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Queste popolazioni, a quanto riferisce il comes rerum privatarum Floro,
dimostrano di non voler approfittare del regime transitorio, che
permetteva loro di conformarsi alla legge entro un biennio dall’entrata in
vigore di Nov. 12 senza subire le sanzioni previste per il reato d’incesto, se
si eccettua la confisca di un quarto del patrimonio. Costoro si rifiutano di
annullare legami ormai consolidati e di versare al fisco la quarta parte dei
beni e invocano per se stessi una deroga alle disposizioni dettate dalla
legge sull’incesto, appellandosi, con tono remissivo, alla clemenza di
Giustiniano.
L’imperatore, in accoglimento delle suppliche rivoltegli (
31
), concede
loro di non ripudiare la moglie e di istituire eredi i propri figli, nati o
nascituri dal matrimonio incestuoso; inoltre riduce la pena pecuniaria da
un quarto del patrimonio alla somma fissa di dieci libbre d’oro.
Va sottolineato che il legislatore non utilizza in questa sede i toni
aspri che caratterizzavano Nov. 12: le nozze incestuose non vengono
infatti definite nefariae e damnatae, forse per rispetto verso una comunità,
quella ebrea, in cui queste relazioni coniugali non erano dettate dal vizio
bensì dall’obbedienza alle prescrizioni della legge giudaica. Ad esempio
essa consentiva le nozze con la nipote e imponeva l’obbligo del levirato,
ovvero il matrimonio tra un uomo e la vedova del proprio fratello defunto
senza discendenti, allo scopo di assicurare la continuità della stirpe (
32
).
concesso ai richiedenti un trattamento particolare essenzialmente per motivi di ordine
pubblico, ovvero per evitare dei disordini in questa zona molto delicata dell’impero.
(
31
) Secondo P
ULIATTI
, Incesti crimina, cit., p. 215, i motivi di scusa addotti dagli interessati
e presi in considerazione da Giustiniano possono essere sintetizzati in: ragioni
economiche, avanzata età dei soggetti, lunga durata del matrimonio, esistenza dei figli.
L’Autore insiste sul fatto che per quelle comunità povere e spesso minacciate da attacchi
esterni l’endogamia costituisce una sorta di difesa delle proprie sostanze e quindi del
benessere della famiglia allargata, che riesce per mezzo dei matrimoni tra consanguinei a
non disperdere i beni posseduti. L’imperatore ne è consapevole e perciò detta il regime
derogatorio di Nov. 139.
(
32
) Con CTh. 3, 12, 1 emanata da Antiochia il 31 marzo 342 Costanzo II dichiara illecite
(stando al dato testuale sono definite “abominevoli”) le nozze o l’unione di un soggetto
con la nipote: la pena per l’infrazione è la morte. Per ciò che concerne l’usanza del
levirato, proibita dal diritto romano con una costituzione di Costanzo II emanata il 30
63
Giustiniano insiste sulla totale eccezionalità della norma e
ammonisce coloro che intendono invocarla come precedente per ottenere
la remissio poenae affermando che, in quel caso, non solo non saranno
accontentati ma subiranno gravi sanzioni patrimoniali e afflittive, oltre che
la condanna all’esilio perpetuo.
4. Novella 154
De iis qui in Osroena illicitas nuptias contrahunt
Novella 154, redatta come Novella 139 per regolamentare una
situazione di carattere speciale, è indirizzata alle popolazioni di
Mesopotamia e Osroene, in cui forte era la resistenza al modello di
matrimonio romano fondato sull’esogamia.
Questi popoli, a differenza degli abitanti di Sindys e degli Ebrei di
Tiro, che avevano richiesto con suppliche la deroga dalle norme imposte
per le nozze incestuose, si pongono nei confronti dell’imperatore con un
atteggiamento audace, quasi di sfida, che, a quanto scrive la stessa
cancelleria, lascia sbalordito Giustiniano. Nella praefatio l’imperatore
constata che i matrimoni incestuosi sono assai presenti nelle regioni di
Mesopotamia e Osroene (territori molto più vasti rispetto al pagus di
Sindys e alla comunità ebrea di Tiro di cui sopra) e che la celebrazione di
tali nozze non si è arrestata neanche dopo l’entrata in vigore di Novella 12.
Nov. 154 Perˆ tîn ™n 'OsrohnÍ ¢qem…twj sunallattÒntwn
AÙtokr£twr 'IoustinianÕj AÜgoustoj Flèrῳ kÒmhti tîn
qe…wn prib£twn. Pr. Par£doxÒj tij Ãlqen e„j ¹m©j lÒgoj, æj oƒ
aprile 355 (CTh. 3, 12, 2 = CI. 5, 5, 5, 9), essa era divenuta sempre più rara tra gli stessi
ebrei, anche se forse dal tenore di Nov. 139 bisogna presumere che la comunità ebraica di
Tiro continuava a praticarla ai tempi di Giustiniano. È quanto ritiene F
RANCIOSI
, Il regime
delle nozze incestuose nelle Novelle giustinianee, cit., p. 741, nota 54. Sul levirato ebraico si
veda G.
B
ARONE
-A
DESI
, L’età della lex dei, Napoli 1992, pp. 156 ss. e soprattutto G.
DE
B
ONFILS
, Gli schiavi degli ebrei nella legislazione del IV secolo. Storia di un divieto, Bari 1992,
pp. 148-154.
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