Dicembre 2016 e ditoriale



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formula, prima descritta, comporta però un’aggiunta, ri-

spetto a quanto sperimentato nelle edizioni delle Olim-

piadi classiche. Ritengo infatti, a proposito dei tre quesiti,

che abbiamo detto di natura storico-letteraria, che i can-

didati debbano essere messi concretamente in grado di ri-

spondere in maniera adeguata. Occorrerà dunque che il

Ministero indichi annualmente (insieme alla materia pre-

scelta) un canone o elenco di dieci autori latini o greci,

delle cui opere i candidati dovranno conoscere almeno

sommariamente il contenuto, onde potersi orientare nelle

risposte. Ci sarà chi ritiene che questa indicazione dei

dieci autori faciliti eccessivamente o indirizzi precisa-

mente verso un testo? Non lo escluderei, ma non ne

avrebbe motivo: basti pensare che, se nell’elenco greco

venisse indicato Plutarco, sarebbero quasi 130 le opere ri-

maste da conoscere, e l’abbondanza di opere si registra

anche in alcuni autori latini (Cicerone o Seneca, per

esempio). L’innovazione proposta porterà invece ogni

anno a svolgere a scuola un maggior lavoro di tradu-

zione sui dieci autori elencati, nonché a uno studio parti-

colare della loro produzione letteraria: saranno dieci au-

tori, non tutti quelli intercorsi da Livio Andronico a

Erasmo, e neanche cento, per dare un senso realistico al

lavoro di preparazione. Così facendo, il brano assegnato

in sede di esame risulterà più ponderato nella sua collo-

cazione storico-letteraria, più capito nelle sue struttura

morfo-sintattiche, e la valutazione emergente risulterà

più adeguata non solo a una traduzione asettica, ma a una

traduzione compresa o non compresa, in cui le cono-

scenze linguistico-letterarie diventino competenze effet-

tive nelle discipline classiche.



Gian Enrico Manzoni

Università Cattolica, Milano

II intervento



Fjodor Montemurro

P

er la prova scritta di greco al Liceo classico, nel



2016 il Ministero ha proposto una versione di Iso-

crate, oratore attico del IV secolo, assente dalle

prove dell’esame di Maturità sin dal 1958. Se la scelta di

Aristotele (2012) e quella di Epitteto (2001) avevano at-

tirato al Ministero numerose critiche per l’eccessiva com-

petenza specialistica necessaria per decifrare al meglio il

linguaggio filosofico, nonché per la quasi totale assenza di

tali autori nel canone dei “tradotti” (obiezioni, tuttavia, che

ci permettiamo di non accogliere), con Isocrate non si

sono verificati i soliti malumori del giorno dopo. E infatti

la prosa di Isocrate in generale non si presenta particolar-

mente insidiosa per gli studenti. I periodi sono piuttosto

lunghi e complessi, ma quasi mai contorti o poco lineari;

le parole sono sovente disposte già in costruzione, con un

sapiente uso dei parallelismi, in modo da produrre un edi-

ficio sintattico che fa dell’isocolia e della regolarità il suo

maggior punto di forza. Questa peculiarità stilistica di

Isocrate costituisce un preciso vantaggio per i maturandi,

cui non tocca cimentarsi con le arditezze espressive di De-

mostene o con le improvvise varatio e le concrezioni im-

prevedibili dell’elocuzione di Tucidide: è sufficiente ri-

cordare bene le strutture fondanti della lingua greca, in



primis participi, infinitive, finali e consecutive. Anche il

lessico isocrateo è molto semplice, spesso ripetitivo e ge-

nerico: nella versione proposta i vocaboli fanno riferi-

mento a concetti e campi semantici ben noti agli studenti

(giustizia, virtù, buoni/cattivi, …). Tuttavia, la regolarità

della prosa isocratea non è mai sinonimo di banalità:

l’analisi sintattica deve essere condotta con rigore e at-

tenzione, altrimenti è alto il rischio di smarrirsi.



