Repubblica italiana



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Nel caso di specie, l’Autorità ha adottato il provvedimento finale entro il termine in precedenza fissato e, quindi, in alcun modo può ritenersi fondata la censura di tardività per il solo fatto che la decisione è stata poi successivamente comunicata alle imprese, considerata la mancanza di una norma specifica che imponga di provvedere nel termine anche alla comunicazione al destinatario.

E’ quindi evidente che l’appellante ha invocato in termini errati il principio di affidamento del cittadino nell’azione della P.a. e la asserita indeterminatezza della durata delle verifiche, in quanto costituisce dato certo il fatto che le verifiche si sono concluse entro il termine prefissato e che entro la stessa data l’Autorità ha adottato la deliberazione conclusiva del procedimento.

Alcuna incertezza e alcun pregiudizio hanno, quindi, subito le imprese, che ben sapevano che entro il termine stabilito l’Autorità avrebbe adottato la propria deliberazione finale, che è stata poi loro comunicata nei giorni immediatamente successivi.

2.2. Sempre la Ristomat deduce la violazione del principio di terzietà dell'Autorità, che avrebbe acriticamente recepito il punto di vista dei denuncianti, i cui assunti non sarebbero stati adeguatamente vagliati con la conseguenza che tutta l’attività di verifica sarebbe viziata da un errato preconcetto di partenza.

La censura è palesemente priva di fondamento, in quanto, dopo un preliminare, ed autonomo, vaglio delle denunce presentate dalle due imprese concorrenti, l’Autorità ha svolto una approfondita istruttoria, dove ogni parte ha avuto modo di esporre e provare la fondatezza delle proprie tesi, all’esito della quale l’Autorità ha adottato la decisione impugnata sulla base di considerazioni in nulla influenzate dal punto di vista dei denuncianti.

Del resto, una contestazione di tal tipo, peraltro genericamente argomentata, potrebbe essere mosse in tutti i casi i cui a seguito di denuncia di un soggetto terzo l’Autorità accerti una infrazione alla normativa sulla concorrenza.

Infine, il fatto che dall’accertamento dell’infrazione e dall’irrogazione delle conseguenti sanzioni possano in via indiretta beneficiarne proprio i soggetti denuncianti costituisce un fisiologico effetto della disciplina antitrust, in cui i soggetti che si ritengono lesi da un comportamento anticoncorrenziale possono rivolgersi all’Autorità per i provvedimenti di sua competenza.

Ciò impone all’Autorità ovviamente di verificare con particolare accuratezza i fatti segnalati da soggetti “controinteresati”, come del resto è avvenuto nel caso di specie, come già affermato in precedenza e come verrà meglio dimostrato in seguito.

2.3. Ristomat ha poi dedotto la violazione degli artt. 12 e 14 della legge n. 287/90, per aver l’Autorità svolto attività istruttoria anche prima della formale comunicazione di avvio senza consentire alle parti di partecipare a tale procedimento.

Secondo l’appellante le norme richiamate impongono all’Autorità di subordinare qualsiasi attività istruttoria alla determinazione formale di avvio, prevista dal citato art. 14 della legge n. 287/90.

Come già evidenziato dalla Sezione (cfr. Cons. Stato, VI, n. 652/2001, Vendomusica; n. 4362/202 Latti artificiali), tale tesi non può essere condivisa, in quanto l’art. 12 della legge n. 287/90 prevede che l’Autorità proceda ad istruttoria, “valutati gli elementi in suo possesso e quelli portati a sua conoscenza da pubbliche amministrazioni o da chiunque vi abbia interesse”.

Il termine “valutare”, oltre ad implicare una prima delibazione sulla sussistenza delle presente violazioni, non può che comportare un’iniziale e minimale attività, anche istruttoria, diretta ad acquisire precisazioni relative alle segnalazioni pervenute al fine di verificare la sussistenza quanto meno di un fumus in ordine alle violazioni da contestare.

Una diversa interpretazione condurrebbe all’irragionevole conseguenza di dover comunicare il formale avvio di istruttoria per ogni denuncia presentata (anche in termini generici), con il rischio della strumentalizzazione di tali esposti.

