L’evoluzione dell’Islam in Bangladesh
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egualitario e liberatorio dell’Islam.
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A parte la problematica circa la consistenza nel
Bengala del XVI secolo di queste esigenze ed aspirazioni, rimane il fatto che l’area
in questione era stata solo parzialmente e superficialmente induizzata. Per
approdare ad una più feconda comprensione del fenomeno, alcuni studiosi hanno
ritenuto necessario vagliare l’influenza dell’intreccio di fattori ecologici, economici,
politici nonché religiosi.
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Oggi il Bangladesh, anche a causa del pattern di colonizzazione che andremo a
descrivere, appare come un unico, esteso e disordinato villaggio con una pressione
demografica altissima. In passato il Bhati, termine che designava la regione del Bengala
oggi coincidente con il Bangladesh, era principalmente un’area di terre vergini. Nel
XVI secolo, tuttavia, si accentua il fenomeno del progressivo accumulo di sedimenti
alluvionali
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che causarono la congestione del Bhagirati-Hooghly, rendendo l’area del
Bengala occidentale insalubre e meno produttiva. Questi fattori innestarono una
crescita del flusso migratorio in atto da tempo, che, dal punto di vista socio-religioso,
aveva sottratto queste popolazioni emigranti al progetto egemonico dei gruppi di
portatori della tradizione colta di matrice sia hindu che islamica, che risultarono
incapaci di estendersi verso oriente.
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Questo processo di colonizzazione fu agevolato
anche da fattori economici e politici contingenti. L’avvento della dinastia timuride
promosse non solo l’integrazione dell’economia bengalese in un mercato pan-indiano,
ma anche l’avvio di più intensi rapporti commerciali tra la regione bengalese e le
diverse Compagnie delle Indie europee.
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Il risultante incremento della domanda di
prodotti bengalesi diede un impulso notevole alla colonizzazione delle terre orientali,
avviando un processo di allargamento della base agraria che fu un obiettivo costante
del sistema Mughal. Raychaudhuri nell’analizzare il fenomeno da un’ottica ampia,
sottolinea il ruolo esercitato dallo stato e da figure del mondo rurale quali lo zamindar e
il “moneylander” e tuttavia, non tralascia di mettere l’accento sulle motivazioni che
animavano gli stessi coloni:
At the level of the actual cultivator, one wonders whether the power,
prestige, as also the margin of economic advantage associated with the status
of malik and zamindar in rural society did not encourage the tenant cultivator
to colonize unclaimed territory where alone they could hope to acquire it.
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Per una critica puntuale di queste diverse teorie si rimanda a Eaton, 1994.
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La presentazione che segue si basa sui lavori di Roy, 1983, e di Eaton, 1994. Si è scelto di minimizzare la
differenza di interpretazione che scaturisce dall’enfasi sul ruolo singolare svolto dal Pirismo in Bengala del
primo, e dalla tesi sull’importanza dei “charismatic pioneers in the agrarian frontier” del secondo.
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Spate di questo processo scrive: “The cardinal factor in the later history of the Delta has been the
Ewds shifts of the Ganges […] whether this is mainly due to alluviation at the heads of successive main
spillways, to tectonic changes, to shifts in the balance of the Delta due to changes of course elsewhere
[…] are questions which admit of large and inconclusive debates”. Spate, 1964, p. 526.
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Gonda scrive che “è interessante far notare come le classi, che nel Bengala orientale passarono alla nuova
fede, nel Bengala occidentale, dove operò Caitanya, rimasero fedeli all’induismo”. Gonda, 1980, p. 138.
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Come nota Richards: “There is no question that East India Companies’ activities directly stimulated
the economy of each coastal region and the empire as a whole. Bengal offers the most dramatic example
of export stimulated growth”. Richards, 1993, p. 202.
33
Raychauduri, 1998, p. 278.
A
MEDEO
M
AIELLO
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Nel Bengala il fervore individuale fu alimentato da una singolare impalcatura e
manageriale e religiosa. Nel XVI secolo questo processo di colonizzazione, attuata
da una popolazione culturalmente composita, fu egemonizzato da missionari
musulmani, estranei all’ortodossia sia dei maulvi che degli shaikh. Essi furono
percepiti per lo più come “santi” e designati come pīr e a volte valī. L’epopea
agiografica posteriore, evidenziando l’origine non indiana dei primi e quella
hindustani dei secondi, ne esalta le qualità carismatiche e organizzative, doti
indispensabili per guidare un così arduo processo di colonizzazione. Infatti
l’edificazione di una moschea, nell’Islam da sempre momento di socializzazione e
unificazione, agì da nucleo irradiante per la colonizzazione dell’area circostante. La
loro capacità organizzativa si evidenzia ancor più chiaramente allorquando essi
assunsero funzioni burocratiche-patrimoniali. Da un lato divennero l’unico punto
di riferimento socio-economico di una società contadina priva di qualsiasi forma di
coesione interna, quali il villaggio oppure il jati o il beradari.
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Dall’altro esplicarono
funzioni politico-fiscali nell’ambito dello stato Mughal oppure per un
zamindar
hindu.
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Tuttavia ancora più determinante fu il ruolo carismatico, di nebulosa matrice
islamica, esercitato dal
pīr o da altri che comunque, nell’esplicare funzioni di
leadership, adottarono un pīr status. Essi erano identificati con un sentimento
pragmatico religioso, magico-emotivo, il cui risvolto fu di offrire sostegno alla lotta
con una natura popolata da esseri soprannaturali, vendicativi e malefici. Una
natura potenzialmente benigna, ma che tuttavia bisognava piegare e sottomettere. Il
pīr, e in seguito la sua tomba, assicurava l’ausilio della sfera soprannaturale
nell’espletamento di questa impresa. Da questo ibrido sentimento religioso, aperto
all’apporto di una prassi trascendentale composita, prende l’avvio un processo di
islamizzazione che interesserà queste popolazioni, in particolare nella fase
avanzata della colonizzazione. Come scrive Eaton “peasantization and islamization
went hand and hand”. Ma l’esigenza di continuare a fornire a queste popolazioni
un’ideologia dinamica, affettiva, familiare, nonché idonea alla natura contadina
della società, determinò il prevalere di una religiosità islamica, che non
comportasse una cesura con le credenze popolari preesistenti. È da questa esigenza
di base che nasce una forma peculiare di Islam bengalese. La prima fase di questo
complesso e fluido processo di islamizzazione è da ricercare nel fenomeno di tipo
agglutinante dell’incorporazione e dell’annessione al sistema di credenze, di
personaggi islamici, di formule rituali, nonché della stessa figura del pīr. Un
processo non conflittuale che evitò la creazione di un confine netto tra Islam e non
Islam.
Sotto la spinta di una crescente insoddisfazione, con una situazione che
potenzialmente avrebbe potuto mettere in pericolo l’unità della comunità islamica,
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Fra i musulmani il sistema beradari è utilizzato “to denote both the ethnic component of their society
and the local units […] in its entire connotation is not exactly identical to what is meant by the term
caste, yet in its inner structure it exhibits the fundamental characteristics of caste”. Ali, 1978, p. 24.
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L’importanza annessa alla colonizzazione indusse i Mughal a trasferire la capitale a Dhaka in quanto,
come nota Karim: “The chief reason […] had been the suppression of the rebellious chief and
zamindars”. Karim, 1964, p. 10.