Le rappresentazioni di kōdan
nel Giappone di oggi
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kōdan, libero da funzioni e ruoli, può di nuovo presentarsi con la dignità di uno
spettacolo di colto intrattenimento.
4. La rappresentanza femminile
Dagli anni in cui le kōdanshi donne sembravano solo un buon espediente per
riportare l’attenzione sul kōdan, il numero delle artiste è progressivamente
aumentato fino ad arrivare di recente a superare quello dei colleghi uomini. Se per
i declamatori il dato può essere inquietante, seppur stimolante, l’ironico obiettivo
delle esponenti di spicco sembrerebbe quello di arrivare a considerare la presenza
maschile come un’eccezione.
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In effetti, in entrambe le associazioni di kōdan,
Kōdan kyōkai e Nihon kōdan kyōkai, le giovani leve che rivestono il primo ruolo
della gerarchia, quello del minarai, sono quasi tutte donne,
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quindi sarebbe anche
lecito immaginare che la lunga tradizione del genere sarà nel prossimo futuro
ereditata e affidata alle declamazioni delle kōdanshi. Va poi sottolineato che
l’attuale segretario della Nihon kōdan kyōkai è una donna, Kanda Yōko
(Kawamura Keiko), e che undici dei diciassette iscritti in questa associazione sono
donne. Interessante è anche il raffronto con il vicino mondo del rakugo dove sono
donne meno del 5% circa dei quasi 600 rappresentanti, una percentuale quindi che
non varia significativamente il panorama artistico nel quale peraltro rimane
radicata l’idea che l’arte del rakugo sia difficilmente riproducibile da una donna.
Non a caso, quasi come a rispondere al suggerimento ‘femminile’ che viene dal
mondo del kōdan, la serie televisiva del mattino della N.H.K, (ottobre 2007 - marzo
2008), narrava la complessa carriera di una rakugoka, che riesce ad affermarsi
diventando l’elemento di attrazione della scuola, ma si ritira dall’attività per essere
madre a tempo pieno.
In effetti la presenza di artiste nell’ambito delle declamazioni e degli spettacoli è
documentata fin dal periodo Muromachi con le itako, le goze, le kumano bikuni, i cui
repertori partivano da culti sciamanici o religiosi e confluivano spesso in momenti
di intrattenimento.
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Si trattava però di gruppi, a differenza del kōdan e del rakugo,
rappresentati unicamente da donne dove il genere non costituiva una difficoltà di
inserimento.
Come per il kabuki, nel periodo Tokugawa anche nel mondo dei wagei la
presenza di donne viene contrastata e in alcuni periodi proibita; ma il fatto che si
debbano aspettare gli anni Sessanta del secolo scorso per avere una rappresentanza
femminile, evidenzia come non si tratti solo di leggi quanto piuttosto di mentalità.
Se nel rakugo sembra essere, o essere stata, in parte contrastata l’unione tra
umorismo e artiste, diversa è la situazione affrontata dalle kōdanshi. Nel kōdan la
presenza femminile si è inserita infatti in un campo dalla forte connotazione
maschile sia per le tematiche derivate dai gunki monogatari, l’esaltazione per
antonomasia del guerriero, sia per il prestigio attribuito al declamatore che si
presenta appunto come un sensei, non come un semplice giullare: elementi questi
16
Tanabe, 2006, p. 1.
17
Yose engei nenkan, 2006, pp. 98-108.
18
Mastrangelo, 2005, a, pp. 84-85.
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ATILDE
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ASTRANGELO
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che forse con diffidenza potevano essere visti come calzanti a una declamatrice. E
ancora, il modo stesso con il quale è condotta la performance, con il ritmo serrato e
con il ventaglio e lo hariōgi che battono sullo shakudai, darebbe al kōdan
un’impronta di arte declamatoria “maschile”.
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L’ingresso delle prime kōdanshi risale al 1968 ed è nel 1975 che viene celebrata la
prima
kōdanshi, Takarai Kin’ō (Kumagai Emiko), diventata
shin’uchi. Il genere
utilizzato nei shuraba (scene di battaglie), costituisce anche per le donne
l’apprendimento di base per iniziare a formare la voce, per imparare a usare lo
hariōgi e familiarizzare con un intenso ritmo narrativo, e per poter via via
rappresentare il repertorio classico.
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Le donne però hanno di frequente trovato
altri spazi e altre tematiche dove la loro elaborazione può avere meno raffronti con
i colleghi artisti e maggiore libertà di azione. I due ambiti principali, spesso uniti in
un unico racconto, sono le tematiche sociali e le biografie di donne.
Guardando ad esempio all’esperienza di formazione che Takarai Kin’ō racconta
nel suo libro, viene descritta una situazione non solo di minoranza ma quasi di
discriminazione nella quale c’erano evidenti tentativi da parte dei colleghi di
scoraggiare le kōdanshi.
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Come per altri artisti formatisi in quegli anni, il rapporto
con il maestro è di educazione, trasmissione e di protezione, ma talvolta di forte
controllo anche sulla vita privata. Kin’ō comincia con il maestro Tanabe Ikkaku
(Sakuma Hideo) per poi passare sotto la guida di Takarai Bakin V (Yamanashi
Tsutomu), non solo per la fama del sensei, ma soprattutto perché l’ambiente non
avrebbe capito la scelta di un maestro diverso dal marito, il kōdanshi Takarai Kinbai
(Kumagai Hiroshi). Il momento in cui riesce a imporsi coincide con la scelta di
dedicarsi a tematiche relative ai problemi delle donne sui quali comincia a scrivere
i primi testi, dalla Legge per le Pari Opportunità alla quale è dedicata la serie
Yamashita Sanchi no monogatari (La storia di Yamashita Sanchi), alle storie di
scrittrici come Yosano Akiko (1878-1942) e Hiratsuka Raichō (1886-1971). Per
queste iniziative riceve nel 1996 un premio dalla Fondazione delle Donne di
Tōkyō. Dal 1998 decide di inaugurare con il marito uno yose ‘privato’, con i loro
nomi, il Baiotei, a Yamatochō, nel Niigata, dimostrazione anche questa di un certo
spirito di iniziativa, ma anche di una spiccata individualità che si impone nel
mondo del kōdan di oggi.
Alla stessa scuola appartiene Kanda Kaori (Takeya Mitsuko), inizialmente
allieva di Kanda Sanyō II (Hamai Hiromu), che arriva al kōdan nel 1980 dopo un
percorso formativo teatrale. Anche lei si rivolge a tematiche politiche e sociali
ricevendo molti consensi, tra gli altri, nel 1986 con la storia Hadashi no Gen (Gen dai
piedi scalzi), ispirata al famoso omonimo manga che tratta della tragedia della
bomba atomica,
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e nel 2002 con Cherunobuiri no inori (La preghiera di Chernobil).
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Abe, 1999, ad esempio, insiste su concetto di “dansei teki” in più punti: p. 8, p. 11, p. 14, p. 16 e altri.
20
Mastrangelo, 1995, pp. 214-215.
21
Takarai, 2002, p. 42.
22
Si tratta dell’opera di Nakazawa Keiji (1939), apparsa a puntate dal 1973, in cui l’autore, attraverso il
ragazzo protagonista Gen che lo rappresenta, racconta il dramma dell’esplosione atomica vissuto in
prima persona. In seguito al successo ottenuto, il manga, inizialmente rivolto a un pubblico giovanile, è