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- CATTOLICI E BERLUSCONI: CAMBIA IL VENTO - DI MARCO POLITI



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2591 - CATTOLICI E BERLUSCONI: CAMBIA IL VENTO - DI MARCO POLITI

da: il Fatto di martedì 11 dicembre 2012

Con allarme e orrore la Chiesa registra l’irrompere di Berlusconi sulla scena politica. Con insolita durezza il cardinale Bagnasco commenta: “Non si possono mandare in malora tutti i sacrifici fatti dai cittadini”. É qualcosa di radicalmente nuovo per il Cavaliere. Nelle sue battaglie non potrà più invocare le zie suore per accattivarsi la comunità cattolica. Per la prima volta gli viene a mancare l’appoggio della gerarchia ecclesiastica, che tanto gli ha giovato in passato.

Nei venti anni trascorsi Vaticano e CEI puntellavano sempre i suoi arbitrii, permettendogli di scardinare le regole istituzionali. L’intervento di Bagnasco, per i suoi toni espliciti, segna in questo senso una discontinuità netta rispetto al “ruinismo” (sebbene il cardinal Ruini oggi non plaudirebbe al ritorno berlusconiano). Ogni parola dell’intervista del presidente della CEI al Corriere della Sera – pur non nominandolo mai – segna un attacco preciso all’ex premier. “Lascia sbigottiti l’irresponsabilità di quanti pensano a sistemarsi mentre la casa sta ancora bruciando”. Monti ha contribuito “in modo rigoroso e competente” alla credibilità dell’Italia. Ha messo al riparo il Paese da “capitolazioni umilianti… evitando di scivolare verso l’irreparabile”.

La mossa del presidente dell’episcopato è stata preceduta da un fuoco di sbarramento dei media cattolici nei confronti di Berlusconi. TV2000, la televisione dei vescovi guidata dall’ex direttore di Avvenire Dino Boffo (massacrato dalla campagna del Giornale berlusconiano con l’uso di falsi documenti) ha messo subito il dito sulla piaga: “Un epilogo miope per non dire meschino”. Un’avventura, quella di Berlusconi, segnata dal “sospetto che si tratti di un’azione volta a garantirsi nel prossimo Parlamento un manipolo di sostenitori ad personam per proteggere interessi più o meno personali”.

L’Avvenire ha ricordato per bocca del direttore Marco Tarquinio il “fallimento” del governo Berlusconi nel 2011 e ha dato ampio spazio ai dissidenti del PDL.

Da Giuliano Cazzola, che predice la sconfitta del “pifferaio magico”, all’eurodeputato ciellino Mario Mauro, che denuncia le “derive populiste” e antieuropeiste dell’ultimo Berlusconi, indicando l’obiettivo di unire i cittadini italiani che si riconoscono nel programma del Partito popolare europeo.

Ma è soprattutto dalla rete di aderenti a Comunione e Liberazione, che sembrano preannunciarsi novità. Già Formigoni è in profondo disaccordo con la candidatura del leader leghista Maroni a governatore della Lombardia. Candidatura espressamente sponsorizzata da Berlusconi. Ma uno degli ideologi più attivi del movimento ciellino, il direttore della rivista Tempi, Luigi Amicone, va molto più in là. Lunedì mattina ha predicato su RadioTre la necessità di un “conflitto aperto” con Berlusconi, con l’obiettivo di “spaccare il PDL”. Il ritorno del Cavaliere, ha scandito, “è grottesco”. Con Bersani, probabile vincitore delle elezioni, bisognerà “collaborare” per affrontare le sfide che attendono il Paese.

É evidente che la “decisione dirompente e senza vero motivo” (così testualmente l’Avvenire), con cui Berlusconi è tornato in campo, è avvertita con enorme irritazione dalle gerarchie ecclesiastiche, perché ha strappato la tela che i gruppi cattolici di centro stavano tessendo per riportare Monti, totalmente gradito alla Chiesa e a Benedetto XVI, alla presidenza del Consiglio in primavera. Lavoro paziente che implicava il coinvolgimento di Alfano e di un PDL de-berlusconizzato. Ora tutto è in frantumi e non è detto che Monti voglia giocare il suo prestigio in una lista tendenzialmente minoritaria.

