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della cosiddetta “Commissione dei 75” all’Assemblea
Costituente nel febbraio del 1947. Ai candidati è richie-
sto di illustrare “i passi salienti” del brano e di rispondere
a due fra quattro domande, che toccano in particolare l’at-
tuazione delle previsioni circa l’assicurazione del diritto
allo studio per i capaci e meritevoli, il ruolo della scuola
privata nel sistema educativo nazionale, l’orientamento
del legislatore costituente circa l’istruzione come interesse
pubblico e i vantaggi individuali “di tipo economico”
derivanti dal conseguimento di una istruzione più elevata.
I pro e i contro
La scelta di concentrarsi su questioni di diritto costitu-
zionale in occasione del settantesimo anniversario del-
l’inizio dei lavori dell’Assemblea Costituente è di per sé
opportuna, tanto più che la riforma costituzionale attual-
mente in itinere occupa quotidianamente le pagine degli
organi di informazione. Suscitano invece qualche per-
plessità l’oggetto specifico della prova e ancor più le do-
mande sottoposte agli esaminandi. All’epoca, ormai lon-
tana, di Gentile l’Esame di Stato era configurato anche
come prova di “maturità intellettuale”: ora, a prescin-
dere dal fatto che la legislazione vigente non attribuisce
più tale funzione all’esame, pare a chi scrive che si sia pre-
teso davvero troppo dagli esaminandi, in termini di co-
noscenza dei fatti – storici e attuali – e, di conseguenza,
in termini di capacità di giudizio.
La dialettica Stato-libertà
L’analisi testuale del brano tratto dalla relazione di Ruini,
infatti, non porrebbe di per sé particolari problemi, se non
fosse che le questioni affrontate sono bensì di enorme im-
portanza, ma sono anche oggetto, tuttora, di un vivace (se
non aspro) dibattito politico. La dialettica Stato-libertà, e
in particolare fra libertà di insegnamento e funzione di
controllo esercitata dallo Stato, è in effetti questione non
semplice, che per essere adeguatamente commentata ri-
chiederebbe il dominio di conoscenze e strumenti della fi-
losofia e della storia del pensiero politico: non a caso,
l’estensore della prova fa riferimento alla collocazione po-
litica di Ruini prima del Ventennio fra i “liberali” (anche
se, rectius, Ruini fu in origine un socialista riformista poi
passato al Partito Radicale e quindi schieratosi con Amen-
dola). Peraltro è ben noto che la discussione sulla scuola
apertasi nell’Assemblea Costituente nella primavera del
1947 fu piuttosto accesa, poiché se pure vi fu un accordo
di fondo sulla “libertà” di insegnamento, non fu affatto fa-
cile trovare un’intesa sugli effettivi contenuti di tale li-
bertà. Infatti, i Costituenti appartenenti alla Democrazia
Cristiana spinsero decisamente per un riconoscimento
più ampio possibile del ruolo della scuola non statale, at-
traverso una parità di trattamento e di opportunità. In
questo quadro, non rimase estranea al dibattito la que-
stione del finanziamento pubblico alla scuola privata: un
elemento considerato niente affatto estraneo al problema
della libertà della scuola e dell’insegnamento, tanto che
per prevenire interpretazioni estensive della discussa “pa-
rità” fra scuola privata e pubblica Concetto Marchesi, Epi-
carmo Corbino e altri proposero il famoso emendamento
all’articolo 33 – poi accolto – in base al quale si ricono-
sceva a enti e privati il diritto di istituire scuole “senza
oneri per lo Stato”.
In realtà il dibattito nell’Assemblea Costituente vide con-
trapposti laici e cattolici, poiché (per lo più) quando si di-
scuteva di scuola privata o di “parificazione” si discuteva
in realtà di scuola cattolica. Una discussione che non è
mai cessata e che periodicamente si ripropone ai giorni
nostri anche se, a dire il vero, i Costituenti avevano sul
punto una sensibilità assai più profonda dei contempora-
nei, poiché in quegli anni dibattere di libertà della scuola
e dell’insegnamento – e più in generale del ruolo dello
Stato in materia di istruzione – non poteva non evocare
l’esperienza degli anni del regime fascista. Di quella tem-
perie, come si dirà fra breve, sono riconoscibili le tracce
nel testo, pur offerto mutilo ai commentatori, di Ruini;
merita comunque di essere osservato come il Costituente
identificasse quale strumento atto ad assicurare la parifi-
cazione fra scuola pubblica e privata proprio il ricorso al-
l’Esame di Stato, in quanto garanzia, a un tempo, di “se-
rietà degli studi” e di “imparziale controllo”. Nella visione
di Ruini, pertanto, alla concessione della parificazione re-
golata dalla legge, che garantisce parità di trattamento de-
gli studenti a parità di condizioni didattiche, corrisponde
una attività di controllo e sorveglianza sul complesso del
sistema basata anche sugli Esami di Stato. Non è del re-
sto un caso che la questione della composizione delle
commissioni esaminatrici abbia agitato la politica ita-
Seduta dell’Assemblea Costituente, discorso d’insediamento
del presidente Saragat.
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liana fin dall’immediato dopoguerra, poiché il ricorso a
“membri interni” o a commissioni parzialmente o total-
mente costituite da docenti “interni” poteva essere letto
come la conquista di maggior libertà da parte della scuola
privata (e in particolare cattolica) e come un allentamento
di quella funzione di controllo e sorveglianza da parte
dello Stato evocata da Ruini.