Può anche essere utile il riferimento alla normativa comunitaria, in cui il procedimento antitrust ha basi maggiormente consolidate.

Ai sensi del regolamento n. 17/62 del Consiglio (e successive modifiche) la Commissione, in caso di segnalazioni di infrazioni alla normativa antitrust, avvia una indagine preliminare, in cui esercita ampi poteri istruttori ed all’esito della quale decide se archiviare il caso o iniziare una procedura formale con comunicazione degli addebiti alle imprese interessate, cui è garantito il diritto di difesa.

Del resto, anche sotto il profilo sostanziale, dopo l’avvio formale della procedura, è possibile il pieno esercizio dei diritti di difesa in ordine ad ogni elemento acquisito, sia su quelli utilizzati poi a fondamento dell’ipotesi accusatoria, sia su quelli utilizzabili dalle imprese a propria difesa.

Alcuna lesione vi è quindi stata al principio del contraddittorio ed al c.d. principio di “parità delle armi”, il quale presuppone che in una causa di concorrenza l'impresa interessata abbia una conoscenza del fascicolo relativo al procedimento pari a quella di cui dispone la Autorità (cfr. Trib. CE, T – 30/91, 29-6-95, Solvay e Trib. CE, T – 36/91, 29-6-95, I.C.I.).

2.4. Qui Ticket ha riproposto il motivo relativo alla violazione dell’art. 24 della legge n. 689/1991 ed all’incompetenza dell’Autorità, in quanto la asserita collusione tra imprese, astrattamente idonea ad integrare lo schema delineato dalla fattispecie di reato di cui all’art. 353 c.p., determinerebbe l’esclusiva competenza del giudice penale ai sensi del citato art. 24 che prevede che “qualora l'esistenza di un reato dipenda dall'accertamento di una violazione non costituente reato, e per questa non sia stato effettuato il pagamento in misura ridotta, il giudice penale competente a conoscere del reato è pure competente a decidere sulla predetta violazione e ad applicare con la sentenza di condanna la sanzione stabilita dalla legge per la violazione stessa”.

Il motivo è infondato.

Come rilevato dal Tar, il menzionato art. 24, pur facendo parte delle norme della Sezione II del Capo I della legge n. 689, richiamate “in quanto applicabili” dall’art. 31 della legge n. 287/1990, non può ritenersi compatibile, e quindi applicabile, con la normativa sulla tutela della concorrenza, di cui alla legge n. 287/1990.

L’istituzione di una Autorità amministrativa indipendente, caratterizzata da una specifica qualificazione e composizione tecnica e dall’esercizio di poteri neutrali, determina l’esclusiva competenza di questa per l’applicazione della disciplina di tutela della concorrenza, ad eccezione di deroghe introdotte espressamente dal legislatore, come nel caso delle competenza antitrust sull’attività bancaria, oggetto di recente dibattito.

Non è ipotizzabile che attraverso un generico richiamo alla normativa sulle sanzioni amministrative, peraltro limitato dall’inciso “in quanto compatibile”, possa essere stata introdotta una deroga alle competenze dell’Autorità antitrust, tenuto anche conto che le funzioni attribuite dalla legge all'Autorità a presidio del valore della libera concorrenza si esplicano indipendentemente dalla eventuale rilevanza penale dei comportamenti considerati.

Peraltro, questa Sezione ha già evidenziato che in alcun modo interferisce con le competenze dell’Autorità la disciplina penale ed amministrativa, relativa alle pubbliche gare, che opera su un piano diverso rispetto a quello della concorrenza (Cons. Stato, VI, n. 1191/2001).

3. Motivi attinenti alla natura del sindacato del giudice amministrativo sugli atti dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato ed alla definizione ed alle caratteristiche del mercato rilevante.

3.1. Tutte le imprese sanzionate hanno contestato l’individuazione del mercato rilevante da parte dell’Autorità.

Preliminarmente, le appellanti lamentano che l’esame dei motivi proposti riguardo la questione del mercato rilevante sarebbe stato condizionato da una non corretta limitazione del sindacato giurisdizionale sugli atti dell’Autorità antitrust.