Ma la Chiesa e il Centro cattolico sembrano nutrire la speranza di provocare uno smottamento nell’area parlamentare del PDL, sperando di mostrare che re Berlusca (almeno parzialmente) è “nudo”. Si spiega così la titolazione aggressiva del quotidiano di vescovi, solitamente molto prudente, che domenica sparava in pagina: “Nel PDL cresce la fronda anti-Berlusconi”. La speranza è che la decina di parlamentari azzurri – che nei giorni scorsi ha appoggiato con il voto il governo, dissociandosi dal voltafaccia del Cavaliere – possa ulteriormente crescere, coinvolgendo figure note del catto-berlusconismo: Sacconi, Quagliarello, la Roccella. Rocco Buttiglione, presidente dell’Udc, propone un rassemblement: “Sediamoci a una tavolo e discutiamo. C’è da fare una lista in cui convergano partiti, associazioni, gruppi e movimenti. Per salvare l’Italia”.

L’obiettivo di creare una specie di PPE italiano è il traguardo che l’istituzione ecclesiastica e i post-democristiani hanno cominciato a sognare dal momento in cui Berlusconi ha rassegnato le dimissioni un anno fa. Appare e scompare come una fata morgana.

In questa situazione, diventata improvvisamente più liquida e caotica, ci sono per i centristi cattolici due nodi da sciogliere. Il primo è quello programmatico: se le encicliche sociali di Benedetto XVI e papa Wojtyla sono molto più avanti dell’evanescente agenda finora messa in campo dall’UDC e da Montezemolo, i conti non tornano. Bagnasco stesso batte sul tasto della “drammatica questione del lavoro”.

Il secondo punto da risolvere riguarda il premierato. Nei paesi a democrazia europea è pacifico che premier diventi il leader della forza vincente. L’Italia non può sempre pensare di inventare la bicicletta a tre ruote.

É ora che Chiesa e centristi così innamorati di Monti accettino questa regola elementare. Quanto prima, sarà meglio per il Paese.


2592 - CHI DIFENDE LA LEGGE 40? - DI FURIO COLOMBO

da: il Fatto di martedì 12 dicembre 2012

Caro Furio, non sono sicura, ma sento dire che il governo ha fatto ricorso alla Corte di Strasburgo contro la sentenza che condanna quella parte della legge italiana sulla procreazione assistita (legge 40) che vieta di accertare se l'embrione (l'unico embrione da impiantare) sia portatore di malattie genetiche. È una sentenza provvidenziale che corregge una legge barbara. Perché questo governo dovrebbe opporsi a una simile, civile decisione che ci riporta tra i Paesi normali?

Martina
Risponde Furio Colombo

Il ricorso italiano c’è stato, e chiede alla “Grande Chambre” (ovvero al grado di appello della Corte di Strasburgo) di accertare se sono state considerate le differenze o peculiarità della struttura giuridica italiana nel giudicare una specifica legge che potrebbe essere stata mal interpretata, dunque, ma giudicata da giuristi estranei. Come si vede è un ricorso ipocrita, ma anche culturalmente modesto.

È ipocrita perché non ha il coraggio di dire che il divieto di verifica scientifica lungo un percorso che deve essere continuamente segnato da verifiche scientifiche, non appartiene a una particolare concezione del diritto, ma alla sovrapposizione al diritto di una dottrina dogmatica e di una autorità religiosa.

È culturalmente modesto perché finge di chiedere chiarimenti, mentre intende ottenere il ripristino imbarazzante e ingiustificabile del mancato e vietato controllo scientifico di un percorso delicatissimo quale è la procreazione assistita.

Tutti ricordano che la legge 40 è apparsa subito come un testo deformato dal pesante intervento della Chiesa, che ha impedito un normale sviluppo dell'iter giuridico e di quello scientifico, usando il pretesto, palesemente privo di fondamento, di evitare la selezione razziale dei belli e dei sani in luogo del sorteggio della natura. Il fatto ovvio è che nulla è naturale nel processo scientifico detto “procreazione assistita”, dal momento che si tratta di una serie di interventi medici misurati di volta in volta secondo il minor danno e la maggiore probabilità di successo. Gravano sulla legge varie intimidazioni e restrizioni religiose intese a rendere questo percorso innaturale, dunque sgradito alla teologia (vedi il numero minimo di impianti permessi) e tutte le restrizioni possibili per rendere spiacevole questo tentativo di forzare la mano della natura, dunque di Dio. Ma il divieto di un facile e possibile controllo scientifico che previene la disgrazia del male genetico incurabile ha attratto l'attenzione e, c’è da pensare, l'indignazione, della Corte di Strasburgo. Penso che la decisione della Grande Chambre sarà ancora più severa con la strana legge italiana. E per questo è difficile capire che cosa abbia indotto questo governo, che si suppone laico, a farsi portatore di opposizione devota alla razionale sentenza di Strasburgo. A meno di ordini cortesi e inflessibili, di cui l'Italia, da sola, tra tutti i Paesi europei, ha una lunga e consolidata esperienza.

