70
repressione del crimen incesti e legge speciale di sanatoria (
39
). Nella
prefazione l’imperatore svolge un discorso di carattere generale sulla
clemenza imperiale, capace con il suo intervento di mitigare il rigore della
legge. Si passa poi al capo primo, in cui vengono richiamate e confermate
le disposizioni introdotte da Giustiniano in Nov. 12, ma contestualmente
si concede la sanatoria per i matrimoni incestuosi celebrati anteriormente
al 15 novembre 565, ovvero la data dell’assunzione della carica
d’imperatore da parte di Giustino II.
La necessità di emanare una nuova legge sull’argomento e la
previsione di una deroga per le situazioni createsi durante la vigenza di
Nov. 12 di Giustiniano costituiscono una prova dell’inefficacia della
legislazione novellare sull’incesto, che non era riuscita ad eliminare il
fenomeno, soprattutto nelle regioni dell’impero in cui questo era più
sviluppato, vale a dire Mesopotamia, Osroene ed Eufratesia, a causa
dell’influsso dei costumi di popoli orientali come i Persiani e i Saraceni.
Va osservato che Nov. 2 non possiede i toni aspri delle costituzioni
giustinianee volte a una dura repressione dell’incesto: questa legge si
limita a ribadire il contenuto di Nov. 12 e a introdurre un regime
transitorio di condono, come necessaria misura di clemenza nei confronti
delle popolazioni stanziate nell’estrema periferia orientale dell’impero,
costrette a subire l’influenza delle etnie confinanti.
La legge si concentra piuttosto su un aspetto collaterale al crimen
incesti, ovvero la vasta presenza di delatori che, a scopo di lucro,
denunciavano i coniugi incestuosi o i loro figli, talvolta anche facendo
ricorso alla calunnia: l’imperatore condanna questo comportamento come
disonesto ed esecrabile, e lo colpisce duramente.
(
39
) S.
P
ULIATTI
, Ricerche sulle Novelle di Giustino II. La legislazione imperiale da Giustiniano I a
Giustino II, II, Problemi di diritto privato e di legislazione e di politica religiosa, Milano 1991,
pp. 3-51.
71
6. Le pene previste per l’incesto nel diritto giustinianeo
Una considerazione a parte meritano le pene predisposte da
Giustiniano nei confronti di chi si macchia di crimen incesti, rispetto alla
precedente disciplina del reato: si tratta infatti di una questione
controversa, molto discussa in dottrina (
40
).
Come già visto l’imperatore prevede un sistema di sanzioni civili e
patrimoniali che comprendono: l’illiceità delle unioni incestuose quali
giuste nozze, la confisca del patrimonio e della dote (a meno che vi siano
figli legittimi nati da precedente matrimonio legittimo), la perdita delle
cariche civili eventualmente ricoperte e l’esilio (qualora si tratti di
honestiores), nonché la comminazione di pene afflittive (qualora si parli di
humiliores) (
41
).
Si può quindi osservare come Giustiniano, pur proclamando una
maggiore severità rispetto al passato nei confronti di questo esecrabile
delitto, non proceda in realtà ad un inasprimento delle sanzioni penali,
perlomeno se si tiene conto della evoluzione storica complessiva del
crimen incesti: basti pensare che Diocleziano, con una costituzione del 295
di ampia portata, volta a regolamentare in modo organico la fattispecie di
reato (Coll. 6, 4, 1, 3) prescrisse la pena capitale per le nozze incestuose,
pur introducendo una sanatoria per i reati d’incesto commessi prima della
promulgazione della legge stessa (
42
); con CTh. 3, 12, 1 del 342 Costanzo II
(
40
) B
IONDI
, Diritto romano cristiano, III, cit., pp. 478-479, ritiene che con Giustiniano si
assiste a un’attenuazione della pena prevista per questo reato, che pure era percepito
come assai grave dalla sensibilità del tempo. Al contrario P
ULIATTI
, Ricerche sulle Novelle
di Giustino II, cit., pp. 186-198 sostiene che con la legislazione novellare la persecuzione
del crimine diviene più dura e rigorosa dal momento che sono reintrodotte pene
personali afflittive; non vale ad attenuarla neppure la predisposizione di norme
transitorie o leggi speciali che prevedono scusanti per quelle comunità più esposte agli
influssi di popolazioni barbariche: si tratta infatti di casi eccezionali che nulla tolgono alla
volontà repressiva dell’imperatore.
(
41
) Sul rapporto tra l’appartenenza a una data condizione sociale e la previsione delle pene
si confronti M.
B
ALZARINI
, Nuove prospettive sulla dicotomia “honestiores-humiliores”, in Idee
vecchie e nuove sul diritto criminale romano, a cura di A.
B
URDESE
, Padova 1988, pp. 159-169.
(
42
) Sulla costituzione dioclezianea si veda, in questo capitolo, paragrafo 1, nota 4. Puliatti
72
infligge ai rei d’incesto la sententia capitalis, espressione che la dottrina ha
variamente inteso come pena di morte o deportazione, pena in ogni caso
estremamente grave (
43
).
Se invece si opera un confronto tra la disciplina elaborata da
Giustiniano e la regolamentazione dell’incesto in un periodo storico più
vicino alla sua epoca, si può notare un mutamento nell’ottica di un
maggior rigore punitivo: infatti nel 396 – con CTh. 3, 12, 3 = CI. 5, 5, 6 –
l’imperatore Arcadio sostituisce le sanzioni penali previste per questo
delitto con una serie di limitazioni di diritto civile (nullità del matrimonio,
confisca della dote, incapacità di donare e di fare testamento); neppure
Zenone prevede pene personali afflittive ma stabilisce come unica
sanzione per le nozze incestuose l’inesistenza giuridica del matrimonio
(CI. 5, 5, 8 del 475 e CI. 5, 5, 9 emanata tra il 476 e il 477 e infine CI. 5, 8, 2
risalente agli anni 486-489). Riassumendo, a partire da Arcadio fino a
Giustiniano vengono ribaditi i divieti matrimoniali stabiliti in precedenza
ma le pene tendono a diminuire: non vengono più comminate sanzioni
personali afflittive ma solo sanzioni civili e patrimoniali, in un’ottica di
moderazione (
44
).
Va dato atto che l’imperatore reintroduce per questo reato le pene
afflittive, anche se rivolte solo agli appartenenti le classi sociali più umili:
ritiene che non si tratti di condanna a morte, da tempo disapplicata per questo crimine,
ma di relegatio o deportatio in insulam, pur sempre una pena personale affittiva ma di
minor gravità: cfr. P
ULIATTI
, Incesti crimina, cit., p. 161.
(
43
) Si confronti G
UARINO
, Studi sull’”incestum”, cit., p. 261, nota 85.
(
44
) Secondo P
ULIATTI
, Incesti crimina, cit., p. 187 queste pene tuttavia si riferiscono solo
alle unioni contra praecepta vel contra mandata constitutionesque principum che prescrivono
nuovi divieti imposti dalla religione cristiana oltre a quelli già prescritti da diritto
romano: l’unione tra zio e nipote, tra adfines collaterali, tra consobrini. Queste unioni, che
prima non erano considerate illecite, ora vengono perseguite anche se il trattamento
sanzionatorio, non prevedendo punizioni corporali, è attenuato. Tale distinzione è poi
destinata a cadere con Giustiniano. Di opinione differente è G
UARINO
, Studi
sull’”incestum”, cit., p. 262, secondo cui CI. 5, 5, 9 si riferisce, in senso generale, ad ogni
unione sessuale tra parenti e affini.
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