78
L. m
aGanzani
, Ripae fluminis e dissesti idrogeologici
[pp. 61-84]
problemi pratici connessi a tali pratiche e alla definizione tecnica delle
loro conseguenze, soprattutto con riferimento all’assetto proprietario
del territorio interessato e alla tutela delle ripae.
a questo riguardo occorre senz’altro ricordare un celebre testo di
Ulpiano che, nel disciplinare i rapporti di dipendenza fra fondi all’in-
terno di un’area centuriata in ordine allo scolo delle acque, rinvia in
primo luogo alle leges di organizzazione del territorio dettate dalla auto-
rità preposta alla limitatio (leges condicionibus agrorum dictae), poi alla
morfologia del suolo nella sua conformazione naturale (natura agri) e,
infine, alla vetustas
49
, cioè all’assetto organizzativo ereditato dal passato
e presente
in loco da tempo immemorabile
50
:
d. 39.3.1.23 (Ulp. 53
ad ed.)
Denique ait condicionibus agrorum
quasdam leges esse dictas, ut, quibus agri magna sint fulmina, liceat mihi,
scilicet in agro tuo, aggeres vel fossas habere: si tamen lex non sit agro dicta,
agri naturam esse servandam et semper inferiorem superiori servire atque
hoc incommodum naturaliter pati inferiorem agrum a superiore compen-
sareque debere cum alio commodo: sicut enim omnis pinguitudo terrae ad
eum decurrit, ita etiam aquae incommodum ad eum defluire. Si tamen
lex agri non inveniatur, vetustatem vicem legis tenere … non ergo cogemus
vicinum aggeres munire, sed nos in eius agro muniemus: eritque ista quasi
servitus, in quam rem utilem actionem habemus vel interdictum. …
49
per illustrare in concreto il concetto di vetustas di cui al frammento ulpianeo, si può
pensare alle opere e ai manufatti a scopo idraulico già realizzati nella pianura emiliana dai
celti e poi mantenuti dai romani in occasione della ristrutturazione agrimensoria: cfr. J.
o
rtaLLi
,
Bonifiche cit., p. 59 ss., spec. p. 74.
50
cfr. anche d. 39.3.2 paul. 59 ad ed. sul passo, che ha suscitato in dottrina un ampio
dibattito, mi limito a citare, da ultimi, l. c
aPoGrossi
c
oLoGnesi
,
Préface. Acque, terre
e paesaggi umani nella storia di Roma, in vers une gestion intégrée de l’eau dans l’empire
romain, atlante tematico di topografia antica, xvi supplemento, roma, 2008, p. 14; m.
F
iorentini
,
Precedenti di diritto ambientale cit., p. 363 s.; m. b
retone
,
I fondamenti del
diritto romano cit., p. 102 ss., 260 ss.; F. s
itzia
,
Aqua pluvia e natura agri. Dalle XII Tavole
al pensiero di Labeone, cagliari, 1999, p. 98 ss.; v. m
annino
,
Struttura della proprietà
fondiaria e regolamentazione delle acque per decorso del tempo nella riflessione della giurispru-
denza di età imperiale, in Uomo acqua e paesaggio. atti dell’incontro di studio sul tema
“irregimentazione delle acque e trasformazione del paesaggio antico”, atlante tematico di
topografia antica, ii supplemento, roma, 1997, p. 23 ss.
79
L. m
aGanzani
, Ripae fluminis e dissesti idrogeologici
[pp. 61-84]
a tale complesso di regole occorreva, secondo il giurista, rifarsi an-
che nella soluzione delle controversie fra vicini concernenti lo scolo
delle acque e i manufatti privati costruiti a tale scopo: infatti, anche il
diritto di proprietà, per quanto assoluto, cede di fonte alla superiore
esigenza collettiva della ottimizzazione dell’assetto idrografico generale.
dunque il dominus rivierasco è tenuto a tollerare la realizzazione di
argini e fosse da parte del vicino e a consentigli l’accesso per la manu-
tenzione ordinaria e straordinaria.
di un analogo problema si interessa paolo in un testo tratto dal
xlix libro ad edictum:
d. 39.3.2.5: Item Varus ait: aggerem, qui in fundo vicini erat, vis
aquae deiecit, per quod effectum est, ut aqua pluvia mihi noceret. Varus
ait, si naturalis agger fuit, non posse me vicinum cogere aquae pluviae ar-
cendae actione, ut eum reponat vel reponi sinat, idemque putat et si manu
factus fuit neque memoria eius exstat: quod si exstet, putat aquae pluviae
arcendae actione eum teneri. Labeo autem, si manu factus sit agger, etiamsi
memoria eius non exstat, agi posse ut reponatur: nam hac actione neminem
cogi posse, ut vicino prosit, sed ne noceat aut interpellet facientem, quod
iure facere possit. Quamquam tamen deficiat aquae pluviae arcendae actio,
attamen opinor utilem actionem vel interdictum mihi competere adversus
vicinum, si velim aggerem restituere in agro eius, qui factus mihi quidem
prodesse potest, ipsi vero nihil nociturus est: haec aequitas suggerit, etsi iure
deficiamur.
l’agger collocato dal vicino sulle ripae dell’altrui fondo viene di-
strutto dalla vis aquae e ciò rende il vicino stesso vulnerabile ai danni
dell’aqua pluvia. di fronte al rifiuto del dominus a ripristinarlo o a tol-
lerarne il ripristino, ci si chiede quale azione si possa esercitare. secondo
varo, l’actio aquae pluviae arcendae compete in tal caso nella sola ipo-
tesi di argine artificiale o realizzato in tempi non lontani, non per un
manufatto naturale o presente in loco da tempo immemorabile (cuius
memoria non exstat): com’è noto, infatti, l’azione è ristretta ai danni
provocati dall’acqua piovana a seguito di modifiche artificiali dello stato
dei luoghi. ma secondo labeone, che capovolge il ragionamento, il do-