Commento. Non tutto il male viene per nuocere. Se, come crediamo, la “Grande Chambre” confermerà in secondo e ultimo grado la prima sentenza europea sulla legge 40, non ci saranno più scuse e pretestuose dilazioni, e la legge dovrà essere modificata. Tale compito spetterà al nuovo Parlamento, che speriamo sia diverso dall’attuale (GS).

2593 - La spiritualità di chi non crede - di Enzo Bianchi

da: la Repubblica di giovedì 13 dicembre

Esiste una dimensione che si nutre di interiorità di ricerca di senso, di confronto con l’esperienza del limite e della morte che non è prerogativa esclusiva dei credenti ma anche di chi non ha la fede

Non sorprende che in un paese come il nostro – dove non esiste più da quasi trent’anni una “religione di stato”, ma dove non c’è ancora una legge specifica sulla libertà religiosa – ogni discussione sulla laicità dello stato e sui diritti dei credenti rischi di provocare un corto circuito. Si aggiungono aggettivi qualificativi alla laicità o la si rinchiude nel peggiorativo laicismo, rendendo quasi impossibile lo sviluppo e l’adattamento alle mutate condizioni sociologiche del nostro paese di quella convergenza di intenti e di valori che il legislatore costituente aveva sapientemente saputo ricostruire sulle macerie della guerra. A furia di ridurre la presenza dello stato e nel contempo di chiedergli di farsi garante di un’etica religiosa specifica, a furia di confondere la somma di beni privati con il bene comune, la coesione sociale viene a mancare e si atrofizza quello spazio comune garantito in cui ciascun soggetto individuale o sociale – può contribuire alla crescita umana e spirituale dell’insieme della società.

Lo stato laico, infatti, non può limitarsi alla funzione di chi regola il traffico di una società civile che si muoverebbe secondo direttive proprie, molteplici e slegate da un interesse collettivo. È indispensabile invece trovare e utilizzare modalità laiche per discernere cosa è ritenuto bene per l’insieme della popolazione e cosa danneggia la convivenza, quali adattamenti escogitare affinché il meglio sognato non uccida il bene possibile.

Un’etica condivisa non è utopia: si tratta allora di individuarla, perseguirla, garantirla con mezzi consoni a uno stato non confessionale che si faccia carico di una società ormai plurale per religioni e culture. Non dimentichiamoci che l’umanità è una, che di essa fanno parte religione e irreligione e che, comunque, in essa è possibile, per credenti e non credenti, la via della spiritualità, intesa come vita interiore profonda, come ricerca di un vero servizio agli altri, attenta alla creazione di bellezza nei rapporti umani. Sono sempre stato convinto che esiste anche una spiritualità degli agnostici, di quanti sono in cerca della verità perché insoddisfatti di verità definite una volta per tutte: è una spiritualità che si nutre di interiorità, di ricerca del senso, di confronto con l’esperienza del limite e della morte.


Si tratta, di essere tutti fedeli alla terra e all’umanità, vivendo e agendo umanamente, credendo all’amore, parola oggi abusata fino a svuotarla di significato, ma parola unica che resta nella grammatica umana universale per esprimere il “luogo” cui l’essere umano si sente chiamato. Del resto la fede – questa adesione a Dio sentito come una presenza soprattutto a causa del coinvolgimento che il cristiano vive con Gesù Cristo – non sta nell’ordine del “sapere” e neppure in quello dell’acquisizione: si crede in libertà, accogliendo un dono che non ci si può dare da sé. Analogamente gli atei, nell’ordine del sapere non possono dire “Dio non c’è”: è, infatti, un’affermazione possibile solo nell’ambito della convinzione. Del resto, il cristianesimo riconosce che il Dio in cui crede è presente e agisce anche nella coscienza di chi non crede, perché ogni essere umano è stato creato a immagine e somiglianza di Dio e ha in sé la fonte del bene.