L’argomento

Il passo proposto è tratto dall’orazione epidittica Sulla



pace (356-354 a.C.), incentrata tutta intorno a una serrata

critica all’imperialismo ateniese, soprattutto perché im-

maginata nel contesto storico successivo alla seconda

Lega Navale (377 a. C.). E diciamo “immaginata” perché

è bene ricordare che, se si eccettuano i primi discorsi a ca-

rattere logografico, le orazioni di Isocrate si rivolgono

tutte a un uditorio fittizio: si tratta infatti di testi scritti per

un fine pedagogico e indirizzati ai discepoli della sua

scuola. L’orazione Sulla pace non fa eccezione: benché

saldamente ancorata a precisi fatti storici, essa è pratica-

mente una insistita riflessione e una continua esortazione

alla buona politica. Nel brano del Ministero, che com-

prende i paragrafi 34-36 dell’orazione, i concetti espressi

hanno principalmente carattere filosofico-morale: in par-

ticolare si argomenta intorno al tema dell’utilità della

giustizia, modus vivendi da perseguire il più possibile, in

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Vivere secondo giustizia non solo è corretto, ma anche conveniente per il presente e per il futuro.

Isocrate esorta i suoi concittadini a non cadere nella trappola dell’ingiustizia: chi viola le norme si illude di trarne un vantaggio immediato,

ma alla lunga finisce in rovina. I comportamenti rispettosi della virtù, non solo sono il fondamento di una vita sociale eticamente corretta,

ma portano vantaggi indubbi anche sul piano politico ed economico.

Ὁρῶ γὰρ τοὺς μὲν τὴν ἀδικίαν προτιμῶντας καὶ τὸ λαβεῖν τι τῶν ἀλλοτρίων μέγιστον ἀγαθὸν νομίζοντας ὅμοια πάσχοντας τοῖς δελεαζομένοις

τῶν ζῴων, καὶ κατ’ ἀρχὰς μὲν ἀπολαύοντας ὧν ἂν λάβωσιν, ὀλίγῳ δ’ ὕστερον ἐν τοῖς μεγίστοις κακοῖς ὄντας, τοὺς δὲ μετ’ εὐσεβείας καὶ

δικαιοσύνης ζῶντας ἔν τε τοῖς παροῦσιν χρόνοις ἀσφαλῶς διάγοντας καὶ περὶ τοῦ σύμπαντος αἰῶνος ἡδίους τὰς ἐλπίδας ἔχοντας. Καὶ ταῦτ’

εἰ μὴ κατὰ πάντων οὕτως εἴθισται συμβαίνειν, ἀλλὰ τό γ’ ὡς ἐπὶ τὸ πολὺ τοῦτον γίγνεται τὸν τρόπον. Χρὴ δὲ τοὺς εὖ φρονοῦντας, ἐπειδὴ τὸ

μέλλον ἀεὶ συνοίσειν οὐ καθορῶμεν, τὸ πολλάκις ὠφελοῦν, τοῦτο φαίνεσθαι προαιρουμένους. Πάντων δ’ ἀλογώτατον πεπόνθασιν, ὅσοι κάλλιον

μὲν ἐπιτήδευμα νομίζουσιν εἶναι καὶ θεοφιλέστερον τὴν δικαιοσύνην τῆς ἀδικίας, χεῖρον δ’ οἴονται βιώσεσθαι τοὺς ταύτῃ χρωμένους τῶν τὴν

πονηρίαν προῃρημένων. Ἠβουλόμην δ’ ἂν, ὥσπερ προσῆκόν ἐστιν ἐπαινεῖσθαι τὴν ἀρετὴν, οὕτω πρόχειρον εἶναι πεῖσαι τοὺς ἀκούοντας ἀσκεῖν

αὐτήν· νῦν δὲ δέδοικα μὴ μάτην τὰ τοιαῦτα λέγωμεν. Διεφθάρμεθα γὰρ πολὺν ἤδη χρόνον ὑπ’ ἀνθρώπων οὐδὲν ἀλλ’ ἢ φενακίζειν δυναμένων,

οἳ τοσοῦτον τοῦ πλήθους καταπεφρονήκασιν ὥσθ’ ὁπόταν βουληθῶσιν πόλεμον πρός τινας ἐξενεγκεῖν, αὐτοὶ χρήματα λαμβάνοντες λέγειν

τολμῶσιν ὡς χρὴ τοὺς προγόνους μιμεῖσθαι καὶ μὴ περιορᾶν ἡμᾶς αὐτοὺς καταγελωμένους, μηδὲ τὴν θάλατταν πλέοντας τοὺς μὴ τὰς συντάξεις

ἐθέλοντας ἡμῖν ὑποτελεῖν. 

