Settimanale di informazione domenica 27 agosto 2017 anno 114 N. 31 € 1,50 dcoio0047 giornale locale



Yüklə 15,63 Mb.
Pdf görüntüsü
səhifə6/47
tarix15.07.2018
ölçüsü15,63 Mb.
#56152
1   2   3   4   5   6   7   8   9   ...   47

6

VITA DIOCESANA

L’ANCORA

27 AGOSTO 2017

Spesso, nelle ordinarie con-

versazioni, ci capita di ascolta-

re affermazioni quali: “Viviamo

tempi difficili, oscuri, terribili”.

Anche il richiamo alla speran-

za cristiana (“una speranza -

sentiamo  affermare  spesso

nelle prediche- che va addirit-

tura  oltre  le  situazioni  senza

speranza,  una  speranza  che

va oltre la morte”) non riesce

ad incidere facilmente sul no-

stro stato d’animo.

Ed incontrare persone pes-

simiste  soprattutto  nei  con-

fronti del futuro è sempre più

facile. Anzi ad essere e a dirsi

ottimisti  si  rischia  spesso  di

passare per disinformati, per

ingenui e per illusi.

E  certamente  oggi  l’ottimi-

smo non è di moda.



Ottimismo/Pessimismo

Sul tema dell’ottimismo/pes-

simismo del cristiano mi per-

metto  di  richiamare,  nella  ri-

flessione sul Giubileo della no-

stra cattedrale di questa setti-

mana, l’opinione di un teologo

a cui spesso ho fatto ricorso

nei miei interventi su L’Ancora.

Egli con un’evidente vena

ironica  scrive  così:  “Essere

pessimisti è più saggio: si di-

menticano le delusioni e non si

viene ridicolizzati davanti a tut-

ti.  Perciò,  presso  le  persone

sagge, l’ottimismo è bandito.

Ma  l’essenza  dell’ottimismo

non è guardare al di là della si-

tuazione presente ma è la for-

za di sperare quando gli altri si

rassegnano, la forza di tenere

alta  la  testa  quando  sembra

che  tutto  fallisca,  la  forza  di

sopportare gli insuccessi. Cer-

to esiste anche una forma di

ottimismo  stupido  e  vile  che

deve essere bandito. Ma nes-

suno deve disprezzare l’ottimi-

smo inteso come volontà di fu-

turo,  anche  quando  dovesse

condurre cento volte all’errore,

perché esso è la salute della

vita...” Queste  parole  furono

scritte da Dietrich Bonhoeffer

in Germania in uno dei periodi

più terribili del secolo scorso:

durante la dittatura nazista, a

due  anni  dall’inizio  della  se-

conda guerra mondiale e pochi

mesi  prima  dell’arresto,  ad

opera della Gestapo, del loro

autore, un arresto che lo con-

durrà  alla  condanna  e  alla

morte. 


Come si vede un tempo cer-

tamente non migliore del no-

stro. La tentazione di abban-

donarci al pessimismo si è cer-

tamente affacciata anche nel-

la nostra vita cristiana e forse

ha lambito anche i confini del-

le nostre comunità.



“Doveroso essere

pessimisti”

Anzi, talvolta, abbiamo con-

siderato  addirittura  doveroso

per un cristiano l’essere pessi-

misti nei confronti del mondo in

cui ci è toccato vivere e degli

avvenimenti che lo caratteriz-

zano.


Insomma  ci  è  capitato  di

pensare: un buon cristiano non

può che esprimere un giudizio

negativo nei confronti del mon-

do di oggi. Qualche volta (solo

nel passato?) la nostra Chiesa

si  è  chiusa  a  riccio  nei  con-

fronti della cosiddetta moder-

nità e ha cercato un illusorio

conforto rifugiandosi in un pas-

sato che non può, comunque,

tornare. Questo atteggiamento

ha interessato anche la pasto-

rale ed in essa la liturgia: il ri-

torno a vestiti, riti, formule, de-

vozioni  (in  sé  legittime  e,  in

qualche caso, anche lodevoli)

non è forse la spia di un ap-

proccio rinunciatario nei con-

fronti del tempo che stiamo vi-

vendo?