Le imprese sostengono, in particolare, che:

- il Tar avrebbe limitato il proprio sindacato ad un mero controllo estrinseco e di tipo debole sull’attività compiuta dall’Autorità, rinunciando quindi ad un controllo diretto del criterio tecnico utilizzato dall’amministrazione (Gemeaz);

- il giudice di primo grado non ha considerato che la materia in questione è attribuita alla giurisdizione esclusiva del G.A., il quale spetta quindi una diretta cognizione del rapporto controverso, che non può essere limitata ad un mero sindacato sulla legittimità del provvedimento impugnato (Ristomat), né può essere ristretta negli angusti schemi propri del giudizio impugnatorio, pena la vanificazione della tutela giurisdizionale e l’impossibilità di esercitare un sindacato pieno sulla comminabilità e sulla congruità della sanzione pecuniaria (Day Ristoservice);

- il sindacato giurisdizionale non deve precludere al giudice un penetrante accesso ai fatti esaminati con il provvedimento impugnato (Sagifi).

3.2. Con riguardo alla natura del sindacato giurisdizionale sugli atti dell’Autorità la Sezione ha di recente affermato i seguenti principi (v., in particolare, Cons. Stato, VI, n. 2199/2002, Rc Auto e n. 5156/2002, Enel/Wind-Infostrada):

-i provvedimenti dell’Autorità antitrust hanno natura atipica e sono articolati in più parti: a) una prima fase di accertamento dei fatti; b) una seconda di “contestualizzazione” della norma posta a tutela della concorrenza, che facendo riferimento a “concetti giuridici indeterminati” (quali il mercato rilevante, l’abuso di posizione dominante, le intese restrittive della concorrenza) necessita di una esatta individuazione degli elementi costitutivi dell’illecito contestato (le norme in materia di concorrenza non sono di “stretta interpretazione”, ma colpiscono il dato sostanziale costituito dai comportamenti collusivi tra le imprese, non previamente identificabili, che abbiano oggetto o effetto anticoncorrenziale); c) una terza fase in cui i fatti accertati vengono confrontati con il parametro come sopra “contestualizzato”; d) una ultima fase di applicazione delle sanzioni, previste dalla disciplina vigente.

- i fatti posti a fondamento dei provvedimenti dell’Autorità antitrust possono senza dubbio essere pienamente verificati dal giudice amministrativo sotto il profilo della verità degli stessi e ciò presuppone la valutazione degli elementi di prova raccolti dall’Autorità e delle prove a difesa offerte dalle imprese senza che l’accesso al fatto del giudice possa subire alcuna limitazione;

- il sindacato del giudice amministrativo sull’attività discrezionale di natura tecnica, esercitata dall’Autorità antitrust (fasi b e c sopra descritte), è un sindacato (definito “di tipo debole”), che non consente un potere sostitutivo del giudice tale da sovrapporre la propria valutazione tecnica opinabile o il proprio modello logico di attuazione del “concetto indeterminato” all’operato dell’Autorità, potendo però il giudice censurare le valutazioni tecniche, compreso il giudizio tecnico finale, che, attraverso un controllo di ragionevolezza, logicità e coerenza tecnica, appaiono inattendibili;

- in questi casi la tutela giurisdizionale, per essere effettiva, non può limitarsi ad un sindacato meramente estrinseco, ma deve consentire al giudice un controllo intrinseco, avvalendosi eventualmente anche di regole e conoscenze tecniche appartenenti alla medesima scienza specialistica applicata dall’amministrazione ed utilizzando, ove necessario, lo strumento della consulenza tecnica;

- di fronte ad una valutazione complessa in funzione dell'applicazione di concetti giuridici indeterminati, posta in essere dall'Autorità, il sopradescritto tipo di sindacato si giustifica a causa della particolare rilevanza degli interessi rimessi, proprio per la loro importanza, alla tutela dell’Autorità antitrust, organo caratterizzato da specifica composizione tecnica, posto in posizione di particolare indipendenza e che esercita poteri neutrali, al di fuori del circuito dell'indirizzo politico;

- il sindacato sulle sanzioni pecuniarie irrogate dall’Autorità è pieno e può giungere fino alla sostituzione della sanzione irrogata dall’Autorità anche attraverso un accertamento della congruità della sanzione, tenuto conto della compatibilità con i principi della legge n. 287/1990 dell’art. 23 della legge n. 689/1981.

