Le rappresentazioni di kōdan
nel Giappone di oggi
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messaggio di denuncia politica e sociale, sia se si tratti di
Akōgishiden (La storia dei
leali guerrieri di Akō)
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sia di testi nuovi. Sanyō III sostiene infatti che “se il rakugo
è l’arte della risata, il
rōkyoku
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delle lacrime, il kōdan lo è della rabbia (ikari no
gei)”,
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e infatti nei suoi testi originali raggiunge punte di satira piuttosto rare in
Giappone; si potrebbe quindi dire che se nel caso delle
kōdanshi la tematica di
sfondo sociale sembra essere più tesa alla divulgazione e alla sensibilizzazione nei
confronti di un argomento, nel caso di Sanyō III sembra essere più vicina alla
denuncia e alla satira. È probabilmente questa lettura della funzione del kōdan ad
averlo avvicinato, come vedremo, ad alcuni narratori italiani.
Dal settembre 2005 all’agosto 2006, ricevuto il sostegno dell’Agenzia per gli Affari
Culturali Giapponese, decide di trascorrere un anno in Italia dedicandosi sia
all’osservazione di repertori di artisti italiani impegnati nell’arte della parola, in
prospettiva forse di future collaborazioni, sia alla diffusione e alla presentazione
del kōdan.
Nel nostro paese, in effetti, pur essendo ricco il patrimonio di storie orali, a
cominciare dai cantastorie di antica memoria, è solo dagli anni Novanta che è stata
coniata la definizione di “teatro narrazione” per il genere artistico basato sulla
figura di un narratore. Nell’impostazione italiana prevale la funzione
“mnemocentrica” del salvare e passare storie, nonché l’importanza di avere delle
immagini a sostegno delle parole,
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mentre nella tradizione giapponese con
l’immaginazione si sfida maggiormente il pubblico a lavorare. Il punto di contatto
tra Sanyō III e gli artisti italiani, in particolare quelli incontrati – Andrea Brugnera,
Mimmo Cuticchio, Laura Curino, ecc. – è stata proprio la scrittura e formulazione
dei testi. La condivisione consiste nel vedere le due fasi di scrittura e di oralità non
in contrasto ma complementari, con tecniche delle due modalità che vengono
scambiate, per cui si parla di “scrittura moralizzante” e “oralità-che-si-fa-testo”.
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Nella realtà italiana però più spesso spettacolo e pubblicazione scritta sono
consecutivi, mentre per il
kōdan non c’è oggi, come nel secolo scorso, la parallela
stampa dei testi, e solo in alcuni casi la performance rimane su supporto audio-
video.
Per portare a termine il secondo obiettivo, Sanyō III ha rappresentato dei kōdan
in molte città italiane, in sedi universitarie e in teatri, e si è impegnato nella
trasmissione artistica insegnando a 10 studenti, che sono stati i suoi primi deshi
(allievi), i rudimenti delle declamazioni portandoli fino al loro shokōza. I testi scritti
da lui, in parte rielaborando storie del repertorio classico, in parte proponendo
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Akōgishiden è il titolo con il quale nel repertorio del kōdan si indica la storia più conosciuta come
Kanadehon chūshingura; Akō era il territorio del signore Asano Naganori, alla cui memoria giurarono
vendetta 47 dei più leali dei suoi samurai.
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Detto anche naniwabushi, genere declamatorio in cui la narrazione, basata su soggetti drammatici, è
accompagnata dallo
shamisen.
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Dal kōdan Yasube kaketsuke, registrato in Yume no kyōen. Kōdan Akōgishiden, 2005, traccia numero 1.
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Guccini, 2005, pp. 11-12, 19.
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Ivi, p. 24.