Qualcosa di simile aveva già



intuito, Bonhoeffer, tanto da af-

fermare: “Ci sono uomini che

ritengono poco serio e cristiani

che ritengono poco pio spera-

re in un futuro migliore e pre-

pararsi ad esso. Essi credono

che il senso dei presenti avve-

nimenti sia il caos, il disordine,

la catastrofe, e si sottraggono

nella rassegnazione o in una

pia  fuga  dal  mondo  alla  re-

sponsabilità  per  la  continua-

zione della vita, per la ricostru-

zione, per le generazioni futu-

re”. La  celebrazione  dei  950

anni dalla consacrazione della

nostra cattedrale non è e non

deve essere intesa quindi co-

me  un  richiamo  a  volgere  lo

sguardo  all’indietro  verso  un

tempo di cristianità trionfante o

almeno  migliore  e  più  facile

dell’attuale. 

Cercare una traccia

Il  cristiano,  se  guarda  alla

storia passata, lo fa per ricer-

care in essa la traccia esile ma

visibile della presenza di Dio in

mezzo  alle  vicende  umane,

sapendo che il Dio che ha con-

dotto la storia passata sorreg-

gendo dal di dentro la libertà

degli uomini continua a vivere

con noi e ad accompagnare il

nostro faticoso e spesso tor-

tuoso cammino. 

A questo proposito, Bonho-

effer perentoriamente afferma:

“Io credo che Dio può e vuole

far nascere il bene da ogni co-

sa, anche dalla più malvagia.

Io credo che Dio, in ogni situa-

zione critica, vuole darci tanta

capacità di resistenza quanta

ci è necessaria ma non ce la

dà  in  anticipo,  affinché  non

facciamo  assegnamento  su

noi stessi ma su di Lui soltan-

to: in questa fede dovrebbe es-

sere vinta ogni paura del futu-

ro”. 


La responsabilità del cristiano

Tutto ciò chiama in causa la

nostra responsabilità di cristia-

ni che non si possono esimere

dallo stare nel mondo per col-

locare in esso i germi di spe-

ranza che vengono dalla loro

fede nel Dio che si è fatto no-

stro compagno nella storia e

che cammina con gli uomini di

ieri, di oggi e di domani.

Questa  responsabilità  ri-

guarda ogni singolo cristiano e

le nostre comunità: siamo in-

somma chiamati ad un impe-

gno  che  deve  durare  fin  che

dureranno le nostre vite e la vi-

cenda della Chiesa nella storia

del mondo. 

Bonhoeffer lo dice in modo

diretto e perentorio: “Può darsi

che domani spunti l’alba del-

l’ultimo giorno: allora, non pri-

ma, noi interromperemo volen-

tieri il lavoro per un futuro mi-

gliore”. 

(Le citazioni di D. Bonhoef-

fer sono tratte dal volume po-

stumo “Resistenza e resa. Let-

tere e scritti dal carcere”. Edi-

zioni Paoline. Cinisello Balsa-

mo 1988, p. 68 e 72-73).

M.B.

Il Giubileo della Cattedrale

Attentati di Barcellona: “un

branco di lupi solitari” a servizio

del “Califfato liquido”

Il terrorismo sarà un fenome-

no di “lunga durata con il quale

dovremmo imparare a convive-

re e contro il quale si dovrà com-

battere uniti. L’importante è non

cadere nell’obiettivo dei terrori-

sti che è quello di polarizzare le

nostre società e non permette-

re loro di fare proseliti”. Parla Le-

andro Di Natala, italiano, anali-

sta presso l’Esisc (European

Strategic Intelligence and Se-

curity Center) che ha sede a

Bruxelles. A lui abbiamo chiesto

di fare luce – per quanto sia

possibile allo stato attuale del-

le indagini – su quanto è suc-

cesso in Catalogna, dove l’at-

tentato alle Ramblas prende

sempre più i contorni di un at-

tacco deliberato, preparato da

mesi e coordinato. “Non ci tro-

viamo di fronte ad un lupo soli-

tario ma di fronte ad un branco

di lupi”, dice subito l’esperto.

“Un vero e proprio network com-

posto da una dozzina di ele-

menti”.

Rispetto ad altri attacchi in

Europa, quali sono le novità

che emergono?