3.3. La Sezione ritiene di fornire alcune ulteriori precisazioni sulla natura del sindacato giurisdizionale sugli atti dell’Autorità antitrust, al fine di fugare i dubbi espressi dalle imprese ricorrenti riguardo l’effettività di una tutela giurisdizionale di tale tipo.

Innanzitutto, molte delle contestazioni mosse dalle appellanti circa i limiti del sindacato giurisdizionale risultano prive di fondamento già dalla mera lettura dei principi affermati dalla Sezione ed appena richiamati.

Il sindacato del giudice amministrativo non è un mero sindacato di tipo estrinseco, come sostenuto in giudizio, ma è un sindacato intrinseco, che non incontra alcun limite con riguardo all’accertamento dei fatti oggetto di indagine.

Alcune appellanti fondano la loro tesi sulla definizione di “sindacato debole”, adottata dalla Sezione nei due citati precedenti e sulla necessità di una diretta cognizione del rapporto controverso in una materia, quale quella di specie, attribuita alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

Al riguardo, si osserva che l’art. 33 della legge n. 287/1990 non ha attribuito al G.A. giurisdizione esclusiva in materia antitrust, ma ha previsto che i ricorsi avverso i provvedimenti amministrativi adottati dall’Autorità antitrust rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, mentre le controversie tra privati (contrattuali o risarcitorie) appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario.

Nonostante la qualificazione come esclusiva della giurisdizione del G.A., questa resta una “giurisdizione che agisce quale istanza di ricorso”, secondo la definizione di cui al il Regolamento CE n. 1/2003 del Consiglio del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del Trattato.

In tali fattispecie, il giudizio amministrativo resta, quindi, un giudizio di tipo impugnatorio, in cui al giudice spetta di verificare se il potere spettante all’Autorità antitrust sia stato correttamente esercitato (si tratta di un potere vincolato, ma vincolato da concetti giuridici indeterminati e/o da norme tecniche, il cui esercizio comporta valutazioni complesse rimesse in prima battuta all’Autorità garante).

Al giudice amministrativo spetta quindi di verificare, ex post, l’operato dell’Autorità e in tale controllo il giudice non incontra alcun limite, tenuto conto che anche nel modello impugnatorio il sindacato giurisdizionale è oggi particolarmente penetrante e, nelle controversie quale quelle in esame, si estende sino al controllo dell'analisi economica compiuta dall'Autorità (potendo sia rivalutare le scelte tecniche compiute da questa, sia applicare la corretta interpretazione dei concetti giuridici indeterminati alla fattispecie concreta in esame).

Tale impostazione esclude ogni vulnus alla tutela giurisdizionale e le stesse censure proposte dalle imprese sembrano incentrarsi maggiormente sulla (criticata) limitazione del controllo giurisdizionale ad un sindacato “di tipo debole”, emergente dai principi in precedenza affermati dalla Sezione, senza la verifica in concreto del controllo svolto dal giudice amministrativo.

In realtà, con l’espressione sindacato “di tipo debole” la Sezione non ha inteso limitare il proprio potere di piena cognizione sui fatti oggetto di indagine e sul processo valutativo, mediante il quale l’Autorità applica alla fattispecie concreta la regola individuata.

Con tale espressione si è inteso porre solo un limite finale alla statuizione del giudice, il quale, dopo aver accertato in modo pieno i fatti ed aver verificato il processo valutativo svolto dall’Autorità in base a regole tecniche, anch’esse sindacate, se ritiene le valutazioni dell’Autorità corrette, ragionevoli, proporzionate ed attendibili, non deve spingersi oltre fino ad esprimere proprie autonome scelte, perché altrimenti assumerebbe egli la titolarità del potere.