La laicità dello stato è allora quella opzione di fondo che consente di reinventare continuamente strumenti condivisibili e linguaggi comprensibili da tutti, di garantire presidi di libertà e di non sopraffazione, di difendere la dignità di ciascuno, a cominciare da quelli cui viene negata, di consentire a ciascuno di ricercare, anche assieme ad altri, la pienezza di senso per la propria vita.


2594 - IL CUORE O LA VITA: IL DILEMMA DI HACK - DI FERDINANDO CAMOON

da: La Stampa di sabato 15 dicembre 2012

L’astrofisica Margherita Hack, scienziata conosciuta in tutto il mondo, pone un drammatico dilemma: è meglio vivere a lungo ma male o poco ma bene? Lei fa la seconda scelta. Ha un problema al cuore, è necessario un intervento chirurgico che può avere rischi e conseguenze, e lei rifiuta: «No grazie, preferisco vivere poco ma bene, a casa mia, con mio marito, i miei cani e il mio computer».

È una scelta che, così o in forme simili, si presenta in tante famiglie. Nel caso della Hack c’è un dato in più: la scienziata ha 90 anni, e questa cifra cambia la valutazione sia della vita vissuta che della vita da vivere: a 90 anni il futuro non può più essere molto lungo. La scienziata annuncia la scelta così: «Meglio un giorno da leone che cent’anni da pecora». Come i soldati che, da quelle parti, andavano in prima linea: morire con coraggio o vivere con viltà?

È il problema dell’accettazione della morte. Un’impresa impossibile a chiunque, tranne a quei fortunati che, tirando le somme, trovano che il risultato finale della loro vita è positivo. Ricordo una conversazione con Eugenio Montale: «Noi tutti desideriamo morire… no, non tutti lo desiderano, ma io sì comunque, per ragioni private… desideriamo morire dopo una esperienza perfezionatrice». Prima venga la «perfezione», poi può venire la morte.

È il desiderio di Faust, come lo racconta Goethe: vivere fino al momento di esclamare: «Férmati, o attimo, sei bello!». Quell’attimo vale qualunque prezzo, anche quello, come succede a Faust, di vendere l’anima al diavolo. Il che significa: per un attimo perfetto, la dannazione eterna. Faust crede di trovare l’attimo perfetto nel lavoro, nella trasformazione del mondo, nel tinnir delle vanghe, nel vedere l’umanità all’opera.

La «signora delle stelle», come il giornale di Trieste chiama Margherita Hack, ha lo stesso desiderio: vivere lavorando, in contatto col marito, con i suoi otto gatti, col computer, le email e Skype. Questo è vivere. Un’operazione al cuore a 90 anni, la degenza, la non autosufficienza, il bisogno di aiuto per ogni minima necessità, il distacco dall’umanità cioè da noi, tutto questo non è vivere.

Oggi alle 17,30 la Signora delle Stelle si collega via Skype con un convegno, e parlerà. Tutti diremo: è viva. Se fosse stesa a letto e non potesse far niente, non potremmo dire altrettanto. Un prolungamento, magari breve, della vita, è vita, mentre un anticipo, magari lungo, della morte, è morte.


2595 - Nozze civili e Nord - di Chiara Saraceno

da: la Repubblica di mercoledì 19 dicembre 2012

Nonostante l’orgogliosa e aggressiva rivendicazione dell’identità cattolica delle maggioranze politiche che governano molte di quelle regioni, la più parte dei giovani che si sposano – per altro sempre meno – non ritiene di aver bisogno anche della sanzione religiosa. Anche al Centro si stanno avviando nella stessa direzione. Il matrimonio religioso continua a essere scelto dalla stragrande maggioranza solo nel Mezzogiorno.