Quello che si evince dalle in-

dagini (ancora in corso) è che i

terroristi non avevano un adde-

stramento specifico e i mezzi

che avevano a disposizione

hanno fallito, tanto che alcuni di

loro sono saltati in aria nella cit-

tà di Alcanar. Questo ha certa-

mente contribuito ad accelera-

re i tempi per gli attacchi a Bar-

cellona e Cambrils ma ha anche

obbligato ad utilizzare mezzi

poco sofisticati. Il fatto però che

siano coinvolte tre città diverse,

che dietro ci sia un network di

una dozzina di elementi, tutti

giovani, tutti reclutati e radica-

lizzati da un imam, è un ele-

mento di novità.



Il quadro che sta delinean-

do, descrive persone piutto-

sto sprovvedute. È così?

È prematuro allo stato attuale

delle indagini fare analisi appro-

fondite. Il fatto però che stesse-

ro lavorando su bombole di gas,

mostra che non ci fosse tra loro

un esperto di esplosivi, in grado

di fare delle vere e proprie cintu-

re esplosive come quelle impie-

gate negli attentati di Parigi o di

Manchester. In quest’ultima città,

il terrorista era stato addestrato

in Libia a confezionare la cosid-

detta “madre di Satana” con il

famoso esplosivo “tatp”, alta-

mente instabile che può essere

gestito solo da qualcuno che è

stato addestrato da esperti.



Questo significa che è sem-

pre più difficile per i terroristi

confezionare e reperire armi

e esplosivi? Si può parlare di

un segnale di debolezza? 

Sicuramente è stato un fatto-

re tattico di debolezza non ave-

re esperti in grado di realizzare

esplosivi in questo caso. D’altra

parte il vantaggio dei terroristi è

l’ampiezza del bacino di recluta-

mento che mette a disposizione

persone pronte a tutto, ad ucci-

dere e farsi uccidere.

È un lavoro molto difficile per

i servizi di sicurezza identificare,

seguire e sorvegliare tutti i pos-

sibili sospetti. Un altro fattore di

vantaggio è l’utilizzo di veicoli

che diventano per loro armi low

cost ma estremamente efficaci.

Dall’attentato di Nizza ad oggi

praticamente l’80% delle vittime

degli attentati europei si sono

verificati con questo modus ope-

randi: veicoli lanciati nella folla.



Abdelbaki Es Satty, il qua-

rantenne imam marocchino di

Ripoll, nel 2016 aveva tra-

scorso tre mesi in Belgio a Vil-

voorde, vicino a Bruxelles, che

con Molenbeek è un luogo con

un forte numero di jihadisti. È

possibile parlare di una rete eu-

ropea organizzata? Tra di loro,

i terroristi si conoscono?

È chiaro che non possiamo

escludere allo stato attuale che

ci fossero dei contatti come è

chiaro che ci troviamo di fronte a

un fenomeno transnazionale e,

quindi, movimenti e comunica-

zioni circolano. Quello che è cer-

to è che lo Stato Islamico ha per-

so l’elemento che lo distingueva

dalla sua rivale Al Qaida e, cioè,

il possesso e l’amministrazione di

un territorio fisico ed ha quindi tut-

to l’interesse a mantenere la pres-

sione di questi attacchi sull’Oc-

cidente dimostrando ai propri po-

tenziali supporters che è ancora

il gruppo terroristico principale.

Anche se perde territori, il suo ca-

liffato da territoriale sta diven-

tando un califfato liquido che con-

tinua ad esistere nonostante le

sconfitte militari proprio tramite i

terroristi fai-da-te che si muovo-

no singolarmente o in branco.

Si è sempre detto che ri-

spetto a Francia, Belgio e

Gran Bretagna, l’Italia e la

Spagna non erano obiettivi

privilegiati dell’Isis. Perché

colpire la Spagna?

Non è vero. L’Italia e la Spagna

sono sempre stati degli obiettivi,

considerati secondari, ma pur

sempre obiettivi. Per capire per-

ché si è colpita la Spagna, biso-

gna calarsi nella mentalità jiha-

dista per la quale la Spagna è an-

cora parte di al-Andalus, cioè la

provincia musulmana che dall’VIII

secolo dopo Cristo al XV secolo,

dopo la reconquista, era parte in-

tegrante del Califfato islamico e

terra islamica in Europa per se-

coli. Quindi colpire la Spagna è

altamente coerente con il pen-

siero jihadista e, quindi, alta-

mente simbolico.



Ma la Spagna era attrezzata

sufficientemente a contrasta-

re la minaccia terroristica o è

stata presa alla sprovvista?