M
ATILDE
M
ASTRANGELO
1600
testi originali di sua creazione,
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sono stati per la prima volta interpretati da altri, e
soprattutto per la prima volta i
kōdan sono stati declamati da italiani. Lo sforzo di
diffusione ha compreso le esilaranti spiegazioni al pubblico di aspetti tecnici come
gli attrezzi
di
scena,
o
l’abbigliamento, ma
anche
dell’importanza
dell’immaginazione per gustare un’arte come il kōdan, dove gli oggetti vengono
solo raffigurati con l’ausilio del ventaglio ma non mostrati, con il patto implicito
che nella “messa in contatto”
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il pubblico sia disposto a fare la sua parte con la
fantasia.
Parimenti, nelle dokuenkai italiane ha proposto kōdan d’ispirazione tradizionale
così come di sua firma. Tra questi ultimi rientra il satirico Ishikawa Goemon,
presentato anche in italiano, i cui personaggi, mai nominati direttamente,
appartengono alla recente attualità politica italiana e sono affrontati, quasi come in
un duello, dal famoso ‘ladro gentiluomo’ Ishikawa Goemon (1558?-1594). Il
makura, l’introduzione, della declamazione racconta dell’esperienza italiana di
Sanyō III, delle sue aspettative e delle sue realizzazioni, soffermandosi con ironia
sui suoi tre proponimenti fatti alla partenza, “mangiare, cantare, amare”, e sulla
realizzazione dei soli primi due. L’aver conosciuto la cultura italiana, lo porta a
immaginare una visita del ‘ladro gentiluomo’ che risorge dopo l’essere stato
giustiziato a morte, bollito in un pentolone a Kyōto, e decide di continuare a
svolgere la sua attività in Italia, dove famosi sono i manga di Lupin III e di altri
ladri ‘buoni’; del resto, esprime con una poesia dell’epoca: “Se i sassi dei fiumi o la
sabbia delle rive si disperdono, i semi dei ladri nel mondo sembrano non perdersi
mai”. La prima casa nella quale entra Goemon è quella di un povero vecchio che
possiede solo un pezzo di pane, e ovviamente il ladro non gli ruba niente ma anzi
gli lascia una moneta, del XVI secolo, ma vale la buona intenzione! Gli chiede poi
chi sia l’uomo più ricco di Roma e questi gli risponde che deve cercarlo al Va......
Goemon senza problemi raggiunge la sua seconda vittima, lo minaccia affinché gli
consegni la cosa più preziosa, ma in risposta gli viene indicato un cappello bianco
per ottenere il quale il padrone di casa ha lottato anni. Deluso, il ladro si fa indicare
un altro personaggio ricco e gli viene fatto il nome di Be........, un uomo di
settant’anni che però sembra più giovane. Prima di andar via dalla residenza del
vecchio del cappello bianco, il ladro gli sferra un colpo con la spada; l’uomo sta per
chiamare le guardie ma Goemon gli dice: “Tranquillo, ho usato il profilo non
tagliente della lama”. Giunto nella terza abitazione, Goemon minaccia colui che si
trova davanti per avere la cosa più preziosa; gli viene risposto però che l’ha persa.
“Cos’era?” chiede il ladro, “Il posto”. Arrabbiato Goemon sferra il suo colpo e
aggiunge: “Tranquillo, ho usato la parte non tagliente della lama. Ops, ho sbagliato
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In ordine di apparizione, gli studenti e i titoli presentati all’Istituto Giapponese di Cultura di Roma,
nel maggio 2006, sono i seguenti: E. Mattei (
Ōgi no mato), C. Donati (
Meiji shiranamionnaten’ichibo.
Bakuretsu Otama), S. Centola (
Sorori Shinzaemon), S. Pappalardo (
Remon kyōbōna jun’ai – testo originale),
F. de Dominicis, (Tagasode no Otokichi), L. Galli (Wanpaku Takechiyo), A. Ferraro (Akō gishi den Ōtaka
Gengo), P. Scapigliati (
Shūshikizakura), L. Moretti (
Seiryūto Gonji), M. De Nisi (
Botandōrō: Ofuda hagashi).
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Per la definizione di “messa in contatto” in sostituzione di “messa in scena”: Guccini, 2005, p. 12.