Dicembre 2016 e ditoriale



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Nuova Secondaria - n. 4 2016 - Anno XXXIV - ISSN 1828-4582

della cosiddetta “Commissione dei 75” all’Assemblea

Costituente nel febbraio del 1947. Ai candidati è richie-

sto di illustrare “i passi salienti” del brano e di rispondere

a due fra quattro domande, che toccano in particolare l’at-

tuazione delle previsioni circa l’assicurazione del diritto

allo studio per i capaci e meritevoli, il ruolo della scuola

privata nel sistema educativo nazionale, l’orientamento

del legislatore costituente circa l’istruzione come interesse

pubblico e i vantaggi individuali “di tipo economico”

derivanti dal conseguimento di una istruzione più elevata. 

I pro e i contro

La scelta di concentrarsi su questioni di diritto costitu-

zionale in occasione del settantesimo anniversario del-

l’inizio dei lavori dell’Assemblea Costituente è di per sé

opportuna, tanto più che la riforma costituzionale attual-

mente in itinere occupa quotidianamente le pagine degli

organi di informazione. Suscitano invece qualche per-

plessità l’oggetto specifico della prova e ancor più le do-

mande sottoposte agli esaminandi. All’epoca, ormai lon-

tana, di Gentile l’Esame di Stato era configurato anche

come prova di “maturità intellettuale”: ora, a prescin-

dere dal fatto che la legislazione vigente non attribuisce

più tale funzione all’esame, pare a chi scrive che si sia pre-

teso davvero troppo dagli esaminandi, in termini di co-

noscenza dei fatti – storici e attuali – e, di conseguenza,

in termini di capacità di giudizio.



La dialettica Stato-libertà

L’analisi testuale del brano tratto dalla relazione di Ruini,

infatti, non porrebbe di per sé particolari problemi, se non

fosse che le questioni affrontate sono bensì di enorme im-

portanza, ma sono anche oggetto, tuttora, di un vivace (se

non aspro) dibattito politico. La dialettica Stato-libertà, e

in particolare fra libertà di insegnamento e funzione di

controllo esercitata dallo Stato, è in effetti questione non

semplice, che per essere adeguatamente commentata ri-

chiederebbe il dominio di conoscenze e strumenti della fi-

losofia e della storia del pensiero politico: non a caso,

l’estensore della prova fa riferimento alla collocazione po-

litica di Ruini prima del Ventennio fra i “liberali” (anche

se, rectius, Ruini fu in origine un socialista riformista poi

passato al Partito Radicale e quindi schieratosi con Amen-

dola). Peraltro è ben noto che la discussione sulla scuola

apertasi nell’Assemblea Costituente nella primavera del

1947 fu piuttosto accesa, poiché se pure vi fu un accordo

di fondo sulla “libertà” di insegnamento, non fu affatto fa-

cile trovare un’intesa sugli effettivi contenuti di tale li-

bertà. Infatti, i Costituenti appartenenti alla Democrazia

Cristiana spinsero decisamente per un riconoscimento

più ampio possibile del ruolo della scuola non statale, at-

traverso una parità di trattamento e di opportunità. In

questo quadro, non rimase estranea al dibattito la que-

stione del finanziamento pubblico alla scuola privata: un

elemento considerato niente affatto estraneo al problema

della libertà della scuola e dell’insegnamento, tanto che

per prevenire interpretazioni estensive della discussa “pa-

rità” fra scuola privata e pubblica Concetto Marchesi, Epi-

carmo Corbino e altri proposero il famoso emendamento

all’articolo 33 – poi accolto – in base al quale si ricono-

sceva a enti e privati il diritto di istituire scuole “senza

oneri per lo Stato”.

In realtà il dibattito nell’Assemblea Costituente vide con-

trapposti laici e cattolici, poiché (per lo più) quando si di-

scuteva di scuola privata o di “parificazione” si discuteva

in realtà di scuola cattolica. Una discussione che non è

mai cessata e che periodicamente si ripropone ai giorni

nostri anche se, a dire il vero, i Costituenti avevano sul

punto una sensibilità assai più profonda dei contempora-

nei, poiché in quegli anni dibattere di libertà della scuola

e dell’insegnamento – e più in generale del ruolo dello

Stato in materia di istruzione – non poteva non evocare

l’esperienza degli anni del regime fascista. Di quella tem-

perie, come si dirà fra breve, sono riconoscibili le tracce

nel testo, pur offerto mutilo ai commentatori, di Ruini;

merita comunque di essere osservato come il Costituente

identificasse quale strumento atto ad assicurare la parifi-

cazione fra scuola pubblica e privata proprio il ricorso al-

l’Esame di Stato, in quanto garanzia, a un tempo, di “se-

rietà degli studi” e di “imparziale controllo”. Nella visione

di Ruini, pertanto, alla concessione della parificazione re-

golata dalla legge, che garantisce parità di trattamento de-

gli studenti a parità di condizioni didattiche, corrisponde

una attività di controllo e sorveglianza sul complesso del

sistema basata anche sugli Esami di Stato. Non è del re-

sto un caso che la questione della composizione delle

commissioni esaminatrici abbia agitato la politica ita-

Seduta dell’Assemblea Costituente, discorso d’insediamento

del presidente Saragat.

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liana fin dall’immediato dopoguerra, poiché il ricorso a

“membri interni” o a commissioni parzialmente o total-

mente costituite da docenti “interni” poteva essere letto

come la conquista di maggior libertà da parte della scuola

privata (e in particolare cattolica) e come un allentamento

di quella funzione di controllo e sorveglianza da parte

dello Stato evocata da Ruini.

