Biblioteca dell’officina di studi medievali



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Salvatore D’Agostino
flotta siciliana tornò a Genova e coordinando gli attacchi con le truppe dei ghibellini 
lombardi, capitanati da Marco Visconti, riuscì a creare grandi difficoltà per i difen-
sori, senza però riuscire a fare cadere la città. A causa del cattivo tempo, la flotta fu 
molto danneggiata e dovette rientrare definitivamente in Sicilia.
Sempre nel 1321, Federico aveva fatto incoronare il figlio Pietro come reg-
gente e suo successore, attirandosi le ire di papa Giovanni XXII, che scagliò l’inter-
detto sulla Sicilia (lo tolse solo nel 1334, poco prima di morire).
Il trattato di Caltabellotta più che una soluzione definitiva rappresentò un ten-
tativo di tregua che consentiva ai due re di preparasi per un ulteriore svolgimento 
dell’azione politica e militare.
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La Sicilia usciva da questo periodo di incertezze particolarmente indebolita. 
Infatti, il continuo stato di guerra con gli Angiò aveva reso impossibile qualsiasi tipo 
di crescita economica. Le città costiere erano continuamente esposte alle scorriban-
de e alle razzie della marina angioina. L’entroterra era arretrato e in mano ai grandi 
feudatari. I mercanti catalani e del nord Italia, presenti sull’isola, erano interessati 
esclusivamente al commercio del grano incentivando, in questo modo, la monocul-
tura e indebolendo il sistema agrario.
Particolarmente critica era, anche, la situazione religiosa. I beni ecclesiastici, 
prima dell’arrivo degli aragonesi sull’isola, era stati oggetto delle aggressioni degli 
angioini e, successivamente, da parte dei baroni, tanto che la Chiesa giunse a consi-
derarsi il capro espiatorio della società. Federico cercò con ogni mezzo di trovare il 
giusto equilibrio tra la propria intensa religiosità e il desiderio di trattare la Chiesa 
con la dovuta deferenza.
Scrive Backman:
Caltabellotta liberò d’un sol colpo due decenni di energia spirituale repressa 
nella popolazione, sia nelle classi sociali alte che in quelle più umili, giacché 
un interdetto ecclesiastico aveva proibito a lungo in Sicilia la celebrazione dei 
sacramenti che erano ritenuti necessari per la salvezza. Tutti i sostenitori del 
regime catalano (per non dire il regime stesso), inoltre, erano stati denunciati 
ripetutamente e scomunicati da ogni papa fin da quando, il 7 maggio 1282, 
Martino IV li aveva paragonati alla folla che aveva voluto la crocifissione di 
Cristo. Ad ogni modo i Siciliani, animati dal fatto che erano riusciti a scaccia-
re gli Angioini con successo, difficilmente avrebbero potuto sostenere un tale 
castigo con serenità. Il divieto di celebrazioni dei sacramenti era stato assoluto 
[...] Le conseguenze furono enormi. La lunga separazione della Chiesa suscitò 
nei Siciliani più anziani grande ansia, risentimento e incertezza [...] Che bene-
ficio avevano tratto all’indipendenza politica conquistata, se in quel processo 
avevano perso la loro anima? Gli anni del Vespro furono costellati da paure di 
10
 a. D
e
 s
teFano
Federico III d’Aragona, cit., pp. 127-128.


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La Sicilia di Federico III d’Aragona
questo genere e i numerosi doni destinati alle chiese locali e ai monasteri erano 
un riflesso di questa preoccupazione.
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Federico, che fin dalla sua giovinezza, si era mostro pio e animato da un gran-
de spirito religioso, dal 1305 divenne discepolo di Arnaldo di Villanova, un medico 
catalano, divenuto mistico, che aveva trovato rifugio in Sicilia dopo essersi inimica-
to, a causa delle sue teorie, sia il re d’Aragona Giacomo II sia il pontefice. Arnaldo 
aveva identificato in Federico di Sicilia il «re eletto da Dio», di cui si parla nelle 
profezie di Gioacchino da Fiore, che avrebbe avuto il gravoso compito di condurre 
tutta la cristianità contro le armate dell’Anticristo, la cui venuta era ormai imminen-
te. Divenuto consigliere spirituale del re, Arnaldo, durante il suo soggiorno siciliano, 
dedicò al suo sovrano un tratto, l’Allocutio Christini. In questa, partendo dall’asser-
zione che l’uomo è l’unico essere creato da Dio in grado di comprenderne il piano 
della salvezza, il principe ha il compito di portare a termine i cambiamenti e le rifor-
me necessarie per la purificazione della cristianità. Arnaldo, dunque, esorta Federico 
ad intraprendere una riforma della vita spirituale siciliana e ad amministrare il regno 
con uno spirito conforme ai doveri del perfetto re cristiano.
Dal 1305 in poi, infatti, tutta la corte siciliana partecipò al programma di riforma 
spirituale del sovrano, incrementando la restaurazione ecclesiastica, la fondazione di 
chiese e aumentando lo sforzo per sradicare la corruzione nell’amministrazione.
Nel 1310, in occasione di un suo secondo soggiorno in Sicilia, Arnaldo com-
pose un altra opere per re Federico, l’Informació espiritual, scritta in lingua catalana, 
dove esorta il sovrano a mantenere un impegno più rigoroso nella riforma personale 
e ad una osservanza dei due maggiori doveri di un veri re cristiano: promuovere l’uti-
lità pubblica e garantire la giustizia a tutti i sudditi, ricchi o poveri, nativi o stranieri.
Anche alla regina Eleonora vennero affidati, nell’Informació espiritual, due 
compiti fondamentali: durante le periodiche visite agli indigenti la regina avrebbe 
dovuto indossare, insieme alle sue due ancelle, vesti di lino, in modo da simboleg-
giare la Fede accompagnata dalla Speranza. In secondo luogo, la regina avrebbe 
dovuto censurare tutti quei libri che erano incentrati sulla vita mondana e avrebbe 
dovuto leggere, in vernacolo, alla prole reale, la Sacre Scritture ogni domenica e in 
tutte le festività. La corte rispose con grande entusiasmo alle iniziative di Arnaldo, 
redigendo una nuova legislazione che rispecchiava in pieno i consigli del medico 
catalano e che per lungo tempo furono catalogate tra i suoi scritti.
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Il periodo di tregua che segue Caltabellotta è caratterizzato, anche, dall’espan-
sionismo siciliano verso le coste africane e il mar Egeo.
11
 c. r. B
ackMan
Declino e caduta della Sicilia medievale. Politica, religione ed economia 
nel regno di Federico III d’Aragona Rex Siciliae (1296-1337). Edizione italiana a cura di A. Musco, 
Palermo 2007, pp. 179-180.
12
 Ibid., pp. 193-197.


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