Le forze dell’ordine erano al-

lertate ma,  come  ho detto  di

prima, ci troviamo di fronte ad

un fenomeno di enorme am-

piezza e liquidità. Il nemico è

una ideologia che riesce a re-

clutare  centinaia  di  persone,

anche insospettabili. D’altron-

de non è pensabile blindare la

vita di una città come Barcello-

na  o  impedire  movimenti  di

massa  e  turismo  sulle  Ram-

blas o nella Sagrada Familia.

Non è altresì possibile control-

lare  tutti  e  controllare  tutto.

Siamo di fronte a supporters e

potenziali terroristi il cui nume-

ro non è facilmente sorveglia-

bile e il cui legame tra di loro è

stretto. 

Nel caso spagnolo c’erano 4

coppie di fratelli e di fronte ai

legami parentali la cellula è an-

cora più forte e impermeabile.

Una cosa però sicuramente è

importante: lo scambio di infor-

mazioni,  la  prevenzione  con

un forte lavoro di intelligence

ed  una  partecipazione  attiva

delle comunità islamiche che

devono contribuire con denun-

ce  e  un  lavoro  anche  di  tipo

ideologico ribadendo con forza

che ogni forma di violenza e

terrorismo è contraria al Cora-

no.

È  credibile  la  minaccia

sull’Italia apparsa sul sito Si-

te? 

L’Italia  da  molto  tempo  or-

mai è indicata come possibile

obiettivo dei jihadisti. Per cui la

minaccia  all’Italia  è  estrema-

mente credibile e probabile. Il

pericolo c’è e sussiste e non si

può assolutamente abbassare

la guardia.

L’Italia ha come capitale Ro-

ma  che  simbolicamente  rap-

presenta l’Occidente e ospita il

capo  della  Chiesa  cattolica

che, da un punto di vista jiha-

dista, è il capo dei “crociati”.

È chiaro che, purtroppo, tut-

to questo fa dell’Italia un obiet-

tivo e gli apparati di sicurezza

ne sono consapevoli.

M. Chiara Biagioni (S.I.R.)

Per riflettere

Il profeta Isaia, nella prima

lettura della messa di domeni-

ca 27 agosto, richiama un pun-

to fondamentale della fede di

ogni credente: il regno, la casa

appartengono esclusivamente

a Dio; è lui che dà la chiave e

la toglie: “Ti toglierò la carica,

ti  rovescerò  dal  tuo  posto”.

Nella costruzione del suo re-

gno su questa terra, Dio chie-

de  la  collaborazione  ad  ogni

persona umana, a qualunque

popolo appartenga; egli chiede

al collaboratore solo la fedeltà:

“In quel giorno chiamerò il mio

servo”

Nel secolo VIII a.Cristo, du-

rante il regno di Ezechia, il mi-

nistro Sebna non operava per

la pace ma per la guerra e al-

lora Dio lo sospende, subito, in

modo  radicale;  al  suo  posto

pone  la  fiducia  su  Eliakim.

L’apostolo Paolo, nella secon-

da lettura dalla ‘lettera ai Ro-



mani’, termina la sua riflessio-

ne sul popolo di Dio con un in-

no alla gloria dell’unico Dio e

Signore: “Grazie a lui sono tut-



te le cose”. Queste due rifles-

sioni ci aiutano nella medita-

zione sulla pagina del vangelo

di  Matteo,  la  pagina  del  ‘pri-



mato di Pietro’“Io dico a te: tu

sei Pietro e su questa pietra

edificherò la mia chiesa”: con

queste parole Gesù non sotto-

scrive deleghe in bianco, non

nomina amministratori ad om-



nia et per semper, chiede solo

e unicamente collaboratori fe-

deli nel quotidiano, che abbia-

no  a  cuore  la  sua  funzione

centrale nella costruzione del-

la nuova storia: “Tu sei il Cri-



sto”. La chiesa è di Gesù Cri-

sto, il costruttore ancora oggi

resta lui, solo ed unico: “Io sa-

rò con voi tutti i giorni”. Dopo

tre anni di predicazione, con-

fortata  da  segni  miracolosi

pubblici, Gesù sa che, nono-

stante tutto, sono ancora molti

i  dubbiosi  tra  coloro  che  lo

stanno  seguendo:  “Scaccia  i

demoni per mezzo del principe

dei demoni… È posseduto da

uno spirito immondo… È fuori

di  sé…  Questo  linguaggio  è

duro…”. Gesù sa anche che il

tempo della sua missione ter-

rena sta per scadere; il cam-

mino  verso  Gerusalemme  è

ormai agli sgoccioli, la croce lo

attende.  E  allora  provoca  gli

apostoli  con  la  domanda  di-

scriminante: “Voi chi dite che io



sia?”“O con me, o contro di

me”. Solo con l’aiuto del Pa-

dre, (“Il Padre mio te l’ha rive-



lato”), Pietro riesce a dare una

risposta coraggiosa e radicale:



