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L. m
aGanzani
, Ripae fluminis e dissesti idrogeologici
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minus rivierasco non può impedire il ripristino di un manufatto, anche
di data immemorabile, che sia vantaggioso al vicino e non rechi a lui
alcun danno, e potrà dunque essere costretto a tollerarne la riparazione
o con l’actio aquae pluviae arcendae o, se la si ritenga inammissibile, con
un intervento pretorio (actio utilis o interdictum) suggerito da ragioni
equitative
51
.
il superiore interesse generale alla conservazione dell’equilibrio
idraulico territoriale giustifica, quindi, l’imposizione di alcune limita-
zioni al diritto assoluto dei rivieraschi i quali, peraltro, traggono dalla
vicinanza del fiume la massima utilitas
52
.
Un altro esempio di tali limitazioni è quello descritto da giavoleno
in un passo tratto dal x libro ex Cassio. se la via pubblica prospiciente il
fiume viene travolta dalla corrente, compete ai rivieraschi la prestazione
dell’area di terreno necessaria alla sua ricostruzione:
d. 8.6.14.1 (iav. 10 ex Cass.) Cum via publica vel fluminis impetu vel
ruina amissa est, vicinus proximus viam praestare debet.
per la stessa ragione i proprietari devono rendere disponibili agli usi
della collettività le ripae fluminis su cui insistono i rispettivi fondi
53
.
51
a fattispecie analoghe si riferiscono d. 39.3.11.6 paul 49 ad ed., che riferisce il
pensiero di trebazio, e d. 39.3.23.2 paul. 16 ad sab.: per il primo, se un agger collocato
sul fondo altrui viene distrutto dalla vis fluminis, il proprietario del fondo non è tenuto a ri-
pristinarlo ma soltanto a tollerarne il ripristino da parte di altri. per il secondo, gli eventuali
danni causati a un fondo dalla realizzazione di un agger sulla riva privata possono essere fatti
valere con l’actio aquae pluviae arcendae anche dal proprietario della riva opposta.
52
cato, De agr. 1.3; cic., Pro Rosc. Amer. 7.20; hor., Carm. 2.3.17-18; colum., De re
rust. 1.2; gell.,
Noct. Att. 10.26; plin.,
Epist. 5.6.11-12: cfr. J. L
e
G
aLL
, Il Tevere cit., p. 317.
sulle ragioni che spingono le comunità a installarsi sui fiumi, nonostante i rischi di inonda-
zione, c. a
LLinne
,
L’évolution du climat à l’époque romaine en Méditerranée occidentale: aperçu
historiographique et nouvelles approches, in vers une gestion intégrée de l’eau dans l’empire
romain, atlante tematico di topografia antica, xvi supplemento, roma, 2008, p. 95 e r.
b
edon
,
Les villes de trois Gaules et leur recherche d’une proximité de l’eau: gestion des atouts et des
difficultés créés par la présence de rivières et des marécages, in op. ult. cit., p. 99 ss..
53
tali limitazioni al diritto assoluto dei proprietari hanno talvolta sorpreso la dottrina:
da ultimo, m. F
iorentini
, Fiumi e mari cit., p. 246 ss., con la lett. cit. ma non è l’unico
caso: si pensi alla regolamentazione degli acquedotti pubblici (che ben conosciamo dal De
aquaeductu urbis Romae di Frontino) che limitava la pienezza del dominio dei frontisti
obbligandoli a salvaguardare, intorno ai condotti, un’area di rispetto di 15 piedi su ciascun
81
L. m
aGanzani
, Ripae fluminis e dissesti idrogeologici
[pp. 61-84]
esse, infatti, pur se private, sono luoghi di pubblica utilità (per la navi-
gazione, il commercio, l’alaggio etc.)
54
ove deve essere sempre possibile
ricoverare barche, legarle agli alberi, seccare reti, effettuare operazioni
di carico e scarico merci
55
:
d. 1.8.5 pr. [gaius 2 rer. cott. (= i.2.1.4)] Riparum usus publicus est
iure gentium sicut ipsius fluminis, itaque navem ad eas appellere, funes ex
arboribus ibi natis religare, retia siccare et ex mare reducere, onus aliquid
in his reponere cuilibet liberum est, sicuti per ipsum flumen navigare. Sed
proprietas illorum est, quorum praediis haerent : qua de causa arbores quo-
que in his natae eorundem sunt.
d. 41.1.30.1 (pomp. 3 ad Sab.) Celsus filius, si in ripa fluminis, quae
secundum agrum meum sit, arbor nata sit, meam esse ait, quia solum ip-
sum meum privatum est, usus autem eius publicus intellegitur, et ideo cum
exsiccatus esset alveus, proximorum fit, quia iam populus eo non utitur.
nello stesso senso deve essere intesa la pubblicità delle rive dichiara-
ta da paolo nel già ricordato d. 43.12.3 (16 ad Sab.)
56
:
pr.
Flumina publica quae fluunt ripaeve eorum publicae sunt. 1.
Ripa
ea putatur esse, quae plenissimum flumen continet. 2.
Secundum ripas flu-
lato, al fine di evitare danni agli impianti (causati da piante, tombe o costruzioni varie) o
impedire il regolare flusso dell’acqua (senatoconsulto dell’11 a.c., Frontin. 127). inoltre
la collaborazione dei frontisti era richiesta per la manutenzione resa impellente dal facile
degrado dei condotti per condizioni atmosferiche avverse o per depositi di calcare e realiz-
zata dalle maestranze delle cura aquarum o da appaltatori privati (Frontin. 120). così un
senatoconsulto dell’11 a.c. (Frontin. 125) statuiva che, durante le riparazioni di condotti,
canali o archi, non solo le maestranze avessero libero accesso con uomini e mezzi alle pro-
prietà adiacenti, ma potessero anche prelevarne terra, argilla, pietra, mattoni, legname ed
ogni altro materiale necessario ai lavori, purché senza danni ai privati e dietro stima di un
bonus vir scelto dalle parti (
viri boni arbitratu).
54
m.m. s
eGarra
L
aGunes
,
Il Tevere e Roma cit., p. 135 ss.; J. L
e
G
aLL
, Il Tevere cit., p.
310 ss.; c. m
occheGiani
c
arPano
,
La navigazione fluviale in età romana, in tevere un’an-
tica via per il mediterraneo, roma, 1986, p. 153 s.
55
alla tutela di tali prerogative soccorre anche la procedura interdettale: d. 43.14.1pr.
(Ulp. 68
ad ed.).
56
così anche m. F
iorentini
, Fiumi e mari cit., p. 244.