82
Sembra che in seguito all’evirazione non venisse comminata la condanna a
morte, anche se – riportano le cronache – si verificava di frequente che i
mutilati non sopravvivessero alle conseguenze della castrazione.
Il fatto che in Nov. 77 e in Nov. 141 Giustiniano non precisi la pena a
carico dei sodomiti potrebbe avallare l’ipotesi, avanzata da alcuni studiosi
anche sulla base delle opere dei due storici citati, dell’esistenza di una
costituzione andata perduta che prevedeva espressamente per gli
omosessuali la pena mutilante dell’evirazione.
Procopio, in Anekdota 11, 34-36, fa espresso riferimento a una “nuova
legge” emanata appositamente per la repressione dei pederasti,
applicabile retroattivamente e innovativa anche sotto il profilo
processuale, in quanto accoglieva come prova la testimonianza dei servi
contro i padroni (
9
).
P
ROCOPIUS
, Anekdota 11, 34-36 (
10
)
34 Μετὰ δὲ καὶ τὸ παιδεραστεῖ ν νόμῳ ἀπεῖ ργεν, οὐ τὰ μετὰ τὸν
νόμον διερευνώμενος, ἀλλὰ τοὺς πάλαι ποτὲ ταύτῃ δὴ τῇ νόσῳ
ἁλόντας. 35 ἐγίνετό τε ἡ ἐς αὐτοὺς ἐπιστροφὴ οὐδενὶ κόσμῳ, ἐπεὶ
per farne degli eunuchi, veniva a sua volta evirato. Si veda capitolo IV, paragrafo 4.
(
9
) P. P
ESCANI
, Tracce di una ignota Novella di Giustiniano in Procopio? (In tema di accusatio
servi contra dominum), in Iura, XV, 1964, pp. 181-184. La tesi prospettata dall’Autore
prende le mosse dalla considerazione che l’accusatio servi contra dominum era consentita in
un numero assai limitato di casi, come risulta da un testo di Ermogeniano contenuto nel
Digesto (D. 5, 1, 53 Herm. 1 iuris ep.) e da una costituzione riportata in CTh. 9, 6, 3 e in CI.
9, 1, 20: sono le uniche fonti giuridiche che trattano la questione. Da un passo degli
Anekdota dello storico Procopio si può dedurre l’esistenza di una Novella, a noi non
pervenuta, in cui Giustiniano estendeva ai casi di pederastia la facoltà dei servi di
accusare i propri padroni: si può immaginare che, passata la Pasqua – in occasione della
quale gli omosessuali potevano confessare le loro colpe al Patriarca ed evitare così dure
punizioni – i magistrati procedessero con rigore alla persecuzione del crimine, ricorrendo
perfino alla delazione dei servi. In realtà, leggendo Anekdota 11, 34-36, sembra che i
giudici, in mancanza di un uomo libero che sostenesse l’accusa, costringessero gli schiavi
a testimoniare contro i padroni, nel quadro di un processo già instaurato. Si veda anche
M. M
ELLUSO
, La schiavitù nell’età giustinianea. Disciplina giuridica e rilevanza sociale, Paris
2000, pp. 142-147 e bibliografia ivi citata.
(
10
) Procopii Caesariensis opera omnia, ed. J.
H
AURY
, III, Lipsiae 1963, p. 76.
83
καὶ κατηγόρου χωρὶς ἐπράσσετο ἡ ἐς αὐτοὺς τίσις, ἑνός τε
ἀνδρὸς ἢ παιδὸς λόγος, καὶ τούτου δούλου, ἂν οὕτω τύχοι, καὶ
ἀκουσίου μαρτυρεῖ ν ἐπὶ τὸν κεκτημένον ἀναγκασθέντος, ἔδοξεν
εἶ ναι ἀκριβὴς ἔλεγχος. 36 τούς τε οὕτως ἁλισκομένους τὰ αἰδοῖ α
περιῃρημένους ἐπόμπευον. οὐκ ἐς πάντας μέντοι κατ'ἀρχὰς τὸ
κακὸν ἤγετο, ἀλλ'ὅσοι ἢ Πράσινοι εἶ ναι ἢ μεγάλα περιβεβλῆσθαι
χρήματα ἔδοξαν ἢ ἄλλο τι τοῖ ς τυραννοῦσι προσκεκρουκότες
ἐτύγχανον (
11
).
La costituzione in oggetto prevedeva inoltre la pena dell’evirazione
per chi commettesse un tale delitto, dando così un’identità specifica e
concreta
alle exquisitae poenae di cui alla legge dell’imperatore Costante.
Del resto la mutilazione personale era una sanzione da tempo in uso
nel territorio dell’impero. Il Codex Theodosianus riporta una costituzione di
Costantino presumibilmente del 319 (CTh. 10, 10, 2) che prevedeva il
taglio della lingua ai delatori; un’altra legge di Costantino del 320 (CTh. 9,
24, 1) puniva mediante ingestione di piombo fuso le nutrici che avevano
incoraggiato le fanciulle a farsi rapire o, per meglio dire, a fuggire con un
uomo non gradito ai genitori (
12
). Giustiniano introduce nel Codice (CI. 6,
1, 3) una disposizione secondo cui lo schiavo che avesse tentato di fuggire
subiva la mutilazione del piede.
Tali punizioni hanno valore simbolico, in quanto rimandano al reato
commesso: delatori e nutrici vengono colpiti alla lingua e alla gola perché
hanno commesso il delitto con la parola; lo schiavo perde il piede, ovvero
la parte del corpo con cui ha tentato la fuga; allo stesso modo la
(
11
) Trad. a cura dell’A.: “Successivamente egli mise al bando con una legge anche la
pederastria, indagando non sui fatti avvenuti dopo la sua emanazione, ma sulle persone
che in passato erano state vittime di quel morbo. Contro i pederasti si procedeva senza
alcuna regola, perché la pena veniva comminata anche in mancanza di un accusatore,
considerandosi prova provata la semplice parola di un uomo o di un ragazzo, fosse anche
uno schiavo magari costretto contro la sua volontà a testimoniare contro il padrone. Chi
era riconosciuto reo di tale reato prima veniva evirato e poi era condotto in giro per le
strade della città. Tuttavia da principio il castigo non si abbattè su tutti, ma solo su quanti
si pensava che fossero Verdi o possesori di ingenti ricchezze, oppure a quelli che per
qualche altro motivo si fossero urtati con i tiranni”.
(
12
) Si veda capitolo I, paragrafo 5.
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