23
Si tratta di un vero e proprio ribaltamento di prospettive rispetto alla
disciplina precedente: basti pensare che la costituzione costantiniana
conservata in CTh. 9, 24, 1 prevedeva invece la pena di morte per la rapta
consenziente e la perdita della successio parentum per la rapta invita. È lo
specchio di una mutata sensibilità sociale che si riflette, pur con qualche
contraddizione, in ambito giuridico.
Infatti, come si vedrà nei paragrafi successivi, se Giustiniano in CI. 9,
13, 1 non accoglie – a differenza di Costantino – il principio di presunzione
della correità della donna, ciò non accade in Nov. 123, 43 relativa al ratto
di religiose, in cui la donna rapita subisce l’internamento perpetuo in un
monastero di stretta sorveglianza; a ben vedere tale statuizione non si
configura tanto come sanzione ma come precauzione affinché l’illecito non
si ripeta: va comunque sottolineato il mutamento d’opinione
dell’imperatore che, se nel 533 considerava la donna innocente e perciò
esente da punizione, nel 546 la ritiene colpevole, anche solo di negligenza,
e da sottoporre a reclusione.
Secondo parte della dottrina, l’innovazione più importante introdotta
con CI. 9, 13, 1 concerne l’estensione delle fattispecie contemplate dal
provvedimento normativo: esso infatti ricomprende pressoché ogni
tipologia di sottrazione di donna, sia a fine di matrimonio che a fine di
libidine, sia consensuale che violenta, sia di vergini e vedove, ingenue ma
anche libertine o serve alienae, sia di donne fidanzate o sposate. La legge
infatti, nella sua parte conclusiva, dichiara abrogati tutti i capitoli di una
non meglio precisata lex Iulia collocati negli antiqui legum libri e nelle sacrae
constitutiones (probabilmente una lex Iulia de vi di cui sono riportati alcuni
passi nel Digesto e nel Codex repetitae praelectionis), e quindi si pone come
esclusiva fonte di diritto a proposito di crimen raptus.
Inoltre, il fatto che – nelle prime righe di CI. 9, 13, 1 – la cancelleria
definisca la legge “generalis constitutio” allude all’aspirazione della norma
consanguinei. Di conseguenza la trasformazione della pena pecuniaria incamerabile dal
fisco, propria del crimen raptus per tutto il V secolo, nella pena risarcitoria introdotta con
CI. 9, 13, 1 e Nov. 143 (150) si ritiene imputabile a ripagare non solo il disonore patito
dalla donna ma anche il pregiudizio sofferto dalla famiglia di questa.
24
di costituire un testo unico in materia. Si tratta quindi di un intervento
normativo in linea con i principii di tecnica legislativa della cancelleria
giustinianea, volti a superare i casi particolari per dare un inquadramento
generale e universale alle fattispecie giuridiche prese in esame (
20
).
3. Nov. 143 (150) del 563: un caso d’interpretazione autentica
Nel 563 il ratto costituisce di nuovo l’oggetto di una Novella, la 143
(150) rubricata De raptis mulieribus et quae raptoribus nubunt. Tale
costituzione, in quanto destinata all'interpretazione autentica di
precedenti norme imperiali, si rivela interessante anche per capire il
rapporto tra legislazione e mondo della pratica: in questo caso, come in
altri (
21
), la cancelleria cerca di porre rimedio, con una nuova pronuncia,
alle imperfezioni di tecnica legislativa o di codificazione che consentivano
ai sudditi di eludere la norma stessa facendo leva su tali difetti.
(
20
) D
ESANTI
, Giustiniano e il ratto, cit., pp. 199-200 ritiene che questo aspetto della riforma
in materia di ratto risponda alla volontà del legislatore di superare le fattispecie
particolari alla ricerca dell’universale. Si veda anche E. P
ÓLAY
, The Justinian codification
and abstraction, in Studi in onore di Arnaldo Biscardi, II, Milano 1982, pp. 105-116 che traccia
in modo sintentico il passaggio dall’approccio casistico tipico dei giuristi classici alla
mentalità tendente all’astrazione propria dei compilatori del Corpus iuris civilis.
(
21
) Ad esempio, a proposito di legittimazione dei figli naturali per susseguente
matrimonio, CI. 5, 27, 11 del 530 e Nov. 12, 4 del 535 costituiscono una risposta ai tentativi
della prassi di eludere gli effetti della disciplina introdotta con CI. 5, 27, 10 del 529; anche
Nov. 18, 11 del 536 e Nov. 19 di poche settimane successiva vengono emanate per
risolvere alcune dispute interpretative avanzate nella pratica rispetto all’applicabilità
delle disposizioni in materia di legittimazione per susseguente matrimonio: tali
provvedimenti costituiscono esempi di interpretazione autentica rispetto a CI. 5, 27, 10 a
dimostrazione della volontà imperiale di favorire la più ampia applicazione possibile
dell’istituto. Si veda G. L
UCHETTI
, La legittimazione dei figli naturali nelle fonti tardo imperiali
e giustinianee, Milano 1990, pp. 227-271. Lo stesso discorso vale in materia di usurae: CI. 4,
32, 27, pr. costituisce un intervento interpretativo rispetto a CI. 4, 32, 26, 1-5, costituzione
emanata solo pochi mesi prima.
Dostları ilə paylaş: |