“Tu sei il Messia, il Figlio del

Dio Vivente”. Scopo della chie-

sa non è dunque costruirsi il

proprio regno, (che papa Fran-

cesco  sovente  definisce  una

ong) magari nella illusione che

esso sia l’unico a salvaguar-

darsi  dalla  rovina  dei  tempi,

ma scopo della redenzione cri-

stiana  è  costruire  il  vero  ed

unico  regno  di  Dio,  Padre  di

tutti i popoli. “Passa certamen-

te l’aspetto di questo mondo,

deformato  dal  peccato”,  così

leggiamo nel documento con-

ciliare  ‘Gaudium  et  spes’;

“Sappiamo  però  dalla  rivela-

zione  che  Dio  prepara  una

nuova abitazione e una terra

nuova, in cui abiterà la giusti-

zia, e la cui felicità sazierà so-

vrabbondantemente tutti i de-

sideri di pace, che salgono dal

cuore degli uomini”. Meno au-

toreferenzialità  nel  chiudere

porte; più missionarietà nel co-

struire ponti.



dg

Giovedì  24  –  Alle  ore  19

Santa  Messa  e  processione,

presieduta  dal  Vescovo,  a

Morsasco  in  occasione  della

festa patronale. 

Sabato 26 – Alle ore 16 il Ve-

scovo celebra la Santa Messa

nella chiesa di Sant’Alessandro

in Cessole, in occasione della

festa del Santo titolare;

- Alle ore 18 in cattedrale il

Vescovo  celebra  la  Santa

Messa  in  suffragio  di  monsi-

gnor Pietro Principe in occa-

sione del settimo anniversario

della morte.

Domenica 27 – Alle ore 10 a

Bruno  il  Vescovo  celebra  la

Santa  messa  in  ricordo  del

parroco don Andrea Ivaldi nel

20º anniversario della morte;

- Alle ore 17 al santuario del-

la Bruceta di Cremolino il Ve-

scovo celebra la Santa Messa

in  occasione  della  settimana

giubilare.  Ivi  tornerà  Per  le

confessioni dalle ore 16,30 al-

le 18 martedì 29 e giovedì 31

agosto. 


Mercoledì 30 – Alle ore 11 a

Santa Giulia di Dego il Vesco-

vo celebra la Santa messa nel-

la  festa  liturgica  della  Beata

Teresa Bracco.

Calendario diocesano 

Cremolino. Inizierà domenica 27 agosto, il

199°  Giubileo  del  Santuario  della  Bruceta  di

Cremolino, una intera settimana caratterizzata

da grande spiritualità, che dà continuità ad una

tradizione nata ormai due secoli fa, con il sin-

golare privilegio concesso da Papa Pio VII che,

durante la prigionia a Savona nel 1808, “a viva

voce oracolo” (ovvero in maniera verbale, come

viene specificato nella documentazione  con-

servata negli archivi parrocchiali) decise di con-

cedere l’indulgenza plenaria, sotto forma di Giu-

bileo, al Santuario cremolinese, ricompensan-

do così la devozione, la dedizione e l’attivismo

di  Don Francesco Giacobbe, cappellano del

Santuario, che  gli aveva fatto visita a Savona

per confortarlo quando si trovava prigioniero di

Napoleone.  La concessione definitiva, dopo

una serie di rinnovi che si erano susseguiti dal

1809 al 1818, fu sancita dalla bolla papale del

19 maggio 1818, quando lo stesso pontefice

confermò in perpetuo il beneficio del Giubileo. 

Il  Santuario  cremolinese,  caratterizzato  da

una storia millenaria, fonda le sue origini sul-

l’apparizione della Madonna ad una pastorella

sordomuta che miracolosamente guarisce, alla

luce di questo fatto venne costruita una piccola

cappella dedicata alla Vergine delle Grazie.

