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Il monachesimo benedettino. Origini, tradizioni e cultura
La prima comunità benedettina è formata in grande maggioranza da laici che
desiderano perfezionarsi nella vita spirituale ed ascetica, e che per questo vivono
assieme nel monastero di Montecassino, secondo la
Regola scritta per loro da san
Benedetto. Questa
Regola riprende regole monastiche ed ascetiche della precedente
tradizione monastica, scritte soprattutto da san Pacomio e da san Basilio.
La prima esigenza dei monaci (quindi anche dei benedettini) è quella di di-
staccarsi dal mondo, che appare ai loro occhi violento, spesso sanguinario, infido,
in cui guerre, invasioni e congiure di palazzo sono all’ordine del giorno. C’è desi-
derio di pace, di sicurezza, e l’intuizione che solo la fuga dal mondo (il
contemptus
mundi), non solo in senso spirituale, ma anche fisico, è l’unico modo per ritrovare
il rapporto con Dio e con il prossimo. Si forma, dunque, una comunità di laici (
ce-
nobio) che canta, loda il Signore, prega ad ore fisse della giornata, in cui è alternata
preghiera comunitaria e individuale.
Il desiderio di Dio si attua anche nella povertà personale, mettendo tutto in co-
mune, e si attua nella fraternità, nella vita comune. Il quotidiano contatto dei monaci,
che rimangono stabilmente nel monastero in cui pronunciano i voti (fondamentale,
infatti, è il voto della
stabilitas loci, uno dei pilastri del monachesimo cenobitico
benedettino), forma fra gli stessi confratelli un’unità spirituale che, sotto la direzione
dell’abate, da i suoi frutti anche dal punto di vista umano.
Infatti, soprattutto dopo Carlo Magno, lo sviluppo dei monasteri significa non
solo progresso spirituale e culturale, ma anche materiale, con l’estensione delle col-
tivazioni, lo sfruttamento dei boschi e dei corsi d’acqua.
La comunità monastica stimola al suo esterno l’economia locale, base dei se-
coli alto medievali. Ma il perno attorno a cui gira tutta la realtà del monastero è la
preghiera, una preghiera continua, che copre praticamente giorno e notte. Era ed
è questo il segreto che unisce i monaci nella vita cenobitica, e che si prolunga poi
nella meditazione,
nelle veglie, nel magnifico canto gregoriano, nella lode e nell’in-
tercessione perenne, incessante. Questa preghiera continua vuole rendere il cenobio
miracolo, ed è percorrendo questa collezione di prodigi che si scopre l’itinerario spirituale del santo.
La classica edizione dell’opera è la seguente:
Gregorii Magni Dialogi libri IV, a cura di U. Mo-
ricca, Roma 1924. Ma si veda ora la nuova edizione: G
ReGoRio
M
aGno
,
Storie di santi e di diavoli (Dia-
loghi), vol. I (libri I-II), introd. e comm. di S. Pricoco, testo critico e trad. ital. di M. Simonetti, Milano
2005; vol. II (libri III-IV), testo critico e trad. ital. di M. Simonetti, comm. di S. Pricoco, Milano 2006.
I quattro libri in cui si articola l’opera di Gregorio Magno hanno differente estensione (il primo
è di gran lunga più breve degli altri) e struttura. Il primo ed il terzo libro comprendono miracoli relativi
a santi non particolarmente noti (nel primo libro si tratta esclusivamente di taumaturghi, mentre nel ter-
zo la tipologia è più varia e differenziata). Il secondo libro è interamente dedicato alla figura e all’opera
di san Benedetto, costituendo in questo una delle più antiche testimonianze (anche se certo non sempre
attendibile, per la preponderanza dell’elemento prodigioso che la caratterizza) sul Santo da Norcia. Il
quarto libro, infine, si distacca vistosamente dai primi tre, in quanto non vi si tratta più di storie di santi
e di miracoli, ma del destino dell’anima dopo la morte.
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Fabio Cusimano
benedettino, in tutte le sue espressioni ed i vari ordini che a quello si sono ispirati,
simile alla Gerusalemme celeste descritta nell’Apocalisse.
Il desiderio di Dio non si esprime, però, solo nello slancio di fede di tanti mo-
naci. Esso è alimentato attraverso la lettura e la meditazione della Bibbia,
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ma anche
dei grandi classici latini, il che comporta la necessità d’istruirsi, di saper leggere e
scrivere in latino, per trasmettere, tramite l’attività di copiatura amanuense, la cultu-
ra latina e la spiritualità cristiana alle generazioni future.
Ogni monastero organizza, quindi, un luogo preposto all’attività di copiatura
amanuense (
scriptorium), una scuola per insegnare ai monaci la lettura e la scrittura
del latino; tutto ciò concorre allo sviluppo delle biblioteche monastiche. Uno dei
compiti del monaco è quindi quello di trasmettere, attraverso questo lavoro fati-
coso di copiatura e di miniatura dei codici, l’amore per la Parola di Dio, di cui gli
Evangeliari, gli Antifonari e i Corali sono ancora oggi splendide e preziose testimo-
nianze. La Bibbia, ma anche i grandi classici dell’antichità, sono passati attraverso
quelle migliaia di mani piene d’amore per la Parola di Dio e per le parole dell’uomo,
espresse in una cultura classica, che così è giunta fino a noi. Questa fede e questo
amore si sono espressi anche nel canto liturgico, nei salmi musicati, negli inni della
preghiera
delle ore, di cui ancora oggi ammiriamo gli splendidi codici.
Il desiderio di preghiera e di approfondimento non è solo un fatto personale, ma
è soprattutto comunitario, ed è questa una delle caratteristiche che distinguono il mo-
nachesimo occidentale da quello orientale, tendenzialmente più solitario ed ascetico.
Preghiera, meditazione, riflessione, studio, approfondimento razionale e spiri-
tuale divengono una formula vincente non solo religiosa, ma anche culturale, capace
di resistere nel tempo, e che esprime geni del pensiero occidentale come sant’Ansel-
mo e san Bernardo. Non c’è infatti divisione tra riflessione razionale e preghiera, fra
lettura della Bibbia e lettura dei grandi classici latini: la mente, illuminata da Dio per
mezzo della riflessione sulla Bibbia, è resa capace di illuminare anche la cultura pro-
fana e pagana in tutto ciò che ha di positivo, di assimilabile alla fede. Questa visione
unitaria, armonica, diventerà tipica del Medio Evo europeo; essa è anche molto di-
stante dalla nostra visione del mondo, che distingue il piano razionale e culturale dal
piano religioso. Il rischio è quello di perdere di vista i punti di riferimento spirituali
per un solido sviluppo culturale e sociale.
Il lavoro manuale
Oltre alla preghiera, i monaci hanno il dovere di lavorare. Il monastero è infat-
ti l’immagine perfetta della città di Dio, in cui ognuno è impegnato a sostenere tutta
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R. G
RéGoiRe
,
Il monaco e la Bibbia, Abbazia
San Benedetto, Seregno 2008.