L’evoluzione dell’Islam in Bangladesh
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ideali islamici,
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induce i musulmani ad adottare forme di isolazionismo culturale,
che nel tempo diventano vere e proprie barriere. Nel Bengala lo stesso processo
ebbe a fare i conti con una propensione all’interazione con la cultura locale, che
scaturiva dalla peculiarità dell’origine stessa della comunità. Questa dinamica
risulterà fonte di divisioni interne che hanno inciso sull’evoluzione dell’identità
nazionale, oltre che religiosa della comunità musulmana in Bengala.
La prima presenza musulmana nel Bengala è da ricondurre a contatti
commerciali.
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Ma fu all’ombra della conquista Ghoride che la leggendaria
scorreria di Mu|ammad bin Bakhtyār Khalaj| porta alla conquista del Bengala.
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In
questa prima fase, caratterizzata da periodi intermittenti di autonomia da Delhi, i
conquistatori, come gli stessi sultani di Delhi, non ebbero né la forza né l’ardore di
avviare una trasformazione della società conquistata. Il loro obiettivo prioritario fu
il consolidamento e mantenimento del proprio potere politico. Fu questa esigenza
di fondo che, pur in presenza di processi socio-culturali significativi,
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portò l’élite
musulmana a fare propria una visione “ortodossa”, i cui tratti costitutivi si erano
cristallizzati sotto le dinastie autonome sorte nell’area orientale dell’esausto
califfato abbaside. Come scrive Rafiuddin Ahmed:
Creation of an institutional infrastructure to solidify support for the new
Muslim state was considered critical; they, thus, built mosques and
madrasses, patronized Islamic scholars and preachers, gave support to Islamic
religious endowments, appointed qazis and encouraged immigration.
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Le esigenze politiche, dettate dalla natura stessa della conquista portarono ad
una forma di isolazionismo socio-culturale che, accentuato da steccati sociali ed
etnici, consolidò e rese inevitabile l’orientamento extra-territoriale.
Con l’autonomia politica realizzata dagli Ilyās Shāh, questa tendenza divenne ancora
più pronunciata. La necessità di legittimare il nuovo regime indusse i sultani bengalesi
non solo a finanziare la costruzione di madrasa a Medina e alla Mecca, ma anche come
nota Eaton, ad individuare i propri riferimenti politico-culturali “not in Delhi or Central
Asia, but much further to the West – in Mecca, Medina, Shiraz and ancient Ctesiphon”.
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Il movimento è spesso identificato con la figura di Šāh Valīu ’llāh, la cui opera è stata analizzata da
diversi studiosi, quali Rizvi, Baljon ed Hermansen; tuttavia in questo contesto penso fare cosa gradita a
Tamburello ricordare il lavoro pionieristico di A. Bausani del 1970.
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Wink, 1990, p. 82. Si è ipotizzato che nel periodo Pala-Sena il Bengala fu punto nodale del commercio
anche marittimo di cavalli. Chakravarti, 1999.
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Jackson, nel sostenere che la conquista dell’India orientale fu “clearly a piecemeal process” della
conquista di M. Bakhtiyar nota: “These operations, the fame of which would reach the ears of Ibn al
Athir in Iraq and would cause a later author to give the Khalaj alone the credit for the Muslim,
conquest, reduced for Islam a considerable tract in the Ganges basin”. Jackson, 1999, p. 13.
20
Come osserva Mohsin: “this period was the formative period of the political and socio-cultural life of
Bengal […]. It also contributed to the growth of distinctive characteristics and institutions of the Bengali
people”. Mohsin, 2004, p. 107.
21
Ahmed, 2001, p. 12.
