L’evoluzione dell’Islam in Bangladesh
1523
persiano e dall’arabo nel rozzo e volgare bengali: la lingua di un popolo incapace
di abbracciare, secondo le classi dominanti, il vero Islam.
Questa articolazione socio-religiosa, nonostante la fine dell’afflusso della classe
dirigente musulmana, di origine “hindustana”, non subì alterazioni significative
durante l’interludio Nawabi. Tuttavia la creazione di un nuovo assetto di potere
porta ad ipotizzare che, in presenza di un più forte radicamento locale del processo
politico, l’élite politica musulmana dello stato “successor” abbia ritenuto
indispensabile mantenere l’eredità culturale Mughal ed extra-territoriale in
genere.
42
Fu in questo contesto che l’elemento urbano sciita, grazie anche ad una
manifesta adesione del nawab allo sciismo, assurge in modo definitivo alla
leadership della classe ashraf e della comunità musulmana, sebbene, come nota
Ahmad, “they lived an isolated life separated from the rest of the population,
regarded themselves as the custodians of Mughal culture and guarded it as their
most precious possession”.
43
L’avvento del “Company Raj” ebbe, invece, ripercussioni notevoli. In sede
storiografica la tesi che il nuovo regime abbia già nei primi decenni del XIX secolo
avviato un’opera di modernizzazione ha subìto una profonda revisione. È stato
sottolineato come il conservatorismo di matrice Burkeiana e la ricerca da parte di
un regime incerto di legittimità indussero l’emergente potenza coloniale ad
accettare, anzi spesso ad inventare un’India tradizionale. In ambito islamico ciò
portò alla rivitalizzazione di una tradizione Mughal “immaginata”, libera da quei
compromessi corposi, resisi necessari dallo stesso esercizio del potere e dal
riassetto politico verificatosi nel XVIII secolo. Da qui l’uso del persiano come
lingua ufficiale, l’adozione del diritto islamico, sebbene modificato dal radicale
Cornwallis, il tutto in un quadro che privilegiava esclusivamente l’aspetto
sciariatico dell’islam. Tale politica contribuì notevolmente ad attutire il disagio
della classe ashraf, che con la sconfitta di Mir Kasim, nonostante i persistenti timori
degli Inglesi, abbandona ogni velleità di resistenza al nuovo, per loro, rozzo
regime.
44
Ma con l’avvento degli utilitaristi si ebbe una più sostanziale
marginalizzazione socio-economica
45
che portò l’élite a chiudersi nei ricordi delle
glorie passate
46
e a salvaguardare tenacemente la loro visione elitaria dell’Islam,
ultimo baluardo della loro identità.
47
42
Il centro propulsore di questo orientamento culturale durante il XVIII secolo fu Patna nel Bihar una
città dove anche “hindu office holders became scholars of Persian and Urdu”, Marshall, 1987, p. 68. Da
notare che la formazione intellettuale di Ram Mohan Roy, padre del modernismo hindu deve molto alla
sua formazione “islamica” ricevuta appunto a Patna.
43
Ahmed, 1988, b, p. 14.
44
Sulla questione si veda Ray, 1988.
45
Per la reazione musulmana alla nuova politica si veda Ahmed, 1965, pp. 149-165.
46
Sebbene tale atteggiamento fosse proprio della ormai emarginata élite imperiale, è singolare che il
rifugiarsi nei sogni è una caratteristica spesso attribuita al “bengali mindset”. Maharatna, 2004, pp.
3445-3446.
47
Spia tangibile di questo atteggiamento fu l’A’ina-e Sikandar, primo giornale dei musulmani di
Calcutta. Pubblicato in Persiano forniva dettagliati resoconti della corte di Delhi e ciò porta Pernau ad
osservare: “what is astonishing in that respect is less the fact that the newspaper was able to collect this
A
MEDEO
M
AIELLO
1524
Questa politica culturale era tuttavia funzionale all’obiettivo inglese di estrarre
dal mondo rurale un surplus tale da far impallidire coloro che in passato avevano
teorizzato il nefasto effetto del dispotismo orientale. Le trasformazioni socio-
economiche introdotte dal Permanent Settlement non comportarono, come
postulato in modo strumentale da Hunter
48
e da altri osservatori, un riassetto
etnico dell’élite del mondo rurale. Pertanto la classe
ashraf fu penalizzata solo
marginalmente dall’introduzione del nuovo regime fondiario. Esso invece ebbe
effetti profondi sulle condizioni di vita dei ra‘iyat. Il potere contrattuale dei
contadini, già indebolito dal notevole incremento demografico del periodo,
49
subì
un’ulteriore limitazione dalla trasformazione del ruolo dello
zamindar, che, da figura
istituzionale deputata all’amministrazione locale, fu ridotta sotto una forte pressione
fiscale a semplice proprietario terriero. Al tradizionale rapporto, sicuramente né
statico e mai idilliaco, tra zamindar e ra
c
iyat,
50
basato su flessibili convenzioni
consuetudinarie, subentrarono regolamenti e norme, la cui osservanza era
demandata ai tribunali e all’apparato burocratico.
51
Questi cambiamenti
alimentarono un diffuso malcontento rurale, che investì, in particolar modo, la
popolazione musulmana e la sua stessa religiosità. Infatti il crescente
disorientamento sia collettivo che individuale fu la spia non solo del crescente
disagio economico, ma anche della crisi di quella tradizione sincretistica, che
rispecchiava valori e rapporti socio-economici ormai obsoleti. Il distacco e la
debolezza di quei ceti religiosi intermedi locali, tipo mullah, permise ad una
leadership revivalista di matrice extra-territoriale ed ideologicamente puritana di
penetrare in questo mondo islamico bengalese.
Nella prima metà dell’Ottocento l’Islam bengalese vede lo sviluppo di un
complesso di fenomeni religiosi che nell’insieme può essere definito, con Wallace, un
“revitalization movement”.
52
Infatti si assiste al passaggio da pratiche religiose ormai
inerti, quasi di routine, semplici componenti di una più ampia visione culturale, ad
una nuova religiosità, dinamica, che assurge a momento centrale della vita
dell’individuo e della società. Una religiosità che, per usare le parole di Geertz, segna
information, […], but the interest these events still seemed to arouse among readers and the amount of
background knowledge the articles obviously could take for granted”. Pernau, 2003, p. 113.
48
Il riferimento è al noto libro di W. W. Hunter, pubblicato nel 1871 e che Seal (1971, p. 307) ritiene un
chiaro esempio della politica di
divide et impera. Per uno studio del clima politico, che indusse Hunter
alla pubblicazione del suo pamphlet si veda Ali, 1980.
49
L’avvento del colonialismo determina la crescita notevole di forme di “peasantization”, dovute al
venir meno di fonti occupazionali, quali quella militare. Come nota Bose: “the tightening of the land-
person ratio in much of west Bengal is quite evident from the 1828 report of Collector Halhead”. Bose,
1993, p. 22. Tuttavia lo stesso autore sottolinea come nell’area orientale ci fosse ancora disponibilità di
terre incolte.
50
Per un cenno alle preoccupazioni del tanto vituperato Aurangzeb di tutelare i ra
c
iyat, vedi
Raychaudhuri, 1987, p. 175.
51
Sulla formazione durante il periodo musulmano di una classe di zamindar hindu si veda Inden, 1967.
Per uno studio delle strategie, sia coercitive, sia culturali, utilizzate dagli
zamindar e delle trasformazioni
di queste in “hollow forms of Hindu kingship” si rimanda a McLane, 1993.
52
Wallace, 1956.