G
IULIANA
M
ARINIELLO
1582
Il tipo di Vasantasenâ è shakespeariano; Vasantasenâ avrebbe potuto in
altra condizione essere la Desdemona dell’Otello o la Marina del Pericle;
nacque cortigiana, e mantenne in tale condizione una fedeltà amorosa, e può
aggiungersi una purità, che la innalza intieramente sopra il suo stato.
12
A suo parere la protagonista del dramma indiano ricorda le eroine virtuose e
spesso ingiustamente perseguitate del teatro shakespeariano. In particolare c’è da
aggiungere che la vicenda di Vasantasena, creduta morta e riapparsa alla fine con
una sorta di coup de théâtre, richiama pure, ad esempio, Hermione nel Winter’s Tale,
che nella scena finale ricompare e si riunisce al marito Leontes, il quale, mosso da
ingiustificata gelosia, anni prima l’aveva allontanata dalla corte e condannata a
morte. Alla fine, dopo varie separazioni, sofferenze e alterne fortune, Hermione,
come Vasantasenā, riappare sulla scena, sancendo il trionfo della giustizia e della
verità.
L’eroina indiana sembra incarnare quelle virtù femminili che De Gubernatis
ammirava profondamente: “Il carattere di Vasantasenā è pure stupendamente
conformato a quella morale interiore, che ripone nella sensibilità dell’animo la base
di ogni virtù”.
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E in questa stessa chiave interpreta la protagonista del Pericles:
“Questa Marina è della stessa pasta eroica dell’indiana Vasantasenā, e della cinese
Teungo”.
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Anche la figura del Vita sembra echeggiare il fool elisabettiano:
Altro carattere moderno, e diciamo pure romantico, è quello del Vita o
buffone di corte, il quale tra i lazzi e i motteggi proprii del suo mestiere lascia
trapelare una finezza di giudizio ed un senso di bontà e di rettitudine non
comune, come il giullare di Shakespeare, che, folleggiando e ghiribizzando,
dice pur cose serie.
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De Gubernatis rintraccia analoghi parallelismi anche in un dramma politico
indiano, il M™dr…rak¡asa o Il sigillo del ministro Rakshasa, tradotto in italiano nel 1874
da Antonio Marazzi nel Teatro scelto Indiano. Si tratta di un dramma storico
incentrato sulla vita della corte medievale indiana, piena di intrighi di carattere
machiavellico per ottenere il potere, in cui il ministro Ciânakya, avversario di
Rakshasa, “ricorda un poco le stragi fatte da Macbeth, da Riccardo III, e da Tamora
ed Aronne nel Tito Andronico”.
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La passione per l’India e la conoscenza della sua tradizione culturale e
spirituale spinsero De Gubernatis ad elaborare storie tratte dalla cultura di quel
paese, contribuendo in tal modo a divulgarle, attraverso il medium teatrale. Il
grande poema epico Mah…bh…rata offrì lo spunto al dramma Il re Nala – la cui
seconda parte venne messa in scena a Firenze nel 1869 dall’Accademia
12
De Gubernatis, 1883, p. 63. Nelle citazioni si é conservata la trascrizione di De Gubernatis.
13
Ivi, p. 67.
14
De Gubernatis, 1882, p. 352.
15
De Gubernatis, 1883, p. 67.
16
Ivi, p. 71.
Angelo De Gubernatis comparatista
1583
filodrammatica dei Fidenti.
17
I primi due libri del
R…m…yaṇ
a fornirono invece il soggetto per
Il Re Dasaratha,
dramma in due atti, rappresentato da Ernesto Rossi al Teatro Nuovo di Firenze nel
febbraio 1871 “con plauso”, come ricorda l’autore. Il poeta Giovanni Prati, che
assistette alla rappresentazione rimase affascinato dal testo e dalla recitazione di
Rossi cui inviò una lettera lodandolo per la stupenda interpretazione e
accomunando nell’apprezzamento anche l’autore:
In queste piovose giornate, io sono poco disposto, per verità, a lasciarmi
condurre per il mondo, e tanto meno per l’India: la quale sarà dotta e sacra
quanto si vuole, ma è un po’ troppo lontana. Eppure, tu e il De Gubernatis
l’altra sera mi ci recaste per forza, e lo confesso, con mio non lieve diletto. E
questa India (bisogna pur dirlo al pubblico) non è poi un mondo così
stravagante e indecifrabile, tranne alla crescente topaia degli eruditi.
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Più avanti conclude:
[…] se il De Gubernatis coll’ingegno e lo studio, che gli fanno onore,
profittando anche della esperienza che viene dalla scena e dalla platea,
metterà in versi altre leggende dell’India: tu tenta, che solo il puoi, di farle
piacere al pubblico, non perché egli diventi indiano, ma per arricchire e
rinfrescare […] il regno dei nostri pensieri e dei nostri affetti.
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De Gubernatis compose inoltre
Maya o l’Illusione, mistero drammatico ispirato
alla leggenda vedica di Sunassepa contenuta nell’Aitareya Br…hmaṇa e che si
ricollega al mito di Hariçc’andra (o Hari il biondo), pubblicato a Firenze nel 1883
insieme agli altri due nel volume dei Drammi indiani e dedicato ad Andrea Maffei.
L’autore ricorda che nel personaggio di Agigarte aveva “riconosciuto la forza più
antica del tipo, sul quale Shakespeare disegna il suo mirabile Mercante di
Venezia”.
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Compose inoltre Savitri, idillio drammatico in due atti, pubblicato nel
1877: tradotto in inglese nel 1882 da J. Gerson da Cunha e in gujarati, venne messo
in scena a Bombay.
Una prima edizione dei drammi indiani apparve nel 1872 e Maurizio Taddei li
giudica pieni di “versi facili, sonanti, spesso non spregevoli anche se un po’
vacui”,
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e aggiunge che “l’India di questi drammi ha assai del superficiale,
essendo i personaggi ispirati a ideali etici occidentali e talora palesemente
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I titoli delle tre parti erano Le nozze, La perdita del regno e Il ritorno.
18
Cfr. Rossi, 1887, p. 225. La lettera era stata pubblicata originariamente su L’opinione del 15 febbraio
1871. Prati avanza però qualche riserva sul testo: “A questo dramma era forse necessario un maggiore
sviluppo: e rallargarne il costrutto drammatico, senza turbarne l’ideale e propria sostanza, gli avrebbe
giovato non poco” (ivi, p. 226).
19
Ivi, p. 227.
20
De Gubernatis, 1872, p. 232.
21
Taddei, 1995, p. 8.