Le ragioni di questo mutamento in quella che è pur sempre una transizione importante nella vita delle persone – mettersi ufficialmente in coppia – sono più di una. La prima è sicuramente l’aumento dei divorzi (fenomeno consistente soprattutto nel Centro-Nord), in quanto apre alla possibilità di seconde nozze che non possono essere che civili. Per altro, se non ci fossero le seconde nozze, il calo dei matrimoni apparirebbe ancora più consistente. Anche l’aumento dei matrimoni in cui uno dei due coniugi è straniero (di nuovo più numerosi al Nord) è una delle cause di aumento dei matrimoni civili; perché è più facile che i due non abbiano la stessa religione e nessuno dei due voglia rinunciare a priori ad educare i figli nella propria,

come chiede invece la Chiesa cattolica al coniuge non cattolico, o non attribuiscano lo stesso significato al rito religioso. Ma i matrimoni civili sono in aumento, soprattutto al Nord, anche tra i primi matrimoni tra italiani: ormai uno ogni quattro in Italia. Non si può non mettere in rapporto quest’ultimo dato con quello dell’aumento delle convivenze senza matrimonio, dei matrimoni preceduti da una convivenza (uno ogni tre, di più al Centro-Nord), delle nascite fuori dal matrimonio ma dentro a una convivenza (riguarda ormai un nuovo nato ogni quattro).

Tutto questo segnala che è in atto una lenta modifica del matrimonio e dello stesso modo di fare famiglia. Cambiano le tappe: prima si hanno rapporti sessuali, poi si va a vivere assieme, magari si fa un figlio, poi ci si sposa; ma il matrimonio, non diversamente dalla convivenza, non è irreversibile. Si tratta di mutamenti culturali che non possono più essere ignorati, anche al momento della scelta del rito matrimoniale, in nome dell’indubbia maggiore suggestività del rito religioso. Se fossi parte della Chiesa cattolica lo prenderei come un atto di serietà, che restituisce al rito religioso il suo carattere sacramentale, importante per i credenti veri, liberandolo dalla funzione di “bella festa” cui accedono indifferentemente credenti e non credenti. E mi interrogherei sul significato della persistente popolarità del matrimonio religioso nel Mezzogiorno.


2596 - È l’ateismo la terza “religione” del mondo - di Angelo Aquaro

da: la Repubblica di mercoledì 19 dicembre 2012

New York. Se la religione è davvero l’oppio dei popoli, ci siamo fumati anche questa, visto che il culto in ascesa nel mondo porta il nome di ateismo. Sì, un uomo su sei sulla terra è senza Dio: o quantomeno non crede nel Dio di una chiesa particolare. E la chiesa dei senza fede è già la terza nel villaggio globale. La prima è quella dei cristiani: 2.2 miliardi di persone. La seconda è una moschea: i musulmani sono 1.6 miliardi. Al terzo posto del podio balzano dunque i non credenti: 1.1 miliardi. Che succede? Dopo aver conosciuto una società senza padre, come avevano profetizzato i sociologi anni 60, abbiamo deciso di mandare in pensione anche il Padre Eterno?

Per la verità il quadro offerto dai ricercatori del Pew, l’istituto di indagine più prestigioso d’America, è un tantino più complesso, come del resto argomento comanda. Tant’è che la definizione che gli studiosi propongono per gli atei del Terzo Millennio è la più flessibile “unaffiliated”, che qui si potrebbe tradurre con non adepti, quelli appunto che non partecipano attivamente a un culto. Una non chiesa molto più che variegata. «I non adepti includono gli atei, gli agnostici e chi non si identifica in nessuna religione particolare» si legge nelle 81 pagine di questo “The Global Religious Landscape”. Ma gli autori del rapporto subito mettono le mani avanti: rimettendo le mani giunte anche a questi benedetti non adepti. Molti di loro, infatti, “hanno qualche forma di credenza religiosa”. Che cosa vuol dire? Che «per esempio, la fede in Dio o in qualche potenza è condivisa dal 7% dei cinesi, dal 30% dei francesi e dal 68% degli americani» sempre nella categoria unaffiliated”.

Di più: «Alcuni di questi partecipano in qualche modo a certe pratiche religiose. Per esempio, il 7% in Francia e il 27% negli Stati Uniti rivelano di presenziare a una funzione religiosa almeno una volta all’anno». Questo naturalmente non basta a considerarli credenti: spesso, per esempio, la partecipazione è legata a riti anche civili come matrimoni e funerali. O quantomeno quel sentimento che così di rado li porta in chiesa, moschea, sinagoga o quant’altro viene classificato più come ricerca dello spirito che senso religioso vero e proprio.

