consolazione ve lo auguro in abbondanza. Perché di questo ha immenso bisogno il nostro mondo di oggi.

E questo avviene soprattutto nelle confessioni.

Qui la consolazione si fa lacrime di dolcezza o di amarezza.

Nella triplice realtà che il santo Curato aveva davanti:


  • per chi era superficiale: un forte rimprovero e le lacrime, per far capire quanto fossero costate al cuore di Cristo quelle anime superficiali;

  • per chi era peccatore serio, ben consapevole della propria miseria, sapeva offrire una esortazione paterna che cambiava loro la vita;

  • per chi vedeva capace di volare alto, ecco che sapeva indicare mete sempre più elevate. Come la consacrazione e la vocazione sacerdotale.

Rilancio così l’immagine iniziale: siate come alberi radicati lungo il fiume!

Questo sia perciò un anno di rilancio della PASTORALE vocazionale, che parte da un aggiuntivo impegno nella pastorale giovanile. Sono intrecciate, sempre. Ci preoccupa la realtà vocazionale, anche se ci fa intravedere germogli di luce nuova. Ma vanno coltivati. Ecco il campo scuola, di agosto (6-9 a Castelpetroso!). Non siate superficiali. E’ una vera occasione di grazia, proseguendo così le iniziative di preghiera itinerante nelle foranie, come egregiamente si è fatto per le foranie di Riccia, Castelpetroso-Bojano e Campobasso. Chiediamo al Signore di realizzare questa bella e preziosa iniziativa anche nelle altre due vicarie, Matrice e Sepino, poiché si è notato che se abituiamo i giovani ad uscire dai loro paesi, li alleniamo poi a una maggior generosità per le iniziative del paese e della diocesi. E’ come un laboratorio di fede! Rilanceremo gli incontri vocazionali di Sepino

Vi chiedo inoltre di aderire fattivamente e fedelmente all’iniziativa rilanciata dal Consiglio Presbiterale di procedere alla sistemazione del piano superiore della casa di riposo di Bojano, creata dalla carità operosa di mons. Nuzzi, per i nostri sacerdoti anziani. E’ richiesto a tutti i nostri preti un aiuto consistente come offerta, per questo scopo. NB. Tutte le offerte che il vescovo riceve nelle Cresime saranno devolute a questo grande obiettivo.

Così pure sarà nostra cura avviare la riscoperta di alcune figure sacerdotali, come mons. Vittorio Fusco (nella imminente celebrazione del 11 luglio, ore 20,30 in cattedrale e nelle celebrazioni autunnali, a livello di studio e riflessione biblica, in collaborazione con la diocesi di Nardò-Gallipoli) e don Giovanni Battista (in ottobre), insieme a don Stefano Gorzegno (il 30 luglio, per tutta la città di Bojano).

Maria ci aiuti a vivere fino in fondo questa fedeltà al divin Sacerdote, fedele e misericordioso. Soprattutto nelle mani offerenti di Maria Addolorata di Castelpetroso! Amen


+ p. GianCarlo, Vescovo
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