Il giudice non può sostituirsi ad un potere già esercitato, ma deve solo stabilire se la valutazione complessa operata nell’esercizio del potere debba essere ritenuta corretta sia sotto il profilo delle regole tecniche applicate, sia nella fase di “contestualizzazione” della norma posta a tutela della concorrenza che nella fase di raffronto tra i fatti accertati ed il parametro “contestualizzato”.

Peraltro, in una prospettiva di armonizzazione con il sistema comunitario (oggi imposta a seguito del processo di applicazione decentrata del diritto comunitario della concorrenza, avviato dal citato regolamento CE n. 1/2003), appare preferibile raffrontare non gli istituti o le terminologie giuridiche (sindacato “debole” o “forte”), ma comparare i modi attraverso cui i problemi vengono risolti. E le modalità con cui il giudice amministrativo ha affrontato la questione del sindacato giurisdizionale degli atti dell'Autorità appaiono molto simili a quelle del giudice comunitario.

Il sindacato della Corte di Giustizia, esercitato sulle valutazioni economiche complesse fatte dalla Commissione, è stato espressamente limitato alla verifica dell'osservanza delle norme di procedura e di motivazione, nonché dell'esattezza materiale dei fatti, dell'insussistenza d'errore manifesto di valutazione e di sviamento di potere, (v., segnatamente, sentenze della Corte di Giustizia 11 luglio 1985, causa 42/84, Remia, punto 34, e 17 novembre 1987, cause riunite 142/84 e 156/84, BAT e Reynolds, punto 62; 28 maggio 1998, C-7/95, John Deere, punto 34 e, da ultimo, 7 gennaio2004, cause riunite 204/00 e 219/00, Aalborg, punto 279 e Trib. primo grado CE, 21 marzo 2002, T-231/99, Joynson).

E’ anche vero che, al di là delle affermazioni di principio sopra descritte, i giudici comunitari hanno in realtà analizzato molto spesso in modo accurato le analisi economiche svolte dalla Commissione; ma ciò è quanto si ritiene possa fare anche il giudice amministrativo.

Ad esempio, nella citata decisione n. 5156/2002 (Enel/Wind-Infostrada), questa Sezione ha esaminato l’analisi economica compiuta dall’Autorità, annullando le misure correttive degli effetti anticoncorrenziali di una determinata operazione di concentrazione sulla base di un “penetrante” sindacato sulla assenza di proporzionalità ed adeguatezza delle misure rispetto all'esigenza di evitare le conseguenze negative sul piano concorrenziale dell'operazione. In quella fattispecie, la Sezione ha in concreto dimostrato di non incontrare alcun limite nell’esercizio del proprio sindacato giurisdizionale e l’assenza di poteri sostitutivi ha comportato solamente che non fosse il giudice a rideterminare le prescrizioni cui condizionare l’assenso all’operazione di concentrazione, ma che la definizione della fattispecie sostanziale oggetto del provvedimento impugnato spettasse, in sede di riesercizio del potere e con i vincoli derivanti dal giudicato, all’Autorità, cui il legislatore ha demandato l’esercizio di tali delicati poteri (all’interno di un procedimento amministrativo, caratterizzato da particolari garanzie di contraddittorio).

In tali giudizi, con la proposizione del ricorso la materia controversa non passa interamente dall’Autorità al giudice; un tale modello, non introdotto nel nostro ordinamento, radicherebbe in capo al giudice l’esercizio di un potere relativo ad interessi di particolare rilievo, la cui tutela è stata attribuita dal legislatore ad una Autorità caratterizzata da particolare competenza tecnica, oltre che dall’esercizio di poteri neutrali, cui è correlata l’indipendenza della stessa Autorità.

Il fatto che si tratti di un’Autorità posta al di fuori del circuito dell'indirizzo politico rende ancor più necessario che il sindacato del giudice sia pieno, ma non anche che al giudice sia consentito di sostituirsi all’Autorità nell’esercizio del potere ad essa spettante.

