L’evoluzione dell’Islam in Bangladesh
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D
UE NOTE DI
E
RNESTO
B
UONAIUTI SU
P
AROUSIA ED
E
PIPHANEIA
Riccardo Maisano
Il trascorrere degli anni e dei decenni dalla conclusione del pellegrinaggio
terreno di Ernesto Buonaiuti può rendere più agevole che in passato l’approccio
critico ad alcuni aspetti della sua figura di testimone del proprio tempo e della sua
opera di studioso. L’evoluzione del dibattito dottrinale in seno alla Chiesa cattolica
(ma non solo in essa), che ha avuto luogo nella seconda metà del ’900, e il
contemporaneo progressivo ridursi del numero di protagonisti e comprimari che
accompagnarono la vicenda umana di Buonaiuti, avrebbero potuto costituire le
condizioni più favorevoli all’avvio di una serena retractatio, soprattutto ai fini
dell’individuazione dei diversi elementi della sua opera, distinguendo quelli aventi
consistenza scientifica, talvolta pionieristica e tuttora significativa, da quelli più
legati alle tendenze e alle esigenze del tempo, e più condizionati dal carakthvr
tenacemente “profetico” dello studioso.
Ma non si può fare a meno di rilevare che le aspettative in tal senso, se pure ci
sono state, non hanno ancora trovato un compiuto riscontro nei fatti. Una rassegna
della bibliografia buonaiutiana più recente (studi sulla sua opera o riedizioni, con
nuove cure critiche, di suoi scritti), anche se arricchita di singoli notevoli contributi,
non permette di rilevare una vera e propria inversione di tendenza rispetto al
passato, cioè rispetto agli anni ’40-’70 del secolo scorso, quando la personalità di
Buonaiuti era circondata dal prudente silenzio di alcuni ambienti e dalla
celebrazione esoterica e commemorativa di altri.
1
Rimangono perciò tuttora aperte
alcune questioni, che riguardano, tra l’altro, la storia degli studi storico-religiosi
nell’Italia del ’900 e l’evoluzione metodologica degli stessi studi,
indipendentemente dalle ripercussioni che essi potevano avere (ed ebbero) in
ambito teologico ed ecclesiastico.
Mi sono proposto di affrontare qui, a modo di sondaggio e in forma
sperimentale, soltanto uno dei numerosi apporti di Buonaiuti alla ricerca storico-
critica sul Nuovo Testamento, in primo luogo per verificare “in laboratorio” il
metodo di lavoro dello studioso e capire le finalità da lui perseguite nei suoi saggi
più strettamente tecnici, cioè quelli che avrebbero dovuto essere più lontani dalla
sua prevalente produzione apologetica o polemica e più presto dimenticati o
rimossi; e in secondo luogo per cercare di comprendere fino a che punto l’impegno
scientifico di Buonaiuti all’inizio del ventesimo secolo era, da un lato, favorito da
influenze straniere e, dall’altro, portatore di spunti e suggestioni che avrebbero
potuto (o, eventualmente, potrebbero) dare un apporto al progresso degli studi di
filologia neotestamentaria nel nostro paese. Mi soffermerò su due note, dedicate,
1
Il più notevole, per completezza di documentazione e originalità di impostazione e risultati, fra i con‑
tributi recenti su Buonaiuti (ad alcuni altri, non meno significativi, avrò occasione di rinviare più avanti)
è quello di Guerri, 2001, con bibliografia aggiornata.