zioni ancora
con participio predicativo, la prima con ἡμᾶς
αὐτούς soggetto e καταγελωμένους come verbo e la se-
conda con τοὺς μὴ τὰς συντάξεις ἐθέλοντας ἡμῖν
ὑποτελεῖν (intero sintagma nominale che funge da sog-
getto) e πλέοντας come verbo. Qualche incertezza inter-
pretativa potrà essere derivata dal riferimento al tributo
per il permesso alla navigazione, dato storico che forse
non tutti gli studenti ricordano e che il Ministero avrebbe
potuto rammentare in una breve nota esplicativa. Al li-
vello lessicale, da rimarcare che il perfetto διεφθάρμεθα
all’inizio del periodo ha valore risultativo ed è stato reso
con il presente, ma tradurre “siamo rovinati” non avrebbe
dato l’idea dell’azione compiuta del perfetto greco: si è
preferito tradurre “siamo in rovina” che rende meglio
l’aspetto perfettivo.
Sebbene le frasi siano articolate e presentino una dispie-
gata varietà di subordinate, il brano è abbastanza agevole
e non presenta insidie. Le possibilità che uno studente
possa smarrirsi nella comprensione sono molto ridotte, a
patto che si abbia una pur minima dimestichezza con la
sintassi greca. Considerati lo stile e il lessico, non do-
vrebbe costituire una ulteriore difficoltà il fatto che la ver-
sione abbia carattere concettuale e non invece narrativo:
a compimento di un percorso liceale, essere in grado di
tradurre solo aneddoti o episodi storici sarebbe alquanto
limitante per le competenze richieste ai maturandi.
Dal punto di vista del contenuto, il brano è molto bello e
rappresenta un vivido esempio di come la pedagogia iso-
cratea si sostanzi continuamente di valori etici e morali,
oltre che pratici. Il messaggio è poi di scottante attualità,
e costituisce una esortazione ἐς ἀεί che gli studenti fa-
rebbero bene a tenere sempre presente.
Rivedere la seconda prova scritta?
Analizzate le difficoltà formali del brano proposto agli
studenti, non possiamo esimerci da un’ultima riflessione.
La legge 107/2015 prevede, tra le deleghe, una revisione
della seconda prova scritta della maturità («Adeguamento
della normativa in materia di valutazione e certificazione
delle competenze degli studenti, nonché degli esami di
Stato»). In altre parole, il 2016 è stato forse l’ultimo anno
in cui la seconda prova si è svolta secondo le modalità
della classica traduzione dal greco (o dal latino). E il di-
battito sulla necessità di una riforma è quanto mai acceso:
il 28 e il 29 aprile scorsi, presso il Politecnico di Milano,
si è svolto un convegno sul tema Il Liceo classico del fu-
turo, organizzato dal Ministero della pubblica istruzione
e dall’Ufficio scolastico regionale per la Lombardia. Pro-
fessori, accademici, pedagogisti e docenti si sono ritrovati
per discutere dell’aggiornamento dell’impianto currico-
lare e didattico del Liceo classico e dell’adeguamento de-
gli studi classici alle esigenze del mondo attuale e inoltre
per riflettere sulle prassi didattiche che consentano al Li-
ceo classico del domani di assicurare la propria identità
culturale e formativa facendo al contempo propri i valori
dell’innovazione. Il dibattito ha evidenziato due orienta-
menti distinti. Alcuni, come il prof. Maurizio Bettini
(Siena) e l’ex ministro Luigi Berlinguer, spingono per una
improcrastinabile riforma del Liceo classico odierno che
coinvolga sia la didattica dell’insegnamento del greco
sia la prova d’esame: la versione sarebbe ormai priva di
valore, meglio sarebbe offrire «una rosa di testi, oppor-
tunamente contestualizzati, magari un po’ più brevi di
quelli odierni, in modo da affiancare la traduzione pura e
semplice con delle domande che vertano non solo sugli
aspetti linguistici, ma anche sulla cultura classica». Altri,
tra cui i professori Walter Lapini (Genova), Mario Can-
tilena (Milano Cattolica), Giuseppe Zanetto (Milano),
Renzo Tosi (Bologna), forse mal interpretando tale pro-
posta, leggono i possibili cambiamenti alla seconda prova
come la punta dell’iceberg di un completo snaturamento
del Liceo classico, paventando addirittura l’eliminazione
del greco dal curricolo (come sta progressivamente av-
venendo per il latino, dopo le drastiche riduzioni nel
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Isocrate, Busto, Museo Puškin, Mosca.
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monte orario al Liceo scientifico e al Liceo delle scienze
umane, sino alla sua completa sparizione nella varianti del
Liceo delle scienze applicate e del socio economico). La
professoressa e scrittrice Paola Mastrocola avverte: «Se
snaturiamo la seconda prova ammazziamo il Liceo clas-
sico. Il Liceo classico è traduzione. E la traduzione è
quel meccanismo diabolico di logica e sintassi che ci dà
un allenamento mentale e cognitivo unico». Quello che
nel frattempo sta facendo il Miur non è chiaro a nessuno:
Carmela Palumbo, direttore generale per gli ordinamenti
scolastici e la valutazione del sistema nazionale d’istru-
zione, ha affermato che al Ministero si stanno elaborando
delle proposte, ma le recenti parole del ministro Giannini
(luglio 2016) in merito a una imminente riforma del-
l’esame di Maturità pare siano state smentite dallo stesso
Presidente del consiglio Matteo Renzi.
