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L. m
aGanzani
, Ripae fluminis e dissesti idrogeologici
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i fenomeni ordinari non modificano la situazione giuridica dei fon-
di rivieraschi se non nel senso di ridurne parzialmente l’estensione per
erosione delle sponde o di ampliarla per sedimentazione
5
. i fenomeni
straordinari, invece, oltre ad essere potenzialmente catastrofici, sono ca-
paci di sensibili modifiche all’assetto territoriale e demografico dell’area
circostante, con possibili conseguenze giuridiche anche sul regime pri-
vatistico dei fondi rivieraschi.
ed anche questo viene a più riprese rilevato dai giuristi quando, ad
esempio, escludono che i diritti di usufrutto e di servitù di passaggio
costituiti sul fondo rivierasco possano perdurare, in capo al loro titola-
re, quando il fondo è coperto dalle acque (d. 7.4.24 iav. 3 ex post. Lab.;
d. 8.6.14 iav. 10 ex Cass.): i due diritti non sono, infatti, esercitabili
su una distesa d’acqua né, come osserverà pomponio in una fattispe-
cie analoga (d. 7.4.23), il contenuto del diritto reale può mutare solo
perché la trasformazione fisica del suo oggetto ne impedisce l’esercizio
secondo le modalità originarie
6
.
tale duplice funzione di contenimento del fiume e di definizione
dell’area di sua pertinenza, è ben rappresentata anche nelle fonti let-
terarie: qui, dove il fiume viene non di rado evocato come elemento
paesaggistico di rara suggestione di cui di volta in volta si ricorda la pla-
cida calma o l’irrefrenabile violenza, la ripa è sempre colei che flumen
coercet
7
, cogit
8
, retinet
9
, continet
10
, cioè ne costringe il corso nell’alveo
prefissato in modo da sventarne rovinosi straripamenti. del resto, se-
condo seneca, è proprio la presenza della ripa “entro cui il fiume scorre
con portata costante e uniforme”, a distinguere il fiume dal semplice
torrente creato dalla pioggia (Nat. Quaest. 3.11.6)
11
.
5
sono le “alluviones” menzionate nella tabula alimentaria di velleia: m.p. P
avese
,
Fundus cum vadis et alluvionibus cit., p. 43 ss.
6
sui testi cfr. l. m
aGanzani
, I fenomeni fluviali cit., p. 345 ss.
7
ovid., Fasti 6.413; statius, Silvae 3.2.107; cic., Brutus 316; liv. 21.31.11; curtius
rufus,
Hist. Alexandri Magni 9.2.17.
8
curtius rufus, Hist. Alexandri Magni 6.4.6 ; 7.10.2; liv. 32.10.1.
9
luc., Bellum civile 2.214;
10
sen., Nat. quaest. 4a.2.12.
11
F. r
aveLLi
, Il ciclo idrologico naturale nel pensiero dei classici fino agli albori della
moderna idrologia, www.francoravelli.it/figclassici/classici.pdf, p. 12 (= rivista di storia
dell’agricoltura xl (2000) 1, p. 3 ss.).
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L. m
aGanzani
, Ripae fluminis e dissesti idrogeologici
[pp. 61-84]
il fiume è comunque una realtà in movimento che non di rado mo-
difica il suo corso (sia naturalmente che per intervento dell’uomo)
12
mutando conseguentemente le sue rive
13
. già seneca lo rilevava descri-
vendo gli effetti degli impetuosi straripamenti dei grandi fiumi
14
, ma
sono ancora i giuristi che, allo scopo precipuo di stabilire le conseguen-
ze giuridiche del fenomeno, si sforzano di definirlo con precisione tec-
nica. così Ulpiano specifica che la topografia della ripa fluminis muta
soltanto in presenza di un evento di tracimazione del corso d’acqua che
ne modifichi l’alveo in perpetuo (cd. alvei mutatio) mentre una sem-
plice inundatio non ha effetti sul posizionamento delle ripae perché le
acque tornano in breve nel loro letto originario:
d. 43.12.1.5 (Ulp. 68 ad ed.) Ripa autem ita recte definietur id, quod flu-
men continet naturalem rigorem cursus sui tenens: ceterum si quando vel im-
bribus vel mari vel qua alia ratione ad tempus excrevit, ripas non mutat: nemo
denique dixit Nilum, qui incremento suo Aegyptum operit, ripas suas mutare vel
ampliare. Nam cum ad perpetuam sui mensuram redierit, ripae alvei eius mu-
niendae sunt. Si tamen naturaliter creverit, ut perpetuum incrementum nanctus
sit, vel alio flumine admixto vel qua alia ratione, dubio procul dicendum est ripas
quoque eum mutasse, quemadmodum si alveo mutato alia coepit currere.
Ulpiano, dunque, distingue i due fenomeni di alvei mutatio ed inun-
datio ponendo l’accento sulle cause che li hanno determinati: il primo
è la conseguenza di un evento naturale definitivo (es. la confluenza di
due fiumi), il secondo dipende da circostanze occasionali (le piogge
abbondanti, il reflusso dal mare etc.) al cui cessare viene ripristinato il
corso d’acqua originario.
12
si veda l’esempio del trebbia analizzato da g. m
archetti
, P.L. d
aLL
’a
GLio
,
Geomor-
fologia e vicende storiche nel territorio piacentino, in atti dell’istituto geologico dell’Univer-
sità di pavia 30 (1983), p. 142 ss.
13
non a caso le note terminationes riparum et alvei Tiberis realizzate alla fine della re-
pubblica e nell’impero venivano periodicamente ripetute con sempre nuovi posizionamenti
di cippi a delimitare il corso del fiume.
14
sen., Nat. Quaest. 3.27.8: Quid tu esse Rhodanum, quid putas Rhenum atque Danu-
vium, quibus torrens etiam in canali suo cursus est, cum superfusi novas sibi facere ripas ac scissa
humo simul excessere alveo?