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Pare quindi che i confini tra diritto e morale tendano a diventare
sempre più sfumati, in linea con l’involuzione in senso confessionale
dell’ultimo periodo di legislazione giustinianea: il delitto è inteso come
trasgressione alla legge divina e di conseguenza anche il potere di stabilire
sanzioni viene assegnato dall’imperatore all’autorità ecclesiastica. Ne
deriva una specie di diritto premiale in cui i peccatori, se si ravvedono e
sottraggono così l’intera comunità alla collera divina, possono evitare la
punizione terrena (
36
).
La costituzione quindi non introduce innovazioni nel sistema
repressivo, in quanto si limita ad ammonire i sudditi affinché non violino
le leggi divine e umane e le autorità competenti affinché puniscano
severamente i colpevoli; ma la repressione avrà luogo solo dopo che sia
scaduto il termine concesso dall’imperatore per coloro che intendono
confessarsi e ravvedersi (
37
).
Del resto anche il linguaggio conferisce alla Novella una forte
connotazione morale, come già osservato da parte della dottrina
romanistica (
38
).
forse pensare che la Nov. 141 testimoni un’ulteriore fase del travaglio spirituale
dell’imperatore, che doveva sempre più convincersi dell’essenziale soggezione dell’uomo
a Dio (e per converso essere sempre meno fiducioso nella giustizia umana)”. Secondo
l’Autore Nov. 141 insiste principalmente sull’immagine del “Dio buono e paziente, che sa
perdonare e aspetta la nostra conversione, pur essendo capace di ira terribile”.
(
36
) Per una riflessione sul premio inteso come correttivo sociale alternativo alla pena nel
diritto criminale romano e una rassegna degli istituti ispirati a concezioni promozionali si
veda G. L
URASCHI
, Diritto premiale e sistema penale, in Atti del VII Simposio di studi di diritto
e procedura penali, Milano 1983, pp. 53-95 (= Il “praemium” nell’esperienza giuridica romana,
in Studi in onore di Arnaldo Biscardi, IV, Milano 1983, pp. 239 ss.).
(
37
) E. C
ANTARELLA
, Secondo natura
4
, Milano 2007, pp. 232-237.
(
38
) L
ANATA
, Figure dell’altro nella legislazione giustinianea, in Società e diritto nel mondo tardo
antico. Sei saggi sulle Novelle giustinianee, cit., pp. 51-57 svolge un’interessante riflessione
sul lessico utilizzato per designare omosessuali ed eretici: Giustiniano fa uso di quello che
l’Autrice chiama “linguaggio dell’odio” che si caratterizza per l’accentuata riprovazione
morale, quasi ripugnanza, verso chi trasgredisce le leggi di Dio, come gli omosessuali, ma
anche gli adulteri, i colpevoli di incesto e chi si macchia di favoreggiamento della
prostituzione. Gli omosessuali in particolare diventano i capri espiatori dei cataclismi che
all’epoca colpirono l’impero bizantino, interpretati come segni della collera divina. Vi è
101
4. La previsione delle pene e gli elementi di novità introdotti
dalla legislazione novellare
Per quanto riguarda il sistema sanzionatorio, si può affermare che in
questa sede l’espiazione della pena è vista come strumento di
rieducazione: l’imperatore dichiara infatti che la punizione è finalizzata al
recupero del reo in quanto Dio non vuole la morte del peccatore ma la sua
redenzione.
Eppure, in Nov. 77, si ha l’impressione che il richiamo alla cultura
cristiana provochi effetti addirittura contrari al sentimento di indulgenza:
l’inflizione della pena di morte è infatti giustificata dall’idea che una
reazione blanda dell’imperatore provocherebbe il diffondersi di
comportamenti empi e criminosi, scatenando così, come nel racconto
biblico di Sodoma, l’ira di Dio e terribili sventure. Pene severe si rendono
così indispensabili per evitare che un’eccessiva clemenza possa
danneggiare l’intera popolazione: può parlarsi dunque di una funzione
della pena ulteriore rispetto a quelle tradizionalmente individuate, ovvero
la funzione “catartica” o purificatrice (
39
).
In conclusione si osserva che nella legislazione novellare Giustiniano
innova profondamente, rispetto a quanto previsto nelle Istituzioni e nel
Codice, la disciplina di tale reato (
40
): se il diritto precedente era
caratterizzato dal richiamo alla legislazione augustea e dalla ripresa della
legislazione postclassica, nelle Novelle prevalgono gli elementi di novità:
innanzitutto viene stabilito che la sodomia, in quanto azione empia e
blasfema prima ancora che crimine, va sempre punita, indipendentemente
dalle circostanze e dalle modalità in cui si manifesta, a differenza del
inoltre un largo uso dei termini legati alla malattia e alla follia: omosessuali e miscredenti,
spesso accomunati per la loro empietà, vengono spesso accostati ai malati secondo una
concezione assai diffusa nel mondo tardoantico.
(
39
) Per un approfondimento sulla materia si veda capitolo V, paragrafo 4.
(
40
) Viene creata – osserva
D
ALLA
, «Ubi Venus mutatur» cit., p. 186 – una “nuova
dimensione repressiva, motivata dalla trasgressione alla legge divina e ancorata al modo
di pensare della disciplina ecclesiastica”.
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