D’altra parte, agli occhi di Ruini così come di molti Co-
stituenti la formazione scolastica dei cittadini appariva un
elemento chiave per la neonata democrazia del Paese.
Gentile vedeva nella scuola la realizzazione dello Stato e
in particolare dello Stato fascista: a tale visione organici-
sta i deputati alla Costituente opposero una visione della
scuola finalizzata allo sviluppo democratico dell’Italia re-
pubblicana: il punto è espresso chiaramente da Ruini nel
momento in cui egli difende il diritto allo studio per i ca-
paci e meritevoli al di là degli ingenti costi che tale scelta
possa comportare. L’investimento pubblico, infatti, per
quanto oneroso è – nella visione di Ruini – essenziale e
funzionale al raggiungimento di tre obiettivi che paiono
posti in scala ascendente: la realizzazione di un diritto
della persona, il pieno sfruttamento delle energie a di-
sposizione della Nazione, la realizzazione di una compiuta
democrazia.
Tutto ciò premesso, ci si chiede per quale ragione si sia
voluto proporre agli esaminandi un testo che, se certa-
mente di per sé non può definirsi complicato, può tutta-
via essere letto con una qualche cognizione di causa solo
se si dispone di adeguate conoscenze storico-giuridiche
relative ai lavori della Costituente, alla concezione gen-
tiliana della scuola e – auspicabilmente – al vivace di-
battito in materia sviluppatosi dal 1947 a oggi. Detto in al-
tri termini, si sono posti gli studenti nella non invidiabile
condizione di dover scegliere fra una analisi testuale
(l’identificazione dei passi “salienti”), per la quale
avrebbe potuto giovare qualsiasi testo in lingua italiana,
dotato o meno di rilevanza giuridica, e un commento nel
merito che – in difetto di un adeguato orizzonte di riferi-
mento –facilmente potrebbe scivolare nella mera opi-
nione, insomma nel “giornalistico” nel senso deteriore del
termine. Con il rischio, peraltro, di sollecitare anche da
parte dei commissari incaricati della valutazione degli ela-
borati il ricorso magari anche inconscio a categorie in-
terpretative di carattere ideologico, che ben poco hanno
a che fare con l’acquisizione e la padronanza di catego-
rie giuridiche.
Il primo e il secondo quesito
Del resto, anche le quattro domande poste agli esaminandi
lasciano più di un dubbio, come cercherò ora di chiarire.
La prima domanda chiede al candidato di esprimersi sul-
l’attuazione o meno del “riferimento” ai capaci e merite-
voli. A prescindere dall’infelice formulazione della do-
manda che omette un esplicito richiamo dell’articolo 34
della Costituzione, ci si chiede come possa l’esaminando
rispondere con cognizione di causa a una domanda del ge-
nere, in difetto di dati storico-statistici. Ancora una volta,
si invita il candidato a esprimere mere opinioni, il che non
pare pedagogicamente appropriato. Perfino peggiore la se-
conda domanda, che chiede di esprimersi sul “valore ag-
giunto” rappresentato dalla coesistenza nel sistema edu-
cativo di scuole pubbliche e private. In questo caso, non
si menziona il dettato della legge 62/2000 che afferma
chiaramente che «il sistema nazionale di istruzione, fermo
restando quanto previsto dall’articolo 33, secondo
comma, della Costituzione, è costituito dalle scuole sta-
tali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali» (art.
1). Ma al di là della carenza di riferimenti normativi pur
rilevanti, dell’insistenza su passi di una relazione alla
Costituente senza un reale confronto (salvo una men-
zione a voler essere benevoli cursoria) con gli articoli
della Costituzione vigente, ancora una volta si pongono
i candidati nella spiacevole situazione di prendere posi-
zione su di una materia tanto spinosa quanto controversa.
Che cosa tutto ciò abbia a che vedere con l’apprendimento
di nozioni giuridiche basilari resta da capire: forse, più che
della padronanza delle categorie e del ragionamento giu-
ridico, si è voluto mettere alla prova i candidati su di
un’altra arte, ossia la retorica.
La terza e la quarta domanda
Più pertinente e centrato (per fortuna, si sarebbe tentati di
dire) il terzo quesito che chiede di argomentare per quale
ragione il sistema dell’istruzione sia finanziato attraverso
il ricorso alla fiscalità generale. La risposta di Ruini è ben
chiara e presente nel testo sottoposto a commento. Chi
scrive, peraltro, la condivide appieno. Assai meno condi-
visibile mi pare la quarta domanda, che chiede di argo-
mentare sui “vantaggi individuali” derivanti dal conse-
guimento di un titolo di studio più elevato. Infatti, se
all’apparenza la domanda può apparire neutra, essa non
è affatto tale. In proposito va rilevato che nel ragiona-
mento di Ruini è menzionato un solo aspetto di natura in-
dividuale, e precisamente l’attuazione di un “diritto della
persona”. Gli altri vantaggi del conseguimento del-
l’istruzione menzionati da Ruini («utilizzare a vantaggio
della società forze che resterebbero latenti... attuare una
vera e integrale democrazia») non possono infatti essere
considerati come di rilevanza individuale, bensì collettiva.
È vero che, quando si parla dei vantaggi individuali de-
rivanti da un’istruzione più avanzata, ci si riferisce, di so-
lito, al maggior reddito derivante al lavoratore dall’aver
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