ISOCRATE

Traduzione

Vedo infatti che coloro i quali preferiscono l’ingiustizia e ritengono un grandissimo bene appropriarsi di qualcosa degli altri, patiscono le stesse

cose che soffrono gli animali che sono catturati con l’esca: all’inizio godono di ciò che hanno preso, ma poco dopo si ritrovano in grandis-

sime sventure; invece, coloro che vivono con devozione e rettitudine, trascorrono nel presente un’esistenza sicura e nutrono per l’intera vita

speranze più dolci. E se anche tali circostanze non sono solite verificarsi così tutte le volte, tuttavia questo avviene per lo più proprio secondo

questa modalità. È necessario che coloro che sono saggi, dato che non riconosciamo ciò che ci sarà sempre di giovamento, mostrino di pre-

ferire ciò che risulti essere utile nella maggior parte dei casi. Il massimo dell’insensatezza lo sperimentano coloro che da un lato credono che

la giustizia sia una condotta più bella e più gradita agli dei rispetto all’ingiustizia, ma che dall’altro ritengono che chi la coltivi sia destinato

a vivere peggio di quelli che hanno scelto la malvagità. Vorrei che, come è utile lodare la virtù, ugualmente fosse semplice convincere gli ascol-

tatori a praticarla; invece ora ho il timore di dire queste cose invano. Già da molto tempo, infatti, siamo in rovina per colpa di uomini che non

sanno fare altro che ingannarci, i quali hanno dimostrato disprezzo per il popolo a tal punto che, se vogliono portare guerra a qualcuno, osano

dire, mentre essi stessi si intascano il denaro, che bisogna imitare gli antenati e non tollerare che noi veniamo presi in giro e che coloro che

non intendono pagarci i tributi possano navigare.

VERSIONE DAL GRECO

quanto capace di arrecare vantaggi sicuri non solo sul

piano etico ma anche su quello politico ed economico.

Analisi della versione

I periodi sono ampi, ma tutti abbastanza “controllabili”.

Il primo, alquanto lungo, è tuttavia già in costruzione: allo

studente il compito solo di seguire il testo; unica timida

difficoltà è la contemporanea presenza di participi so-

stantivati (che definiscono le due categorie di persone) ac-

canto ai participi predicativi retti dall’ὁρῶ incipitario

(πάσχοντας, ἀπολαύοντας, ὄντας e similmente dopo διά-

γοντας e ἔχοντας); tuttavia, l’articolo davanti al participio

in unione con le particelle μέν e δέ (che individuano ri-

spettivamente coloro che preferiscono l’ingiustizia e co-

loro che vivono con devozione e rettitudine) dovrebbe

fungere da deterrente per tale errore. Il secondo periodo,

sebbene più corto, è abbastanza chiaro, ma più difficile è

rendere il ταῦτα iniziale, che riassume le condizioni enun-

ciate prima, in correlazione al τό γε successivo, che invece

esprime il concetto generico, ossia il fatto che chi vive

nella malvagità si trova male (nella traduzione si è pre-

ferito non privare il testo dell’uso insistito dei pronomi di-

mostrativi). Non particolarmente difficile la costruzione

del periodo successivo, dove τοῦτο si riferisce in epana-

lessi al vicino τὸ πολλάκις ὠφελοῦν (“ciò che risulta

utile il più delle volte”, espressione riportata dai dizio-

nari), e il χρή iniziale regge una soggettiva avente τοὺς εὖ

φρονοῦντας come soggetto e φαίνεσθαι come verbo, dal

quale dipende il participio predicativo προαιρουμένους.

Scorrevole è anche l’organizzazione sintattica del pe-

riodo successivo, dove l’illusione e l’amarezza sono evi-

denziate dall’uso dell’imperfetto ἠβουλόμην accompa-

gnato da ἄν per esprimere irrealtà. L’ultimo periodo

presenta un impianto sintattico complesso e articolato, ma

con le subordinate ancora una volta in costruzione e in fa-

cile successione: l’ὥστε introduce la consecutiva con

τολμῶσιν λέγειν cui segue ὡς χρή che regge due infiniti,

il secondo dei quali (μὴ περιορᾶν) sostiene due costru-

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