In definitiva, ciò che rileva non è, quindi, la qualificazione del controllo come “forte” o “debole”, ma l’esercizio di un sindacato tendente ad un modello comune a livello comunitario, in cui il principio di effettività della tutela giurisdizionale sia coniugato con la specificità di controversie, in cui è attribuito al giudice il compito non di esercitare un potere in materia antitrust, ma di verificare – senza alcuna limitazione - se il potere a tal fine attribuito all’Autorità antitrust sia stato correttamente esercitato.

Peraltro, la riconosciuta ammissibilità anche della consulenza tecnica, quale strumento di verifica di fatti ed elementi rilevanti ai fini dell’analisi economica e delle valutazioni complesse effettuate dall’Autorità, conferma il grado di effettività della tutela giurisdizionale (risultando poi irrilevante se nelle singole fattispecie tale strumento sia stato ritenuto necessario, o meno, tenuto anche conto che proprio in tale materia il c.d. adversary system, basato sulla contrapposizione dei consulenti economici delle parti, funziona bene e risulta adeguato per far emergere le eventuali distorsioni dovute ad analisi non corrette, come avviene negli Stati Uniti dove spesso non viene utilizzata dal giudice la possibilità di nominare esperti).

Sempre, nell’ottica di una armonizzazione con il diritto comunitario della concorrenza, è anche significativo il fatto che la Corte di Giustizia abbia ritenuto ammissibile la C.T.U. nell’ambito dei giudizi in materia di concorrenza, ma abbia poi utilizzato lo strumento con estrema cautela (per un caso di utilizzo, vedi Corte Giust, CE, , C – 89/85, 31-3-93, Woodpulp – Pasta di legno, in cui è stato affidato ai periti l’incarico di accertare alcuni fatti contestati alle imprese e determinate caratteristiche del mercato in esame).

Va infine ribadito che il sindacato sulle sanzioni pecuniarie irrogate dall’Autorità si atteggia in modo diverso, potendo spingersi fino alla sostituzione della sanzione irrogata dall’Autorità anche attraverso un accertamento della congruità della sanzione.

La diversità del sindacato sulle sanzioni pecuniarie si giustifica sia in base alla compatibilità con i principi della legge n. 287/1990 dell’art. 23 della legge n. 689/1981, sia tenuto conto della diversità del potere esercitato dall’Autorità per l’applicazione di una sanzione amministrativa tipicamente punitiva, quale quella pecuniaria.

Anche in questo caso il riconoscimento di tale tipo di sindacato giurisdizionale è coerente con i principi affermati in materia dalla giurisprudenza comunitaria, che ha sempre ritenuto la sussistenza di una competenza di merito del giudice, che consenta anche la modifica delle sanzioni irrogate dalla Commissione (v. Trib. Ce, 11-3-99, T-141/94, Thyssen Stahl AG, par. 646 e 674 e Corte Giust. CE, 16-11-2000, C-291/98,, Sarriò – Cartoncino, par. 70-71); ed è anche coerente con le prospettive di armonizzazione del diritto della concorrenza, citate in precedenza, tenuto conto che l’art. 31 del reg. CE n. 1/2003 prevede che la Corte di Giustizia possa estinguere, ridurre o aumentare le ammende irrogate dalla Commissione, qualificando tale competenza giurisdizionale “di merito”.

3.4. Delineata la natura del sindacato giurisdizionale sugli atti dell’Autorità antitrust, possono essere esaminate le censure relative all’individuazione del mercato rilevante, potendo questo giudice verificare la correttezza, anche sotto il profilo tecnico, della delimitazione del mercato rilevante operata dall’Autorità.

Nel caso di specie l’Autorità ha evidenziato che nel settore dei buoni pasto le modalità di acquisizione dei servizi da parte di imprese private e di pubbliche amministrazioni divergono al punto da poter ipotizzare l’individuazione di due mercati del prodotto distinti; ha poi ritenuto che le specifiche modalità adottate dalla Consip per la acquisizione centralizzata dei servizi di buoni pasto, volta ad individuare in un'unica soluzione il fornitore di detti servizi per tutte le amministrazioni statali, nonché per tutti gli altri enti pubblici che ne facciano richiesta, risultano idonee a considerare il servizio appaltato con il bando in questione quale mercato rilevante distinto (v. par. 27 del provvedimento impugnato).


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