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Alcune considerazioni sulla presenza ebraica in Sicilia nel Medioevo
rivolta ai testi di Mosè Maimonide e di halakah (la normativa).
42
Inoltre, in Sicilia è documentata la presenza non solo di libri arabi tradotti in
ebraico ma anche di traduzioni effettuate in Catalogna e in Provenza, nelle biblioteche
sono presenti testi di Ippocrate, Galeno, Porfirio, Avicenna, Arnaldo di Villanova.
43
È nota l’importanza degli ebrei come traduttori, conoscendo bene oltre l’e-
braico anche l’arabo, il latino e il greco ebbero un fondamentale ruolo nella trasmis-
sione del sapere.
Tradussero testi filosofici, esegetici e scientifici, molte delle opere che nel
medioevo sono giunte nel mondo latino-cristiano hanno essenzialmente subito la
mediazione delle traduzioni dei filosofi ebrei.
Presso la corte di Federico II di Svevia diversi intellettuali ebrei collaborarono
all’immenso lavoro di traduzione.
44
La consuetudine dell’ebreo traduttore di corte fu
mantenuta anche da re Manfredi e dai suoi successori angioini.
45
Anche in Sicilia la cultura ebraica mostra il suo carattere di apertura, confron-
to, collaborazione con l’ambiente circostante.
In realtà tratto caratteristico dell’ebraismo, contrariamente a quanto spesso si
affermi, è la sua “apertura” alle culture prossime.
46
David Abulafia, ad esempio, sottolinea bene come la vita culturale, econo-
mica, legislativa e religiosa degli ebrei siciliani fu profondamente influenzata tanto
dalla cultura del vicino Nord Africa che da quella spagnola.
Così scrive:
gli ebrei della Sicilia portano i caratteri particolarmente marcati del
nord Afri-
ca […] Gli arabi hanno lasciato agli ebrei una eredità linguistica, l’arabo è
esegesi della Scrittura.
Il termine talmud deriva dal verbo
lamad studiare (radice
l m d ) e letteralmente significa studio.
Il Talmud raccoglie un insieme di norme, leggi, tradizioni; esso tratta di problemi giuridici,
economici, agricoli, rituali, morali. In esso si trovano anche credenze popolari, leggende e soprattutto
ogni genere di interpretazioni della Scrittura.
42
Il termine halakah deriva dalla radice verbale
h l k che vuol dire camminare e dunque let-
teralmente significa cammino. L’halakah è la via da seguire, la strada che l’ebreo deve percorrere per
essere un buon ebreo.
43
R. G
ianni
,
Sulla cultura Siciliana nel XV secolo, “La Fardelliana” XVII, Trapani 1998, pp. 7-51.
44
Cfr.
Anatoli Ja’aqov, Il pungolo dei discepoli. Il sapere di un ebreo e Federico II, introdu-
zione, traduzione e note a cura di L. Pepi, (Machina Philosophorum, 7), Officina di Studi Medievali,
Palermo 2004.
45
a. M
iLano
,
Storia degli ebrei in Italia, cit., p. 654; C. s
iRat
,
La filosofia ebraica alla corte di
Federico II, in
Federico II e le scienze, Palermo 1994, pp. 185-197.
46
P. s
teFani
,
Introduzione all’ebraismo, Queriniana, Brescia 2004, p. 297. G. B.s
eRMoneta
,
Federico II e il pensiero ebraico nell’Italia del suo tempo, in a. M. R
oManiCi
(a cura di
),
Atti della
Settimana di studi su Federico II e l’arte del 200 italiano,
Roma 10 – 20 maggio1978, Galatina 1980,
pp. 186-196.
102
Luciana Pepi
rimasta “lingua parlata” degli ebrei siciliani fino al quattordicesimo secolo
[…] Anche il loro sistema giuridico fu determinato da quello islamico […] La
cultura degli ebrei siciliani fu influenzata da quella nordafricana almeno fino
alla conquista catalano-aragonese dell’isola alla fine del tredicesimo secolo,
quando l’influenza spagnola, presente da tempo, divenne ancora più forte[...]
La storia degli ebrei siciliani è quindi quella di una comunità che esprime qual-
cosa del carattere della stessa Sicilia: un’isola che fa da ponte tra cristianesimo
e mondo islamico, e situata a cavallo delle vie di commercio tra l’economia
in espansione dell’Europa occidentale e i grandi porti del mondo islamico.
47
La cultura ebraica è dunque una cultura aperta alle altre culture, anche perché
storicamente, a causa della diaspora, è nata e si è sviluppata nel diretto contatto con
le culture “altre”.
Come afferma Mauro Zonta:
anche nella filosofia si rivelano con evidenza gli aspetti più significativi del
rapporto tra la cultura ebraica e le culture prossime (quella greca antica, quella
arabo-islamica e quella latino-cristiana medievale), e specialmente la capacità
di rifondere temi e testi ripresi da altri ambienti, adattandoli alle proprie esi-
genze nazionali e religiose. La lettura dei testi della filosofia ebraica medie-
vale, infatti, consente di vedere riflesso, come in uno specchio, l’avvicendarsi
delle diverse tendenze del pensiero e della letteratura di area mediterranea tra
l’800 e il 1500, mostrando quella ebraica non
come una cultura puramente
esoterica, chiusa in se stessa, ma come una cultura aperta alle più differenti
influenze - quale, al di là dell’approccio più miope diffuso in certi studi anche
recenti, essa è stata riconosciuta fin dagli inizi della giudaistica moderna, nel
secolo XIX.
48
Ed evidenzia Giulio Tamani: «non c’è stato un pensiero ebraico che, nel corso
dei secoli, si è sviluppato in modo costante e autonomo ma ci sono stati pensatori
ebrei che, sollecitati dai movimenti culturali che circolavano nella loro epoca negli
ambienti non ebraici, hanno voluto confrontare il loro patrimonio culturale con quel-
lo degli altri».
49
La continua interazione con la cultura della società dominante rappresenta un
fattore di rilievo: il mondo ebraico, lungi dall’assorbire acriticamente ciò che veniva
elaborato in ambito cristiano e musulmano, contribuì a sua volta ad influenzare il
sapere del mondo circostante, soprattutto in alcuni settori.
47
D. a
BuLaFia
,
Gli ebrei di Sicilia sotto i Normanni e gli Hohenstaufen, in
Ebrei e Sicilia,
Flaccovio 2002, pp. 70-71.
48
M. Z
onta
,
La filosofia ebraica medievale, Bari 2002, p. V.
49
G. t
aMani
,
Introduzione a s. P
ines
,
La filosofia ebraica, Brescia 2008, p. 7.