Prima dell’anno Mille, il territorio fu più volte

devastato e saccheggiato da orde di Turchi Sa-

racen. Anche il piccolo Santuario venne incen-

diato e distrutto, ma con sommo stupore e com-

mozione agli occhi dei Cremolinesi, che accor-

sero successivamente apparve qualcosa di mi-

racoloso: il dipinto su pietra della Beata Vergine

infatti risultava intatto e salvo dal fuoco. Il gran-

de e Santo Vescovo Guido, riformatore e rico-

struttore della antichissima Diocesi Acquese, in-

traprese la riedificazione del Santuario in puro

stile romanico, affidando ai famosi maestri Co-

macini la costruzione e dedicandolo alla Vergi-

ne sotto il titolo della Bruseta (essendosi salva-

ta dall’incendio), la elevò inoltre a rango di Par-

rocchia inferiore, alle dipendenze della Pieve di

Molare, e successivamente inglobata nella Par-

rocchia di Cremolino. 

Il programma

Il Giubileo inizierà domenica 27 agosto. Tutti

i giorni saranno disponibili sacerdoti per la con-

fessione, che permetterà di lucrare l’indulgenza

plenaria. Tutti i giorni è prevista inoltre, alle 8 la

recita del Santo Rosario, alle 16 l’Adorazione

Eucaristica e la recita del Santo Rosario e alle

8,30 e alle 17 saranno celebrate le messe. 

Nella giornata di domenica si pregherà per le

famiglie e i matrimoni cristiani. Alle 17 sarà ce-

lebrata la Santa Messa, presieduta dal vescovo,

Pier Giorgio Micchiardi, e sarà effettuata la be-

nedizione dei matrimoni.

Lunedì 28, la giornata sarà dedicata alla pre-

ghiera per l’aumento delle vocazioni e per tutti i

consacrati, e il pellegrinaggio riguarderà la zo-

na dell’Ovadese.

Martedì 29, si prega per i cristiani persegui-

tati, e il pellegrinaggio riguarderà la zona della

Valle Stura.

Mercoledì 30 la preghiera riguarderà i giova-

ni del mondo, e vi sarà il pellegrinaggio della zo-

na di Nizza Monferrato e Canelli.

Giovedì, il momento di preghiera sarà rivolto

a tutti gli ammalati e i sofferenti, e per l’occa-

sione giungeranno in pellegrinaggio gli anziani

e gli ammalati. La Santa Messa sarà presiedu-

ta dal parroco di Cremolino, don Claudio Al-

meyda.

Venerdì 1 settembre, si pregherà per le con-



fraternite della Diocesi, e giungeranno in pelle-

grinaggio i fedeli della zona di Alessandria. Alle

20,30 inoltre, sarà celebrata la via Crucis per la

via Bruceta.

Sabato 2 settembre, il momento di preghiera

sarà dedicato al papa e alla Chiesa, e ci sarà il

pellegrinaggio dei fedeli della zona delle due

Bormide.


Domenica 3 settembre, si prosegue, con le

preghiere dedicate al Vescovo e alla Chiesa

Diocesana, e la celebrazione di tre messe: oltre

a quella delle 17, anche alle ore 8,30 e alle ore

11. Il pellegrinaggio riguarderà la zona dell’Ac-

quese.


Infine, lunedì 4 settembre, ultimo giorno di

giubileo, si pregherà per i fedeli defunti. Alle

7,15 si svolgerà una Adorazione Eucaristica e

sarà recitato il Santo Rosario di ringraziamento

per il Santo Giubileo; alle 8, sarà celebrata una

Santa Messa a suffragio di tutti i defunti della

Parrocchia e dei benefattori del Santuario. Alle

8,30 tutti i fedeli sono invitati a partecipare ad

un piccolo rinfresco fraterno.

M.Pr

Sarà possibile lucrare l’indulgenza plenaria

Cremolino: dal 27 agosto

199º Giubileo della Bruceta

Il vangelo della domenica



Yüklə 15,63 Mb.

Dostları ilə paylaş:
1   2   3   4   5   6   7   8   9   ...   47




Verilənlər bazası müəlliflik hüququ ilə müdafiə olunur ©genderi.org 2024
rəhbərliyinə müraciət

    Ana səhifə