22
Eaton, 1994, p. 50. Che il regime si sentisse parte organica del dār al-Islām si evince con chiarezza da
alcune iscrizioni. L’epigrafe di fondazione della moschea di Adina recita “This… mosque was ordered
A
MEDEO
M
AIELLO
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Indubbiamente siamo in presenza di un’ideologia funzionale all’obiettivo di
rimarcare la distinzione tra “rulers and ruled”; tuttavia la dimensione politica
presenta molteplici e complessi rapporti con quella religiosa. Infatti, il sentimento
religioso svolge una funzione “energizzante” in continuità con quella svolta in
tutto il periodo della conquista, durante il quale l’alleanza tra élite militare e
religiosa, legittimata dall’ideale della jihād, si saldava e rafforzava. Parte integrante
di questo processo furono i Sufi, i quali, in particolar modo nel Bengala, ebbero
spesso un ruolo trainante, ammantando le conquiste di tangibile senso religioso.
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Tale funzione accrebbe il loro potere e status che fu impiegato in seguito quale
baluardo degli elementi costitutivi dell’ideologia dei gruppi dominanti.
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Infatti,
durante il periodo di autonomia politica regionale, la tendenza ad allentare le
barriere esclusiviste e ad approdare a forme innovative della gestione del potere,
evidenziata da cambiamenti nello stile architettonico, fu strenuamente osteggiata
dai Sufi.
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Questo orientamento può essere rapportato ai legami, quasi di
dipendenza, che il sufismo del Bengala aveva con i centri di direzione, case-madre,
se si vuole, situate nell’India settentrionale.
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Le peculiarità della presenza islamica nel Bengala non sono, dunque, da
ricercare nella fase iniziale. È con la conquista Mughal che si avvierà un processo
di islamizzazione massiccio,
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la cui natura o tipologia sconfessa molte teorie
avanzate circa le cause del radicamento dell’Islam in India. Infatti né la teoria della
spada, cioè la forza, né quella che chiama in causa il potere, cioè il clientelismo,
sembrano spiegazioni accettabili per l’islamizzazione di una zona rurale e periferica.
Né sembra verosimile la tesi che eleva a causa determinante il messaggio
to be build in the reign of the great king, the wisest, the justes, the most liberal of the kings of Arabia
and Persia” (Blockmann, 1873, p. 257). La leggenda su una “medaille” d’argento del 1353, indica in Ilyās
Shāh “Le sultan juste […] second Alexandre, bras droit du califat et protecteur du commander des
croyants”. Reinaud, 1823, p. 273.
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Ernst ha evidenziato come l’immagine di un Sufismo, indirizzato a promuovere in India un processo
di conversione, sia semplicemente frutto di un’interpretazione veicolata dalle biografie di santi
compilate nel periodo Mughal e nel XIX secolo. Ernest, 1992.
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Di questi il persiano, come ebbe a notare Frye (1962, p. 16) a partire dal X secolo assurge ad elemento
integrante. Nel Bengala i Sufi, nel tentativo di rapportarsi con l’élite dominante, “proved to be a vital
factor in the propagation of Persian both at religious and secular level”. Subhan, 1972-1973, p. 52.
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L’architettura religiosa della prima fase è caratterizzata dall’imitazione cosciente dello stile di Delhi.
Asher nota che anche “the Adine mosque is inspired by the congregational mosque of Delhi” (Asher,
1993, p. 9). Tuttavia come sottolinea Alfieri “Intorno al 1400 iniziò una fase più matura dell’architettura
del Bengala, condizionata fortemente dal clima e dalla natura del terreno”. Alfieri, 1984, p. 82.
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Come scrive Haq: “The Sufis of Northern India had been at the helm of Bengali Muslim thought for
these centuries […] those Sufis were imbued with the ideals of Sufism, as these were realised by and
current among the Northern Indian Sufis […] they worked under the guidance and directions of
Northern Indian Sufis. […] such imitative state was prevalent in Bengal up to the fifteenth century”.
Haq, 1975, p. 2.
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La consistenza della presenza musulmana nel Bengala, registrata dal censimento del 1872, diede il via
ad un acceso dibattito che vide alcuni musulmani resistere alla tesi, avanzata da alcuni amministratori-
studiosi inglesi, che tale presenza non fosse frutto di immigrazione, ma della conversione di elementi di
bassa casta.