Le rappresentazioni di kōdan
nel Giappone di oggi
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espressione di un’abile sintesi di metodi e atmosfere. Abe Kazue sottolinea, in un
commento del 1994, quanto l’impronta artistica di Sanyō III fosse diversa dagli altri
ed esprime il seguente giudizio:
[…] ha un’eloquenza tale da non credere che sia ancora futatsume;
nonostante non abbia una spiccata caratterizzazione, ha una velocità di parola
come se non prendesse mai fiato. Sia nei momenti di maggiore enfasi, sia in
quelli più calmi, non conosce tregua nel parlare. Arrivati a una scena […], ha
chiuso la declamazione dicendo: “Il resto della storia sarà di sicuro
interessante, ma ancora non lo conosco!”. Quando sarà in grado di riflettere
per bene e narrare con maggior pacatezza, probabilmente diventerà molto
famoso.
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Dell’ironia, forse sfuggita al critico, e in parte derivata dal rakugo, in effetti
Sanyō III ha fatto un elemento costante delle sue performance, insieme alla velocità
della declamazione.
Come tutti i kōdanshi, anche Sanyō III ha cominciato quindi con un repertorio
classico per incrementarlo poi con quello di sua creazione. La scrittura di testi
originali è un elemento di rilievo nella sua carriera. Lo spunto per i suoi testi viene
dal mondo orientale così come da quello occidentale. Oltre alla presenza negli yose,
l’attività artistica passa anche attraverso gli attuali mezzi di comunicazione –
cinema, televisione, radio, giornali, internet – che spesso lo vedono come ospite. Se
nei periodi Tokugawa e Meiji la popolarità dei kōdanshi utilizzava gli yose e i primi
esperimenti di stampa, oggi deve utilizzare le vie più seguite, più ‘popolari’, e
arrivare agli spettatori attraverso i canali moderni, senza trascurare l’attività
teatrale.
Al 1997 risale la prima rappresentazione di Nezumi kozō to Santa Kurōsu
(Nezumi kozō e Babbo Natale), un kōdan di successo indicativo del saper mettere
insieme personaggi leggendari di culture diverse in un’atmosfera surreale che non
manca però di comunicare un messaggio.
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Uno dei principi delle declamazioni
kōdan è quello di inserire nella storia elementi conosciuti che devono rappresentare
le coordinate per l’orientamento degli ascoltatori. I punti di riferimento
riconoscibili nella narrazione diventano due, con una sovrapposizione dei
protagonisti che porta a disegnare un Babbo Natale che si lascia scappare
esclamazioni nel dialetto di Ōsaka ed è più furbo e scaltro del ‘ladro gentiluomo’
Nezumi kozō; quest’ultimo, sensibile ai problemi dei bambini poveri quanto
“Babbo Natale”, o forse anche di più perché li ha vissuti di persona, decide di
diventare il Nihon no Santa Kurōsu, il “Babbo Natale giapponese”. Dopo che il ladro
è stato salvato dalla slitta di Babbo Natale, giunto appena in tempo per evitargli la
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Abe, 1999, pp. 169-170.
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Il kōdan è stato presentato anche in Italia in diverse occasioni; trattandosi di performance in cui
prevale l’improvvisazione, ci riferiamo in particolare a due rappresentazioni: dicembre 2005, Facoltà di
Studi Orientali, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”; maggio 2006 l’Istituto Giapponese di
Cultura di Roma; una registrazione è presente in: Kanda Sanyō, 2005.
M
ATILDE
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ASTRANGELO
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condanna a morte, i due si alleano per portare doni ai bambini buoni che sono
ovunque nel mondo e, soprattutto, che sono tutti uguali.
La recitazione di questo kōdan ha in comune con gli altri del suo repertorio una
sequenza delle parole estremamente veloce, ma è caratterizzato più degli altri di
una gestualità molto accentuata, di movimenti del corpo considerevoli, soprattutto
quando vengono raccontate le acrobazie della slitta. In generale possiamo dire che
la mobilità corporea vigorosa, che conferisce dinamicità e forza alla declamazione,
è uno dei punti che evidenzia le performance di Sanyō III, pur se in parte essa è
diventata, come abbiamo visto, un elemento dei kōdan di oggi.
I progetti che lo hanno messo in evidenza sono sempre caratterizzati dalla
volontà di sperimentare la fusione del kōdan con generi artistici diversi.
Tra questi, una collaborazione importante è stata quella con la Compagnia
Teatrale Absurda Comica, nel 2003, con la quale ha recitato in Pinocchio, un
esempio di collegamento con una favola italiana perfettamente conosciuta in
Giappone.
Un altro progetto del quale è protagonista Sanyō III è quello del gruppo SWA,
acronimo di Sōsaku wagei association, “Associazione per la creazione di testi per le
arti declamatorie” fondata nel 2003. Il lavoro della compagnia viene condiviso con
quattro rakugoka: Hayashiya Hikoichi (Yasuda Osamu), Sanyūtei Hakuchō (Fujita
Hideaki), Shunpūtei Shōta (Tanoshita Yūji) e Yanagiya Kyōtarō (Kohara Masaya).
L’intento molto singolare, ma allo stesso tempo rappresentativo delle tendenze
attuali del mondo dei wagei, è produrre in collaborazione dei testi per le singole
performance, presentate poi essenzialmente in un’unica serata, più che nei
dokuenkai (rappresentazione individuale). Tutto nasce quindi proprio intorno alla
scrittura che deve diventare narrazione orale.
Dal 2004 è ospite fisso del programma Nihongo de asobo (Divertiamoci con la
lingua giapponese). Nell’interpretazione televisiva che gli ha portato grande
notorietà anche tra i bambini, Sanyō III non è ovviamente in uno yose ma in varie
location, giapponesi e non, e nell’originale ‘costume di scena’ non è previsto il
kimono come per i declamatori, ma rimangono i simboli dello
shakudai e dello
hariōgi trasformati con molta ironia: nel primo caso una sorta di banchetto da
scuola, con il disegno di un foglio sopra e altri oggetti di cancelleria, completo di
sedia; nel secondo caso l’autorità rappresentata dallo hariōgi viene ritoccata in
maniera scherzosamente dissacrante, e all’estremità del fondamentale attrezzo
della declamazione viene incollato una specie di ponpon giallo che lo fa apparire
qualcosa come un piumino.
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Il travestimento coinvolge quindi non solo l’artista
ma anche la sua simbologia. Il ruolo di
sensei rimane invariato, con un’applicazione
della regola dell’adattamento di colui che parla alla platea portata quasi all’estremo. In
alcuni casi sullo shakudai ‘televisivo’ viene poggiato il testo della declamazione,
riproducendo quindi l’antica modalità di rappresentazione.
Come orientamento di scelta del proprio repertorio, sia nel caso di testi classici
sia di quelli originali, Sanyō III è un sostenitore della funzione giornalistica del
kōdan, un tempo come oggi, e della possibilità del genere di essere portatore di un
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Nihongo de asobo, 2005.