D’altra parte, agli occhi di Ruini così come di molti Co-

stituenti la formazione scolastica dei cittadini appariva un

elemento chiave per la neonata democrazia del Paese.

Gentile vedeva nella scuola la realizzazione dello Stato e

in particolare dello Stato fascista: a tale visione organici-

sta i deputati alla Costituente opposero una visione della

scuola finalizzata allo sviluppo democratico dell’Italia re-

pubblicana: il punto è espresso chiaramente da Ruini nel

momento in cui egli difende il diritto allo studio per i ca-

paci e meritevoli al di là degli ingenti costi che tale scelta

possa comportare. L’investimento pubblico, infatti, per

quanto oneroso è – nella visione di Ruini – essenziale e

funzionale al raggiungimento di tre obiettivi che paiono

posti in scala ascendente: la realizzazione di un diritto

della persona, il pieno sfruttamento delle energie a di-

sposizione della Nazione, la realizzazione di una compiuta

democrazia.

Tutto ciò premesso, ci si chiede per quale ragione si sia

voluto proporre agli esaminandi un testo che, se certa-

mente di per sé non può definirsi complicato, può tutta-

via essere letto con una qualche cognizione di causa solo

se si dispone di adeguate conoscenze storico-giuridiche

relative ai lavori della Costituente, alla concezione gen-

tiliana della scuola e – auspicabilmente – al vivace di-

battito in materia sviluppatosi dal 1947 a oggi. Detto in al-

tri termini, si sono posti gli studenti nella non invidiabile

condizione di dover scegliere fra una analisi testuale

(l’identificazione dei passi “salienti”), per la quale

avrebbe potuto giovare qualsiasi testo in lingua italiana,

dotato o meno di rilevanza giuridica, e un commento nel

merito che – in difetto di un adeguato orizzonte di riferi-

mento –facilmente potrebbe scivolare nella mera opi-

nione, insomma nel “giornalistico” nel senso deteriore del

termine. Con il rischio, peraltro, di sollecitare anche da

parte dei commissari incaricati della valutazione degli ela-

borati il ricorso magari anche inconscio a categorie in-

terpretative di carattere ideologico, che ben poco hanno

a che fare con l’acquisizione e la padronanza di catego-

rie giuridiche.

Il primo e il secondo quesito

Del resto, anche le quattro domande poste agli esaminandi

lasciano più di un dubbio, come cercherò ora di chiarire.

La prima domanda chiede al candidato di esprimersi sul-

l’attuazione o meno del “riferimento” ai capaci e merite-

voli. A prescindere dall’infelice formulazione della do-

manda che omette un esplicito richiamo dell’articolo 34

della Costituzione, ci si chiede come possa l’esaminando

rispondere con cognizione di causa a una domanda del ge-

nere, in difetto di dati storico-statistici. Ancora una volta,

si invita il candidato a esprimere mere opinioni, il che non

pare pedagogicamente appropriato. Perfino peggiore la se-

conda domanda, che chiede di esprimersi sul “valore ag-

giunto” rappresentato dalla coesistenza nel sistema edu-

cativo di scuole pubbliche e private. In questo caso, non

si menziona il dettato della legge 62/2000 che afferma

chiaramente che «il sistema nazionale di istruzione, fermo

restando quanto previsto dall’articolo 33, secondo

comma, della Costituzione, è costituito dalle scuole sta-

tali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali» (art.

1). Ma al di là della carenza di riferimenti normativi pur

rilevanti, dell’insistenza su passi di una relazione alla

Costituente senza un reale confronto (salvo una men-

zione a voler essere benevoli cursoria) con gli articoli

della Costituzione vigente, ancora una volta si pongono

i candidati nella spiacevole situazione di prendere posi-

zione su di una materia tanto spinosa quanto controversa.

Che cosa tutto ciò abbia a che vedere con l’apprendimento

di nozioni giuridiche basilari resta da capire: forse, più che

della padronanza delle categorie e del ragionamento giu-

ridico, si è voluto mettere alla prova i candidati su di

un’altra arte, ossia la retorica.



La terza e la quarta domanda

Più pertinente e centrato (per fortuna, si sarebbe tentati di

dire) il terzo quesito che chiede di argomentare per quale

ragione il sistema dell’istruzione sia finanziato attraverso

il ricorso alla fiscalità generale. La risposta di Ruini è ben

chiara e presente nel testo sottoposto a commento. Chi

scrive, peraltro, la condivide appieno. Assai meno condi-

visibile mi pare la quarta domanda, che chiede di argo-

mentare sui “vantaggi individuali” derivanti dal conse-

guimento di un titolo di studio più elevato. Infatti, se

all’apparenza la domanda può apparire neutra, essa non

è affatto tale. In proposito va rilevato che nel ragiona-

mento di Ruini è menzionato un solo aspetto di natura in-

dividuale, e precisamente l’attuazione di un “diritto della

persona”. Gli altri vantaggi del conseguimento del-

l’istruzione menzionati da Ruini («utilizzare a vantaggio

della società forze che resterebbero latenti... attuare una

vera e integrale democrazia») non possono infatti essere

considerati come di rilevanza individuale, bensì collettiva.

È vero che, quando si parla dei vantaggi individuali de-

rivanti da un’istruzione più avanzata, ci si riferisce, di so-

lito, al maggior reddito derivante al lavoratore dall’aver

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