Le curiosità ovviamente non mancano. Sempre per restare ai non adepti si tratta del 16% della popolazione mondiale: la stessa percentuale dei cattolici. Tre quarti vivono in Asia: segue l’Europa (12%, 134.820 milioni), l’America del Nord (5%, 59.040 milioni) e il resto. Tra le grandi religioni, gli induisti seguono cristianesimo e Islam con 1 miliardo di fedeli, i buddisti con mezzo miliardo e gli ebrei con 12 milioni. La religione di domani sembra l’Islam: i musulmani hanno la media d’età più giovane, 23 anni, ebrei e buddisti la più alta, 36. In totale, i credenti sono l’84% della popolazione mondiale: calcolata nel 2010, anno dei rilevamenti, 5.8 miliardi.

Dice al New York Times il professor Conrad Hackett, uno dei pilastri dello studio, che «è la prima volta che i numeri sono basati su un sondaggio analizzato in modo rigoroso e scientifico»: 2500 fonti in 232 paesi. Sarà. Eppure a ben guardare una setta manca: con 1.01 miliardi, quell’oppio del web chiamato Facebook non s’è già fumato gli amici hindu?
2597 - GLI ITALIANI E GLI IMMIGRATI - DI FURIO COLOMBO

da: il Fatto di domenica 23 dicembre 2012

Caro Furio, ti scrivo nella giornata che l'ONU dedica ai migranti (18 dicembre) e mentre leggo un rapporto di Amnesty International che classifica l'Italia uno dei peggiori Paesi nei confronti di coloro che vengono a cercare salvezza nel nostro Paese. Ti chiedo perché proprio noi, siamo e siamo stati così crudeli, indifferenti e incapaci?

Liliana


Risponde Furio Colombo

Perché noi siamo il Paese della Lega, partito di profittatori fondato sulla paura, e su rozzi sentimenti di paleo-fascismo.

Perché noi siamo il Paese di Berlusconi, che ha messo nelle mani di un partito secessionista e razzista il ministero dell'Interno, dando cioè ai peggiori tutti gli strumenti di persecuzione. E lo ha fatto perché in cambio voleva voti per le sue leggi ad personam.

Perché l'Italia è il Paese della “Bossi-Fini”, la peggior legge europea contro persone più deboli e indifese.

Perché abbiamo tollerato (istituzioni, Chiesa e media) che il capogruppo della Lega Nord al Parlamento europeo fosse il pregiudicato Borghezio, celebre per eventi di stampo nazista.

Perché - in omaggio e ubbidienza all'editore - padrone Berlusconi, i media italiani, a cominciare dalla televisione di Stato, si sono prestati a tacere su fatti disumani e nessuna inchiesta è stata mai tentata, neppure dopo l'uscita dal potere di Berlusconi, sui migranti morti nel Mediterraneo senza soccorsi e senza altra politica che non fosse il famigerato "respingimento in mare" attuato con la complicità criminale di Gheddafi.

Perché ci siamo legati a Gheddafi, con una stretta e "fraterna" alleanza, accogliendo come un sovrano uno dei dittatori più crudeli, specializzato in uccisioni di massa nelle sue prigioni, oppure nella vendita dei prigionieri ai predoni del Sahara (gli stessi prigionieri che vengono venduti o uccisi nel Sinai in caso di mancato pagamento, dopo essere stati trasportati in catene da un ignobile mercato all’altro).

Noi, la Repubblica italiana nata dalla Resistenza, siamo stati il Paese e il governo che più hanno infierito sulla condizione di debolezza e di sottomissione degli immigrati. Il Paese che ha inventato il delitto di "clandestinità" estraneo a ogni sistema giuridico democratico, che ha riempito le sue prigioni sovraffollate, per metà di non italiani spesso del tutto incolpevoli o colpevoli solo di reati inventati dalla burocrazia di un governo incivile ed estraneo alle regole democratiche, che ha lasciato senza pasti i bambini nelle scuole e ha tentato di lasciare senza cure i colpevoli dell'inesistente reato di clandestinità.

L'immagine internazionale dell'Italia come si vede è pessima e tutto ciò ha a che fare con la fiducia, che il Paese sotto Berlusconi ha cominciato a perdere. Questa non è la descrizione dei cittadini italiani, che sono colpevoli di astensione ma non di partecipazione alla crudele stupidità Berlusconi-Bossi. E deve essere un omaggio alla massa di immigrati e clandestini che, nonostante tutto quello che è stato detto in questa pagina e provato dagli eventi (e peggiore di quanto qui detto, nella realtà quotidiana) non si sono mai abbandonati ad atti di rivolta o di violenza e fino a ora hanno violato le leggi del Paese ospitante meno, molto meno dei cittadini italiani.


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