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Alcune considerazioni sulla presenza ebraica in Sicilia nel Medioevo
E così fu anche il Sicilia, dove si incontravano e si confrontavano diverse
tradizioni culturali.
Inoltre, come osserva Anna Foa, nel primo Medioevo, periodo in cui gli ebrei
sono sparsi nel Mediterraneo, l’Italia meridionale è il centro di una presenza ebraica
fitta e culturalmente assai importante. E’ infatti proprio attraverso l’Italia meridiona-
le che il Talmud penetra in Occidente.
È un ruolo decisivo di tramite quello che l’ebraismo dell’Italia meridionale
assume in questi secoli, diffondendo il Talmud nelle comunità ebraiche spagnole,
in quelle del Mediterraneo e poi attraverso la penisola, verso il Nord dell’Europa.
Roma e l’Italia meridionale, quindi, si pongono, fin verso la fine del primo millennio,
come i centri principali della diaspora occidentale.
50
Infine vorrei fornire qualche rapido cenno sulla dibattuta questione della lin-
gua usata dagli ebrei siciliani. Secondo i più recenti studi sembra conoscessero l’ara-
bo, l’ebraico e quelli più colti, come i notai, anche il siciliano e il latino.
È certo, come attestano numerosi documenti, che scrivevano in giudeo arabo,
ossia in lingua araba con caratteri ebraici.
Molto probabilmente gli ebrei siciliani parlarono, fino all’espulsione, la lingua
araba, o meglio una sorta di dialetto magrebino.
51
L’ebraico fu sempre lingua liturgica e dei documenti interni alla comunità.
L’uso dell’arabo, nella lingua parlata, rispondeva alla necessità di mantenere
l’identità culturale di fronte ai siciliani di religione cristiana e lingua neolatina; l’uso
dell’alfabeto ebraico li distingueva invece dagli arabi musulmani.
In tal modo gli ebrei siciliani, come sempre nella loro millenaria storia, si distri-
cavano tra mille difficoltà con la forte e perenne volontà di mantenere la propria identità.
Per concludere: queste pagine riassuntive sulla vita giuridica, economica, so-
ciale, culturale delle svariate comunità sparse in Sicilia, a mio avviso, fanno emergere
ancora una volta che le condizioni di vita degli ebrei non sempre furono facili e felici.
Al contrario, i diversi obblighi cui erano sottoposti, le svariate “angherie” e
i veri e propri attacchi che subirono, attestano che in Sicilia, come nell’Europa del
tempo, al cui vertice stavano il papa e l’imperatore, era dominante l’ideologia del
perfidus judeos.
Negli stati in cui dominava la Chiesa gli ebrei erano una presenza accettata,
essi convivevano con i cristiani, ma tale convivenza era fondata su un’inferiorità
giuridica molto netta e definita. Era un equilibrio
fondato sulla sottomissione,
in cui
50
a. F
oa
,
Ebrei in Europa. Dalla Peste Nera all’emancipazione. XIV-XIX secolo, Laterza 2004, p. 77.
51
B. R
oCCo
,
Le tre lingue usate dagli ebrei di Sicilia dal secolo XII al secolo XV, in
Italia
Judaica V, pp. 355-369;
iD
.,
Il giudeo-arabo e il siciliano nei secoli XII e XV. Influssi reciproci, in G.
R
uFFino
(a cura di ),
Atti del XXI congresso internazionale di linguistica e filologia romanza, Palermo
18-24/9/1995, Palermo 1998; G. s
eRMoneta
,
La traduzione siciliana di Alfabetin di pentecoste e la
prova dell’esistenza di un dialetto siciliano, in
Italia Judaica V, pp. 341-347.
104
Luciana Pepi
i due piatti della bilancia stanno uno sopra e uno sotto. Gli ebrei sono ciechi perché
non vedono la verità del Cristo, e sono naturalmente servi. Una servitù morale, evi-
dentemente, che il diritto canonico
riassume nella formula di perpetua servitù.
L’ebreo persistendo nel suo errore di negare la verità del cristianesimo doveva
essere tenuto in stato di sottomissione sociale e politica. Così il decreto di espulsione
di Ferdinando il Cattolico sarà l’ultimo atto di una storia di sofferenze, di soprusi, di
squallide prevaricazioni.
Concordo con quanto espresso dal Lagumina nell’introduzione al
Codice: «la
popolazione cristiana non diede mai pace alla giudaica finché questa non fu violen-
temente scacciata. A me piacerebbe il provare coi documenti la tesi contraria, ma
non posso».
52
E sulla stessa linea osserva Fabio Oliveri:
tollerante coi giudei in Sicilia non è nessuno. Né i musulmani né i normanni
né gli svevi né gli spagnoli: è il giudaismo che si tollera, perché rende bene.
Non i giudei in quanto uomini, che si preferisce discriminare. I giudei sono
servi della Regia camera, cioè proprietà dello stato: la loro funzione è produrre
ricchezza materiale e pagare tasse.
53
Forse tutto questo, questa intolleranza, insieme alla cacciata del 1492, ha con-
tribuito a far dimenticare, quasi a cancellare dalla memoria storica collettiva la nu-
merosa presenza ebraica in Sicilia. È un dato di fatto che, esclusi gli specialisti della
materia, la maggior parte dei siciliani ignori che nel passato in Sicilia abitarono per
lungo tempo gli ebrei.
Occorre, a mio modesto avviso, interrogarsi sul senso di tale ignoranza
54
e
certamente incrementare le ricerche e gli studi.
52
B.
e
G. L
aGuMina
,
Codice diplomatico dei Giudei di Sicilia, cit., p. IX.
53
F. o
LiveRi
,
Giudei, fenici e musulmani di Sicilia, in
Italia Judaica V, cit., p. 300.
54
Alcuni studiosi ipotizzano che si possa trattare di rimozione collettiva. Il fatto che la società
dominante avesse una visione negativa degli ebrei, insieme ai diversi attacchi ed eccidi di cui furono
vittime, ha possibilmente contribuito al fenomeno della rimozione. È necessario adoperarsi affinché ciò
non accada, e da poco stanno nascendo delle interessanti iniziative. Così, ad esempio nella città sicilia-
na di Modica, dove nel 1474 furono uccisi 360 ebrei, nel 2007 il comune ha organizzato un convegno
sull’Ebraismo in Sicilia e a Modica, partendo dal dato che i modicani stessi non erano a conoscenza
dell’eccidio di ebrei avvenuto nella loro città.