L’ipotesi di aggiungere dei testi a corredo della versione
di greco è una idea interessante, benché non si svaluti il
momento traduttivo, il quale rappresenta la più compiuta
espressione del tanto citato problem solving, assommando
in sé competenze linguistiche, sintattiche, lessicali, e inol-
tre intuizione, senso dell’orientamento, gusto estetico,
capacità di scelta e di selezione. In pratica la traduzione
è un microcosmo dei problemi di ogni giorno, una pale-
stra insostituibile per lo sviluppo di ogni capacità cogni-
tiva. E purtroppo pare che gli addetti ai lavori, presidi e
docenti stessi, se ne siano dimenticati. Il brano del 2016,
oltre alla traduzione, avrebbe potuto contenere uno o due
quesiti di analisi letteraria e comparativa, magari con de-
gli allegati relativi al concetto di utile (a esempio brani dei
sofisti Callicle e Trasimaco o stralci dal dialogo dei Me-
lii del libro V Tucidide, da fornire in lingua e traduzione
a fronte), per permettere agli studenti di argomentare sul
concetto di “utilità” declinato in contesti altri e meno ge-
nericamente connotati. In tal modo, lo studente, possibil-
mente in 6 ore e non in 4, avrebbe potuto dare maggiore
prova della sua capacità di padroneggiare tematiche e
contenuti dell’intero percorso liceale.
Non si tocchi la traduzione!
Tuttavia, dal nostro punto di vista, crediamo che il Liceo
classico vada ritoccato il meno possibile sia nella riparti-
zione delle ore sia nella modalità di svolgimento della se-
conda prova scritta. Se il Liceo classico rappresenta il vec-
chio e le nuove generazioni e le nuove didattiche sono il
nuovo, tocca a queste ultime modellarsi sull’antico, e
non invece ridurlo a sottoprodotto di cui menare soltanto
un vanto esteriore. L’inserimento di nuove discipline “alla
moda” o di indebite facilitazioni didattiche, nel timore ma-
gari di perdere consensi tra l’utenza, non costituirà cer-
tamente un nuovo punto di forza per i nuovi studenti del
classico, privati, come saranno, di una formazione com-
pleta e per sua natura difficile, insidiosa, fatta di gradus
non sempre agevoli e proprio per questo altamente for-
mativi. Perché è nella difficoltà delle sue discipline, latino
e greco in primis, che risiede il tratto distintivo del clas-
sico, una scuola ormai scomoda, spigolosa, ingombrante
e poco malleabile alle squallide realtà di massificazione
ormai imperanti nell’odierno sistema d’istruzione, una
scuola ormai da livellare e “normalizzare”, per far piacere
a tutti: ai dirigenti scolastici, che devono reagire al pro-
fondo calo di iscrizioni edulcorando qua e là, ai genitori,
sempre meno propensi a offrire ai propri figli un percorso
tanto di qualità quanto complicato e impegnativo, agli stu-
denti stessi, per i quali le parole studio e sacrificio sono
ormai atteggiamenti “da sfigati”, facilmente superabili con
un cellulare e un sito internet
1
. Gli antichi dicevano per
aspera ad astra, e buona
parte della moderna didattica, tra
le varie e pur legittime ambizioni che oggi si propone,
sembra purtroppo voler cancellare questo insegnamento,
proponendo docenti come “facilitatori” dell’apprendi-
mento: forse ci stiamo dimenticando che, se qualcosa è fa-
cile, se un apprendimento è troppo agevole, se non ci si
scontra con le difficoltà che le discipline ci mettono di
fronte, allora il senso stesso dell’educazione viene meno.
Perché se oggi conta la competenza e non il contenuto,
quale competenza potrà sviluppare uno studente per cui
tutto risulti poco impegnativo? Quale attitudine al problem
solving potrà affinare se tutto gli viene alleggerito? Quale
cittadino maturo sarà un giorno se a scuola non ha impa-
rato l’etica del sacrificio, il gusto del superamento dei pro-
pri limiti, la soddisfazione di una sfida quotidiana (per non
parlare dell’enorme perdita di «consapevolezza ed espres-
sione culturale» [competenza europea n. 8] dell’intera no-
stra nazione)? A cosa gli sarà servita la scuola se trova le
risposte in un attimo o se le sue capacità di ricerca si ri-
ducono a un click?
Ben venga una riforma della seconda prova scritta, ma
non si tocchi la traduzione! Si diano 6 ore agli studenti,
si aggiungano pure domande di comprensione al testo, do-
mande di comparazione linguistica e letteraria, sul mo-
dello delle Olimpiadi delle lingue classiche, ma non si tra-
sformi la seconda prova in un penoso surrogato di un
banale quesito della terza prova.
Fjodor Montemurro
Università della Basilicata
1. Si veda N. Gardini,
In difesa del liceo classico, scuola modello per l’occidente,
Il Sole 24 ore, 28 agosto 2016.
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