73
ciò è forse dovuto, come già detto, all’esigenza di contrastare la crescente
diffusione del fenomeno (
45
).
È necessario tuttavia ricordare che le disposizioni transitorie previste
da Nov. 12, che mandano esente da pena chi ha contratto nozze incestuose
prima dell’entrata in vigore della legge, smorzano gli intenti repressivi
dell’imperatore. Anche la remissione della pena nei confronti della donna
inconsapevole (unico esempio dell’efficacia scriminante dell’ignorantia
iuris nella legislazione giustinianea) rivela un atteggiamento di clemenza
da parte dell’imperatore.
(
45
) Si veda J. G
AUDEMET
, «Justum matrimonium», in Études de droit romain, III, Pubblicazioni
della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Camerino, 1979, pp. 360-361, a proposito della
repressione delle nozze illecite, ritiene che Giustiniano abbia realizzato una combinazione
tra le sanzioni civili, le più diffuse nel diritto classico, e quelle penali, che acquistano un
rilievo sempre maggiore nelle costituzioni del Basso Impero. In particolare la repressione
penale viene estesa a nuove ipotesi di matrimonio contro la legge: le nozze con una
diaconessa espongono entrambi gli sposi alla pena di morte (Nov. 6, 6); quelle tra la donna
adultera e il suo complice comportano la reclusione in convento della donna, dopo che sia
stata picchiata e rasata, e la morte dell’uomo (Nov. 134, 12); le nozze incestuose sono
sottoposte a pene estremamente severe, combinate a sanzioni civili (Nov. 12).
74
75
C
APITOLO
III
LA REPRESSIONE DELL’OMOSSESSUALITÀ:
NOVELLE 77 E 141
S
OMMARIO
:
1.
Le disposizioni contro i sodomiti nelle Istituzioni e nel Codice – 2.
L’omosessualità nelle testimonianze degli storici di età giustinianea – 3. Nov. 77 del 535 e
Nov. 141 del 559 – 4. La previsione delle pene e gli elementi di novità introdotti dalla
legislazione novellare
1. Le disposizioni contro i sodomiti nelle Istituzioni e nel Codice
Anche se la trattazione del fenomeno omosessuale è presente
soprattutto nella legislazione delle Novelle, che si dedica alla materia in
modo ampio e approfondito, va premesso che accenni alla questione
compaiono in tutte le opere della compilazione giustinianea (
1
). Tuttavia,
(
1
) A titolo esemplificativo si riportano alcuni passi contenuti nel Digesto in tema di
omosessualità. Ampio spazio viene dedicato alla regolamentazione dell’omosessualità
nell’ambito dei rapporti tra padroni e servi: D. 1, 6, 1, 2 (Gai. 1 inst.): Sed hoc tempore nullis
hominibus, qui sub imperio romano sunt, licet supra modum et sine causa legibus cognita in
servos suos saevire. nam ex constitutione divi antonini qui sine causa servum suum occiderit, non
minus puniri iubetur, quam qui alienum servum occiderit. sed et maior asperitas dominorum
eiusdem principis constitutione coercetur. Trad. a cura dell’A.: “Ma in questo tempo a nessun
uomo che vive nell’impero romano è lecito infierire oltre misura e senza una ragione
ammessa dalle leggi contro i suoi servi. Infatti in base alla costituzione del divino
Antonino si ordina che colui che abbia ucciso senza motivo il proprio servo sia punito
non meno di colui che abbia punito il servo altrui. Ma anche la maggior durezza dei
padroni è proibita con la costituzione del medesimo principe”. D. 1, 12, 1, 8 (Ulp. libri
76
se nelle Istituzioni e nel Codice l’imperatore resta per lo più ancorato alla
disciplina antecedente, nelle Novelle introduce numerosi elementi di
rottura con la tradizione, attento all’evolversi di una nuova sensibilità
religiosa e sociale.
sing. de off. praef. urb.): Quod autem dictum est, ut servos de dominis querentes praefectus audiat,
sic accipiemus non accusantes dominos (hoc enim nequaquam servo permittendum est nisi ex
causis receptis) sed si verecunde expostulent, si saevitiam, si duritiam, si famem, qua eos premant,
si obscenitatem, in qua eos compulerint vel compellant, apud praefectum urbi exponant. hoc
quoque officium praefecto urbi a divo severo datum est, ut mancipia tueatur ne prostituantur.
Trad.: “Secondo quanto è stato detto, che il prefetto ascolti i servi che si lamentano dei
padroni, così li riceveremo non accusando i padroni (ciò infatti non deve essere permesso
neppure a un servo se non per cause riconosciute) ma se candidamente lamentano la
ferocia o la durezza o la fame con cui li opprimono o gli atti osceni ai quali li hanno spinti
o li spingono, dicano ciò al prefetto della città. Anche questo incarico è stato affidato dal
divino Severo al prefetto della città, che si controlli che i servi non siano prostituiti”.
Un frammento di Ulpiano spiega quali siano le conseguenze sul piano sociale
dell’assunzione di atteggiamenti femminei, a meno che ciò non sia avvenuto contro la
volontà del soggetto: D. 3, 1, 1, 6 (Ulp. 6 ad ed.): Removet autem a postulando pro aliis et eum,
qui corpore suo muliebria passus est. si quis tamen vi praedonum vel hostium stupratus est, non
debet notari, ut et pomponius ait (...). Trad.: “Si preclude dal citare in giudizio per altri chi
ha sopportato sul suo corpo cose femminili; se tuttavia è stato stuprato con la forza da
predoni o da nemici non deve essere biasimato, come dice anche Pomponio”. In altri
passi del Digesto la materia dell’omosessualità viene affrontata, sotto il profilo penale,
assieme ad altri reati come il lenocinio e violenza carnale. D. 48, 5, 9 (8), pr. (Marc. 2 de
adult.): Qui domum suam, ut stuprum adulteriumve cum aliena matre familias vel cum masculo
fieret, sciens praebuerit vel quaestum ex adulterio uxoris suae fecerit: cuiuscumque sit condicionis,
quasi adulter punitur. Trad.: “Colui che ha offerto la sua casa, cosciente, affinché avvenisse
uno stupro o un adulterio con una madre di famiglia altrui o con un maschio o abbia
tratto guadagno dall’adulterio di sua moglie: di qualunque classe sociale sia, venga
punito come adultero”. D. 48, 6, 3, 4 (Marc. 14 inst.): Praeterea punitur huius legis poena, qui
puerum vel feminam vel quemquam per vim stupraverit. Trad.: “Inoltre sia punito con la pena
di questa legge colui che abbia stuprato un fanciullo o una donna o chiunque con la
violenza”. D. 48, 5, 30 (29), 9 (Ulp. 4 de adult.): Eum autem, qui per vim stuprum intulit vel mari
vel feminae, sine praefinitione huius temporis accusari posse dubium non est, cum eum publicam
vim committere nulla dubitatio est. Trad.: “Non c’è dubbio che possa essere accusato senza
limiti di tempo colui che fece uno stupro con la forza o a un uomo o a una donna, quando
non vi è alcuna incertezza che stia commettendo violenza pubblica”.
Dostları ilə paylaş: |